Sostienici! Rivista-Impresa-Sociale-Logo-Mini
Fondata da CGM / Edita e realizzata da Iris Network
ISSN 2282-1694
Tempo di lettura:  5 minuti
Argomento:  WIS
tag: 
data:  11 gennaio 2022

L’impresa sociale collaborativa e multistakeholder. Quando (e come) la diversità è un vantaggio

Miriam Fiorenza

“Fare insieme” nella comunità. È uno dei temi fondanti del “fare” cooperazione sociale. L’esperienza di imprese sociali che scelgono di avviare collaborazioni con altre organizzazioni presenti sul territorio, sviluppando progettualità multistakeholder e mettendosi in gioco su nuove dimensioni.


La cooperazione nasce per “fare insieme”; la cooperazione sociale per “fare insieme nelle comunità”. Su questo tema si è molto sperimentato, cercando soluzioni operative in grado di portare a valore le differenze di forme organizzative, interessi, condizioni: dalla funzione multistakeholder ai contratti di rete, dai consorzi a forme di partnership leggera, dalle organizzazioni ibride alle imprese sociali. In direzione analoga si è mossa anche la legge sull’impresa sociale. Si propone una riflessione su strategie, opportunità e criticità della collaborazione tra soggetti diversi esplorando tre orizzonti concentrici: la partecipazione interna alla vita della cooperativa valorizzando i diversi punti di vista, la partnership tra cooperative come strumento di sviluppo locale e la creazione di alleanze collaborative nella comunità locale.

Questo tema è stato sviluppato durante la sessione "L’impresa sociale collaborativa e multistakeholder. Quando (e come) la diversità è un vantaggio" durante la XIX edizione del Workshop sull'impresa sociale, tenutosi a Trento il 17 e 18 novembre 2021, sul tema "Il futuro a trent'anni dalla 381/1991".

Francesca Paini (Tikvà Economie Territoriali Inclusive) modera
* Michele Pasinetti (Cooperativa sociale Cauto, Brescia)
* Marco Crippa (Cooperativa sociale Oikos, Bergamo) [slide presentazione]
* Vittorio Ciarocchi (Cooperativa sociale Il Sentiero, Talamona SO)


Ancor prima del riconoscimento formale con la legge 381/91, quelle che ora sono le cooperative sociali si muovevano con l’obiettivo di rispondere ai bisogni della collettività laddove lo Stato e il Mercato non erano completamente in grado di farlo. Organizzare e gestire servizi socioassistenziali o di inserimento lavorativo di persone svantaggiate ha portato queste organizzazioni ad oscillare tra la dipendenza dai finanziamenti del settore pubblico e la maggiore spinta imprenditoriale. A trent'anni dalla 381/91, questo approccio imprenditoriale ai servizi del welfare state si è fatto strada, assumendo forme diverse ancora oggi in evoluzione. All’interno di questo scenario, emblematico è il caso delle cooperative sociali che scelgono di avviare collaborazioni con “l’esterno”, ovvero, di cooperare con altre organizzazioni presenti sul territorio sia profit che non profit, sviluppando progettualità multistakeholder in cui le cooperative sociali si mettono in gioco su nuove dimensioni.  È questo l’aspetto originale che si intende approfondire in questo contributo: accanto al carattere multistakeholder riferito, come generalmente si fa, alla eterogeneità della base sociale e degli organismi direttivi della cooperativa (trattato nella seconda parte dell’articolo), si esaminerà in primo luogo la capacità delle imprese sociali di sviluppare la caratteristica multistakeholder attraverso il coinvolgimento di soggetti diversi in progetti comuni.

Questi temi saranno approfonditi a partire da tre esperienze di successo del Nord Italia: la Cooperativa sociale Cauto di Brescia, la Cooperativa sociale Oikos di Bergamo e la Cooperativa sociale Il Sentiero di Talamona (SO), tutte attive nell’ambito della sostenibilità ambientale (rifiuti ed energia sostenibile, manutenzione del verde, apicoltura, viticoltura, coltivazione e trasformazione di prodotti agricoli), che hanno riconosciuto nell’ambiente strumenti per creare inserimento lavorativo a favore di persone svantaggiate. Imprese cooperative che hanno basato buona parte del loro sviluppo imprenditoriale proprio sulle co-progettazioni multistakeholder.

