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ISSN 2282-1694
Tempo di lettura: 
Argomento:  Esperienze
data:  10 novembre 2021

Quando l'impresa sociale è meglio

Cristian Massi

Un privato che gestisce strutture residenziali per anziani è vicino al fallimento, ma interviene un'impresa sociale che rileva le attività e le rende economicamente sostenibili. L'elemento che fa la differenza è la capacità di dare vita ad un modello gestionale partecipato e democratico, ricreando i legami di fiducia che si erano smarriti.


Non tutte le storie hanno un lieto fine, e anche questa, in una certa fase, sembrava destinata ad un esito negativo. Non sarebbe, di per sé, un fatto eccezionale: alcune realtà d’impresa nascono e sono destinate ad avere una continuazione nel tempo, altre chiudono per motivazioni che possono essere molteplici e nella stragrande maggioranza dei casi riguardano visioni e scelte non corrette susseguitesi nel tempo.

Il caso qui trattato riguarda appunto un gruppo di case di riposo private sorte in una porzione di territorio definita che hanno rischiato di chiudere i battenti per sempre. Questo avrebbe determinato un danno significativo, non solo per il numero di persone che avrebbero perso il posto di lavoro, ma anche per il venir meno di un intervento prezioso nei confronti di una categoria debole di cittadini.

Si tratta di strutture che hanno storicamente sviluppato una buona qualità del servizio: oltre all’ospitalità delle persone anziane hanno sempre proposto varie attività quali ad esempio la lavorazione di carta, stoffa, pittura, attività ludiche come ascolto di musica, feste a tema e stimolazione cognitiva attraverso letture, cruciverba, commento dei quotidiani.

Questo gruppo di case di riposo era stato amministrato, per anni, da un gruppo di imprenditori privati che aveva quindi come scopo finale la massimizzazione del profitto. Tale gruppo ha operato seguendo logiche di libero mercato, non senza significativi investimenti anche in territori a bassa densità di popolazione. Tutto ciò ha permesso di erogare un servizio, senza dubbio utile alla comunità in cui tali residenze sorgono, ma ad un certo punto la ricerca di espansione del proprio mercato ha determinato l’insorgere di problemi rilevanti, che stavano portando tale esperienza alla chiusura. Dopo un periodo in cui la nave per anni ha navigato in acque tranquille, gli indicatori economico-finanziari hanno cominciato a ridursi in maniera consistente, con debiti che si ampliavano a dismisura, investitori preoccupati per i rischi di dissesto, i fornitori che reclamavano pagamenti non onorati e il diffondersi di una generale sfiducia da parte degli stakeholder. A quel punto la nave era invece alla deriva, sino a quando non intervenne un fatto nuovo: si sono fatti avanti dei soggetti che hanno deciso di effettuare un investimento responsabile, rilevando queste case di riposo e includendole in una impresa sociale.

Il primo e più significativo cambiamento impresso dal nuovo soggetto di impresa sociale è stato quello di definire una diversa governance delle strutture, orientandola in senso democratico e con il coinvolgimento da parte dell’impresa sociale di una pluralità di stakeholder - banche, fornitori, lavoratori, comuni che ospitano le strutture, assistiti e loro famiglie, ecc. -  coinvolti a vario titolo in un processo che ha ricreato fiducia, ha favorito l’adozione di scelte più avvedute e formatesi grazie ad un processo di condivisione che rappresenta di fatto un esempio di multistakeholder governance. Grazie a questo le case di riposto stanno continuando ad operare, ora sotto forma di impresa sociale, con l’evidente beneficio della continuazione dell’attività di assistenza agli anziani.

L’attività si svolge ora con assenza di scopo di lucro, reinvestendo tutti gli utili nell’attività istituzionale. Le decisioni sono prese in maniera partecipata e le scelte – da quelle ordinarie come l’individuazione di un fornitore alle attività settimanali da far svolgere agli anziani – sono frutto di confronto e discussione tra più stakeholder. I risultati sono evidenti: si è passati dalla situazione pre-fallimentare della precedente gestione, ad una sostenibilità nel breve-medio periodo, con prospettive di lungo periodo molto interessanti. A dimostrazione di ciò, è stato individuato ad inizio attività un business plan, che sta pressoché rispecchiando le previsioni prospettate.

