Durante il lockdown Isnet ha realizzato un'indagine su pensieri, atteggiamenti e comportamenti dei cittadini per il post Covid-19, facendo emergere inattesi orientamenti al cambiamento: riflessioni preziose per le imprese sociali chiamate a raccogliere queste istanze.
In tempi di Covid-19 va di moda parlare di cambiamento, parola mai così tanto inflazionata: la maggior parte dei commenti rimandano al presagio di uno choc, di un trauma, di una disruption e così via. Tutti a dire, ciascuno dal proprio osservatorio, economico, sociale, politico, che “niente sarà più come prima”. Questo tempo insomma, cosi vien affermato a più voci, sembra dover segnare un passaggio tra un “prima” e un “dopo” e chiedere un cambio di passo, di paradigma. Per verificare al meglio il sentiment degli italiani sul tema del cambiamento, Associazione Isnet attraverso il sistema degli Osservatori [1] ha ritenuto importante ascoltare i cittadini nella fase di lockdown, perché capire l’impatto della pandemia sui pensieri, atteggiamenti e comportamenti delle persone all’interno delle comunità, può aiutare anche le imprese sociali già protagoniste in questa fase di gestione della emergenza,[2] a progettare al meglio i propri sforzi nella direzione di un riposizionamento delle proprie attività e modalità di intervento e di una valorizzazione del sentiment delle comunità.
Le interviste con questionario strutturato sono state realizzate nel periodo dal 2 al 19 aprile con tecnica CAWI su un campione rappresentativo di cittadini italiani stratificato per età, genere, distribuzione geografica. Ciascun intervistato ha potuto esprimere il proprio sentiment sulla società post COVID su tre dimensioni tra loro fortemente interconnesse: 1) il comportamento, quindi le azioni, le abitudini, gli stili acquisiti nella vita quotidiana; 2) gli atteggiamenti, con particolare riferimento al modo di rapportarsi all’altro; 3) i pensieri ovvero le idee, i valori, gli orientamenti.
Il presupposto metodologico è che un cambiamento possa avere origine da una delle tre dimensioni e trasformare le altre, a patto che sia originato da una scelta consapevole in almeno uno dei tre livelli (comportamento, atteggiamento, pensiero) che a cascata diventa generativo per gli altri.
In conformità con l’impianto metodologico il questionario predisposto per l’indagine è stato articolato su queste tre sfere: le previsioni di cambiamento del comportamento nei sei mesi successivi al termine dell’emergenza; le previsioni di cambiamento o il cambiamento in atto negli atteggiamenti, il cambiamento in atto nei pensieri.
Interpellati sulla speranza di futuro per le società sviluppate al termine dell’emergenza, 7 italiani su 10 (il 68,7%) dichiara di sperare “che cambino molte cose” mentre il 18,7% afferma “cha cambi qualcosa, ma non influisca troppo sulle mie abitudini”. Solo l’8,5% del campione complessivo afferma “spero che tutto torni come prima”. L’istantanea dei risultati fa veder come il Covid-19 abbia fatto da detonatore di pensieri, atteggiamenti e comportamenti. Un sistema che sembrava assodato, ineludibile, statico, è diventato all’improvviso nel pensiero della maggior parte di cittadini, e in modo inimmaginabile fino a pochissimo tempo fa, suscettibile di trasformazione. L’insieme di certezze degli ambienti economici e sociali ha lasciato spazio ad un orizzonte rarefatto, carico di incertezza, ma anche di possibilità di esplorare il nuovo e progettare e attuare una trasformazione. È un desiderio di cambiamento che interpella anche una dimensione di responsabilità personale: 7 su 10 dei cittadini che hanno partecipato alla survey Isnet, hanno detto “spero che cambino molte cose” pur in presenza dell’alternativa di risposta “… a patto che questo non influisca troppo sulle mie abitudini”, opzione prescelta da una porzione di campione assai più esigua. Ne deriva una spinta alla trasformazione che è anche slancio coraggioso nel volersi mettere in gioco, con la disponibilità ad abbondare la modalità di funzionamento consolidate: abitudini, certezze, stili ereditati e sedimentati nella routine quotidiana. È come se bloccati in una sorta di ritiro collettivo, gli italiani nella fatica di sospendere i ritmi, e con un tempo improvvisamente espanso, si siano ritrovati a fare i conti con una prospettiva di futuro densa di incertezze ma anche di possibilità. Una dimensione di possibilità alla quale non si vuole rinunciare anche a costo di perdere qualche privilegio. Tanto è vero che l’orientamento al cambiamento non è influenzato dai livelli di preoccupazione per il proprio futuro economico e quello del paese, che risultano alti per rispettivamente il 67,9% e 87,6% del campione (somma di risposte di coloro che affermano “molto” o “abbastanza”). Cambiare è un imperativo, anche a costo di rimetterci qualcosa in termini di benessere personale, questo hanno detto durante il lockdown la maggior parte degli italiani.
