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ISSN 2282-1694
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Argomento:  Impresa sociale
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data:  21 gennaio 2022

La gestione del rischio e lo strumento assicurativo nelle imprese sociali

Lorenzo Pilon

L’impresa sociale è chiamata a svolgere una attenta attività di risk assessment per garantirsi sia da rischi comuni a tutte le imprese, sia da rischi derivanti dalla sua peculiare qualifica e le compagnie assicurative devono considerare la peculiarità dell’impresa sociale consentendo la personalizzazione delle polizze.


Viver siguri quando i po” (Vivere sicuri quando si può). È la frase riportata in un documento commerciale veneziano risalente al 1400, nel quale gli storici individuano una forma di ‘condivisione’ dei rischi di perdita della merce in un trasporto per mare.

Collocata in un contesto sociale ed economico dove mercanti e naviganti affidavano al mare - e alle sue insidie - non solo le proprie fortune economiche, ma anche e prima di tutto la propria vita, quella frase mostra di voler tenere assieme il vivere, l’aspirazione alla sicurezza e l’ambizione a poter in parte controllare anche gli accadimenti che possono turbarla.

La dottrina giuridica ha nel tempo sempre più affinato quello strumento di “condivisione” dei rischi del vivere, trasfondendo quella aspirazione e quella ambizione in forme contrattuali (le assicurazioni) capaci di fornire una tutela possibile al verificarsi di pregiudizievoli eventi futuri ed incerti, garantendo le prestazioni (in natura o in denaro) necessarie per sopperire alle necessità o ai bisogni che ne possono derivare.

All’esperienza giuridica è spettato poi il compito di ampliare le coperture, dai rischi riguardanti il patrimonio a quelli riferibili alle persone (con le polizze vita e infortuni); di individuare in alcuni casi un interesse pubblico pari o prevalente rispetto a quello privato (con le assicurazioni sociali); di garantire efficacia allo strumento assicurativo definendo criteri capaci di mantenere l’equilibrio tra gli interessi delle parti coinvolte (mutuando alla scienza attuariale).

A partire da tutto questo, sembra opportuno svolgere alcune riflessioni sui soggetti giuridici aventi qualifica di impresa sociale – che, secondo il modello rielaborato con il D. Lgs. n. 112/2017, hanno appena intrapreso il loro viaggio in mare aperto - per individuare se e in che misura la possibile condivisione dei rischi operativi cui sono esposti, sia generali che specifici, è argomento attuale e concreto.

 Va innanzitutto precisato che, ai fini del nostro ragionare, al termine rischio deve essere dato il significato di probabilità del verificarsi di un evento che provochi il sorgere di un bisogno.

È esperienza comune di quanto la quotidianità esponga i singoli, le organizzazioni giuridiche, le iniziative economiche, le comunità parentali e sociali al verificarsi di una molteplicità di eventi imprevisti o imprevedibili, probabili o solo possibili, ma idonei ad incidere, modificandoli, su equilibri economici, organizzativi o progettuali via via costruiti.

Chi possiede il senso ragionato del rischio tende a gestire l’effetto destabilizzante di un tale eventuale bisogno, attraverso due principali modalità: l’attenta valutazione ex ante dell’immanenza del rischio stesso, finalizzata ad individuare contromisure idonee a prevenire l’evento pregiudizievole; la prudente predisposizione delle risorse che si renderanno necessarie a superarne i possibili effetti negativi, qualora l’evento abbia a verificarsi.

L’evento potenzialmente pregiudizievole, inoltre, può essere conseguenza di accadimenti esterni (es.: un evento atmosferico o un infortunio), così come di situazioni determinate dal comportamento umano doloso o colposo, posto in essere in violazione di norme di legge o di contratto (in tal caso si parla di responsabilità).

L’esposizione al rischio può essere indifferenziata (es.: un terremoto; un’epidemia), oppure legata alla particolare qualifica giuridica posseduta o all’attività svolta (es. responsabilità del professionista, infortunio lavorativo).

Ciascuno, poi, con la propria personale rischiosità può convivere passivamente e fatalisticamente (solo in parte, perché per alcuni rischi è imposto dalla legge l’obbligo assicurarli: si pensi all’obbligo assicurativo RCA) o può porsi in atteggiamento attivo predisponendosi a cercare di gestirla.

Questa seconda opzione, di norma, si esplicita attraverso due modalità tra loro diverse ma complementari. 

La prima è la prevenzione. Essa si attua attraverso un sistema di contromisure individuate e adottate come idonee ad impedire che l’evento a rischio possa determinarsi.

Una strategia preventiva del rischio strutturata richiede il preventivo svolgimento di un’attenta attività di analisi e valutazione (c.d. risk assessment) avente ad oggetto nell’ordine: a) la previsione dei rischi ai quali si è in concreto esposti; b) l’individuazione delle fonti di possibile minaccia di verificazione dell’evento a rischio; c) la valutazione del possibile impatto negativo nel caso l’evento a rischio abbia a verificarsi; d) la graduazione dei rischi in relazione alla capacità di sopportarne gli effetti.

