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ISSN 2282-1694
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Editoriale

La sfida dell’innovazione sociale

Andrea Bassi, Giulio Ecchia

Saggi

Il crowdfunding delle imprese sociali italiane

Bernardo Balboni, Ulpiana Kocollari, Ivana Pais

Valutare l'impatto sociale

Stefano Zamagni, Paolo Venturi, Sara Rago

Policy

Benefit corporation e impresa sociale

Paolo Venturi, Sara Rago

Echi

I beni confiscati al bivio

Mauro Baldascino, Michele Mosca

Numero 6 / 2015

Casi studio

Poveri estremi: un'analisi sui dati dell'Ossevatorio Nazionale sul Disagio e la Solidarietà nelle Stazioni Italiane

Eleonora Romano

Abstract

I poveri estremi appaiono ai margini non solo della società ma anche delle statistiche. Le tradizionali indagini sulla povertà e la disuguaglianza, infatti, escludono sistematicamente gli homeless. Lo scopo di questa analisi è di contribuire allo studio della povertà estrema in Italia utilizzando un dataset originale relativo agli utenti che nel corso del 2014 si sono rivolti a tre centri di orientamento sociale (Help Center) dell’Osservatorio Nazionale sul Disagio e la Solidarietà nelle Stazioni Italiane (ONDS). In primo luogo, i risultati suggeriscono che gli utenti più anziani sono più propensi a richiedere accoglienza rispetto ai giovani, presumibilmente per le maggiori difficoltà a trovare una sistemazione al di fuori del circuito degli Help Center. Al contrario, i giovani risultano più attivi nella ricerca di un’occupazione. In secondo luogo, l’esperienza di una separazione familiare sembra associarsi con una maggiore probabilità di avanzare qualunque tipo di richiesta. Da ultimo, i risultati appaiono in linea con l’approccio housing first: la priorità di chi versa in una condizione di disagio abitativo è soddisfare bisogni primari piuttosto che trovare un’occupazione.


Individuals suffering from extreme poverty are not only excluded from society but also from official statistics, because traditional surveys on poverty and inequality systematically disregard homeless people. The aim of this research is to contribute to the study of extreme poverty in Italy, making use of an original dataset on the beneficiaries of the services offered by three social orientation centres (Help Centers) of the National Observatory on Poverty and Solidarity in the stations. First of all, results suggest that older beneficiaries are more likely than younger beneficiaries to make shelter requests, given that they may face greater difficulties in finding a place to live out of the Help Center network. By contrast, younger beneficiaries seem more active than older beneficiaries in job search. Secondly, evidence supports the idea that individuals experiencing family breakdown are more likely to advance any kind of help request. Lastly, results are consistent with the “housing first” hypothesis: the priority of those living in poor housing conditions is satisfying primary needs rather than solving problems of labour market inclusion.

Le analisi presentate in questo contributo sono frutto di una ricerca più ampia condotta dall’ONDS e basata sui dati ricavati da ANThology, una piattaforma informatica per la raccolta dati messa a disposizione dalla cooperativa sociale Europe Consulting Onlus. Si ringraziano Alessandro Radicchi, Franca Iannaccio e tutti coloro che hanno collaborato alla realizzazione della ricerca. Un ringraziamento particolare va a Francesco Accattapà per l’estrazione dei dati dalla piattaforma ANThology.

“Diventa [infatti] difficile sollecitare i governi a soddisfare le esigenze delle persone in povertà estrema, se i parametri di tale popolazione non sono chiari” Chamberlain e MacKenzie (1992)

Introduzione

Nell’ambito degli studi sulla povertà e sulla disuguaglianza il fenomeno della povertà estrema – definita dal Comitato dei diritti economici, sociali e culturali delle Nazioni Unite[1] come “combinazione di penuria di entrate, sviluppo umano insufficiente ed esclusione sociale” – ha ricevuto finora una scarsa attenzione. Ad esempio, le stime sul numero dei poveri assoluti che l’Istat diffonde ogni anno sono incomplete perché non comprendono “i più poveri tra i poveri”, quelli che potremmo chiamare poveri “estremi”. Più precisamente, esse non tengono conto degli homeless. Le statistiche dell’Istat sulla povertà assoluta, ricavate dall’indagine sulle spese delle famiglie, si riferiscono ad una soglia di povertà basata sulla valutazione monetaria di un paniere di beni e servizi (di natura alimentare, abitativa e residuale) considerati essenziali affinché un individuo possa ritenersi al riparo da gravi forme di esclusione sociale. Il problema sorge perché la base di campionamento è data dalle abitazioni e, dunque, gli homeless sono sistematicamente esclusi. 

La difficoltà nel raccogliere dati censuari o campionari in misura sufficiente su una popolazione che è fortemente mobile (hard to reach population) è la causa principale della scarsa attenzione della letteratura economica per il tema. Peraltro, come fanno notare Boeri, Braga e Corno (Boeri et al., 2009), a questa penuria di dati si aggiunge la difficoltà ad inquadrare la povertà estrema nel framework delle teorie economiche tradizionali, le quali, fondandosi su ipotesi comportamentali regolate da rigidi postulati di razionalità, difficilmente riescono a rappresentare il pattern di comportamento (o molto spesso l’assenza di regolarità nei comportamenti) degli homeless.

Per quanto riguarda la raccolta dati sugli homeless, le prime metodologie di rilevazione sono state sviluppate negli Stati Uniti negli anni ‘80. La più diffusa è quella basata sul cosiddetto S-Night approach (Street and Shelter Night), che consiste nel conteggio simultaneo degli homeless nell’arco di poche ore (una notte o un giorno) su un dato territorio urbano. Le rilevazioni di questo tipo, diventate ormai una prassi corrente negli Stati Uniti, vengono condotte con cadenza annuale o più volte nell’anno, in genere nei mesi invernali, durante i quali è più facile rintracciare gli homeless per via della loro maggiore propensione a rivolgersi ai centri di accoglienza. Da un lato, l’approccio S-Night è assimilabile ad un censimento della popolazione degli homeless e ha il vantaggio di evitare l’identificazione di una popolazione di base da cui estrarre un campione. D’altra parte, esso rischia di sottostimare la popolazione di riferimento e implica un alto dispendio di risorse umane e monetarie nonché una lunga preparazione. Un’altra metodologia è quella degli analoghi one-week (o multi-week) counts, che stimano la popolazione degli homeless attraverso il conteggio delle persone che utilizzano le strutture di accoglienza diurna e notturna nell’arco di una settimana. In questo caso, la possibilità di conteggiare anche individui che non sono senza dimora (ma che comunque potrebbero avere problemi di esclusione sociale) o di conteggiare più volte lo stesso individuo che usufruisce dello stesso servizio non può essere esclusa, poiché spesso la rilevazione non viene fatta ad personam ma si limita a conteggiare il numero totale di utenti dei centri di accoglienza. Diversamente dagli Stati Uniti, in Europa queste metodologie sono state applicate in modo non sistematico.

