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ISSN 2282-1694
Tempo di lettura:  6 minuti
Argomento:  Diritto
data:  20 maggio 2021

La riforma dello sport: quali scenari?

Marco D'Isanto

Con l’approvazione dei decreti legislativi di attuazione della legge delega sulla Riforma dello Sport si aprono nuovi scenari ma restano molte questioni aperte. Il dialogo tra organizzazioni sportive e Terzo Settore non sembra agevole. Per le società di capitali sportive dilettantistiche si delinea la possibilità di acquisire la qualifica di Imprese Sociali.


La recente approvazione della Riforma dello Sport è destinata ad avere effetti rilevanti sul sistema sportivo italiano e sulle sue forme organizzative.

L’esito di questo complesso percorso normativo porrà questioni di grande interesse alcune delle quali è bene iniziare sin da subito a discutere.

Una di queste è il rapporto tra Riforma dello Sport e Riforma del Terzo Settore.

Si tratta dunque di comprendere in che modo saranno compatibili la qualifica di Associazione sportiva dilettantistica (d’ora in poi ASD) con quella di Ente del Terzo Settore (ETS) e la qualifica di Società di capitali Sportiva Dilettantistica (SSD) con quella di Impresa Sociale.

La Riforma dello Sport sembra infatti voler accordare alle Associazioni e Società sportive, dentro un quadro normativo rinnovato e per certi versi ispirato proprio dalla Riforma del Terzo Settore, uno “status giuridico” simile agli Enti del Terzo Settore (ETS). Inizia cioè a prefigurarsi un Terzo Settore sportivo che, al pari del Terzo Settore tradizionale, è chiamato a giocare un ruolo importante nella promozione dell’attività sportiva in Italia?

Cerchiamo ora di sviluppare questa tesi e di comprendere le possibili forme di interazione tra Sport e Terzo Settore.

Il Decreto Legislativo del 28 febbraio 2021, n. 36 distingue tra attività fisica o motoria ed attività sportiva. Quest’ultima potrà essere esercitata in forma dilettantistica o professionistica sotto l’egida delle Federazioni sportive o degli Enti di Promozione sportiva per il solo settore dilettantistico.

In discontinuità rispetto al passato, il Registro, tenuto presso il Dipartimento dello Sport, cambia leggermente natura ed avrà il compito di certificazione della effettiva natura dilettantistica dell’attività svolta da società e associazioni sportive.

Il registro delle società e delle associazioni sportive dilettantistiche diventa dunque il Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche.

Il riconoscimento, ai fini sportivi, avverrà attraverso le Federazioni Sportive Nazionali, le Discipline Sportive Associate e gli Enti di Promozione Sportiva. La certificazione delle attività avverrà mediante l’iscrizione al Registro.

L’iscrizione al Registro sarà propedeutica per accedere a benefici e contributi pubblici di qualsiasi natura per tutte le Società e Associazioni Sportive Dilettantistiche che svolgono attività sportiva, compresa l’attività didattica e formativa, e che operano nell’ambito di una Federazione Sportiva Nazionale, una Disciplina Sportiva Associata, o un Ente di Promozione Sportiva riconosciuti dal CONI.

L’Ufficio del Registro svolgerà inoltre una funzione di controllo sui requisiti denunciati e potrà anche cancellare o rifiutare l’iscrizione delle ASD/SSD non in possesso dei requisiti richiesti.

Con la domanda di iscrizione al Registro potrà essere presentata l’istanza di riconoscimento della personalità giuridica mediante un regime semplificato.

Le Associazioni iscritte nel Registro potranno, sulla falsariga delle organizzazioni non lucrative iscritte al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (Runts), accedere ai benefici specifici previsti in generale per lo sport dilettantistico oltre che ai benefici specifici previsti nei decreti di Riforma dello Sport.

Ad eccezione delle norme sui lavoratori sportivi che richiederebbero una trattazione separata, e costituiscono la parte più controversa della Riforma, le ASD e le SSD conserveranno i benefici fiscali precedenti di cui richiamiamo i principali: decommercializzazione dei corrispettivi specifici degli associati e dei tesserati ai sensi dell’art. 148 del Tuir, applicazione del regime forfettario di cui alla Legge 398/91 per l’attività commerciale, la qualificazione ex lege come pubblicitarie delle spese sostenute dello sponsor fino ad un importo annuo complessivamente non superiore a 200.000 euro nell’ambito dei rapporti di sponsorizzazione, ed infine la possibilità di applicare l’art. 149 del TUIR. Quest’ultimo prevede per le ASD la possibilità di conservare la qualifica di Ente non commerciale e i relativi benefici anche qualora le entrate di natura commerciale superino quelle istituzionali.