Si tratta in tutti i casi di imprese di dimensioni consistenti e questo potrebbe generare, insieme all’ammirazione per le capacità imprenditoriali, alcuni sospetti circa la reale capacità di mantenere vive forme efficaci di coinvolgimento della base sociale, aspetto che è una delle caratteristiche identitarie di questi enti cooperative, come se tanto più si sviluppasse la parte imprenditoriale, tanto più si sacrificassero le funzioni sociali e il carattere democratico e partecipato della governance.

Le progettazioni multistakeholder

Questi tre casi, presentati nell’ambito del XIX Workshop sull’impresa sociale, sono accomunati da alcuni aspetti positivi:

1) Una base favorevole di relazioni tra gli attori, che ha permesso alle cooperative e ai loro partner di scegliersi e di lavorare in un clima di fiducia. Fondamentale è stata a tal fine l’assenza di pregiudizio e una forte condivisone delle finalità da raggiungere. Si è sviluppato ad esempio in questo modo “La porta del Parco”, progetto di comunità sviluppato da Oikos insieme alla cooperativa Alchimia – cooperative peraltro socie di due consorzi diversi – teso alla valorizzazione di un'area agricola attraverso pratiche di sostenibilità che coinvolgono la cittadinanza. La condivisione delle idee ha accompagnato la scrittura del progetto fino al risultato finale, il quale ha assunto un’identità distinta dai soggetti ideatori dotandosi di un marchio a sé stante.

2) Complementarità delle competenze per trovare risposte a sfide complesse. Riprendendo l’esempio del progetto sopra citato, le due cooperative hanno messo in campo competenze di ristorazione/animazione l’una, e di viticoltura/produzione di vino biologico l’altra per rispondere ad un’esigenza di rigenerazione urbana dell’ente locale. Alla complementarità delle competenze deve seguire necessariamente il riconoscimento chiaro ed esplicito dei ruoli, sia di governance (chi è il direttore, chi può esercitare il diritto di delega, ecc) che operativi (chi usa gli spazi, gli strumenti di lavoro, ecc).

3) Legame con il territorio e investimento sulle reti corte che ha permesso, da un lato, di leggere i bisogni della comunità nella quale si opera e, dall’altro, di coinvolgere le risorse che esso offre (volontari, associazioni, fondazioni, ecc). Esperienze di rigenerazione urbana portate avanti da cooperative sociali (principalmente di tipo B) sono in tal senso emblematiche, poiché possono restituire luoghi alla comunità (come parchi giochi per bambini, laboratori per le famiglie del quartiere, mercatini a km 0) partendo da “ciò che manca”. In questo modo le cooperative producono ricadute sulla collettività che vanno al di là dell’inserimento lavorativo tipico del loro mandato sociale.

4) Ricerca di nuovi canali di sostenibilità economica, oltre la partecipazione a bandi locali. Tra questi canali le cooperative spesso intraprendono partenariati anche con imprese for-profit e questo porta ad opportunità che, con alcuni compromessi, rendono possibili risultati positivi coerenti con le proprie finalità sociali. I ritmi più rapidi delle imprese for profit vengono visti dalle cooperative come stimoli e sono fonte di una messa in discussione continua e salutare del proprio modo di operare. Guardando al tema dei compromessi, questo tipo di collaborazioni può comportare la rinuncia ad alcuni tratti distintivi (in uno dei casi, ad esempio, l’utilizzo di materie prime non più solo locali) ma al tempo stesso l’aumento dei vantaggi nel raggiungimento delle finalità sociali (per esempio, maggiore assunzione di personale, coltivazione di luoghi prima abbandonati, maggiore spendibilità del lavoratore sul mercato del lavoro esterno). Un esempio di partnership economica e sociale è la cooperativa sociale Il Sentiero[1] che dal 1999 collabora con una S.p.A. leader nel settore degli imballaggi in cartone, per la quale produce uno specifico prodotto. Una condizione che ha caratterizzato la collaborazione è stata l’assenza di contratti formali e vincolanti ai risultati, i quali sono stati piuttosto raggiunti nel rispetto del rapporto fiduciario tra i soggetti. Ad oggi, la cooperativa può vantare un fatturato complessivo derivante per l’80% da attività produttive e servizi in grado di competere sul mercato privato; inoltre, questa collaborazione le ha permesso di impiegare il più elevato numero di soggetti svantaggiati rispetto al totale degli occupati, senza contare che il percorso ha rappresentato, per molti lavoratori svantaggiati, il lancio verso altre aziende del luogo.

