Nella provincia di Monza e Brianza un gruppo di soggetti del territorio si coalizza in un patto teso a favorire la salute dei cittadini. L'accordo di collaborazione che questi soggetti stipulano è alla base di più progetti specifici, che possono poi vedere il riconoscimento da parte delle aziende sanitarie.
La riuscita di un progetto nel sociale, che parta dal privato, è quasi sempre il frutto di un faticoso mix tra l’iniziativa (talora la testardaggine) di singole persone con la recettività e voglia di fare del capitale sociale presente sul territorio, oltre che con la disponibilità degli enti pubblici ad essere coinvolti.
La costruzione giuridica di un siffatto progetto ‒ avente l’aspirazione di essere welfare di iniziativa e di svolgere un’azione di community building[1] ‒, deve tenere conto di questo mix e dunque del quadro variegato dei soggetti (ETS, enti “solo” del terzo settore senza essere ETS, enti for profit attenti al sociale, enti pubblici) da coinvolgere, che portano con sé in dote l’operare di regole giuridiche diverse. Sia di diritto pubblico, come è il caso delle convenzioni di co-progettazione o delle convenzioni con gli ODV e le APS, rispettivamente disciplinate agli artt. 55 e 56 del d.lgs. n. 117/2017, che di diritto privato, come il caso dei contratti ed accordi in genere dei privati.
Il “problema” è che non c’è, da un punto di vista giuridico, uno strumento che assommi gli impegni dei diversi soggetti e le correlate modalità differenti di assunzione degli impegni; in altre parole, non esiste un fantomatico “accordo di solidarietà” che riunisca accordi pubblici e privati in un unico atto (sempre che questa sia la soluzione più efficace ed anche possibile). Per ovviare a ciò, il giurista deve seguire un’altra strada, ovvero quella di mettere in relazione i diversi impegni (condizionando uno all’altro, dando il primo per presupposto a quelli successivi, etc.) tramite la tecnica del cd. “collegamento negoziale”. Esso è un meccanismo attraverso cui si persegue un risultato comune tramite una pluralità coordinata di accordi e contratti, già praticato e conosciuto in diversi campi, in modo preminente in quello del diritto commerciale[2]. Nel caso di un progetto promosso da un ETS, il risultato comune è sempre con causa di solidarietà, e più nello specifico di perseguimento di un’attività di interesse generale tra quelle tracciate all’art. 5 del Codice del Terzo settore.
Di seguito si racconterà come, su iniziativa del privato, è stato costruito, avvalendosi del collegamento negoziale, un variegato impegno nel sociale coinvolgendo altri privati e soggetti pubblici.
Il riferimento è al progetto de Le Comunità Della Salute ODV, operante contro le disuguaglianze nell’affermazione del diritto alla salute nella provincia di Monza e della Brianza[3]. Il primo passo è stato quello di definire una Tavola degli obiettivi e dei valori e un Programma di equità e salute, che sintetizzassero anche all’esterno il progetto e quali fossero le motivazioni forti che lo alimentano e sostengono[4], nella logica sostanzialmente di un sistema sanitario di comunità[5].
Il passo successivo è stato quello di costituire l’ODV, per poi successivamente iscriverlo al RUNTS e dunque far divenire Le Comunità Della Salute un ETS a tutti gli effetti.
A quel punto l’ODV si è confrontata con altre realtà del Terzo settore e del non profit in genere, tramite un Accordo di Collaborazione proposto in condivisione. Questo atto rinvia ed è collegato al preliminare impegno assunto del soggetto interessato di condividere a monte la Tavola degli obiettivi e dei valori. L’Accordo di Collaborazione funge poi da accordo quadro per la messa a terra ‒ da parte dell’ODV e degli altri soggetti aderenti all’Accordo ‒, di sei Progetti specifici (Punti Salute; Mataxa - Salute mentale; Prevenzione per tutti; Odontoiatria Sociale Briantea; Sportello Sostegno Psicologico; Gruppi di Auto Mutuo Aiuto per familiari di malati di Alzheimer), a cui possono essere correlati anche solo alcuni Interventi specifici.
