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Fondata da CGM / Edita e realizzata da Iris Network
ISSN 2282-1694
Tempo di lettura:  2 minuti
Argomento:  Attualità
tag:  Covid-19
data:  29 marzo 2020

Covid o non Covid

Gianfranco Marocchi

Far convivere la sensibilità al dramma che stiamo vivendo e la resilienza necessaria perché lo sguardo fisso solo alla pandemia non ci travolga: per non dimenticare i bisogni sociali che continuano ad esserci oggi e ci saranno domani.


Al termine della prima settimana di confinamento domestico, in cui la mia attenzione era sempre stata rivolta agli aggiornamenti dei media online invasi dalle notizie sulla pandemia, mi cadde l’occhio su un riquadro anomalo: su uno dei maggiori quotidiani nazionali veniva rilanciata una breve notizia riguardante un malcapitato ingiustamente detenuto nel carcere di una satrapia mediorientale. E mi sorpresi della mia reazione nel leggere quella notizia, quasi avvertendola come una stonatura tra dichiarazioni di virologi, statistiche sulla diffusione del Covid-19, timori per le conseguenze sull’economia, risibili giustificazioni di cittadini fermati per strada per aver violato il blocco dei movimenti, appelli di sindaci e cantanti per restare tutti a casa, cori dai balconi e così via.

Insomma, parlare di un argomento non “Covid-19” pare di fuori luogo di questi tempi, quasi inopportuno, non in sintonia con le sensazioni di tutti noi coinvolti in una vicenda pervasiva e inimmaginabile e che ora viviamo con un occhio ai pallini rossi che si diffondono sulla mappa della Johns Hopkins University e l’altro agli ultimi dati letti alle 18 di ogni giorno dal Capo Dipartimento della Protezione Civile Borrelli; e, in alcuni casi, purtroppo, apertamente stridente con il dolore per i lutti che ci hanno toccato più da vicino.

Tutto ciò è comprensibile se pensiamo a quanto questa inedita situazione stia sconvolgendo la nostra quotidianità e il nostro immaginario, ma qualche domanda è legittimo farsela. Soprattutto nel momento in cui la nostra rivista, la gloriosa Impresa Sociale con la sua storia trentennale, si avvia ad aprire una nuova fase.

Pubblicare contenuti non riguardanti il Covid-19 espone al rischio di apparire de contestualizzato, estraneo. Ma è un rischio che correremo e che riteniamo giusto correre.

Certamente, soprattutto nella parte Opinioni ed Esperienze, ospiteremo contributi in qualche modo in relazione con il Covid-19. Ci sarà spazio per raccontare storie di imprese sociali che resistono, supportano la propria comunità e rilanciano oltre la crisi; per riflettere su cosa cambierà, in chi come noi fa un lavoro di relazione e vivrà mesi in cui le relazioni saranno centellinate e diffidenti; e per riflettere cosa cambierà per il mondo, se la frase che ci ripetiamo giorno per giorno «nulla sarà come prima» si riempirà, oltre che del vissuto doloroso che farà parte per sempre della nostra esperienza collettiva, anche di qualche cosa che avremo imparato per il “dopo” e che ci porterà a dare più peso alle cose importanti ed essenziali (giacché  le superflue, alle quali abbiamo dovuto rinunciare, non ci sono mancate) e a cambiare comportamenti distruttivi come la devastazione della terra e dell’aria dopo queste settimane di forzata pulizia. E, si spera, avremo ancora più consapevolezza di quanto dimensioni che vanno oltre il mercato – un sistema di servizi adeguato, ma anche una comunità capace di sentirsi tale e di reagire alle difficoltà – siano centrali per il benessere di tutti noi.

Ma ci sarà spazio anche a contenuti non connessi con il Covid-19, quelli appunto che rischiano apparire catapultati da un altro mondo. È uno sforzo per la rivista pubblicali e per il lettore prestarvi attenzione, ma si tratta di uno sforzo che è giusto fare, di uno degli esercizi di resilienza cui siamo chiamati. Bene fece il quotidiano richiamato in apertura a pubblicare la storia di un caso di diritti umani negati, perché i prigionieri ingiustamente detenuti continuano ad esserci anche con (e dopo) la pandemia; così come continuano ad esistere persone fragili di cui prendersi cura, l’ambiente da tutelare, aree interne di cui promuovere lo sviluppo, beni comuni da valorizzare, e via dicendo con gli infiniti esempi dei bisogni sociali ai quali si è risposto sino ad ora e bisognerà rispondere. Certo, in alcuni casi potremo interrogarci se e in che misura quanto stiamo vivendo cambi il modo con cui ci approcciamo a questi problemi, ma anche questa chiave di lettura può costituire una articolazione della questione che vogliamo affrontare, ma non la esaurisce.

Ecco perché ha senso, a nostro avviso, proporre su queste pagine alcuni contenuti in relazione con il Covid-19 e altri no; ecco perché ha senso, a fine maggio, mantenere l’appuntamento del colloquio scientifico – certo da tenersi con modalità a distanza – in cui si parlerà di valutazione, di economia circolare, di welfare generativo, finanza, coprogettazione e di molti altri argomenti; ecco perché ha senso aprire, sul primo numero della nuova serie di Impresa Sociale, una riflessione impegnativa e in buona parte inedita per il nostro mondo, sulla valenza politica dell’impresa sociale. Così come ha senso, d’altra parte, pubblicare invece alcune riflessioni su come Covid-19 cambierà la nostra economia, il nostro modo di relazionarci, le nostre priorità e sensibilità.

Sarà un esercizio di Impresa Sociale, ma anche di tutti noi, di far convivere la sensibilità rispetto allo stravolgimento che stiamo vivendo e la resilienza necessaria perché tutto ciò non ci travolga così da interpretare al meglio il nostro ruolo in un Paese da ricostruire.

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Gianfranco Marocchi

Impresa Sociale

Nel gruppo di direzione di Impresa sociale, è anche vicedirettore di Welforum.it. Cooperatore sociale e ricercatore, si occupa di welfare, impresa sociale, collaborazione tra enti pubblici e Terzo settore.

Tempo di lettura:  2 minuti
Argomento:  Attualità
tag:  Covid-19
data:  29 marzo 2020
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