Prima ancora che parlare di povertà, il nuovo libro di Cristiano Gori è un'analisi dei processi politici e decisionali che hanno portato a introdurre nel nostro welfare una misura universalistica di contrasto alla povertà; e del ruolo che intellettuali e Terzo settore possono avere per promuovere il cambiamento sociale.
A chi va consigliata la lettura di Combattere la povertà, l’ultimo volume scritto da Cristiano Gori e pubblicato nelle scorse settimane da Laterza?
La prima e più immediata risposta è “a chi si interessa di povertà”, ed in effetti questo libro ripercorre, con una notevole capacità di sistematizzare e analizzare i contenuti ma con linguaggio accessibile, le principali questioni connesse al dibattito sul contrasto della povertà nel nostro Paese: lo sviluppo delle misure dalla 328/2000 al Reddito di Emergenza passando per la Social Card, la Nuova Carta Acquisti, il SIA, il REI e il Reddito di Cittadinanza; i motivi per cui la politica si è accorta dei poveri, dopo averli ignorati per lungo tempo; i principali dibattiti che hanno caratterizzato le discussioni sul tema, a partire dal dilemma tra universalismo e categorialità; e le questioni su cui invece il dibattito non è mai potuto partire, come ad esempio la riorganizzazione delle misure esistenti, per cui le prestazioni già erogate diventano intoccabili rendendo però difficile una razionalizzazione sia della spesa che della logica degli interventi. Questi e moltissimi altri contenuti sono presentati nel loro sviluppo storico, esaminati e resi comprensibili anche ad un lettore non specialistico.
Ma, a ben vedere, “chi si interessa di povertà” e quindi probabilmente ha in questi anni letto altri contributi dello stesso autore, non è forse il primo lettore a cui consigliare questo libro. Perché Combattere la povertà è anche – e soprattutto – altro. È un libro che tratta in primo luogo di come l’azione organizzata dei soggetti di Terzo settore e di chi svolge lavoro intellettuale possa, in condizioni favorevoli, portare ad influenzare in modo decisivo il processo di decisione politica.
Combattere la povertà analizza i processi politici e decisionali che hanno riguardato la questione della povertà e si interroga sui motivi che portano all’assunzione delle decisioni. Ogni scelta è frutto di contingenze storiche, idee dei protagonisti, posizionamenti dei diversi attori sociali, ma anche di relazioni e talvolta una dose di casualità, quantomeno nel fatto che elementi come quelli sopra richiamati convergano o meno nel presentarsi in uno stesso momento. In queste ricostruzioni si intrecciano grandi tendenze socioeconomiche – ad esempio il mutare delle caratteristiche della povertà, prima ristretta a gruppi marginali e poi a partire dal 2008 diffusasi in strati sociali che sino ad allora si credevano immuni – e sensibilità di singoli individui, micro-scelte che hanno contribuito in modo decisivo all’esito finale. Si ricostruisce così la concatenazione di eventi e circostanze che ha portato ad una delle più singolari vicende del nostro welfare e forse della storia recente del nostro Paese: l’introduzione di una misura universalistica di contrasto alla povertà, tema rispetto al quale vi erano, sino a pochi anni prima, delle resistenze insuperabili da parte della grande maggioranza delle forze politiche; e che ha comportato tra l’altro, in un’epoca in cui su altri fronti si discuteva strenuamente ad ogni legge di bilancio, dell’allocazione o meno di poche decine di milioni di euro sul Fondo nazionale per le Politiche Sociali, la destinazione di poste di bilancio pubblico importanti e crescenti, giunte nel 2019 a 8 miliardi di euro.
Combattere la povertà è – probabilmente al di là degli intenti dello stesso autore – un libro interessante per chi analizza i processi di comunicazione, capace di cogliere sfumature non scontate. Da una parte, in una lunga fase delle vicende narrate, è preminente la ricerca di strumenti comunicativi per far maturare una sensibilità prima inesistente sul tema della povertà, con il duplice obiettivo di far percepire l’urgenza di intervenire e soprattutto di indirizzare la ricerca di soluzioni verso direzioni – l’adozione di una misura universalistica di reddito minimo - che, per quanto ampiamente condivise dalla comunità scientifica, risultavano deboli se non osteggiate nel panorama politico e anche tra i soggetti sociali. Poi vi è la fase del difficile equilibrio tra riconoscimento pubblico per i passi compiuti dal Governo e la prosecuzione dell’azione di pressione per il completamento della riforma. E, infine, la gestione di una fase in cui il tema era uscito dal dibattito “di settore” per diventare centrale nella comunicazione politica, caricandosi però di contenuti – la “cifra bandiera” dei 780 euro, la collocazione del reddito di cittadinanza sul fronte delle politiche del lavoro, le urgenze poste dalle scadenze elettorali – che risultava difficile discutere nel merito con il Governo in quanto diventati centrali nella strategia di comunicazione della forza politica che li proponeva.
