L’articolo affronta il tema della misurazione del valore creato dalle imprese sociali di inserimento lavorativo, basandosi sui risultati di una ricerca empirica. L’analisi presentata è suddivisa in due parti: la prima inerente al valore economico che le imprese di inserimento lavorativo producono a favore della Pubblica Amministrazione; la seconda inerente alla valutazione della soddisfazione dei lavoratori svantaggiati inseriti al lavoro. L’analisi è condotta su un campione di 29 cooperative sociali di tipo B, con riferimento l’anno 2010.
Obiettivo dell’articolo è duplice:
I risultati attesi sono particolarmente rilevanti soprattutto per la prima parte della ricerca, l’articolo presenta infatti un metodo innovativo, aziendale, applicabile e replicabile che consente alla singola impresa di valutare l’impatto economico nei confronti della Pubblica Amministrazione e di utilizzare tale risultato nel dialogo con essa. L’unione della valutazione economica a quella sociale dà inoltre un importante panorama sui metodi di valutazione applicabili alle imprese sociali di inserimento lavorativo e al quadro che da essi deriva.
The article discusses the issue of measuring the value created by Work Integration Social Enterprises (WISEs), and it is based on the results of an empirical research. The analysis is divided into two parts: the first relating to the economic value that WISEs create for the Public Administration, the second relating to the evaluation of the satisfaction of disadvantaged workers integrated at work. The analysis is conducted on a sample of 29 WISEs and 746 disadvantaged workers, with reference the 2010.
The aim of the paper is twofold:
The expected results are of particular importance especially for the first part of the research, the article presents an innovative, applicable and replicable model that allows the WISE to assess the economic impact created for the Public Administration and to use that result in the dialogue with it. The combination of economic evaluation with the social one also gives an important view of the evaluation methods applicable to the WISEs and the framework that derive therefrom.
Il settore considerato nel presente paper è quello delle imprese sociali di inserimento lavorativo, attualmente tra i più importanti attori nella promozione dell’inclusione al mondo del lavoro. A livello comunitario l’economia sociale e le imprese sociali sono state definite ottimi esempi nel garantire lavoro ai gruppi di soggetti svantaggiati. Per le persone normalmente escluse dal mercato del lavoro, le opportunità di impiego offerte dalle imprese sociali sono ottimi percorsi verso la più ampia integrazione nella società (Borzaga, Ianes, 2006; Breda, 2009; European Commission, 2005; European Commission, 2006; European Parliament, 2009; Davister, Defourny, Gregoire, 2006; Defourny, Nyssens, 2008; Nicholls, 2006; Scalvini, 2006).
Le imprese sociali di inserimento lavorativo sono presenti in tutta Europa con diverse caratteristiche e forme legali, in Italia esse assumono prevalentemente la forma di cooperativa sociale di tipo B, secondo la Legge 381/91. Le cooperative sociali di tipo B possono svolgere qualsiasi tipo di attività, ma devono necessariamente impiegare una percentuale di soggetti ritenuti svantaggiati; secondo la norma si tratta di invalidi fisici, psichici e sensoriali, ex-degenti di istituti psichiatrici, soggetti in trattamento psichiatrico, tossicodipendenti, alcolisti, minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, condannati ammessi alle misure alternative alla detenzione. La realtà dimostra[1] che le cooperative sociali di tipo B, soprattutto negli ultimi anni, accolgono diverse tipologie di svantaggio, più ampie di quanto previsto dalla normativa, ad esempio donne sole con figli a carico, extracomunitari, persone che, dopo una certa età, perdono il lavoro, ecc., senza che ciò sia riconosciuto da particolari normative o comunque senza particolari incentivi di tipo economico per tali inserimenti (Borzaga, Zandonai, 2009; Venturi, Zandonai, 2012).