Ogni Progetto ed anche Intervento specifico può avere come referente l’ODV o un partner conseguente alla partecipazione di questo all’Accordo di collaborazione e trova regolamentazione in un accordo specifico. Questo accordo specifico richiama e tiene conto dell’architettura soprastante, e dunque della Tavola degli obiettivi e dei valori, del Programma generale e dell’Accordo di collaborazione.
In questo reticolo di accordi, tutti fra privati, si sono poi innestati patrocini e convenzioni con il pubblico, che rafforzano e forniscono direzione e raccordo con le politiche pubbliche che interessano le aree oggetto dei Progetti specifici.
È il caso del Progetto Mataxa - Salute Mentale, in merito a cui è in essere convenzione con l’A.S.S.T. di riferimento la quale, a fronte del quadro di impegni ed accordi privatistici sopra narrati, partecipa alla Cabina di regia del progetto – inter alia finanziato tutto dal privato, anche grazie all’apporto di una fondazione privata locale ‒ con compiti di supporto alla valutazione e verifica dell’andamento delle azioni progettuali, alla riprogrammazione delle azioni stesse ed alla possibile modellazione degli interventi.
Conclusione: bellissimo il progetto in materia di diritto alla salute sopra accennato e, da un punto di vista giuridico, considerazione che dietro un progetto di interesse generale, spesso ed anzi di regola non vi è solo, ad esempio, una convenzione di co-progettazione o una convenzione con un APS o ODV ai sensi dell’art. 56 CTS ma, volgendo lo sguardo verso l’altra “faccia della luna”, anche legittimi accordi e contratti di diritto privato, coordinati tra loro e collegati con gli accordi pubblici e/o i sistemi di accreditamento, e tutti accomunati da una causa di solidarietà, la cui intera mappatura viene percepita solo considerandoli nel loro complesso tramite il “collante” del collegamento negoziale.
D’altronde è lo stesso ambito di operatività degli ETS delineato dal d.lgs. n. 117/2017 – tutto volto a raggiungere l’obiettivo finale (solidaristico, civico o di utilità sociale) e che richiede una certa dote di creatività, oltre che la già richiamata testardaggine –, a portare a ragionare se possibile secondo una visione coordinata di strumenti e di istituti, al di là della loro natura pubblica o privata[6].
[1] Sulla diversa accezione di azioni di community building, si v. per tutti P. ZAZZERA, Definizione e finalità del community building, in (a cura di) F. LONGO - S. BARSANTI, Community building. Logiche e strumenti di management, Egea, 2021, pag. 27 e ss.
[2] “(…) suole adottare l’espressione «collegamento negoziale» per descrivere tutte le ipotesi in cui un siffatto legame assume per qualche aspetto rilevanza per il diritto. A questa stregua, dunque, due elementi si palesano necessari perchè possa discutersi di negozi collegati: una pluralità di negozi e la connessione degli stessi”: così, chiarissimo, R. SCOGNAMIGLIO, voce Collegamento negoziale, Enciclopedia del Diritto, 1964, VII, pag. 375.
[3] Ma l’analisi potrebbe prendere le mosse da mille e più altri progetti, in essere e costruiti a fronte di un operare coordinato di atti ed accordi.
[4] Il programma di intervento nel suo complesso è consultabile in https://www.comunitasalute.org/
[5] Per un’analisi del tema, calato in periodo Covid-19 e relative problematiche ma anche spinte solidaristiche emerse, si v. G. GALERA, Versa un sistema sanitario di comunità. Il contributo del Terzo settore, in Impresa Sociale, n. 2/2020.
[6] “Il codice del terzo settore è dunque un corpo autonomo e dettagliato di regole che si aggiungono a quelle civilistiche ma anche a quelle di diritto pubblico “privato” e “pubblico” oramai non più separati ma intersecati nello stesso (liquido?) ordinamento giuridico”: sono osservazioni di M. V. DE GIORGI, Autorità e libertà nella riforma del terzo settore, in Enti del primo libro e del terzo settore, Pacini Giuridica, 2021, p. 342.
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