Il modello gestionale è cambiato radicalmente: la precedente gestione for profit applicava una netta separazione tra proprietà e management e valutava le scelte nell’ottica del profitto – come si è visto, paradossalmente con risultati opposti; il modello gestionale dell’impresa sociale si è distaccato in modo significativo da quello precedente sia per avere sostituito la ricerca del profitto con il bene comune, sia per uno stile di assunzione della decisione non orientato dall’esercizio del potere da parte degli azionisti, ma ispirato a logiche partecipative, tanto da rendere secondario l’assetto proprietario. Questo approccio alla governance è l’alternativa a forme di produzione fondate sulla concentrazione del controllo strategico tipico delle società for-profit; nell’impresa sociale la cooperazione tra stakeholder trova terreno fertile e ne determina un valore anziché un costo o un limite.

La multistakeholder governance in un contesto così delicato, sia per attività svolte che per complessità organizzativa, ha determinato una gestione molto più trasparente, mantenendo fedeltà alla propria mission, con l’obiettivo di tutelare gli interessi e diritti di tutti. Le pratiche adottate sono molto interessanti: settimanalmente, vengono svolte delle riunioni, dove vengono invitati tutti gli stakeholders, permettendo in maniera democratica di esprimere le proprie idee volte al miglioramento dell’organizzazione. Questo ha permesso nel corso degli anni di mettere “nero su bianco” le problematiche principali, e successivamente di risolverle grazie al capitale di fiducia che si era così costruito, come avvenuto ad esempio nel caso dei debiti per affitti pregressi, che sono stati rateizzati e infine onorati.

Ciò si è accompagnato ad una particolare attenzione alla circolazione delle informazioni, con una newsletter settimanale inviata via mail a tutti gli stakeholder. L’area News & Community, dopo essersi confrontata con le altre aree presenti all’interno dell’organizzazione, prevede settimanalmente un report con tutte le attività svolte. Tutto ciò ha l’obiettivo di mantenere aggiornati tutti i portatori d’interesse e di migliorare le attività svolte attraverso l’ascolto di nuove idee da mettere in pratica.

Altro elemento da non sottovalutare è la cena dell’organizzazione con cadenza mensile, dove sono invitati tutti gli stakeholders. Questo permette quel senso d’aggregazione tra tutti i portatori d’interesse, con l’obiettivo specifico di creare gruppo e condivisione. Tale attività previene o risolve molte problematiche legate alla conflittualità interna. Infine, un’ultima attività cui vale la pena raccontare, è l’incontro settimanale con i parenti degli anziani presenti nelle sedi delle case di cura. In tali momenti si affrontano le problematiche intercorse nella settimana da parte degli anziani e delle risorse che hanno lavorato al loro fianco, cercando di curarne ogni piccolo dettaglio.

In questo circuito virtuoso l’efficienza e l’efficacia aziendale si integrano con l’efficacia della solidarietà vista non più come componente “caritativa” ma come valore aggiunto per il raggiungimento dell’equilibrio economico. Come hanno scritto Cozzi e Zamagni “le economie di mercato sono macchine straordinariamente efficienti nella produzione di ricchezza, ma assai poco capaci di distribuirla equamente tra coloro che hanno preso parte al processo della sua creazione”, mentre imprese capaci di valorizzare gli stakeholder possono per conseguire risultati migliori. Forse di questo potranno in qualche misura fare tesoro anche le imprese for profit, chiamate esse stesse a ragionare sui propri modelli di governance. Di una cosa siamo certi, se non tutte le storie hanno un lieto fine, questa rappresenta una delle favole più belle, dove il lieto fine esiste ed è democratico, innovativo ed efficiente.

Rivista-impresa-sociale-Cristian Massi Consulente per enti non profit ed Enti del Terzo Settore

Cristian Massi

Consulente per enti non profit ed Enti del Terzo Settore

Svolge consulenza tributaria per enti non profit, Enti del Terzo Settore e società di capitali presso Studio Massi - Consulenti del Lavoro e Commercialisti associati.

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