Per quanto riguarda l’Italia, il primo tentativo di quantificare la popolazione degli homeless è avvenuto ad opera della Commissione d’Indagine sull’Esclusione Sociale (Dipartimento per gli Affari Sociali e Presidenza del Consiglio) e della Fondazione Zancan di Padova e risale al 2000. Nel 2004 è stata poi condotta una seconda indagine nella sola Regione Veneto, cui sono seguite le indagini condotte nelle città di Milano (2008 e 2013), Torino (2010) e Roma (2014). 

La prima ricerca che ha portato alla stima ufficiale del numero di homeless a livello nazionale è stata condotta dall’Istat nel 2011 (Istat, 2011) grazie ad una convenzione con il Ministero del Lavoro e Politiche Sociali, con la fio.PSD (Federazione italiana degli organismi per le persone senza dimora) e con la Caritas Italiana. A tale scopo l’Istat ha costruito una mappa delle strutture collocate nei 158 maggiori comuni italiani che fornivano servizi di mensa e accoglienza notturna, presso le quali è stato possibile intercettare le persone senza dimora. Con riferimento a tali strutture e utilizzando la tecnica del campionamento indiretto, l’Istat ha stimato il numero di homeless in Italia, fornendo anche dettagli su alcune loro caratteristiche. Facendo uso della stessa metodologia, nel 2014 l’Istat ha condotto una seconda indagine nazionale sulle persone senza dimora (Istat, 2015). Nell’ambito di quest’ultima, l’Istat ha realizzato anche uno studio di fattibilità circa la conduzione di uno studio sulle persone senza dimora che non utilizzano i servizi di mensa o accoglienza notturna e che invece vengono intercettate dalle cosiddette Unità di strada (UdS), le quali operano sul territorio fornendo servizi itineranti nei luoghi solitamente frequentati dalle persone senza dimora. Per il 2014 tale sperimentazione sulle UdS si è limitata alla città di Torino, a causa dello scarso grado di coordinamento fra le UdS nelle altre città che ha reso impossibile l’organizzazione di una rilevazione statistica. Lo scopo di questo studio sperimentale sulle UdS è definire uno strumento complementare di monitoraggio del fenomeno degli homeless rispetto all’indagine relativa ai servizi di mensa e accoglienza notturna. 

Confrontando la stima dell’Istat delle persone senza dimora che hanno usufruito di almeno una prestazione presso i servizi di mensa e accoglienza notturna nei mesi di novembre e dicembre 2011 con quella relativa al 2014 si rileva un leggero incremento: si passa dal 2,31 per mille (47.648 persone) della popolazione regolarmente iscritta presso i comuni considerati nell’indagine al 2,43 per mille (50.724 persone). Con riferimento alla distribuzione geografica non si registrano variazioni nel Nord-ovest (38%), al Centro (23,7%) e nelle Isole (9,2%), mentre di osserva una riduzione nel Nord-est (dal 19,7% al 18%) e un aumento al Sud (dall’8,7% al 11,1%). Tale risultato è fortemente influenzato dalla distribuzione ed evoluzione dell’offerta di servizi sul territorio e dalla concentrazione della popolazione nei grandi centri.

Nel 2014 risultano confermate le principali caratteristiche delle persone senza dimora rispetto al 2011: si tratta soprattutto di uomini (85,7%), di stranieri (58,2%), di persone con meno di 54 anni (75,8%) e per circa 2/3 di persone con titolo di studio non superiore alla licenza media. Tuttavia, l’età media nel 2014 è aumentata (da 42,1 a 44,0) a seguito della diminuzione degli stranieri al di sotto dei 34 anni. Inoltre, emerge un allungamento della durata della condizione di senza dimora rispetto al 2011: coloro che si trovano in condizioni di disagio abitativo da meno di tre mesi diminuiscono dal 28,5% al 17,4%, mentre aumentano coloro che si trovano in tali condizioni da più di due anni (dal 27,4% al 41,1%) e da più di 4 anni (dal 16% al 21,4%). È importante sottolineare poi che le differenze tra stranieri e italiani in termini di età, titolo di studio e permanenza nella condizione di senza dimora si sono ridotte tra il 2011 e il 2014 sebbene gli italiani risultino comunque più anziani, meno istruiti e da più tempo in condizioni di disagio abitativo. Per quanto riguarda la condizione lavorativa, nel 2014 aumenta rispetto al 2011 la quota di chi non ha mai svolto attività lavorative (dal 6,7% all’8,7%) mentre è pari al 28% la percentuale di persone senza dimora che dichiara di lavorare[2]. Rimane invece stabile la quota di homeless che dichiarano non aver mai avuto una casa (6,8%) e quella di coloro che vivevano in una casa di proprietà prima di diventare senza dimora (circa il 65%). Infine, nel 2014 viene confermato che la mancanza di una dimora si configura come il risultato di una pluralità di fattori e che la separazione dal coniuge e/o dai figli (57,8%) e la perdita di un lavoro stabile (48,4%) rappresentano gli eventi che più frequentemente si associano al percorso di emarginazione sociale, seguiti dalle cattive condizioni di salute (disabilità, malattie croniche, dipendenze).