In questi casi, le collaborazioni con altri enti del territorio hanno reso possibile un incremento dell’impianto patrimoniale delle imprese sociali garantendogli una maggiore stabilità ed allo stesso tempo un incremento del valore sociale prodotto in termini di occupazione lavorativa, inclusione sociale, utilizzo di suolo abbandonato ed altre ricadute economiche e civili.

Ed ora guardiamo al lato della partecipazione…

Accanto ai rapporti con altri soggetti territoriali del proprio territorio le cooperative sociali sono chiamate a rinnovare la loro peculiare capacità di rappresentare luoghi partecipati e democratici per i propri soci. A questo proposito, va ricordato come le cooperative sociali abbiano come risorsa fondamentale le persone che le compongono e che rappresentano l’essenza stessa delle attività. Tuttavia, non è assente il rischio che le cooperative sociali, soprattutto quelle che sviluppano maggiormente le proprie caratteristiche imprenditoriali, si trovino ad assottigliare il coinvolgimento della base sociale nella governance. Dunque, come la partecipazione può funzionare se la cooperativa è molto grande? O offre un servizio che si estende su un territorio molto vasto?

Se si pensa che alla partecipazione sotto forma di presenza alle assemblee, i rischi potrebbero essere effettivi, ma la realtà è più complessa. Il punto di partenza è la consapevolezza che creare un’opportunità di partecipazione (es. indire un’assemblea) non basta per ottenere un reale coinvolgimento da parte dei soci, dei lavoratori e dei volontari della cooperativa. Le persone hanno bisogno di essere stimolate nella quotidianità, monitorando di continuo la soddisfazione rispetto al ruolo che ricoprono. A partire da queste considerazioni e sulla base delle tre esperienze considerate, si provano a individuare alcuni elementi di successo per agevolare la partecipazione all’interno delle cooperative sociali:

1) Presa di consapevolezza che la partecipazione nelle cooperative di grandi dimensioni non può essere pensata solo nella forma di trasmissione dei valori e richiesta di adesione ad essi. La partecipazione va intesa come corresponsabilità diffusa nei processi decisionali da parte di soci, lavoratori e altri stakeholder. Processi inclusivi, come piccole progettualità basate sui valori della cooperativa, possono rispondere al bisogno di diffusione e attivazione degli ideali cooperativi; così i valori che ispirano la mission verranno sperimentati nella pratica e non saranno visti come un vincolo (che a volte diventa barriera all’ingresso dei lavoratori nel Consiglio d’amministrazione), ma come il filo rosso da seguire nell’operatività. Così facendo può accadere che i membri partecipino attivamente alla vita cooperativa, non a partire dall’elemento valoriale ma dall’esigenza di migliorare la propria condizione lavorativa, per poi condividerne i valori. È stata questa l’esperienza vissuta all’interno della cooperativa sociale Cauto[2], dalla quale è nato un percorso formativo-consulenziale rivolto ad altre aziende for profit e ad enti pubblici e del terzo settore, per aiutarli a rendere la loro governance più partecipata.

2) Coinvolgimento di coloro che vivono direttamente il bisogno nelle scelte che li riguardano: far scegliere gli strumenti da lavoro a chi li utilizzerà è un buon modo per far partecipare i lavoratori (soci e non) alla vita della cooperativa. In virtù di questo principio si è mossa la cooperativa sociale Cauto, che ha chiesto ai propri lavoratori di scegliere le scarpe da lavoro più adatte, lasciando all’ufficio acquisti le pratiche che gli competevano. Questo coinvolgimento ha permesso di sperimentare i valori trainanti dell’ente e di dare risalto alle competenze e ai vissuti professionali.