A sostegno delle cooperative sociali vi sono alcuni interventi diretti degli enti pubblici, basti ricordare che la Legge 381/91 prevede che gli stessi, anche in deroga alla disciplina in materia di contratti della Pubblica Amministrazione, possano stipulare convenzioni con le cooperative sociali di tipo B per la fornitura di beni e servizi diversi da quelli socio-sanitari ed educativi il cui importo stimato sia inferiore a determinati importi. Questo ha determinato, dal 1991 ad oggi, una crescita dei rapporti con la Pubblica Amministrazione, soprattutto nei settori della manutenzione del verde e delle pulizie, numericamente i più rilevanti per la cooperazione sociale. A ciò si aggiunga il riconoscimento di alcune esenzioni fiscali e defiscalizzazioni riconosciute alle suddette imprese. Se da un lato la Pubblica Amministrazione esternalizza diversi servizi alle cooperative sociali di tipo B, dall’altro sembra importante sostenere un miglioramento nei rapporti e nella trasparenza degli stessi, al fine di incentivare il legame tra le due realtà e consentire alle cooperative di raggiungere in maniera più estesa il proprio obiettivo finale: l’inserimento di soggetti svantaggiati nel mondo del lavoro. Per fare in modo che questo avvenga, si ritiene fondamentale dotare le cooperative e gli stakeholder esterni, tra cui la Pubblica Amministrazione stessa, di strumenti di valutazione che consentano di misurare l’effettivo risultato raggiunto e il valore creato dalle cooperative stesse. Gli strumenti di valutazione sono elemento fondamentale per guidare le scelte di tipo economico e, nel caso specifico, sociale, assistenziale e sanitario.
Diverse ricerche, nazionali ed internazionali (Davister, 2004; Dussart, Grosjean, Hamende, Toussaint, 2003; Gregoire, Platteau, 2005; Jadoul, 2000; Marée, 2005; Nicaise, Lauwereys, Matheus, 2000; Marocchi, 1999; Simon, 1998), hanno analizzato i metodi di valutazione dell’impatto delle imprese sociali di inserimento lavorativo, impatto che deve essere analizzato sotto vari punti di vista, dato che il loro prodotto è perlomeno duplice: la creazione di prodotti/erogazione di servizi e l’inserimento lavorativo. Gli aspetti da considerare sono molteplici: la situazione economica, finanziaria e patrimoniale dell’azienda; l’efficacia dell’attività svolta (percorsi di inserimento andati a buon fine); gli effetti sulle persone (miglioramento delle competenze, della propria situazione economica, della qualità della vita in generale); gli effetti sul capitale sociale creato e gli effetti esterni, sulla collettività e sugli stakeholder pubblici.
Tra gli effetti elencati, i due analizzati nel presente studio sono il valore economico creato e distribuito dalle cooperative sociali di tipo B alla Pubblica Amministrazione, e il valore sociale riconosciuto ai soggetti svantaggiati inseriti al lavoro.
Il presente articolo è dunque suddiviso in due parti.
Le conclusioni attese sono la monetizzazione dell’impatto economico verso la Pubblica Amministrazione e la valutazione dell’impatto sociale verso i lavoratori creati dalle cooperative coinvolte nell’analisi.
L’analisi degli effetti economici sui budget pubblici è stata condotta tramite la creazione di un metodo di valutazione VALORIS che si basa sull’analisi costi-benefici. In questo caso i costi e benefici sono quelli derivanti dalla presenza di una cooperativa sociale di tipo B che inserisce soggetti svantaggiati al lavoro. Per definire le variabili sono stati considerati gli studi sul tema (Marocchi, 1999; Marée, 2005; Jadoul, 2000) con la differenza che le precedenti analisi miravano a definire i benefici di un gruppo di aziende, nel medio periodo e su una specifica area, regione o territorio. VALORIS si basa su variabili di tipo aziendale, calcolate anno per anno e provenienti da fonti informative interne. Per la definizione dei fabbisogni informativi e per la raccolta dei dati presenti nelle aziende, sono stati coinvolti 12 imprenditori sociali. È stata inviata loro la bozza del modello di valutazione, chiedendo la loro opinione sulla fattibilità e replicabilità dei calcoli. Raccolte le risposte, il modello è stato rivisto e sottoposto nuovamente agli imprenditori, al fine di renderlo definitivo. Sono inoltre state condotte interviste con rappresentanti della Pubblica Amministrazione (responsabile ASL, assessori ai servizi sociali, assistenti sociali, responsabile Nucleo Integrazione Lavorativa) al fine di migliorare il modello. Il risultato, definito con la partecipazione di diversi stakeholder, è VALORIS: uno strumento aziendale che la singola impresa può presidiare, comprendere e utilizzare annualmente, come metodo di auto-valutazione e come strumento di comunicazione verso l’esterno.
Partendo dalla letteratura sul tema (Chiaf, Giacomini, 2009; Marocchi, 1999; Marée, 2005; Jadoul, 2000), sono stati definiti i seguenti effetti economici delle cooperative sociali di tipo B sui budget pubblici. I benefici che le cooperative sociali di tipo B creano per i budget pubblici sono:
Costi per i budget pubblici:
In base a ciò le variabili sono state adattate al contesto analizzato, il territorio delle imprese del campione: la Provincia di Brescia e la Regione Lombardia. Inoltre, grazie alle interviste condotte con gli imprenditori e i rappresentanti della Pubblica Amministrazione, è stata identificata la modalità per calcolare il costo per la stessa e per la società di un soggetto svantaggiato disoccupato, basato sul reddito minimo che lo Stato dovrebbe garantirgli per vivere.