Le indagini sui senza dimora condotte dall’Istat nel 2011 e nel 2014 costituiscono solo l’avvio di un monitoraggio a livello nazionale del fenomeno della povertà estrema. Tuttavia, coloro che in ambiti istituzionali e delle organizzazioni di terzo settore forniscono servizi di assistenza e orientamento sociale sono “testimoni privilegiati”, che possono contribuire in modo sostanziale a raccogliere dati sulla povertà estrema. Una promettente iniziativa in questa direzione proviene dalla cooperativa sociale Europe Consulting Onlus, che da alcuni anni ha messo a disposizione di diverse strutture ed istituzioni pubbliche la piattaforma informatica ANThology, con lo scopo di raccogliere, condividere e diffondere dati sulle attività da esse svolte a favore delle persone in condizioni di disagio o a rischio di esclusione sociale, oltre che sui beneficiari di tali attività. Ad esempio, la piattaforma ANThology è utilizzata dall’Osservatorio Nazionale sul Disagio e la Solidarietà nelle Stazioni Italiane (ONDS) – nato dalla collaborazione tra Ferrovie dello Stato Italiane (FS), Anci e Europe Consulting Onlus – per raccogliere dati relativi a coloro che si rivolgono ai centri di orientamento sociale (Help Center) presenti nelle stazioni italiane per iniziativa di FS. 

Lo scopo del presente studio è quello di fornire un contributo originale all’analisi della povertà estrema in Italia facendo uso dei dati raccolti dall’ONDS. Il primo obiettivo è studiare la relazione tra le caratteristiche individuali degli utenti che si rivolgono agli Help Center (HC) di stazione e il numero di accessi spontanei da essi effettuati. Il secondo obiettivo è stabilire in che modo la probabilità con cui gli utenti degli Help Center effettuano diverse tipologie di richiesta sia legata alle loro caratteristiche individuali. 

Il contributo si compone di altre quattro sezioni. La seconda sezione fornisce una breve descrizione del sistema degli Help Center ONDS e alcune riflessioni in relazione al più ampio contesto del terzo settore italiano. La terza sezione contiene la presentazione del dataset utilizzato, la strategia empirica e i risultati dell’analisi descrittiva. La quarta sezione presenta i risultati delle analisi di regressione relative agli accessi effettuati dagli utenti e alle probabilità con cui essi effettuano le diverse tipologie di richiesta. La sezione conclusiva offre una breve sintesi e discussione dei risultati principali.

Il sistema degli Help Center ONDS nel contesto terzo settore italiano

Come ampiamente illustrato nel Rapporto Annuale 2014 dell’ONDS (ONDS, 2014), a partire dalla fine degli anni ‘90 e principalmente su impulso degli enti locali, sono nate importanti esperienze di concertazione, che hanno favorito il progressivo coinvolgimento di rappresentanze della società civile (imprese, associazioni datoriali, sindacati, terzo settore) in progetti di sviluppo locale e iniziative di promozione sociale. In particolare, il terzo settore, sfruttando il forte radicamento nelle comunità territoriali, ha accresciuto il suo ruolo nella fornitura di servizi di welfare, affiancandosi alle istituzioni locali ed entrando a far parte di importanti reti di cooperazione partneriale.

In questo contesto, il sistema degli Help Center ONDS costituisce un esempio di innovazione sociale, nato per iniziativa comune di FS italiane e delle amministrazioni locali, con lo scopo di contrastare il degrado sociale che caratterizzava le stazioni ferroviarie italiane in quegli anni. Gli Help Center rappresentano dei presidi di orientamento sociale in stazione, in cui si sperimenta un approccio pioneristico, sia per l’uso di una varietà di competenze (educativa di strada, counselling, ricerca sociale, ecc.) sia per la multi-problematicità dei beneficiari dei servizi offerti, che condividono una condizione di povertà estrema e grave esclusione sociale. Nella sperimentazione del modello Help Center, fondamentale è stato il ruolo del terzo settore nel rilevare ed analizzare le esigenze dei diversi utilizzatori delle stazioni e nel delineare le caratteristiche di una nuova forma di welfare territoriale basata sulla collaborazione con attori pubblici e privati, sulla condivisione di problemi e di know-how e sulla creazione di valore condiviso (shared value). 

Nel contesto del terzo settore italiano, il progetto di riforma in corso pone al centro delle innovazioni normative proprio il rapporto con gli utenti, quale strumento essenziale per determinare, da un lato, la domanda aggregata di beni e servizi e, dall’altro lato, l’impatto sociale generato (Zandonai, Rensi, 2015). In proposito si rivela utile il recente datawarehouse dell’Istat[3] basato sulla nuova edizione del Censimento delle istituzioni nonprofit, contenente open data aggiornati al 2011 e rilasciati a partire dal 2013. Il database Istat, oltre a fornire informazioni dettagliate a livello territoriale sulle caratteristiche generali delle istituzioni che operano nel terzo settore – quali la forma giuridica, il settore di attività, il tipo di attività (market o non market), il tipo di finanziamento (pubblico o privato), l’orientamento (mutualistico o di pubblica utilità) – consente di collegare tali caratteristiche ai destinatari dei beni e servizi offerti, individuando, in particolare, le fasce di utenza caratterizzate da specifici disagi (malattia, disabilità e non autosufficienza, povertà ed esclusione sociale, immigrazione e nomadismo, disagio psico-sociale, dipendenza, detenzione carceraria, devianza, abusi e molestie, prostituzione, altro). Utilizzando il database Istat, è possibile ricostruire il profilo delle organizzazioni nonprofit che si rivolgono ad utenti disagiati, mostrando peraltro che si tratta di un gruppo ristretto (il 16,7%) rispetto alle 300 mila istituzioni nonprofit che operano in Italia (Zandonai, Rensi, 2015). In primo luogo emerge che all’interno di questo sottoinsieme le organizzazioni nonprofit sono caratterizzate da una vocazione “welfarista” (quasi il 50% di esse si dedica ad attività assistenziali o sanitarie) mentre un’alta percentuale opera anche in campo culturale, sportivo e ricreativo[4] (il 32,4%). In secondo luogo, rispetto al totale delle organizzazioni nonprofit, quelle che si rivolgono ad utenti svantaggiati hanno prevalentemente un orientamento di pubblica utilità (l’82,6% contro il 61,8%), tendono a svolgere attività economica di tipo market (il 43,4% contro il 30,6%) e ad affidarsi maggiormente al finanziamento pubblico (il 26,2% contro il 13,9%). In relazione alla forma giuridica, le organizzazioni nonprofit che si rivolgono ad utenti disagiati operano prevalentemente come associazioni non riconosciute (il 50,6%), associazioni riconosciute (il 24,2%) e cooperative sociali (il 14,5%). Occorre inoltre sottolineare che considerando il totale delle cooperative sociali (in valore assoluto pari a 11.264) il 64,7% svolge attività a favore di utenti disagiati; tuttavia, se nel periodo 1970-1990 si è registrata una presenza crescente di questa categoria di cooperative sociali, nel periodo 1991-2011, a seguito dell’approvazione della legge di settore, l’incidenza di tale categoria si è progressivamente ridotta. Infine, con riferimento alle tipologie di disagio degli utenti, è forte l’attenzione che le cooperative sociali rivolgono a tipi di disagio (come la dipendenza, la devianza, il disagio psico-sociale) solitamente più trascurati dalle politiche pubbliche di welfare.