A questi benefici se ne aggiungono altri previsti specificamente dalla Riforma:

  1. procedimento agevolato per il riconoscimento della personalità giuridica
  2. procedure semplificate per l’ammodernamento e la costruzione di impianti sportivi
  3. meccanismo preferenziale per l’uso e la gestione degli impianti sportivi degli enti territoriali

Dunque, è fin troppo chiaro che la Riforma dello Sport concorre a costruire un disegno normativo che nell’ambito sportivo realizza ciò che la Corte costituzionale nella sentenza 131/2020 ha definito come attuazione dell’azione sussidiaria e cioè come riconoscimento di una specifica attitudine, da parte delle organizzazioni non lucrative, a partecipare insieme ai soggetti pubblici alla realizzazione dell’interesse generale.

La Riforma infatti identifica, al pari degli ETS, le organizzazioni sportive come un insieme limitato di soggetti giuridici dotati di caratteri specifici, deputati a svolgere attività considerata di rilevanza sociale, privi di finalità lucrative soggettive e sottoposti a un sistema pubblicistico di registrazione e a rigorosi controlli.

Ne esce rafforzata l’autonomia e la centralità dell’ordinamento sportivo ma la Riforma non si preoccupa di coordinare efficacemente il rapporto tra organizzazioni sportive e il quadro normativo recato dalla Riforma del Terzo Settore.

Questo non esclude che potranno, nell’ambito del Terzo Settore, svilupparsi forme organizzative non direttamente legate alla pratica sportiva ma all’attività fisica e motoria il cui contenuto culturale o ricreativo sia prevalente rispetto alle attività sportive pure.

Così come non è escluso che le ASD possano acquisire anche la qualifica di ETS e che le SSD possano acquisire la qualifica di Imprese Sociali. Possibilità sancita dall’art. 6 comma 2 del D. Lgs 36/2021 nella parte in cui prevede che gli enti sportivi dilettantistici, ricorrendone i presupposti, possano assumere la qualifica di enti del Terzo Settore e di impresa sociale. La disposizione precisa che le norme del decreto trovano applicazione solo in quanto compatibili, sancendo pertanto in quel caso una prevalenza della normativa recata dal Terzo Settore.

Le criticità che deriveranno alle ASD che vorranno cumulare la doppia qualifica di ente sportivo ed ente del Terzo Settore non sono poche. Discorso leggermente diverso è invece quello che riguarda le società di capitali che vorranno acquisire la qualifica di Impresa Sociale.

In primo luogo, andrebbe rilevato che le ASD e le SSD per essere considerate tali saranno costrette a svolgere ai sensi dell’art. 7 del D. lgs 36/2021 in via principale l’attività di organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche, ivi comprese la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza all’attività sportiva dilettantistica. Le altre attività, diverse da quelle principali, potranno essere condotte solo in via secondaria e strumentale entro i limiti che saranno fissati con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Alla luce di questa disposizione le ASD che entreranno nel Terzo Settore non potranno svolgere nessuna delle altre attività previste dal Terzo Settore, ad eccezione di quella sportiva, se non sotto forma di attività diverse.

I due impianti normativi fanno riferimento ad un concetto differente di “attività diversa” e ad oggi non facilmente conciliabile.

Restringendo il campo di analisi alle sole associazioni esse dovranno tendenzialmente, per entrare nel Terzo Settore, puntare ad assumere la qualifica di APS.

Innanzitutto, saranno costrette a cumulare non solo la qualifica ma anche tutti gli adempimenti connessi alla doppia iscrizione, quelli previsti nel Registro delle attività sportive e quelli previsti nel Runts. Non esiste infatti una norma di raccordo che consenta ad una ASD che entra nel Terzo Settore di evitare i doppi adempimenti.

Dovranno inoltre, in particolare le ASD, rinunciare ad una parte dei benefici fiscali. L’Agenzia delle Entrate ha infatti chiarito che l’ingresso nel Terzo Settore rende prevalenti le norme fiscali previste dal D. Lgs 117/2017 e dal D. lgs. 112/2017 per le Imprese Sociali.

Pertanto, non potranno applicare il regime forfettario previsto dalla L. 398/91, ma solo quello previsto dal regime speciale per le APS, analogo ma con un limite di ricavi nettamente inferiore, perderanno la de-commercializzazione dei proventi dei tesserati, e l’art. 149 del TUIR sulla qualifica di prevalenza di non commercialità.

Saranno obbligate inoltre a soggiacere a tutti i controlli previsti nel Terzo Settore in aggiunta a quelli previsti dallo sport nell’ambito del Registro.

Inoltre, alla luce della Riforma dello Sport, che ridisegna la figura delle collaborazioni sportive ed introduce la figura dei lavoratori sportivi, le ASD dovranno, per svolgere la propria attività, conformarsi alle nuove norme.

Avranno pertanto molte difficoltà a rispettare il parametro recato dal Codice del Terzo Settore (CTS) che restringe la qualifica di APS alle sole associazioni che esercitano la loro attività avvalendosi in modo prevalente dell'attività di volontariato dei propri associati.