L’analisi costi-benefici si basa dunque sulla seguente formula:
VALORIS è composto da diverse pagine, una riguardante il valore creato dall’azienda (Figura 1) e una per ogni classe di svantaggio (Figura 2). Oltre alle 5 classi di svantaggio previste per la legge italiana, nella ricerca è stata considerata la classe di soggetti non certificati, ma “segnalati” dalle Amministrazioni Pubbliche per generico disagio sociale, categoria che negli ultimi anni sta assumendo dimensioni piuttosto rilevanti e che rientra nella definizione di svantaggio data dall’Unione Europea (European Commission, 2008).
Figura 1: La pagina AZIENDA di VALORIS
Figura 2: Esempio di una pagina relativa alle classi di svantaggio di VALORIS
Il calcolo è prudenziale: in ogni caso di “scelta tra alternative”, la valutazione è a favore della soluzione meno onerosa per l’Amministrazione Pubblica.
Un semplice esempio di come è effettuato il calcolo relativo al singolo soggetto svantaggiato è il seguente. Per un soggetto in misure alternative al carcere che, senza lavoro in cooperativa sarebbe detenuto, sarà inserito:
Dall’inserimento dei suddetti dati, VALORIS permette di ottenere il risparmio del singolo, che andrà sommato a quello di tutti i soggetti inseriti e al valore creato dall’azienda nel suo totale (IVA creata dai soggetti svantaggiati meno esenzioni fiscali e contributi pubblici ottenuti). Tale risultato deve essere aggiornato periodicamente, tendenzialmente alla fine di ogni esercizio, oltre che nei dati economici e reddituali, anche nella valutazione del “posizionamento alternativo” effettuata in maniera oggettiva dallo staff responsabile del percorso di inserimento, al fine di determinare la minore o maggiore gravità del singolo caso analizzato, e di conseguenza il costo ad essa collegato.
La ricerca si basa sull’analisi di 29 cooperative sociali della provincia di Brescia, tra le più rilevanti a livello nazionale in tema di inserimento lavorativo. Le 29 imprese corrispondono al 27,35% del totale delle cooperative sociali di tipo B bresciane iscritte all’albo regionale al 31.12.2010. In totale sono stati analizzati 746 casi di soggetti svantaggiati, inseriti nel corso del 2010 nelle suddette imprese. Tra essi:
Escludendo questi ultimi, si tratta del 59% del totale svantaggiati inseriti nelle cooperative sociali di tipo B bresciane e del 15% del totale svantaggiati inseriti nelle cooperative sociali di tipo B lombarde.
In totale, le 29 cooperative analizzate, nel 2010 hanno creato un valore economico per la Pubblica Amministrazione di € 3.139.907,76. Tale valore, suddiviso per i 746 soggetti inseriti, dà un valore annuo medio, per singolo soggetto inserito, di € 4.208,99.
Figura 3: I Benefici e Costi creati dalle cooperative sociali di tipo B per la Pubblica Amministrazione
Il valore creato totale (€ 3.139.907,76), suddiviso nelle singole classi di svantaggio, permette di calcolare il valore medio per tipologia di svantaggio. Il valore medio creato per l’inserimento di un soggetto:
Nella Figura 4, il dettaglio dei risultati. Il valore “aziendale”, che risulta negativo, è dato dalla differenza tra “IVA creata – contributi ricevuti a livello aziendale ed esenzioni fiscali ottenute”.
Figura 4: Il dettaglio dei risultati per classi di svantaggio
I benefici creati sono stati suddivisi in base al livello di Pubblica Amministrazione (Stato, Regione, Comune), i risultati sono presentati in Figura 5. Questo per favorire l’utilizzo dei risultati nel dialogo con gli stakeholder di riferimento (principalmente gli Enti Locali Comunali con cui le cooperative si relazionano in misura maggiore).
Figura 5: Il dettaglio dei benefici creati dalle cooperative sociali rispetto allo Stato, alla Regione e ai Comuni
Tenendo in considerazione il valore medio creato per singolo soggetto (€ 4.208,99) e utilizzando i dati degli inserimenti al 31.12.20095, si possono ipotizzare le seguenti valutazioni.
La cooperazione di inserimento lavorativo ha generato un risparmio economico a favore della Pubblica Amministrazione:
Ovviamente tali valori sono proiezioni della media ottenuta dalle 29 imprese analizzate, ma la significatività del dato deriva dalla rappresentatività del campione, soprattutto a livello provinciale.