Alla luce di queste riflessioni e dati sul terzo settore che opera a favore di utenti disagiati, appare ancora più evidente il contributo innovativo del sistema degli Help Center ONDS e la potenzialità della metodologia di raccolta dati della rete ONDS ai fini della determinazione delle esigenze degli utenti disagiati e della definizione delle azioni di risposta. 

Presentazione del dataset, strategia empirica e analisi descrittiva

Le analisi empiriche di questo studio si basano su un dataset di microdati di natura sezionale, ottenuto attraverso apposita estrazione dal database di ANThology. Esso contiene informazioni sulle caratteristiche individuali (età, genere, provenienza, stato civile, condizione abitativa), il numero di accessi e i tipi di richiesta degli utenti che nel corso del 2014 si sono rivolti ai tre Help Center di Firenze, Roma e Napoli, un sottoinsieme della rete ONDS caratterizzato da maggiore qualità e completezza dei dati. Il campione utilizzato è costituito da 4.571 utenti, di cui il 21,6% si è rivolto all’ HC di Firenze, il 57,6% all’HC di Roma ed il 20,9% all’HC di Napoli.

Con l’obiettivo di studiare le relazioni tra le caratteristiche degli utenti e il numero di accessi spontanei da essi effettuati, la strategia empirica si basa sulla stima di modelli di regressione di conteggio, specificati nel dettaglio nella sezione successiva. Per quanto riguarda il secondo obiettivo dell’analisi, ovvero la stima della probabilità che gli utenti esprimano diverse tipologie di richiesta si è scelto di utilizzare modelli di regressione logit in cui i regressori sono costituiti dalle caratteristiche individuali degli utenti. 

Per entrambi i tipi di modello le stime sono state condotte, innanzitutto, sul Campione A, costituito dall’insieme di utenti di età compresa tra i 18 e gli 85 anni per i quali si dispone di informazioni complete relativamente al genere, la provenienza e l’età. In secondo luogo, le stime sono state ripetute su un sottocampione del Campione A, detto Campione B, per il quale si dispone anche di informazioni relative allo stato civile e alla condizione abitativa. 

Con riferimento a quest’ultima variabile, le informazioni sono state raccolte nel sistema ANThology secondo la classificazione ETHOS (European Typology of Homelessness and Housing Exclusion) sviluppata da FEANTSA (European Federation of National Organisations working with the Homeless). Le categorie di esclusione abitativa ETHOS sono quattro e fanno riferimento a tre domini (fisico, sociale e legale): 1) senza tetto (indisponibilità di qualunque tipo di riparo); 2) senza casa (con disponibilità temporanea di un riparo all’interno di un centro di accoglienza); 3) sistemazione insicura (alta probabilità di non disporre di una sistemazione a causa di possibile sfratto o violenza domestica); 4) sistemazione inadeguata (disponibilità di una sistemazione in un sito illegale o caratterizzato da estremo sovraffollamento). Agli utenti degli Help Center della rete ONDS è stata associata alternativamente una delle quattro categorie ETHOS, in caso di disagio abitativo, oppure la categoria “sistemazione sicura ed adeguata”.

Prima di procedere con i risultati delle analisi di regressione, in questa sezione vengono mostrate alcune statistiche descrittive. 

Nella Tabella 1 si nota che tra gli utenti uomini dei tre Help Center la classe di età più numerosa (29,6%) è quella 30-39 anni (seguita dalla 40-49 con il 26,1%); per il totale delle donne, invece, le classi di età maggiormente rappresentate sono la 40-49 e la 50-59. Guardando alle classi di età “estreme”, mentre per gli uomini risulta più numerosa la classe 18-29 (il 20,1%) rispetto agli over 60 (il 7,8%), per le donne non c’è molta differenza (rispettivamente il 13,8% ed il 14,1%). Confrontando i dati sui singoli Help Center non emergono differenze significative tra gli uomini; tra le donne, invece, la classe di età più anziana è maggiormente rappresentata a Napoli (26,2%) rispetto a quanto accade nelle altre due città (l’11,1% a Firenze ed il 13,8% a Roma). 

In termini di provenienza, dalla Tabella 2 emerge che gli utenti provenienti da un paese dell’Unione Europea o dall’Africa costituiscono, in generale, i gruppi più numerosi. Tuttavia, a Napoli la concentrazione degli utenti in questi due gruppi di provenienza è particolarmente alta solo per gli uomini (il 44,7% proviene da un paese dell’UE ed il 44,8% da un paese africano), mentre tra le donne il 60,5% proviene da paesi dell’UE, il 31,4% da un paese europeo non appartenente all’UE e solo il 5,8% dall’Africa[5]. Incrociando le informazioni sulla provenienza e sulla distribuzione per classi di età (Tabella 3) si nota che gli utenti provenienti dai paesi dell’UE si distribuiscono nelle tre classi di età centrali (con una più accentuata presenza nella classe 40-49), mentre gli utenti provenienti dall’Africa e dall’Asia risultano più giovani.

Per quanto riguarda il numero di accessi spontanei per utente, il valore medio riportato nella Tabella 4 risulta più alto per gli uomini (6,1) rispetto alle donne (4,0) e più alto per gli utenti provenienti dai paesi dell’UE (6,6) rispetto agli utenti provenienti dagli altri paesi. Inoltre, considerando congiuntamente età e provenienza (Tabella 5), il più alto numero medio di accessi spontanei per utente (7,4) si registra per gli utenti nella classe 40-49 e provenienti dai paesi dell’UE.

