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ISSN 2282-1694
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Numero 3 / 2020

Echi

Sussidiarietà e collaborazione: la svolta della Sentenza 131 della Corte costituzionale

Redazione

Questo numero di Impresa Sociale esce in un periodo molto intenso di cambiamenti del contesto normativo in materia di relazioni tra Enti pubblici e Terzo settore, in particolare sul tema, caro alla nostra Rivista, della progressiva emersione e legittimazione del principio di collaborazione – logicamente derivante dall’accoglimento del principio di sussidiarietà dell’art. 118 della Costituzione e dalla definizione del Terzo settore come attore dell’interesse generale – e degli strumenti amministrativi della coprogrammazione e coprogettazione ad esso conseguenti.

Dopo l’entusiasmo del 2017 e del 2018, sull’onda dell’approvazione dell’art. 55 del Codice del Terzo settore, e dopo la prima diffusione di esperienze di collaborazione che hanno visto coinvolti – nel campo del welfare ma non solo – enti locali e imprese sociali, era seguito un periodo difficile a causa del parere del Consiglio di Stato dell’agosto 2018, fortemente succube di una logica mercatista e aggressivamente critico verso relazioni diverse da quelle governate dalla competizione per gli appalti.

Ma – ne scrivevamo in un editoriale del 2019 – l’interesse per gli strumenti collaborativi anziché scemare si era ulteriormente diffuso ed era partito un movimento culturale, di cui questa Rivista è stato parte, per affermare le buone ragioni di una relazione collaborativa. Poi, in un arco di tempo relativamente breve, si è assistito ad una svolta – ancora oggi in corso – difficilmente ipotizzabile nella sua portata anche solo pochi mesi fa.

Il punto di partenza è la rivoluzionaria sentenza 131 della Corte costituzionale del 26 giugno 2020, che ha marcato un punto di non ritorno nel superamento delle resistenze all’applicazione dell’art. 55 del Codice del Terzo settore: “Si instaura, in questi termini, tra i soggetti pubblici e gli ETS, in forza dell'art. 55, un canale di amministrazione condivisa, alternativo a quello del profitto e del mercato: la «co-programmazione», la «co-progettazione» e il «partenariato» (che può condurre anche a forme di «accreditamento») si configurano come fasi di un procedimento complesso espressione di un diverso rapporto tra il pubblico ed il privato sociale, non fondato semplicemente su un rapporto sinallagmatico. Il modello configurato dall'art. 55 CTS, infatti, non si basa sulla corresponsione di prezzi e corrispettivi dalla parte pubblica a quella privata, ma sulla convergenza di obiettivi e sull'aggregazione di risorse pubbliche e private per la programmazione e la progettazione, in comune, di servizi e interventi diretti a elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, secondo una sfera relazionale che si colloca al di là del mero scambio utilitaristico.

Questa vicenda è ripercorsa, nella dialettica tra la religione della competizione e le istanze collaborative che ha caratterizzato questi anni, nell’articolo di Gianfranco Marocchi che segue, sino alle attuali evoluzioni: dopo la sentenza 131, l’approvazione il 22 luglio della L.R. 65/2020 da parte della Regione Toscana (e in particolare il suo Capo IV) può aprire una nuova generazione di normative regionali in cui gli approcci collaborativi abbiano un ruolo non residuale. E, proprio nei giorni in cui Impresa Sociale 3/2020 è in uscita, l’inserimento nella conversione in legge del DL Semplificazioni di una modifica al Codice degli appalti che riconosce pari livello e dignità agli strumenti collaborativi, apporta un altro tassello importante nell’incoraggiare gli amministratori pubblici a coprogrammare e coprogettare. Altre novità importanti sono attese per le prossime settimane, dal momento che Ministero del Welfare e Regioni sono al lavoro per definire delle linee guida sulla coprogrammazione e la coprogettazione che saranno sicuramente utili per diffondere questi strumenti tra gli amministratori locali.

Ma accanto alla ricostruzione di quanto avvenuto, ci si interroga, con il contributo di Luca Gori, sugli effetti a lungo raggio di una sentenza che può, tra le altre cose, contribuire «a smorzare la dicotomia conflittuale fra i valori della concorrenza e quelli della solidarietà» che si può rinvenire nel diritto comunitario, individuando uno spazio in cui ciascuno Stato possa «apprestare, in relazione ad attività a spiccata valenza sociale, un modello organizzativo ispirato non al principio di concorrenza ma a quello di solidarietà». Il modello collaborativo che ne deriva tende a sfuggire al limite della “eccezionalità” (gli interventi sperimentali e innovativi) della coprogettazione ispirata dalla 328/2000 e a diventare un “modulo relazionale ordinario” tra soggetti, pubblici e di terzo settore, accomunati dalle medesime finalità. Ma gli effetti giuridici della Sentenza 131/2020 tendono ad investire anche altri ambiti, dagli spazi di azione dello Stato e delle Regioni nell’approcciare il complesso di enti che operano nell’interesse della comunità agli altri strumenti che il Codice del Terzo settore mette a disposizione, come gli articoli 56 e 57. «La forza propulsiva di questo pronuncia – conclude Gori – è destinata a realizzarsi in una pluralità di direzioni, consentendo di sviluppare, in una prospettiva europea, una serie di strumenti promozionali e di relazioni, all’interno del Terzo settore e con gli altri settori».

Conclude questo gruppo di articoli un contributo di Gregorio Arena, in realtà scritto pochi giorni prima della sentenza 131 e quindi non direttamente ad essa dedicato, ma tuttavia tassello di grande rilievo nel percorso qui tracciato. Si tratta di un tentativo di inquadrare in modo sistematico entro una prospettiva sussidiaria sia gli strumenti, come l’art. 55, pensati per promuovere la collaborazione tra Enti pubblici e Terzo settore – soggetto che è istituzionalmente vocato al perseguimento dell’interesse generale – sia quelli pensati per promuovere azioni di interesse generale da parte di soggetti, come i singoli cittadini, che sono al tempo stesso portatori in altre situazioni di interessi privati. Insomma, un tentativo di delineare un quadro ordinato e coerente dei modi in cui implementare la pluralità di relazioni collaborative che discendono dal principio di sussidiarietà.

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