Se si considerano le singole classi di svantaggio e il numero degli inseriti al 31.12.20095 in Provincia di Brescia e in Regione Lombardia, si hanno i risultati illustrati in Figura 6.
Figura 6: Proiezioni dei risultati su Brescia e sulla Regione Lombardia
Il maggiore o minore valore generato dalle aziende non deve essere letto in termini di “capacità” delle stesse di creare risparmio per l’ente pubblico. Il risparmio medio per inserimento dipende da:
Il modello di valutazione non considera alcuni elementi esterni, tramite i quali il risparmio sarebbe senza dubbio maggiore. Ci si riferisce al valore prospettico dell’inserimento lavorativo, il valore del lavoro, la responsabilizzazione economica di soggetti che migliorano la propria qualità di vita, la minore spesa delle famiglie con soggetti svantaggiati a carico, la minore spesa della Pubblica Amministrazione per maggiore sicurezza, minore recidiva, ecc.; il valore creato sarebbe – a parere di chi scrive – ancora più elevato.
L’analisi del valore sociale creato nei confronti dei lavoratori svantaggiati è stata condotta tramite un questionario, elaborato da EURICSE (European Research Institute on Cooperative and Social Enterprises). Le domande in esso contenute si pongono come obiettivo quello di raccogliere percezioni ed esperienze presenti e passate dei lavoratori impiegati in cooperative sociali durante il 2010, allo scopo di comprendere quanto i programmi di inserimento lavorativo abbiano la capacità di garantire l’integrazione lavorativa all’interno e all’esterno della cooperativa producendo valore, ovvero un miglioramento per l’individuo in termini di benessere psicofisico, sociale, e relazionale. Il questionario è suddiviso in quattro sezioni e tenta di riprodurre il percorso formativo e lavorativo nel periodo di inserimento in cooperativa sociale durante il 2010.
Ai lavoratori è stato chiesto di ripercorrere a ritroso la loro situazione e di offrire in ogni sezione opinioni e informazioni su momenti separati della loro esperienza. In particolare:
Durante la compilazione del questionario il lavoratore si è trovato a rispondere a tre tipologie di domande:
Il campione di soggetti che ha compilato il questionario è formato da 285 persone. I soggetti coinvolti sono lavoratori inseriti nelle 29 cooperative sociali di tipo B aderenti alla ricerca. Il campione è formato dal 59% di uomini, dal 27% di donne, mentre il 14% degli intervistati non risponde alla domanda. Per quanto riguarda le classi d’età, il 31% dei lavoratori coinvolti nell’analisi ha tra 41 e 51 anni. Il 23% ha tra i 31 e 41 anni, come mostra la Figura 7.
Figura 7: Il campione d'analisi, suddiviso per classi d’età
Come si può osservare dalla Figura 8, il 49% dei soggetti (140 persone) possiede la licenza media inferiore. Sono invece in minoranza coloro che posseggono titoli di studio più elevati quali la laurea o la licenza di scuola superiore.
Figura 8: Il campione d’analisi, suddiviso per titoli di studio
L’analisi dello stato civile mostra che la maggioranza dei soggetti, il 58%, dichiara di essere libero, quindi celibe, nubile, separato o divorziato. La maggioranza degli intervistati (62%) vive con qualcuno; sia con persone di famiglia sia con amici. Il 52% dei soggetti intervistati non ha figli, il 35% ne ha almeno uno, mentre il 13% ha ritenuto di non rispondere a tale domanda.
Di seguito sono riportati i risultati ottenuti attraverso l’elaborazione delle risposte fornite dai lavoratori, suddivisi per le macro aree in cui è composto il questionario.
La prima parte riguarda informazioni sulla situazione dei lavoratori in termini di reddito, relazioni e benessere al momento della compilazione del questionario. Come si evince dai grafici di seguito riportati, la situazione economica dei lavoratori svantaggiati inseriti in cooperativa è fortemente influenzata dal reddito derivante dal lavoro che la cooperativa garantisce. Tale reddito rappresenta per la maggior parte dei lavoratori l’unica e la più consistente entrata economica, l’85% del campione lo definisce tale, come mostra la Figura 9. A seguire, ma con notevole differenza, si trova la pensione d’invalidità, che riguarda una percentuale molto più bassa, l’8,4% del campione. Da questo importante risultato emerge come la cooperazione non garantisca solo un’integrazione sociale, ma anche una responsabilizzazione e una sicurezza economica. L’indipendenza, o anche il semplice riconoscimento monetario della propria attività, sono senza dubbio un importante step per il recupero dell’autonomia del singolo nel suo percorso di reinserimento. Inoltre, il tema del riconoscimento economico del lavoro, rientra nel più ampio tema che configura la cooperazione sociale di tipo B italiana come vera e propria impresa sociale, e la differenzia dalle esperienze internazionali quali i laboratori protetti. Il riconoscimento economico è una fondamentale differenziazione per il riconoscimento della dignità del lavoratore in quanto tale, ed è ritenuto un importante passo per ridurre le differenze e le ingiustizie sociali (Kieselbach, 1997).