Infine, la Tabella 6 riporta la percentuale di utenti che ha espresso almeno una richiesta, distinguendo tra diverse tipologie, per Help Center, genere, classe di età e provenienza. In primo luogo, il 44,1% degli utenti ha richiesto accoglienza: ciò fornisce un primo indizio del fatto che una percentuale significativa degli utenti potrebbe avere una condizione abitativa disagiata. Non sorprende, inoltre, che rispettivamente il 38,9% e il 37,9% degli utenti abbia fatto richiesta di orientamento al lavoro e di segretariato sociale, vista la natura di sportello sociale degli Help Center. In secondo luogo, emerge una forte differenziazione tra gli Help Center rispetto alle categorie di richiesta. Questa evidenza può essere ragionevolmente spiegata sulla base della diversa natura e specializzazione degli Help Center. In particolare, il 91,7% degli utenti di Napoli richiede accoglienza, mentre tale percentuale scende a 37,2% a Roma e a 16,4% a Firenze. Al contrario, per quanto riguarda l’orientamento al lavoro, le percentuali sono molto più alte a Firenze e a Roma rispetto a Napoli. Infine, molto alta è la percentuale di utenti che fa richiesta di segretariato sociale a Firenze (90,5%) rispetto a Napoli (51,9%) e soprattutto a Roma (13,1%).

Tenendo conto dei risultati preliminari suggeriti dall’analisi descrittiva, la sezione successiva ha l’obiettivo di esplorare, attraverso apposite analisi di regressione, le relazioni tra le caratteristiche individuali degli utenti e il numero medio di accessi spontanei effettuati presso gli Help Center, in un primo momento, e tra le caratteristiche individuali degli utenti e la probabilità di fare richieste di diverso tipo, successivamente, secondo la strategia empirica delineata all’inizio di questa sezione.

Tabella 1. Distribuzione degli utenti per Help Center, genere e classe di età

Tabella 2. Distribuzione degli utenti per Help Center, genere e provenienza

Tabella 3. Distribuzione degli utenti per provenienza e classe di età

Tabella 4. Numero medio di accessi spontanei degli utenti per genere, classe di età e provenienza

Tabella 5. Numero medio di accessi spontanei degli utenti per classe di età e provenienza

Tabella 6. Le richieste degli utenti: percentuale di utenti per Help Center, genere, classe di età e provenienza

Risultati delle analisi di regressione

Gli accessi spontanei

La variabile di conteggio relativa al numero di accessi spontanei per utente è caratterizzata dal fatto che una percentuale relativamente alta di utenti (il 37,5%) fa un solo accesso nel corso del 2014 e dal fatto che la varianza risulta più alta della media (questa caratteristica si definisce overdispersion). Tali elementi suggeriscono che i modelli econometrici più adeguati per studiare in che modo il numero di accessi degli utenti sia associato alle loro caratteristiche individuali sono i cosiddetti modelli zero-inflation negative binomial (ZINB)[6]. Nello specifico, si considera che la presenza di un numero di esiti pari a 1 “in eccesso” possa derivare da processi diversi. Un utente potrebbe limitarsi ad un solo accesso presso l’Help Center perché è solo di passaggio per la città (ad esempio, è un migrante in transito) oppure per altre caratteristiche personali che lo allontanano dalla struttura. Ipotizzando quindi che due processi diversi possano determinare l’esito secondo cui un utente fa un solo accesso presso l’Help Center, il modello ZINB proposto risulta dalla combinazione di un modello per la stima del numero di accessi spontanei (uno o più) con un modello sulla probabilità di non fare più di un accesso. I risultati delle stime dei modelli ZINB sul numero di accessi spontanei effettuati dagli utenti sul Campione A e sul Campione B sono contenuti nella Tabella 7.

Tabella 7. Risultati dei modelli di regressione sul numero di accessi effettuati dagli utenti

Nella parte sinistra della tabella sono riportati i modelli sulla probabilità di fare un solo accesso, dai quali non emergono relazioni statisticamente significative per le variabili considerate, salvo alcune eccezioni. In particolare, sembrerebbe che le donne abbiano una maggiore probabilità di fare un solo accesso rispetto agli uomini, ma tale relazione è statisticamente significativa soltanto nel modello relativo al Campione A. Al contrario, dal modello sul campione B, emerge che gli utenti provenienti dai paesi dell’UE hanno una probabilità minore di fare un solo accesso rispetto agli utenti che provengono dall’Africa; analogamente, gli utenti che si rivolgono all’Help Center di Firenze hanno una probabilità minore di fare un solo accesso rispetto a quelli che si rivolgono all’Help Center di Roma.

Nella parte destra della tabella sono invece riportati i modelli che studiano la relazione tra il numero di accessi effettuati dagli utenti e le loro caratteristiche. In questo caso, si trova evidenza di una relazione significativa e positiva tra l’età dell’utente e il numero di accessi. Più precisamente, il segno negativo e significativo del coefficiente relativo alla variabile “Età al quadrato” segnala la possibile esistenza di una relazione non lineare tra l’età e il numero di accessi spontanei e, in particolare, il fatto che il segno della relazione possa invertirsi dopo che sia stata raggiunta una “età massima”. Tale andamento a “U rovesciata”, in effetti, conferma quanto suggerito dalle statistiche descrittive sul numero medio di accessi per classe di età (Tabella 4). Inoltre, coerentemente con il risultato riportato nei modelli contenuti nella parte sinistra della tabella, essere donna è associato ad un numero minore di accessi spontanei. Per quanto riguarda la provenienza, invece, non emergono differenze significative tra gli utenti, ad eccezione del fatto che coloro che provengono dai paesi dell’UE sembrano effettuare un numero di accessi maggiore rispetto agli utenti africani (la relazione è però significativa soltanto nel modello stimato sul Campione A). Con riferimento all’Help Center cui l’utente si è rivolto, dai modelli stimati su entrambi i campioni risulta che, rispetto agli utenti dell’Help Center di Roma, il numero di accessi per utente è rispettivamente più basso nell’Help Center di Firenze e più alto nell’Help Center di Napoli. Infine, guardando ai risultati del modello stimato sul Campione B, mentre per lo stato civile non c’è evidenza di relazioni statisticamente significative, il fatto di trovarsi in una condizione di disagio abitativo appare associarsi ad un numero di accessi per utente più elevato.