Sulla base di tale valutazione critica, si possono così individuare protocolli, attenzioni operative e contromisure che, se correttamente applicati, siano idonei a eliminare o ridurre il rischio.

Si tratta di una modalità operativa che ad un soggetto imprenditore è non solo sempre consigliata, ma a volte addirittura imposta ove debbano trovare tutela interessi particolarmente rilevanti: ciò avviene, ad esempio, con l’adozione obbligatoria del DVR in materia di salute e sicurezza sul lavoro; con la predisposizione del modello di organizzazione e gestione in tema di responsabilità amministrativa degli enti; con le procedure di adeguata verifica in materia di riciclaggio.

Una seconda modalità operativa per ridurre il riscio è l’assicurazione. Si tratta di quel contratto tipico attraverso il quale l’assicurato – per il caso in cui l’evento negativo abbia a verificarsi – (i) ne trasferisce, in tutto o in parte, all’esterno gli effetti pregiudizievoli, o (ii) si garantisce che potrà disporre dei mezzi necessari ad affrontarne le conseguenze.

Per poter soddisfare l’esigenza di sopperire al bisogno derivante dall’evento a rischio, il rapporto assicurativo sorge validamente se concorrono almeno le seguenti caratteristiche principali:

  1. a) l’evento posto a rischio deve essere probabile (né impossibile né solo teoricamente possibile): infatti, per poter reggere l’aleatorietà propria del contratto di assicurazione, l’assicuratore nell’adempiere all’indennizzo previsto deve poter attingere ad un fondo costituito dai premi pagati dalla molteplicità dei soggetti assicurati e ritenuto sufficiente sulla base del calcolo attuariale della probabilità dell’evento a rischio. E, infatti, nel modello legale di assicurazione assume rilievo giuridico il concetto di misura del rischio inteso come “la funzione matematica che assegna un importo monetario ad una data distribuzione di probabilità prevista e cresce monotonicamente con il livello di esposizione al rischio sottostante a tale distribuzione” (cfr. art. 1 lett. ii Codice delle Assicurazioni).;
  2. b) l’evento non deve essere stato determinato da un atto volontario dell’assicurato;
  3. c) l’assicuratore deve avere adeguate caratteristiche professionali disponendo di requisiti patrimoniali ed organizzativi predefiniti.

Volendo, ora, passare a verificare quali siano rischi cui è esposta l’organizzazione avente la qualifica di impresa sociale, sia quelli connessi a tale sua peculiare qualifica, sia quelli collegati all’attività in concreto esercitata e, pertanto, condivisi anche con imprese ordinarie.

Partendo da questi ultimi, vanno sempre considerati i rischi collegati a: salute e sicurezza, in particolare nel luogo di lavoro (polizze infortuni e malattie); incendio, esplosione, tempesta ed altri elementi naturali (polizza incendio); eventi atmosferici; uso di autoveicoli (polizza RCA); responsabilità civile (polizze RC e RCO); perdite su crediti; altre perdite pecuniarie; tutela legale; responsabilità degli amministratori (polizza D&O).

Con particolare riguardo all’assicurazione per responsabilità civile, va richiamato come più d’una tra le attività di interesse generale di cui all’art. 2 del D. Lgs. n. 112/2017, rechi in sé il rischio di una responsabilità di tipo indiretto o oggettivo: è, ad esempio, il caso del danno cagionato dall’incapace (art. 2047 C.C.) per le imprese che svolgano attività a favore di o con minori o incapaci; della responsabilità dei precettori (art. 2048) per quelle che svolgano attività di inserimento lavorativo o di formazione professionale.

Peculiare dell’impresa sociale è, invece, il rischio connesso all’impiego dei volontari espressamente consentito all’art. 13 del D. Lgs. n. 112/2017, ma accompagnato dell’altrettanto espresso obbligo “di assicurare i volontari che prestano attività di volontariato nell’impresa medesima contro gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento dell’attività stessa, nonché per la responsabilità civile verso terzi”.  

Queste brevi considerazioni consentono di concludere che:

  1. l’impresa sociale, anche per le finalità civiche, solidaristiche e di solidarietà sociale e per l’interesse generale perseguito attraverso l’attività svolta in concreto, è chiamata più di altre imprese a svolgere una attenta attività di risk assessment e a trasferire quanto più possibile all’esterno, attraverso lo strumento dell’assicurazione, i rischi cui è esposta, sia quelli generici che quelli derivanti dalla sua peculiare qualifica;
  2. il sistema di vigilanza e le stesse compagnie devono considerare la peculiarità dell’impresa sociale nella determinazione della “misura del rischio”, consentendo la giusta personalizzazione delle procedure di quotazione delle polizze.

Alla stretta connessione tra queste due conclusioni consegue, quale modalità operativa necessaria e non solo quale mero auspicio, la sperimentazione ed affermazione di modelli di relazione tra assicuratore ed assicurato che, abbondonata la tradizionale contrapposizione dialettica, rappresentino forme collaborative idonee a contribuire concretamente a che le finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale imposte all’impresa sociale possano essere efficacemente perseguite.

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Lorenzo Pilon

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