Figura 9: La principale entrata economica dei soggetti component il campione d’analisi
Per il 44% del campione, la situazione economica attuale è poco soddisfacente. Per il 32% del campione, la situazione economica attuale è abbastanza buona. Il primo dato va letto, al di là di generiche considerazioni, valutando diversi aspetti:
La Figura 10 mostra il dettaglio della situazione economica degli intervistati.
Figura 10: Valutazione della situazione economica attuale degli intervistati
Il questionario procede con la valutazione del benessere fisico e mentale dei lavoratori inseriti in cooperativa sociale. In particolare è richiesto un confronto tra la situazione antecedente all’ingresso in cooperativa e il momento della compilazione. Gli indicatori considerati sono l’utilizzo o meno di medicinali o di determinate sostanze (Figura 11). E’ inoltre analizzata la frequenza con cui i lavoratori usufruiscono di alcuni fra servizi sociali e di integrazione lavorativa più comuni. Le domande più critiche e difficilmente valutabili riguardano l’utilizzo di sostanze stupefacenti e alcolici, nonostante l’anonimato è plausibile che in questi due casi la persona si sentisse controllata e desse una risposta poco oggettiva. Per quanto riguarda i medicinali e gli ansiolitici le risposte sono più verificabili.
Figura 11: Risposta alla domanda: “Attualmente, di quali sostanze fa uso?”
Figura 12: Risposta alla domanda: “Attualmente, di quali strutture fa uso?”
Sia nell’analisi delle “sostanze” sia delle “strutture” (Figura 12), la maggioranza dei soggetti intervistati dichiara il mancato utilizzo, il che – ai fini dell’analisi della riabilitazione del singolo – è un dato particolarmente rilevante. Si consideri che la domanda è stata rivolta con riferimento al 2010 e le altre risposte possibili erano:
L’analisi dello stato di benessere psicofisico dei lavoratori prosegue indagando gli aspetti delle relazioni vissute dagli stessi. Gli indicatori presi in esame in questo caso sono la presenza o l’assenza di persone vicine ai lavoratori. Dai risultati emerge come la famiglia sia la principale rete di sostegno per il 52% dei lavoratori partecipanti alla ricerca, un'altra percentuale consistente, il 48%, dichiara di avere una persona speciale vicino, mentre il 22% dichiara di poter contare su di una rete amicale. La maggior parte dei lavoratori inseriti in cooperativa ritiene di sentirsi bene, ovvero di essere allegra, interessata a nuove persone e a nuove cose, ottimista circa il futuro. Considerando le risposte riportate nella Figura 13, la maggior parte delle risposte positive (“qualche volta”, “spesso”, “sempre”) riguarda il sentirsi allegri, amati, sicuri, interessati al nuovo, vicini agli altri, bene con se stessi, utili, ottimisti verso il futuro. L’unica variabile con risposte meno positive riguarda il “sentire di avere energie in avanzo”. La cooperativa sociale offre una proposta impegnativa e sfidante dal punto di vista lavorativo, ma consente alle persone di migliorare il proprio stato d’animo nella vita quotidiana. Le domande in questo caso non riguardavano esclusivamente il posto di lavoro, ma le sensazioni dei singoli in generale. Da queste risposte si può valutare come il lavoro possa influire sullo stato d’animo delle persone, e si può affermare che il lavoro in cooperativa sociale, per i soggetti intervistati, ha avuto impatti positivi.