Le richieste

I risultati relativi ai modelli di regressione che stimano la probabilità di esprimere una specifica richiesta si riferiscono a quattro macro-categorie (accoglienza, assistenza burocratica, orientamento al lavoro, beni e servizi)[7] e sono presentati in due blocchi: il primo (Tabella 8 e Grafici 1-3) relativo al Campione A ed il secondo (Tabella 9 e Grafici 4-6) relativo al Campione B. Con riferimento al Campione A, in primo luogo, la Tabella 8 riporta i risultati delle stime dei modelli logit in cui le variabili dipendenti sono le variabili binarie relative all’aver fatto (1) o meno (0) la specifica richiesta indicata per colonna. In particolare, i risultati sono riportati in termini di odds ratios: il segno della relazione è da interpretare come negativo nel caso l’odds ratio sia minore di 1 e come positivo nel caso l’odds ratio sia maggiore di 1.

Innanzitutto, si nota che la probabilità di esprimere una richiesta di accoglienza e l’età (espressa in anni) sono legate da una relazione negativa e significativa ma che tale relazione cambia segno dopo aver raggiunto un minimo (per via del segno positivo associato alla variabile “Età al quadrato”), mentre l’opposto vale per la relazione tra la probabilità di esprimere una richiesta di orientamento al lavoro e l’età. L’essere donna, invece si associa sempre in modo positivo con la probabilità di esprimere i diversi tipi di richiesta, tranne nel caso di beni e servizi. Per quanto concerne la provenienza emergono risultati differenziati per i diversi tipi di richiesta. Considerando gli utenti africani come categoria di riferimento, nel caso dell’accoglienza, agli utenti provenienti dall’America del Sud e dai paesi dell’UE si associa una minore probabilità di esprimere una richiesta. Invece, nel caso dell’assistenza burocratica, la probabilità di richiesta è maggiore per gli utenti provenienti dai paesi dell’UE e, nel caso dell’orientamento al lavoro, essa è maggiore per gli utenti dell’America del Sud. Infine, la probabilità di richiedere beni e servizi è maggiore per gli utenti europei (sia per quelli provenienti dai paesi dell’UE che per quelli provenienti dai paesi al di fuori dell’UE). Con riferimento all’Help Center, si nota una differenza ancora più marcata tra le diverse macro-categorie di richiesta. Utilizzando come categoria di riferimento Roma, nel caso dell’accoglienza, la probabilità di fare richiesta è più alta per gli utenti di Napoli e più bassa per quelli di Firenze, mentre l’opposto vale nel caso dell’orientamento al lavoro. Da ultimo, sia per l’assistenza burocratica che per beni e servizi la probabilità di fare richiesta risulta più alta a Firenze e Napoli rispetto a Roma.

Tabella 8. Modelli di regressione sulla probabilità di esprimere una richiesta (Campione A)

Una sintesi dei risultati in termini di probabilità predette per ciascuna macro-categoria di richiesta e sulla base dei modelli[8] contenuti nella Tabella 8 è fornita nel Grafico 1. Da questa elaborazione, che consente di quantificare le diverse probabilità ,emerge che, con riferimento all’accoglienza, la probabilità di esprimere una richiesta risulta pari al 91,1% a Napoli a fronte del 38% a Roma e del 15,3% a Firenze. Diversamente, le differenze nelle probabilità di richiedere accoglienza sono più contenute in relazione alla provenienza. Per quanto riguarda l’orientamento al lavoro, invece, la probabilità di fare richiesta è decisamente più alta per gli utenti di Firenze (70%) rispetto a quelli di Roma (39,7%), ma soprattutto rispetto a quelli di Napoli (4,4%). In relazione alla provenienza, la probabilità più alta di fare richiesta di orientamento al lavoro si registra per gli utenti dell’America del Sud (57,4%); tra gli utenti provenienti da altre aree geografiche non emergono significative differenze e la probabilità è inferiore al 40%. Infine, confrontando uomini e donne, si nota che la sia la probabilità di far richiesta di accoglienza che di orientamento al lavoro è più alta per le donne (rispettivamente 50,2% e 41,1%) rispetto agli uomini (rispettivamente 41,6% e 37,9%).

Grafico 1. Probabilità di fare una richiesta per Help Center, provenienza e genere (Campione A) [Probabilità predette calcolate sulla base dei risultati dei modelli di regressione riportati nella Tabella 8. Fonte: elaborazioni su dati ANThology 2014].

Sempre con riferimento al Campione A, i Grafici 2 e 3 riportano le probabilità predette di richiedere rispettivamente accoglienza e orientamento al lavoro, mostrando come esse varino al variare dell’età per quattro utenti-tipo: “uomo UE”, “uomo extra-UE”, “donna UE” e “donna extra-UE”. Nello specifico, nel caso dell’accoglienza, il Grafico 2 mostra un andamento tendenzialmente ad “U” rispetto all’età della probabilità per tutti e quattro gli utenti-tipo (confermando quanto emerge dai segni degli odds ratios nella Tabella 8 per le variabili relative all’età). In altri termini, la probabilità diminuisce al crescere dell’età, fino a raggiungere un minimo in corrispondenza di circa 35 anni, per poi cominciare ad aumentare piuttosto rapidamente al crescere dell’età. D’altra parte, per ogni livello dell’età, la probabilità di richiedere accoglienza per l’utente-tipo “uomo UE” risulta minore rispetto a quella degli altri utenti-tipo (con un range compreso tra meno del 40% e circa il 70%). Il contrario vale per l’utente-tipo “donna UE” (con un range compreso tra circa il 50% e l’80%). 

Nota: Probabilità predette calcolate sulla base dei risultati dei modelli di regressione riportati nella Tabella 8, in cui la provenienza degli utenti è però indicata in relazione all’appartenenza all’area dell’Unione Europea (UE ed extra-UE). Fonte: elaborazioni su dati ANThology 2014.

Grafico 2. Probabilità di esprimere una richiesta di accoglienza in base al genere e alla provenienza ed in relazione all’età [Probabilità predette calcolate sulla base dei risultati dei modelli di regressione riportati nella Tabella 8, in cui la provenienza degli utenti è però indicata in relazione all’appartenenza all’area dell’Unione Europea (UE ed extra-UE). Fonte: elaborazioni su dati ANThology 2014].

Nel Grafico 3 emerge, invece, che l’andamento della probabilità di richiedere orientamento al lavoro in relazione all’età per i quattro utenti-tipo assomiglia ad una “U-rovesciata”. In particolare, le curve delle probabilità raggiungono un massimo in corrispondenza di circa 40 anni. Inoltre, anche in questo caso, il profilo di probabilità più basso è quello dell’utente-tipo “uomo UE” mentre quelli degli altri utenti-tipo tendono a coincidere.