Alla domanda “Nei primi sei mesi dopo l'uscita dell'emergenza, come prevedi cambieranno i tuoi comportamenti”, la maggior parte degli italiani (51,2%) afferma “mi impegnerò a migliorare me stesso”. È questa la variabile che ha raccolto il maggior numero di indicazioni, seguita ma con scarti percentuali importanti dal desiderio di dedicare più tempo allo sport e alla salute 37,5% e all’informazione 35%. Di contro il 37,1% degli italiani prevede di rinunciare allo shopping o di farne molto meno. Il consumo, il mantra del nostro tempo, d’improvviso non è più l’imperativo categorico, con uno spazio invaso dal desiderio di esser più informati e di prendersi cura di sé, nella prospettiva dichiarata di un miglioramento. Ed è proprio da questa porzione di campione, composta da più di un cittadino su due, che emerge il più elevato desiderio di trasformazione, dichiarato dal 77% dei rispondenti contro il 59,4% dei casi della restante porzione, con un gap di ben 17,6 punti percentuali. Per i cittadini interessati ad un miglioramento di sé, il livello esteriore della progettazione delle azioni concrete è fortemente agganciato a quello interiore, quasi a dire che non è possibile, avviare e accompagnare nuovi apprendimenti o trasformare il comportamento di sistemi, senza trasformare la qualità della consapevolezza e attenzione delle persone. Dall'esplorazione di sé emerge uno sguardo nuovo sul futuro della nostra società.
Dalla disanima del cambiamento degli atteggiamenti nel sentiment degli italiani, con uno sguardo ai sei mesi successivi all’avvio dell’allarme Covid-19, emerge una classifica in cui primeggiano attenzione e cura alla famiglia (in salita per il 49,5%) e delle amicizie (46,5% di previsioni di crescita) e di tutte le persone della mia comunità (+30,2%) e anche di quelle lontane (+40,7%). La pandemia globalizzata ha fatto riscoprire il gusto delle relazioni, dei propri nuclei familiari e amicali, e dei rapporti di vicinato certamente, ma anche in una prospettiva di connessione planetaria, degli altri, anche quelli più lontani. L’esplorazione delle idee e dei pensieri, realizzata attraverso la griglia degli obiettivi di sviluppo sostenibile dall’Agenda 2030[3] restituisce un quadro che si caratterizza per un aumento del numero di italiani attenti alla povertà (che passano dal 24,5% al 31,7%), alla salute e al benessere (che passano dal 37,5% al 51,9%), e al modello di sviluppo economico (che passano dal 30,2% al 42%) e infine alla qualità della vita delle città (dal 23,7% al 30,7%). Sono gap di incremento importanti, che denotano complessivamente un aumento di sensibilità e attenzione per tutti gli ambiti più sopra richiamati.[4]
Il distanziamento forzato all’insegna dello slogan “io resto a casa” ha creato un senso di vicinanza e comunità e la riscoperta di una responsabilità civile concreta con la sperimentazione della potenza di un’azione collettiva dal basso, che ha visto come racconta l’indagine, ciascun singolo individuo, coinvolto e ispirato da un orizzonte comune. Oggi, una prospettiva di cambiamento ispirata ad un principio di sostenibilità è diventata effettivamente possibile. Per l’impresa sociale durante il lockdown, ma ancora più dopo, sarà importantissimo ascoltare anzitutto i cittadini, non solo per progettare al meglio i propri sforzi nella direzione di un riposizionamento delle proprie attività e modalità di intervento, ma anche per la valorizzazione di questo rinnovato sentire emerso dall’indagine, maggiormente orientato ad un coinvolgimento per un modello di sviluppo sostenibile. Anche da questa capacità - dell’impresa sociale e non solo - dipenderanno gli esiti del prossimo osservatorio post Covid-19, che verrà rieditato tra sei mesi, proprio per comprendere effetti e variazioni nel medio periodo.
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