Figura 13: Le sensazioni e percezioni dei soggetti intervistati nel periodo di inserimento lavorativo
Dalle ulteriori domande (Figura 14) questa percezione positiva e ottimistica è per lo più confermata, anche se non mancano alcuni dati che fanno trasparire una relativa incertezza circa il futuro e una relativa insicurezza riguardo il riconoscimento e l’individuazione delle proprie competenze. I soggetti intervistati ritengono di saper fronteggiare i problemi e di portare a termine i compiti con successo, sono complessivamente soddisfatti di sé e ritengono di riuscire nelle proprie attività, ma non nascondono una difficoltà nel controllo della propria carriera e nella possibilità di vedere riconosciuti i propri sforzi nel corso della propria vita. In questo caso la percezione positiva sembra più relativa al singolo che all’organizzazione aziendale, probabilmente un aspetto da suggerire alle cooperative sociali è la comunicazione e la delineazione di un “percorso” di carriera per i soggetti, che non sia solo legato al percorso di inserimento lavorativo, ma che consenta ai singoli di definire una crescita effettiva che possa continuare anche terminato l’inserimento e al di fuori della cooperativa sociale. Analizzando i casi dei singoli soggetti, spesso è emerso che i lavoratori svantaggiati erano ormai nell’organico da anni, e non era facile trovare un percorso per permettere loro di uscire dalla cooperativa ed entrare nel mondo del lavoro. Spesso sono i lavoratori che non vogliono lasciare la cooperativa, proprio perché al suo interno vedono una certa continuità, un forte ascolto delle esigenze personali e una sostanziale accoglienza delle diversità. Tale attaccamento è dimostrato anche dalle risposte riportate nel proseguo dell’analisi.
Figura 14: Il benessere psico-fisico dei soggetti intervistati nel periodo di inserimento lavorativo
I grafici riportati a partire dalla Figura 15 sono riferiti alla terza parte del questionario, composta da domande che hanno lo scopo di indagare la situazione lavorativa degli intervistati prima dell’ingresso in cooperativa. La maggior parte dei soggetti intervistati prima di entrare in cooperativa non era occupato: il 52% se si considerano i disoccupati in ricerca di un lavoro, non alla ricerca o con pensione di invalidità (Figura 15). Questo dato è importantissimo, soprattutto per valutare l’attività svolta dalle cooperative sociali in termini di garanzia di occupazione per le classi deboli. Nonostante l’esistenza di altre normative a favore dell’inserimento degli svantaggiati, si può vedere come la maggior parte dei soggetti con disabilità o generali problematiche sociali, psichiche, fisiche o psicologiche trovi lavoro quasi esclusivamente in cooperativa sociale. Il 62% degli intervistati ha comunque avuto nell’arco della vita alcune esperienze lavorative, tra le esperienze si trovano diversi profili: metalmeccanico, elettricista, autista, barista, giardiniere, commessa, idraulico; ma anche informatico, imprenditore, addetto al controllo qualità.
Figura 15: Situazione occupazionale precedente all’ingresso in cooperativa
L’indagine prosegue analizzando alcuni aspetti del contesto e dell’ambiente lavorativo presente all’interno delle cooperative. Dalle domande emergono valutazioni positive sia del personale della cooperativa sia del team di lavoro in cui il soggetto era specificatamente inserito, come mostrano i valori della Figura 16. Emerge infatti che il personale della cooperativa si interessa non solo del benessere di tutti i collaboratori, ma presta particolare attenzione al singolo, alla collaborazione tra i lavoratori, e lo fa con competenza. Inoltre, l’inserimento del singolo in team di lavoro specifici è ben valutato, sia in termini di ostilità (molto limitata), sia in termini di collaborazione reciproca e aiuto.
Figura 16: Indicatori del clima lavorativo in cooperativa sociale
La valutazione sull’organizzazione e sul suo “atteggiamento” nei confronti dello svantaggio è fortemente positiva, soprattutto se si considera che le risposte sono state date dai “diretti interessati”. La percentuale più rilevante degli intervistati ritiene di essere stata trattata equamente, in un ambiente di disponibilità, ascolto e accoglienza di tutte le esigenze personali.
Figura 17: Aspettative nutrite dai lavoratori nei confronti del personale della cooperativa
In generale, dai risultati si può notare come l’ambiente di lavoro che caratterizza le cooperative facenti parte della ricerca sia un ambiente positivo, caratterizzato da un clima in cui si riscontra una reciproca collaborazione tra lavoratori, l’amicizia e il riconoscimento della professionalità sia dei lavoratori svantaggiati sia del personale normodotato; quest’ultimo in particolare sarebbe impegnato a fare in modo che i compiti assegnati ai lavoratori possano svolgersi con efficienza, ma anche con serenità e in modo da garantire e preservare il benessere di tutti.