Probabilità predette calcolate sulla base dei risultati dei modelli di regressione riportati nella Tabella 8, in cui la provenienza degli utenti è indicata in relazione all’appartenenza all’area dell’Unione Europea (UE ed extra-UE). Fonte: elaborazioni su dati ANThology 2014.

Grafico 3. Probabilità di esprimere una richiesta di orientamento al lavoro in base al genere e alla provenienza ed in relazione all’età [Probabilità predette calcolate sulla base dei risultati dei modelli di regressione riportati nella Tabella 8, in cui la provenienza degli utenti è indicata in relazione all’appartenenza all’area dell’Unione Europea (UE ed extra-UE). Fonte: elaborazioni su dati ANThology 2014].

Analogamente al primo blocco di risultati relativi alle stime sul Campione A, la Tabella 9 riporta i risultati relativi alle stime di modelli logit sul Campione B, in termini di odds ratios per le diverse macro-categorie di richiesta, aggiungendo lo stato civile e la condizione abitativa tra i regressori dei quattro modelli. Il Grafico 4, sulla base delle stime del modello riportato in Tabella 9, mostra le probabilità predette in relazione allo stato civile e alla condizione abitativa degli utenti. Da un lato i risultati suggeriscono che, in generale, l’esperienza di una rottura dei legami familiari (l’essere divorziato o separato) si associa a probabilità più alte di esprimere ogni categoria di richiesta. D’altra parte, il versare in una condizione abitativa disagiata corrisponde ad una maggiore probabilità di richiedere sia accoglienza che beni e servizi a fronte di una minore probabilità di richiedere orientamento al lavoro. Ad esempio, la probabilità predetta di richiedere orientamento al lavoro è pari al 55,8% per chi dispone di una sistemazione sicura ed adeguata, mentre per i senza tetto essa raggiunge soltanto il 31,5%.

Tabella 9. Modelli di regressione sulla probabilità di esprimere una richiesta (Campione B)

Probabilità predette calcolate sulla base dei risultati dei modelli di regressione riportati nella Tabella 9. Fonte: elaborazioni su dati ANThology 2014.

Grafico 4. Probabilità di esprimere una richiesta (suddivisione in base alla categoria) per condizione abitativa e stato civile [Probabilità predette calcolate sulla base dei risultati dei modelli di regressione riportati nella Tabella 9. Fonte: elaborazioni su dati ANThology 2014].span>

Conclusioni

Nonostante l’abbondante letteratura economica e sociologica dedicata alle tematiche della povertà e della disuguaglianza, il fenomeno della povertà estrema, nelle sue diverse forme, ha ricevuto sinora una scarsa attenzione. Il motivo principale di questo gap nella letteratura è da ricondurre alla mancanza di dati che consentano di misurare la povertà estrema ed indagarne le cause. A sua volta, tale penuria di dati è dovuta alla difficoltà di condurre indagini su una popolazione che in buona parte vive in condizioni abitative disagiate e che, di conseguenza, non è facile da intercettare.

Lo scopo di questo studio è stato quello di contribuire allo studio della povertà estrema in Italia, facendo uso dei dati raccolti attraverso la piattaforma informatica ANThology, utilizzata da diverse strutture pubbliche e private che offrono servizi di accoglienza e orientamento sociale in Italia, tra le quali quelle dell’Osservatorio Nazionale sul Disagio e la Solidarietà nelle Stazioni Italiane (ONDS). Nello specifico, sono state proposte alcune analisi econometriche sulla base di un dataset di natura sezionale relativo agli utenti che nel 2014 hanno usufruito dei servizi di tre Help Center dell’ONDS (Firenze, Roma e Napoli). Tale dataset, oltre ad informazioni sugli accessi e le richieste effettuate dagli utenti, fornisce informazioni su alcune caratteristiche individuali di base (età, genere, provenienza) e, per un sottoinsieme di utenti, anche sullo stato civile e la condizione abitativa.

Le analisi descrittive hanno suggerito, innanzitutto, che gli uomini sono tendenzialmente più giovani rispetto alle donne. Per quanto riguarda la provenienza, le percentuali più alte si registrano per gli utenti provenienti dai paesi dell’UE e per quelli africani. Inoltre, gli utenti africani e asiatici risultano in media più giovani degli utenti provenienti da altre aree geografiche.

Il primo obiettivo dello studio è stato quello di fornire un’analisi del numero di accessi spontanei per utente in relazione alle caratteristiche individuali. Attraverso modelli di regressione di conteggio si è trovata evidenza di una relazione a “U-rovesciata” tra l’età e il numero di accessi spontanei effettuati da un utente. Inoltre, confermando i risultati dell’analisi descrittiva, è emerso che le donne hanno effettuato un numero di accessi inferiore rispetto agli uomini. In relazione agli Help Center cui gli utenti si sono rivolti, il numero di accessi per utente risulta essere rispettivamente più basso per Firenze e più alto per Napoli, prendendo come riferimento gli utenti di Roma. Infine, il numero di accessi spontanei sembra essere in media più alto per gli utenti che versano in una condizione di disagio abitativo, rispetto a quelli che dispongono di una sistemazione adeguata e sicura.

