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ISSN 2282-1694
Tempo di lettura: 
Argomento:  Diritto
data:  17 aprile 2025

Appaltare o co-progettare: Is that (really) the question?

Alceste Santuari

La scelta non è tra soluzioni amministrative, ma tra strategie di organizzazione dei servizi e tra termini di ingaggio tra pubbliche amministrazione e terzo settore. Le opzioni che derivano sfuggono da format predefiniti; semmai si tratta di individuare le domande che possono aiutarci in una scelta consapevole.


In questi ultimi anni, in non poche occasioni formative e divulgative, mi sono sentito chiedere: ma nei servizi sociali, socio-assistenziali e in quelli socio-sanitari, è meglio ricorrere alle procedure concorrenziali ovvero attivare percorsi collaborativi con gli enti non lucrativi?
Ancorché prima facie la domanda possa apparire mal posta o comunque sottendere valutazioni di convenienza (economica ovvero di impatto sulla burocrazia interna delle pubbliche amministrazioni), essa invero esprime bene una scelta, che rimane di natura politico-amministrativa e, quindi, discrezionale, in quanto la risposta dipenderà prevalentemente dagli obiettivi, scopi e finalità che la pubblica amministrazione interessate intende perseguire attraverso quella specifica procedura. 

Sebbene molta sia ancora la confusione, talvolta voluta, tra le diverse procedure, fino al punto che si registrano – anche in queste settimane – esempi di avvisi pubblici che invitano gli enti del terzo settore a partecipare a percorsi collaborativi, che, per vero, si rivelano essere procedure competitive dissimulate, non si può negare che gli apparati pubblici abbiano maturato una maggiore consapevolezza dell’opportunità, necessità o convenienza (non in termini economici) di coinvolgere i soggetti privati non lucrativi nella definizione delle politiche di intervento e nei progetti realizzativi di quelle politiche, specie in ambito socio-sanitario e socio-assistenziale. 

Nello specifico, alla luce delle recenti riforme che riguardano la non autosufficienza e la disabilità, le pubbliche amministrazioni si trovano nella condizione di dover e poter decidere “se e come” organizzare i servizi, le attività e gli interventi in modo diverso da quello abitualmente e tradizionalmente invalso nella prassi amministrativa, segnatamente, centrata sulle “gare”. Giova ricordare che i processi di esternalizzazione consistono nell’affidamento della gestione di un servizio, di norma standardizzato, alla responsabilità di un soggetto erogatore/gestore, individuato ad esito di una apposita selezione pubblica di natura competitiva sul mercato degli operatori economici, secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. L’operatore economico selezionato si impegna ad adempiere alle obbligazioni dedotte nel contratto in un determinato arco temporale, che può essere anche rinnovabile, a fronte di un corrispettivo che l’amministrazione si obbliga a riconoscere (sinallagma).

L’affidamento (esternalizzato) di un servizio ovvero di un’attività attraverso il ricorso alle procedure ad evidenza pubblica di matrice concorrenziale rimane “altero” rispetto agli strumenti della c.d. “amministrazione condivisa”, consacrata dall’art. 55 del Codice del Terzo settore (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 131 del 2020). Ma perché rimane estranea? Quali sono le ragioni che sollecitano le pubbliche amministrazioni ad agire quali “amministrazioni procedenti” in luogo di “amministrazioni aggiudicatrici”? Esiste un “modello” di riferimento per capire quando scegliere una procedura invece di un’altra? La risposta è netta: no, non esiste un format che permetta alle pubbliche amministrazioni di individuare una procedura al posto di un’altra.

Esistono però taluni “indicatori” che possono contribuire a supportare la decisione delle pubbliche amministrazioni di intraprendere i percorsi collaborativi quali alternative sostenibili ed efficaci rispetto ai percorsi competitivi. Tra questi, possono essere evidenziati i seguenti:

  • Quali bisogni e fenomeni da affrontare?
  • Verso quale prospettiva?
  • Quale idea di cambiamento e risultato atteso?
  • Quale servizio o attività?
  • Quale la migliore strategia di intervento?
  • Quali processi di partecipazione promuovere?
  • Per quali destinatari?
  • Con quali soggetti?
  • Per quanto tempo?
  • Con quali risorse?
  • A quali condizioni?
  • Quale valutazione di impatto sociale?

Sono soltanto alcuni dei profili che le pubbliche amministrazioni possono prendere in considerazione nel momento in cui devono decidere quali percorsi attivare. Nello specifico dei rapporti giuridici collaborativi, gli enti del terzo settore si attendono che l’azione della pubblica amministrazione, con la quale essi sono chiamati a collaborare per garantire i livelli essenziali delle prestazioni sociali e civili ex art. 117, comma 2, lett. m) Cost., valuti con attenzione gli obiettivi e i mezzi per perseguirli, le risorse da allocare agli interventi da realizzare, nonché identifichi le procedure ritenute più idonee e adeguate per realizzare finalità di natura solidaristica. La dignità dell’istituto giuridico della co-progettazione è tale, infatti, che le pubbliche amministrazioni sono sollecitate a prestare la massima attenzione affinché non se ne offrano letture distorte o svilenti, che contribuiscono soltanto a rendere meno chiaro il coinvolgimento e, quindi, il contributo degli enti del terzo settore, così come individuato dalla Riforma del Terzo settore. 

Rivista-impresa-sociale-Alceste Santuari Alceste Santuari – Dipartimento di Sociologia e Diritto dell’Economia – Università di Bologna

Alceste Santuari

Alceste Santuari – Dipartimento di Sociologia e Diritto dell’Economia – Università di Bologna

Professore di diritto dell’economia, diritto degli enti non profit, dei partenariati pubblico-privati e di International Law & Health presso l’Università di Bologna e componente della Commissione di consulenza scientifica di AICCON.È autore di numerose monografie e articoli, anche in lingua inglese, sul tema delle organizzazioni non profit, delle impese sociali e dei loro rapporti con la P.A, nonché sul tema dei servizi sociosanitari. È presidente di organismi di vigilanza (modello 231) in aziende pubbliche e strutture socio-sanitarie accreditate e membro del nucleo di valutazione delle prestazioni dell’ATS della Brianza.

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