Ai soggetti svantaggiati è stato inoltre chiesto un parere in merito al valore riabilitativo del lavoro. Alla domanda “Ritiene che l’inserimento in cooperativa sia stato utile per…”, il campione ha risposto come mostra la Figura 18. Gli indicatori considerati in questo caso sono numerosi; dall’aumento dei rapporti con la comunità, con i familiari, all’impegno sul lavoro, alla capacità di stare in un gruppo lavoro, sino all’aumento e al riconoscimento delle proprie competenze. Analizzando le risposte si può affermare che per la maggior parte dei lavoratori il mantenimento del lavoro in cooperativa ha contribuito a raggiungere una certa indipendenza economica, ad accrescere la capacità di svolgere un lavoro in modo autonomo e professionale, a relazionarsi con il prossimo e quindi aumentare o consolidare la capacità di lavorare in team. La cooperativa sembra fondamentale anche per accrescere la capacità dei lavoratori di seguire delle regole.
Figura 18: Valutazione dell’efficacia dell’inserimento lavorativo
Infine, è stata richiesta ai lavoratori la percezione in merito alla propria situazione occupazionale alternativa rispetto a quella in cooperativa. Il 37% degli intervistati ritiene che se non fosse un lavoratore in cooperativa sarebbe disoccupato e alla ricerca di lavoro. Il 16% ritiene che sarebbe un occupato stagionale o in nero (Figura 19). Questo dato, seppure sia relativo ad una percezione, è senza dubbio fortemente significativo delle reali opportunità di lavoro che il mercato attuale offre ai soggetti svantaggiati. Al di là di quanto dettano i dettati normativi, è difficile trovare alternative diverse dalla cooperazione sociale. Spesso infatti la percezione si è basata su esperienze e su storici personali indicativi.
Figura 19: Situazione occupazionale alternative a quella in cooperativa sociale
Un ulteriore indicatore della qualità dell’ambiente lavorativo delle cooperative è rappresentato dalla disponibilità di queste ultime di effettuare cambiamenti o adattamenti per assecondare alcune esigenze o difficoltà dei lavoratori. Il 42% del campione dichiara di aver ottenuto le facilitazioni richieste. La maggior parte di questi adattamenti si riferisce alla presenza di orari flessibili per consentire di raggiungere il posto di lavoro con i mezzi pubblici o di permessi per effettuare visite mediche periodiche. In qualche caso gli adattamenti sono di tipo strutturale per consentire l’accesso fisico del lavoratore al posto di lavoro. Le ultime domande sono molto significative per lo scopo della ricerca, in quanto valutano in modo esplicito la soddisfazione del lavoratore rispetto all’inserimento in cooperativa. Di fronte alla domanda: “Quanto valuta positiva la sua esperienza di inserimento in cooperativa durante il 2010?”, le risposte che definiscono almeno “positiva” l’esperienza di inserimento in cooperativa durante il 2010 sono il 68% del campione (Figura 20).
Figura 20: La soddisfazione dei lavoratori per l’inserimento in cooperativa
Tale considerazione è inoltre avvalorata dall’ultima domanda “Se la cooperativa l’avesse lasciata libera di andarsene dopo il periodo di inserimento, cosa avrebbe fatto?”. Il 71% degli intervistati dichiara che – in ogni caso – preferisce l’ambiente della cooperativa sociale rispetto ad altre possibilità di lavoro/non lavoro (il 49% risponde che avrebbe deciso di rimanere anche con lo stesso incarico; il 22% avrebbe deciso di rimanere, ma chiedendo un diverso inquadramento).
Obiettivo dell’analisi quantitativa era la presentazione di VALORIS e, tramite esso, la misurazione del valore creato dalla cooperazione sociale di tipo B a favore dell’Amministrazione Pubblica. Il risultato dell’analisi è rilevante sotto diversi aspetti. VALORIS si dimostra un modello utilizzabile, fruibile dalle cooperative e facilmente applicabile ai singoli casi aziendali per favorire il dialogo con le amministrazioni pubbliche.
Dall’analisi condotta emerge che le cooperative sociali di tipo B analizzate “producono” un rilevante valore economico per la Pubblica Amministrazione: circa € 4.000,00 per soggetto inserito ogni anno. Oltre al risultato monetario indicato all’interno del paper, è doveroso fare alcune osservazioni.
VALORIS si è dimostrato utile per le cooperative sociali, ma anche la Pubblica Amministrazione potrebbe prendere a riferimento i suoi risultati, valutando quanta parte dei costi che essa sostiene sono legati a contributi e quanti al particolare regime fiscale che caratterizza la cooperazione di inserimento lavorativo. Nel caso analizzato, i contributi considerati sono solo quelli di natura pubblica, e rappresentano il 18% dell’ammontare totale dei “costi” che la cooperazione genera alla Pubblica Amministrazione. Si ricorda che questi contributi non sono “costanti”, possono riguardare specifiche progettualità e verificarsi solo in determinate annualità. Per il restante 82% si tratta di defiscalizzazione di cui beneficia la cooperazione sociale di inserimento lavorativo. Il 62% di tale defiscalizzazione riguarda i contributi e gli oneri sociali dei lavoratori svantaggiati.