Il secondo obiettivo dello studio è stato quello di stimare la probabilità per un utente di esprimere specifici tipi di richiesta presso gli Help Center, in relazione alle caratteristiche individuali. In proposito, i risultati più interessanti riguardano la probabilità di richiedere accoglienza e orientamento al lavoro. In primo luogo, sia la probabilità di richiedere accoglienza che quella di richiedere orientamento al lavoro è risultata più alta per le donne rispetto agli uomini. Per quanto concerne le differenze tra utenti che si sono rivolti a Help Center diversi, è emersa una probabilità di richiedere accoglienza più alta per gli utenti di Napoli rispetto a quella degli altri due centri. Nel caso dell’orientamento al lavoro, invece, la probabilità più alta è quella degli utenti di Firenze. Tali risultati appaiono coerenti con le attività cui i singoli centri dedicano maggiore attenzione: l’Help Center di Firenze si caratterizza per un focus specifico sull’orientamento al lavoro, diversamente dall’Help Center di Napoli, che ha maggiore esperienza nel fornire soluzioni relative all’accoglienza. L’Help Center di Roma, invece, si occupa di entrambe le problematiche e non si distingue, pertanto, per una particolare attenzione ad una delle due. Inoltre, è stato analizzato l’andamento delle probabilità di fare richiesta di accoglienza e di orientamento al lavoro al variare dell’età per quattro utenti-tipo definiti in base al genere e alla provenienza. Nel caso dell’accoglienza, è emerso che la probabilità diminuisce solo lievemente al crescere dell’età nell’intervallo 20-35, mentre cresce sempre più rapidamente con l’età, una volta superata la soglia dei 35 anni. Al contrario, la probabilità di fare richiesta di orientamento al lavoro cresce lentamente con l’età nell’intervallo 20-40, per poi diminuire rapidamente all’aumentare dell’età dopo la soglia dei 40 anni. L’evidenza è in linea con l’ipotesi che gli utenti più anziani siano più propensi a richiedere accoglienza, presumibilmente per le maggiori difficoltà (in termini di resistenza fisica e abilità) a trovare una sistemazione al di fuori del circuito degli Help Center rispetto ai giovani. D’altra parte, appare plausibile che i giovani siano più attivi (o meno scoraggiati) nella ricerca di un’occupazione.

Lo studio della probabilità che un utente dell’Help Center faccia diversi tipi di richiesta in base allo stato civile ha poi messo in luce che l’esperienza di rottura familiare sembra essere associata ad una maggiore probabilità di avanzare qualunque tipo di richiesta. Del resto, non è difficile immaginare che a seguito di una separazione familiare possa sorgere la necessità di trovare una nuova sistemazione e/o un nuovo lavoro e il bisogno di assistenza legale o anche di beni e servizi. Diversamente, vivere in condizioni di disagio abitativo sembra associarsi, da un lato, con una maggiore probabilità di fare richiesta di accoglienza e di beni e servizi e, dall’altro, con una minore probabilità di richiedere orientamento al lavoro. Questi risultati sono coerenti con l’approccio housing first, secondo cui la priorità di chi versa in condizioni di disagio abitativo è soddisfare bisogni primari (avere un tetto sopra la testa o un pasto) piuttosto che risolvere problemi di inclusione lavorativa.

Nel complesso, la natura sezionale dei dati utilizzati e la disponibilità di un numero limitato di caratteristiche individuali degli utenti degli Help Center di stazione non ha consentito di avanzare ipotesi di causalità tra di esse ed il numero di accessi effettuati dagli utenti, da un lato, e la probabilità di fare diverse tipologie di richiesta, dall’altro. Tuttavia, è stato possibile indagare le relazioni tra le diverse variabili in termini di associazioni, ottenendo dei risultati interessanti, che appaiono peraltro in linea con quanto recentemente segnalato dalla Commissione Europea, nell’ambito del Social Investment Package (European Commission, 2013). La Commissione ha infatti sottolineato che ad essere colpiti da gravi forme di esclusione sociale sono gli individui a basso reddito (migranti, anziani, giovani, minoranze etniche, lavoratori low-skilled) che non ricevono adeguato supporto da parte dei sistemi di protezione sociale e che le determinanti della povertà estrema possono essere anche di natura strutturale (legate al mercato del lavoro e a quello immobiliare) e istituzionale (sistemi di welfare nazionali). In questo contesto, conoscere meglio l’estensione e le caratteristiche della popolazione dei poveri “estremi” è di fondamentale importanza per definire misure di policy efficaci, che favoriscano percorsi di reinserimento lavorativo e sociale per chi vive ai margini estremi della società, così estremi da risultare invisibile persino nelle statistiche relative ai poveri. Alla luce di queste osservazioni, appare ancora più evidente il potenziale offerto dalla piattaforma ANThology per raccogliere dati e condurre analisi sui fenomeni di povertà estrema. Sebbene la metodologia di raccolta dati della rete ONDS sia in fase di perfezionamento e ci sia ancora molto lavoro da fare per ottenere informazioni quantitativamente e qualitativamente significative ed attendibili, essa costituisce un’importante base di partenza per futuri sviluppi di ricerca. 

Bibliografia

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Note

  1. ^ What are human rights? 
  2. ^ L’accezione di lavoro utilizzata dall’Istat in questo caso è molto ampia e comprende qualunque attività svolta in cambio di una retribuzione o di un compenso monetario, anche se irregolare.
  3. ^ Data warehouse del 9° Censimento generale dell’industria e dei servizi 2011: http://dati-censimentoindustriaeservizi.istat.it/
  4. ^ Tale percentuale è però decisamente inferiore rispetto al 65% che si registra per il totale delle organizzazioni nonprofit.
  5. ^ Si noti, però, che in termini assoluti il numero di donne che si rivolge all’Help Center di Napoli è in totale molto più basso rispetto a quello degli altri due Help Center.
  6. ^ Si veda (Cameron, Trivedi, 2010) per una descrizione dettagliata dei modelli ZINB e delle loro applicazioni. Si noti che tali modelli, oltre alla ricordata caratteristica di overdispersion, assumono che per la variabile dipendente del modello di regressione si verifichi una situazione di esiti pari a zero in “eccesso” (da cui zero-inflation). Nel caso in esame, la possibilità di esiti in eccesso si verifica per il valore 1 anziché zero; tuttavia, ciò non comporta alcun cambiamento nell’impostazione del modello, una volta che la variabile “accessi spontanei” sia stata riscalata sottraendo la costante 1 a ciascuna osservazione.
  7. ^ Le macro-categorie di richiesta utilizzate nelle analisi di regressione sono ricavate dalle categorie riportate nella Tabella 6. Esse coincidono nel caso dell’accoglienza e dell’orientamento al lavoro mentre derivano da aggregazione negli altri due casi. In particolare, la macro-categoria “Beni e Servizi” include le categorie “Beni”, “Servizi” e “Assistenza sanitaria”; la macro-categoria “Assistenza burocratica” include le categorie “Assistenza burocratico-legale” e “Segretariato sociale”.
  8. ^ Chiaramente la probabilità predetta calcolata in relazione alla caratteristica individuale di volta in volta in esame è ottenuta a parità delle altre condizioni, ovvero inserendo nel modello di regressione le altre caratteristiche individuali a disposizione come controlli.
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