Combattere la povertà è però, soprattutto, un libro assolutamente consigliato a chi si interroga sulle possibilità del Terzo settore di essere un attore rilevante nella definizione delle politiche pubbliche. E qui la dimensione di cronaca e di analisi si intreccia con quella personale dell’autore, “lobbista dei poveri”, diventa in alcuni tratti quasi diario, con una scelta anomala nei testi di studiosi, ma assolutamente efficace anche da un punto di vista narrativo. Le vicende dell’introduzione di una misura universalistica contro la povertà sono nel nostro Paese infatti profondamente intrecciate con quelle di un’esperienza singolare e di assoluto rilievo come l’Alleanza contro la Povertà in Italia, di cui Cristiano Gori è stato sino a pochi mesi fa l’anima scientifica. E anche qui troviamo un insieme di circostanze e di scelte che hanno fatto sì che tale esperienza di movimento dal basso riuscisse a generare cambiamenti con un’efficacia mai vista dai tempi della legge Basaglia. Certamente ciò è stato reso possibile da alcune contingenze del contesto, ma anche da caratteristiche dell’azione dell’Alleanza che vengono ben trattate nel libro: la capacità delle organizzazioni che l’hanno promossa di presentarsi in modo compatto nell’interesse dei poveri, senza calcoli circa propri interessi o posizionamenti; il combinare l’azione politica con una cura agli aspetti tecnici delle proprie proposte, studiati sin nei minimi dettagli grazie al lavoro comune di studiosi e figure operative che ben conoscono gli aspetti concreti delle azioni di contrasto alla povertà; la scelta di tessere e condividere reti e relazioni e di interloquire con tutti i soggetti, senza attenzione a criteri di prossimità politica; un atteggiamento fermo nel porre le istanze, ma collaborativo e costruttivo nei confronti delle istituzioni; la capacità di procedere con gradualità, portando volta per volta a casa i risultati effettivamente raggiungibili senza sterili posizionamenti ideologici, ma anche senza perdere di vista l’obiettivo da raggiungere. Se nel giro di pochi anni un tema trascurato ha raggiunto il centro dell’agenda politica - pur sostenendo un gruppo sociale, i poveri, non in grado di auto-rappresentarsi e di far valere autonomamente i propri diritti - lo si deve anche alla specificità dell’azione del Terzo settore e nello specifico dell’Alleanza contro la Povertà. Di per sé non si tratta dell’unico “cartello” di enti rilevanti del Terzo settore – nemmeno sul fronte specifico della lotta alla povertà; tanto è vero che l’autore stesso, nella parte finale del libro, tratta della sua attuale esperienza entro il Forum delle Disuguaglianze e delle Diversità che insieme ad ASviS si è fatto promotore di un’azione politica che ha favorito l’introduzione del Reddito di Emergenza nel contesto dell’emergenza Covid – ma il fatto che questa esperienza specifica sia riuscita a conseguire risultati impensabili (e, leggiamo nel libro, in molte fasi insperati dagli stessi protagonisti) è frutto anche della combinazione di caratteristiche per nulla scontate come quelle prima richiamate. E si legge come questa azione debba adattarsi a contesti molto diversi, alcuni caratterizzati da un ampio riconoscimento istituzionale, altri in cui, almeno per via ufficiale, il Governo ha scelto di non interloquire con l’Alleanza. Insomma il libro è sicuramente prezioso da una parte per chi si interroga su come influire sulle politiche pubbliche e dall’altra rappresenta una lettura sicuramente consigliata per chi, a diversi livelli, è chiamato a dirigere organizzazioni di Terzo settore, perché nella straordinarietà dell’esperienza dell’Alleanza contro la Povertà è possibile leggere anche gli ordinari e frequenti limiti – particolarismi, ricerca di posizionamenti individuali, poca attenzione agli aspetti tecnici - che affliggono l’operato del Terzo settore che vuole influire sulle decisioni pubbliche.
E infine, Combattere la povertà è un testo utile per chi si interroga sul senso del lavoro intellettuale. Non lo teorizza, ma lo racconta in modo efficace. Come si ricorda anche nel libro, oggi il mestiere intellettuale rischia di essere fortemente schiacciato dall’impellenza di pubblicazione su canali utili al posizionamento accademico, mentre il racconto presenta un diverso possibile ruolo di chi ha competenze per studiare e analizzare i fenomeni. Un ruolo militante ma non ideologico. Un ruolo attivo a supporto del cambiamento sociale, con tutta la ricchezza e la fragilità della dialettica tra questa figura e quella del dirigente di Terzo settore. È un intellettuale che non banalizza i contenuti, ma li rende accessibili; che ha piena consapevolezza della valenza specialistica della propria professione, ma che riconosce e valorizza il sapere prodotto da chi opera sul campo.
Che poi è anche lo spazio in cui vorrebbe posizionarsi anche Impresa Sociale.
Cristiano Gori, Combattere la Povertà. L’Italia dalla Social card al Covid 19, Laterza, 2020. 240 pagine, 20 euro versione stampata, 10 euro versione e-book.
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