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ISSN 2282-1694
Tempo di lettura: 
Argomento:  Diritto
data:  03 maggio 2025

Partenariati pubblico privati e coprogettazione, due procedure diverse

Alceste Santuari

(Anche) nel comparto dei servizi socio-sanitari, i partenariati pubblico-privati istituzionalizzati, o meglio, le procedure per attivarli sono diversi dalla co-progettazione. Si tratta quindi di ricercare schemi coerenti con la natura di ciascun procedimento.


I partenariati pubblico-privati (PPP) sono l’esito di un lungo percorso evolutivo di tipo culturale, organizzativo e, quindi, anche giuridico, da un lato, dell’intervento pubblico in economia e, dall’altro, dei cambiamenti registrati nell’ambito dell’azione dei soggetti privati.

Per quanto attiene all’intervento pubblico in economia, è noto come, nel corso dei decenni, le istituzioni pubbliche abbiano progressivamente abbandonato la funzione di produzione diretta dei servizi di pubblica utilità per assumerne quella di regolazione, coordinamento, monitoraggio e verifica dei risultati conseguiti.  Da questa evoluzione discendono almeno due conseguenze, tra loro correlate, che, per le loro implicazioni, interessano anche i PPP. In primo luogo, si è assistito ad una maggiore finalizzazione dell’azione amministrativa verso obiettivi di risultato, obiettivo, economicità, efficienza ed efficacia nell’organizzazione, gestione ed erogazione dei servizi di interesse generale. In secondo luogo, l’organizzazione, la gestione e l’erogazione dei servizi di interesse generale si realizza, in larga parte, attraverso l’individuazione di forme giuridiche di diritto privato, alle quali possono partecipare e nelle quali cooperano (anche più) pubbliche amministrazioni e soggetti privati.

La condivisione di obiettivi comuni di interesse generale, l’assunzione di responsabilità pubbliche, nonché la disponibilità a farsi carico di istanze collettive, seppur bilanciate dalla necessaria ricerca di equilibri economico-finanziari, rappresentano elementi che definiscono una vocazione metaegoistica dei soggetti privati, in alcuni casi anche non lucrativi, rispetto alla più tradizionale e conosciuta posizione di erogatori di ultima istanza contrattati dalle pubbliche amministrazione per assicurare contratti a prestazioni corrispettive.

Nei rapporti contrattuali tradizionali, gli operatori economici sono particolarmente concentrati sulla dimensione economico-finanziaria delle attività, dei progetti e degli interventi da realizzare, poiché l’obiettivo che essi perseguono consiste nella ricerca di un adeguato ritorno sugli investimenti effettuati. Nei programmi di collaborazione pubblico-privata, ancorchè gli operatori economici si assumono la maggior parte dei rischi connessi a quei servizi, opere o infrastrutture e, conseguentemente, volgono la loro attenzione al rendimento degli investimenti effettuati, essi, soprattutto, decidono di condividere il perseguimento di finalità di interesse collettivo. 

Tra le forme giuridiche che i partenariati pubblico-privati possono assumere si richiama quella della società mista. Sul punto, l’art. 17, comma 1 del d. lgs. n. 175/2016, articolo interamente dedicato alle “società a partecipazione mista pubblico-privata”,[1] prevede che, oltre alla selezione del soggetto privato, che deve svolgersi attraverso procedure ad evidenza pubblica.

È ammesso a partecipare alla procedura qualsiasi soggetto interessato che sia in possesso dei requisiti tecnici, finanziari, organizzativi e di onorabilità previsti negli atti della procedura selettiva. La partecipazione alle società pubbliche dei soggetti privati in qualità di socio non è dunque del tutto libera, in quanto deve essere sempre “filtrata” attraverso una selezione competitiva, la quale è finalizzata a tutelare la ricerca del miglior socio privato e, sempre più la concorrenza tra i potenziali aspiranti. La quota di partecipazione del soggetto privato non può essere inferiore al 30 per cento, potendo dunque la partecipazione dell’ente pubblico risultare minoritaria nella compagine sociale. In quest’ottica, a garanzia della concorrenza e dell’efficacia della partnership, a fortiori, proprio in ragione della quota di partecipazione riservata ai soggetti privati, è necessario, come già statuito dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea e dai tribunali amministrativi italiani, che il soggetto privato sia selezionato ad esito di una procedura di evidenza pubblica, c.d. “a doppio oggetto”.[2] La procedura, infatti, deve, contestualmente, sia individuare il soggetto privato sia identificare il servizio da erogare. In questo modo, con i necessari accorgimenti, la società mista non risulterebbe beneficiaria di un affidamento diretto ma realizzerebbe una modalità organizzativa con la quale la P.A. controlla l’affidamento, disposto con gara, al socio operativo. In sostanza, si registra una concreta equiparazione tra la gara per l’affidamento del servizio da svolgere e quella per la scelta del socio, il quale si configura, conseguentemente, come “socio industriale od operativo” che materialmente svolge il servizio o alcune fasi dello stesso. Al riguardo, è utile ricordare che, proprio in ragione dello specifico apporto richiesto al soggetto privato, che deve sopportare i maggiori rischi imprenditoriali e finanziari, al fine di evitare il fenomeno delle società miste “generaliste”, l’amministratore procedente deve motivare adeguatamente la propria scelta, dare adeguata informazione in ordine all’oggetto della selezione, nonché alla temporaneità della partecipazione.