L’articolo 36 del CTS infatti prevede che le associazioni di promozione sociale possono assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo o di altra natura, anche dei propri associati, solo quando il numero dei lavoratori impiegati nell'attività non sia superiore al cinquanta per cento del numero dei volontari o al cinque per cento del numero degli associati.

Fuoriuscire dal campo delle APS significherebbe per le ASD qualificarsi come Enti del Terzo Settore con la conseguenza che i corrispettivi specifici degli associati sarebbero integralmente ricondotti nella sfera dei ricavi commerciali. L’ente a quel punto sarebbe essere attratto nella sfera degli enti commerciali con contestuale obbligo di iscrizione nel Registro delle Imprese.

La normativa fiscale del Codice del Terzo Settore è peraltro caratterizzata da notevoli criticità ed ancora oggi non dispone infatti dell’autorizzazione dell’UE.

Ancora aperta è infine la definizione di attività sportiva dilettantistica nell’ambito del Terzo Settore. Il quadro giuridico attuale qualifica l’attività sportiva dilettantistica come quella esercitata dagli enti sportivi iscritti nel Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche. Sembrerebbe quindi che anche nel Terzo Settore gli enti in grado di svolgere l’organizzazione e la gestione di attività sportive dilettantistiche indicata nella lettera t) del Decreto Legislativo 117/2017 e nella lettera u) del Decreto Legislativo 112/2017 siano solo gli enti in possesso della qualifica di ASD o SSD previamente iscritti al Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche. Un ente del Terzo Settore privo di tale qualifica non potrebbe pertanto qualificarsi tra gli enti abilitati a svolgere l’attività sportiva dilettantistica. E anche questo resta un nodo ancora da sciogliere.

Le recenti proroghe sull’applicazione della Riforma dello Sport e la possibilità di intervenire con decreti correttivi pongono le condizioni per un lavoro di armonizzazione tra Sport e Terzo Settore.

Per esempio, sarebbe opportuno in sede di decreti correttivi, al fine di completare il percorso avviato dalla Riforma dello Sport, riconoscere la possibilità alle ASD e alle SSD di poter svolgere la loro attività in locali compatibili con tutte le destinazioni d’uso omogenee previste dal decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968 n. 1444 e simili, indipendentemente dalla destinazione urbanistica.

Di natura diversa è invece il ragionamento che riguarda le Imprese Sociali.

Il D. Lgs 36/2021 ha infatti rimosso uno dei problemi che aveva sollevato qualche perplessità sulla compatibilità delle due fattispecie giuridiche in relazione alla previsione di parziale distribuzione degli utili concessa alle Imprese Sociali ma sempre vietata invece dalla vecchia disciplina recata dalla Legge 289/2002 per le società sportive di capitali.

Fermo restando le analoghe criticità in ordine al rapporto tra attività principali e attività diverse sopra affrontato le Società Sportive Dilettantistiche che esercitano prevalentemente l’attività sotto forma imprenditoriale potranno più agevolmente delle Associazioni acquisire la qualifica di Impresa Sociale.

Va ricordato infatti che le SSD con qualifica di Impresa Sociale, stando al dettato normativo recato dall’art. 89 comma 1, non sarebbero escluse dalla possibilità di applicare le agevolazioni previste dalla Legge 398/91.

La Riforma dello Sport con una serie di limiti cerca di definire una nuova “giuridicità” degli enti sportivi che ne accresce l’autonomia e rafforza, nel campo degli enti non lucrativi, la specificità delle organizzazioni sportive. Le Società Sportive di maggiori dimensioni potranno essere accolte più agevolmente nel quadro normativo delle Imprese Sociali cumulando così i benefici derivanti dalla Riforma dello Sport e da quella del Terzo Settore.

Resta l’esigenza di definire un quadro normativo armonico per evitare che le organizzazioni sportive del Terzo Settore si trovino ad affrontare un percorso fragile e instabile.

Rivista-impresa-sociale-Marco D'Isanto Dottore Commercialista in Napoli, esperto di Terzo Settore e consulente di Imprese e istituzioni culturali

Marco D'Isanto

Dottore Commercialista in Napoli, esperto di Terzo Settore e consulente di Imprese e istituzioni culturali

E’ componente della Commissione Legislativa Federculture, Docente di Master universitario. E’ editorialista del Corriere del Mezzogiorno Ed. Corriere della Sera, redattore della rivista “Fiscosport”, membro del comitato di redazione della Rivista A & S - Mensile di aggiornamento e approfondimento sugli enti associativi – Ed. Euroconference, autore di articoli per il Giornale delle Fondazioni, Ag Cult Letture Lente, Vita Non Profit ed è stato promotore di numerosi convegni sull’inquadramento giuridico degli enti culturali, sportivi e degli Enti Non Profit. Autore di numerose pubblicazioni sui profili tributari e civilistici degli Enti del Terzo Settore, delle imprese culturali e delle società sportive.

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data:  20 maggio 2021
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