3) Procedere per progetti che abbiano obiettivi chiari e realizzabili nel breve periodo. Questo permetterà una riduzione del rischio di fallimento e una rendicontazione più semplice dei risultati. Un esempio concreto può essere la creazione di un opuscolo per l’orientamento dei lavoratori neoassunti a partire dal punto di vista dello stakeholder principale. È questo il caso di progetto “CAUTO benvenuto”[3] durante il quale i lavoratori sono stati aiutati a individuare i riferimenti e le pratiche utili nel periodo di inserimento.

4) Una governance trasparente ed esplicita. La governance partecipata propria delle cooperative non esclude l’esistenza e la necessità di ruoli dirigenziali. La loro presenza all’interno di un ente di grandi dimensioni facilita la partecipazione degli altri membri, i quali avranno dei riferimenti certi a cui rivolgersi. Inoltre, la presenza di una governance chiara permette anche a soggetti esterni alla cooperativa di relazionarsi con maggiore semplicità. Gestire un’organizzazione così come gestire i processi di partecipazione è una competenza che va riconosciuta e che non si deve nascondere dietro una governance partecipata.

5) Strumenti di comunicazione come newsletter, opuscoli, inviti e tutto ciò che può veicolare lo scambio di informazioni. Strumenti di questo tipo, se costruiti tenendo conto dei punti sopra elencati, prendono la sostanza dei valori cooperativi. L’utilità nella pratica del mezzo di comunicazione (come nell’esempio dell’opuscolo “CAUTO Benvenuto”) diventa azione di sensibilizzazione valoriale.

Al netto di quanto descritto sopra, un’impresa sociale con grandi numeri e in collaborazione con altre organizzazioni sia for-profit che non profit, può attuare delle strategie per mantenere viva la propria natura partecipativa coinvolgendo lavoratori soci e non. Senza contare che la maggiore spinta imprenditoriale porta una riduzione dei rischi di mono committenza e consente di reimpostare anche i rapporti con le pubbliche amministrazioni in termini di partenariato tra pari, ugualmente coinvolti nella finalità di offrire risposte ai bisogni del territorio, piuttosto che nei termini asimmetrici di fornitore (debole) della pubblica amministrazione.

[1] La Cooperativa Sociale Il Sentiero nasce a Morbegno (SO) nel 1990 allo scopo di perseguire l’integrazione sociale di cittadini svantaggiati (disabili intellettivi, fisici e sensoriali, malati psichici, persone in uscita da percorsi di dipendenza). Ad oggi conta circa 150 lavoratori (di cui 70 soci).

[2] La cooperativa sociale Cauto è una cooperativa di tipo B attiva sulla provincia di Brescia. Ad oggi conta 500 dipendenti ed offre servizi in tema di sostenibilità ambientale integrata (dove rifiuti, ambiente ed energia sono strumenti per fare inserimento lavorativo).

[3] Portato avanti dalla cooperativa sociale Cauto di Brescia.

 

 

Rivista-impresa-sociale-Miriam Fiorenza Università degli Studi di Trento

Miriam Fiorenza

Università degli Studi di Trento

Laureata in Metodologia, Organizzazione e Valutazione dei Servizi Sociali, è assegnista di ricerca presso l’Università degli Studi di Trento per un progetto che studia le organizzazioni cooperative appartenenti al mondo della cultura. Ha esperienza nel campo della ricerca sui meccanismi di coordinamento e governance di rete, sull’analisi degli esiti collettivi di sviluppo territoriale e sui metodi di ricerca qualitativa e quantitativa.

Tempo di lettura:  5 minuti
Argomento:  WIS
tag: 
data:  11 gennaio 2022
Sostieni Impresa Sociale

Impresa Sociale è una risorsa totalmente gratuita a disposizione di studiosi e imprenditori sociali. Tutti gli articoli sono pubblicati con licenza Creative Commons e sono quindi liberamente riproducibili e riutilizzabili. Impresa Sociale vive grazie all’impegno degli autori e di chi a vario titolo collabora con la rivista e sostiene i costi di redazione grazie ai contributi che riesce a raccogliere.

Se credi in questo progetto, se leggere i contenuti di questo sito ti è stato utile per il tuo lavoro o per la tua formazione, puoi contribuire all’esistenza di Impresa Sociale con una donazione.