Alla luce di quanto sopra descritto, risulta evidente che, sebbene l’intenzione della pubblica amministrazione sia quella di individuare un soggetto privato (che potrebbe risultare anche un Ente del Terzo settore) quale socio (operativo e finanziatore allo stesso tempo) stabile nella compagine della società mista, la selezione di quest’ultimo risponde, ai sensi del quadro normativo sopra brevemente richiamato, alle regole concorrenziali. Come tali, queste ultime, come ricordato nella sentenza della Corte costituzionale n. 131/2020, e recentemente richiamata anche da una deliberazione della Corte dei Conti,[3] si configurano quali alternative a quelle, invece, previste dal Codice del Terzo settore, le quali non sono infatti ispirate al principio di concorrenza, ma a quello di sussidiarietà. In questa prospettiva, pertanto, la procedura relativa alla selezione di un socio privato da parte di un ente locale ovvero di un’azienda di servizi pubblici alla persona, per la costituzione di una società consortile, per esempio, non può che annoverarsi tra le procedure competitive. La co-progettazione, al contrario, non prevede, nemmeno nel caso della c.d. “co-progettazione realizzativa”, meccanismi di selezione “per il mercato”, ma valutazione comparative rispetto alle proposte progettuali richieste in sede di avviso ovvero durante lo svolgimento delle riunioni dei tavoli di co-progettazione. Quest’ultima, pertanto, non può e non deve risultare quale “invito” a presentare un’offerta di partecipazione alla costituzione di una società mista pubblico-privata, atteso che, ai sensi della normativa su richiamata, il bando (attenzione: non l’avviso) di gara per la selezione del “socio privato” deve allegare anche una bozza di statuto della costituenda società mista, che non può essere oggetto di “co-progettazione” tra le parti. A ciò si aggiunga che è proprio nel “dna” delle procedure competitive risultare finalizzate ad individuare “un” solo soggetto aggiudicatario (o, come nel caso delle società miste, un solo socio privato). Per contro, i processi collaborativi hanno quale tratto distintivo e inconfondibile quello di favorire la partecipazione di più soggetti alla realizzazione del progetto, intervento o azione oggetto dell’avviso di co-progettazione.

La società mista – così come ricordato nel d. lgs. n. 201/2022 – costituisce una delle modalità di gestione dei servizi pubblici locali, alla quale le amministrazioni aggiudicatrici possono ricorrere. È l’art. 18 del medesimo decreto legislativo a prevedere che gli enti locali possono ricorrere anche ai partenariati con gli Enti del Terzo settore, identificando questa specifica modalità di “ingaggio” alternativa a quelle competitive.

In ultima analisi, si ritiene fuorviante utilizzare procedure che devono rimanere ascritte alla nozione di co-amministrazione per ottenere un risultato non coerente con le medesime procedure, segnatamente, la selezione del soggetto privato.

Al netto della conformazione giuridico-organizzativa degli enti promotori o proponenti, che possono appunto essere anche non lucrativi ovvero cooperativi, la finanza di progetto potrebbe essere esperita nell’ambito dei servizi socioassistenziali e sociosanitari (e non solo sanitari in senso stretto). Si pensi alla possibilità di prevedere forme di PPP per la gestione dei servizi agli anziani o delle persone con disabilità.

Rimane ferma la necessità di prevedere clausole chiare e sostenibili per gestire concessioni di media – lunga durata, nell’ambito delle quali è necessario prevedere opportune e adeguate garanzie per il soggetto privato che investe e rischia, ma anche meccanismi per assicurare un equo equilibrio tra esigenze economiche e garanzia dei diritti degli utenti, specie quelli più deboli e fragili. In questo senso, l’autonomia delle Regioni potrebbe contribuire a delineare – come già in alcune Regioni si sta facendo – un framework giuridico adeguato e capacitante, che sappia valorizzare autentici percorsi di collaborazione tra soggetti privati, anche non profit, ed enti pubblici.


[1] La disciplina riguardante le società miste trova altre fonti normative nel d. lgs. n. 36/2023 (art. 174, comma 4) e d. lgs. n. 201/2022 (art. 16).

[2] La procedura in parola deve contemplare in modo chiaro ed inequivocabile la durata della partnership e le specifiche prestazioni che la P.A. committente intende richiedere al soggetto privato selezionato.

[3] Cfr. Corte dei Conti, Sezione regionale di controllo per l’Emilia-Romagna, 11 marzo 2025, n. 35/2025/PASP.

Rivista-impresa-sociale-Alceste Santuari Alceste Santuari – Dipartimento di Sociologia e Diritto dell’Economia – Università di Bologna

Alceste Santuari

Alceste Santuari – Dipartimento di Sociologia e Diritto dell’Economia – Università di Bologna

Professore di diritto dell’economia, diritto degli enti non profit, dei partenariati pubblico-privati e di International Law & Health presso l’Università di Bologna e componente della Commissione di consulenza scientifica di AICCON.È autore di numerose monografie e articoli, anche in lingua inglese, sul tema delle organizzazioni non profit, delle impese sociali e dei loro rapporti con la P.A, nonché sul tema dei servizi sociosanitari. È presidente di organismi di vigilanza (modello 231) in aziende pubbliche e strutture socio-sanitarie accreditate e membro del nucleo di valutazione delle prestazioni dell’ATS della Brianza.

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