Una recensione del libro di Chiara Volpato. Le disuguaglianze non spariranno, ma potranno essere ridotte favorendo l’accesso delle classi povere al sapere e alla cultura, che portano ad una maggiore presa di coscienza politica e sociale.
Chiara Volpato, Le radici psicologiche della disuguaglianza, Laterza, Bari, 2003 (ristampa 2024).
Nel libro Le radici psicologiche della disuguaglianza, Chiara Volpato, ordinaria di psicologia sociale presso l’università Bicocca di Milano, concentra l’attenzione sulla disuguaglianza che permea la società, inquadrata però non solo come un fattore di natura umana, ma come un fenomeno dannoso che provoca – sono parole dell’Autrice – “problemi sanitari e sociali, rafforza razzismo e violenza, ostacola la mobilità sociale ed è responsabile dell'abbassamento del livello d'istruzione e del benessere generale”.
Il primo capitolo è interamente dedicato all’analisi delle più rilevanti ricerche e degli studi pubblicati da economisti e sociologi di vari Paesi su questo tema, per concludere che, dato che la ricchezza in quasi nessuno Stato viene equamente distribuita tra la popolazione, il divario economico che divide il Pianeta, ma anche le varie classi sociali all'interno dello stesso Paese, genera inevitabilmente una situazione di diseguaglianza, sul presupposto che un maggior benessere equivale ad una maggiore cultura, agio, salute e fiducia nell’avvenire. Viene posto l’accento sulla immutevolezza della situazione di divario sociale, che è destinata a rinnovarsi di generazione in generazione; appare addirittura preferibile, più che una situazione di totale uguaglianza, un sistema di moderata diseguaglianza, lo stesso che gli studiosi ritengono essere più adatto a far prosperare l’economia ed il benessere individuale e sociale. Nella parte finale del capitolo viene operato un rapido, ma puntuale, excursus sui motivi che hanno indotto ad accettare il desiderio di disuguaglianza piuttosto che quello di uguaglianza generalizzata: la legittimazione del potere, le ideologie, l’egemonia, il neoliberismo, il mercato come paradigma, la vita come capitale su cui investire.
Nel secondo capitolo, si affronta il tema delle classi sociali, innanzitutto della borghesia o medium class, soltanto però in riferimento alla situazione europea: dopo la Grande guerra sono emersi nella gerarchia sociale coloro che sono stati in grado di risollevare le sorti dell’Europa, puntando tutto sul lavoro qualificante, volontario e spesso internazionale. Tale assunto trova fondamento nella magistrale analisi di Pierre Bordieu, sociologo, antropologo e filosofo francese, che si è dedicato alla sociologia dei processi culturali e in particolare alla relazione tra disuguaglianza sociale, cultura e autorità, mostrando come la cultura costituisca uno dei principali meccanismi di riproduzione delle strutture di classe. Per questo studioso la cultura è anche habitus, ossia “l’insieme dei valori, norme, aspettative e privilegi che derivano da una data condizione materiale”. In altre parole, per capire a fondo l’uomo immerso nella sfera della socialità non si può prescindere dal contesto in cui lo stesso conduce la propria vicenda esistenziale.
Nel terzo capitolo viene presa in considerazione la tematica della classe dominante, con la sua eccessiva autostima, narcisismo, una spregiudicata autodeterminazione, soprattutto agli occhi dei più svantaggiati, ma anche con la paura di perdere i propri privilegi. Si tratta dei cosiddetti “dominati”, ossia della classe povera o medio-povera, e della sua condizione di subalternità rispetto alla prima: si sottolinea il complesso di subalternità che matura nei meno abbienti in relazione agli inarrivabili standard dettati dalla ristretta classe dei ricchi, che non accenna a diminuire di portata col decorso degli anni. Il fattore materiale è determinante nel senso che non si può tralasciare il dato oggettivo della differenza nella distribuzione della ricchezza fra la popolazione, ma non vanno neppure trascurate le ricadute di questo fenomeno a livello psicologico e sociale. Si sottolinea altresì la differenza nell’accettazione del fenomeno del gap finanziario, che si presenta in modo diverso nei paesi occidentali, improntati all’ideale del self-made-man. In tale contesto, la meritocrazia allevia il disagio sociale derivante della differenza tra le classi, attraverso l’utopistica consapevolezza di essere artefici del proprio destino. Si tratta di un’impostazione ben diversa da quella dei paesi orientali, in cui la religione, che riveste un ruolo di primo piano, prospetta la povertà come una situazione auspicata e necessaria per alimentare una speranza-fiducia in un futuro migliore, e dove, di conseguenza, la povertà non è associata ad una condizione di disagio e di degrado. L’Autrice si dedica anche all’analisi del ruolo svolto dalla politica che, anziché adottare misure idonee a contrastare il divario tra le classi, di fatto finisce per alimentarlo, prediligendo gli interessi delle cd. élites, anche se nella forma si dichiara aperta ai bisogni delle classi meno abbienti, alla necessità del libero accesso alle cure sanitarie, alla scuola, allo sport, ecc., in modo da rendersi più accettabile agli occhi dei governati.
Dopo aver esaminato le diverse situazioni, l’Autrice presenta quelle che potrebbero essere alcune prospettive future di sviluppo: le disuguaglianze non spariranno, perché è insito nell'animo umano il sentimento di prevaricazione sugli altri, ma potranno essere ridotte favorendo l’accesso delle classi povere al sapere e alla cultura, che portano ad una maggiore presa di coscienza politica e sociale. Questa conclusione potrebbe ingenerare qualche perplessità, la quale tuttavia può essere facilmente fugata laddove si pensi che la conoscenza, la cultura ed il sapere sono le uniche armi che effettivamente possono, se non risolvere le disuguaglianze sociali, almeno ridurle.
Perché, dunque, leggere questo libro? Il lavoro, come si è detto, espone con chiarezza quelle che sono le evoluzioni storiche delle disuguaglianze, i loro rapporti con gli Stati di pace e di guerra e le influenze delle religioni sulle stesse; in questo senso viene offerto uno spaccato sociale molto approfondito, riportando una moltitudine di studi e di teorie elaborate da maggiori economisti sociologi a livello mondiale. Si tratta di una lettura di particolare interesse tanto per chi, per la prima volta, si avvicini al tema oggetto di trattazione, quanto per coloro che vogliano approfondire le proprie conoscenza in materia. Il volume offre molti spunti di riflessione, facendo trapelare in definitiva l’idea che chiunque, al giorno d’oggi, almeno nei paesi occidentali, è posto nelle condizioni di emergere nella società, anche laddove le condizioni di partenza si presentino più difficoltose.
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