Obiettivo dell’analisi qualitativa era quello di osservare l’eventuale valore riscontrato dai soggetti svantaggiati inseriti nelle imprese sociali. Il valore qui era inteso come miglioramento della condizione fisica e psicologica, della situazione economica e delle relazioni sociali dell’inserito. Dopo aver analizzato tutte le risposte si può affermare che tale valore sia effettivamente percepito dai lavoratori partecipanti alla ricerca. Essi dichiarano che il loro benessere psicofisico, da quando sono all’interno della cooperativa, è migliorato. La maggioranza del campione afferma di non fare utilizzo di sostanze o medicinali; pur consapevoli dei loro limiti le persone intervistate sono generalmente ottimiste circa il futuro e sono convinte di poter contare oltre che sulla loro famiglia, che li sostiene da sempre, anche sul personale della cooperativa, almeno per quanto riguarda la loro crescita professionale. Molti sono consapevoli che se non fossero inseriti in cooperativa, avrebbero delle difficoltà nella ricerca del lavoro e hanno chiaro che l’entrata economica derivante dalla loro occupazione è importante per avere una certa autonomia. All’interno delle imprese sociali aderenti alla ricerca è presente un clima collaborativo, in cui poter essere ascoltati e in cui costruire rapporti di amicizia, seppur basati sul rigore e sul rispetto delle direttive.
I risultati riportati parlano anche di soggetti che comunque vivono tensioni e nervosismi che inevitabilmente si ripercuotono sulla loro serenità. Per tali soggetti risulta ancor più importante la presenza di personale preparato che aiuti a portare a termini i compiti assegnati, nel rispetto reciproco, secondo i tempi e le esigenze segnalate ora dall’impresa, ora dal soggetto svantaggiato.
Un dato interessante che emerge dalla ricerca è quello secondo cui l’instaurarsi di relazioni producenti e arricchenti per il lavoratore avvenga specificatamente all’interno della cooperativa, sembra infatti che le opportunità di incontro e relazione siano molto elevate nell’ambiente lavorativo, e che le stesse si caratterizzino per essere relazioni di qualità. L’ambiente della cooperativa sociale è valutato positivamente sia per il clima collaborativo del personale in generale, sia per la costruzione e l’affiatamento dei singoli team di lavoro. Un aspetto negativo riguarda la capacità dei singoli di prevedere il proprio futuro professionale, o comunque di proiettare l’esperienza in cooperativa in un’opportunità per uno sviluppo autonomo della propria carriera lavorativa. Da questo punto di vista bisognerebbe incentivare le cooperative a disegnare dei percorsi di crescita e di “uscita” dall’azienda per i propri inseriti, dall’analisi è emerso infatti che molti dei soggetti intervistati sono in cooperativa da anni, e non intendono uscirne. Si sottolinea infatti che la maggior parte dei lavoratori dichiara di essere soddisfatto di lavorare in cooperativa e che, anche se lasciato libero di andarsene, farebbe la scelta di rimanere.
Tali risultati dimostrano ancora una volta la situazione di generale benessere vissuta della maggior parte dei soggetti inseriti nelle cooperative sociali aderenti alla ricerca e dunque l’importante valore sociale che la cooperazione di inserimento lavorativo produce verso i soggetti svantaggiati.
Concludendo, il paper dimostra e misura la creazione di valore da parte della cooperazione sociale. Si tratta di valore economico, quando si guarda ai budget pubblici e al risparmio ad essi garantito dall’occupazione dei soggetti inseriti. Si tratta di valore sociale quando si guarda al benessere psico-fisico e al miglioramento delle relazioni sociali degli inseriti grazie al lavoro, al riconoscimento lavorativo ed economico e all’ambiente umano e professionale in cui gli stessi operano quotidianamente. Si può dunque asserire che la cooperazione sociale di inserimento lavorativo riveste a pieno il titolo di impresa sociale, “impresa” in grado di garantire occupazione di qualità e creazione di ricchezza sul territorio, “sociale” perché l’obiettivo del reinserimento dei soggetti nella società è perseguito e raggiunto al pari degli obiettivi economici.
Borzaga C., Ianes A. (2006), L’economia della solidarietà. Storia e prospettive della cooperazione sociale, Donzelli, Roma.
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