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ISSN 2282-1694
Tempo di lettura:  6 minuti
Argomento:  Diritto
data:  13 marzo 2021

Affidamento dei servizi di ambulanza alle organizzazioni di volontariato: la parola torna alla Corte di Giustizia dell’Unione europea

Silvia Pellizzari

Come già avvenuto in passato, l'assegnazione del del servizio di trasporto sanitario di emergenza e urgenza ad organizzazioni di volontariato diventa oggetto di dispute innanzi alla Corte di Giusitizia Europea, in questo caso risollevando il dibattito, già trattato su questa rivista, relativo ai confini interni al Terzo settore.


Il 3 marzo scorso il Consiglio di Stato, sez. III, ha emanato un’altra ordinanza (n. 1797/2021) di rinvio alla Corte di giustizia dell’Unione europea in merito alla presunta incompatibilità con il diritto UE dell’art. 57 del Codice del terzo settore (CTS) nella misura in cui esso disciplina una modalità peculiare di affidamento del servizio di trasporto sanitario di emergenza e urgenza riservato alle sole organizzazioni di volontariato.

Si tratta di un tema piuttosto dibattuto e di estrema attualità per il diritto del terzo settore se si considera che la questione sollevata dall’ordinanza in commento va a integrare analoga questione posta meno di due mesi prima dalla stessa sezione del Consiglio di Stato (ord. n. 536 del 18.01.2021) e che, sul punto, si è espressa di recente anche la Corte costituzionale con la sentenza n. 255 del 26 novembre 2020 (relatore G. Amato).

Come emergerà dalla descrizione del caso da cui è sorta l’ultima ordinanza, gli aspetti problematici emersi in occasione dell’attuazione dell’art. 57 CTS sono di duplice natura: da un lato e in generale, riguardano la discrezionalità degli Stati membri e delle pubbliche amministrazioni di optare per forme di gestione del servizio di emergenza che garantiscano e tutelino le attività tradizionalmente svolte, in molti contesti nazionali e locali, dalle sole organizzazioni non lucrative, dall’altro lato e più nello specifico, rimettono in discussione l’opportunità o meno di una “concorrenza tra soggetti disomogenei” anche all’interno della più ampia categoria dei soggetti del terzo settore (in questo senso già P. Cerbo, Appalti pubblici e associazioni di volontariato: la concorrenza fra soggetti “disomogenei”, in Giornale di diritto amministrativo, 2011, 335).

Il caso e le questioni

La vicenda sottesa all’ordinanza di rinvio muove le fila da un ricorso promosso da una cooperativa sociale di fronte al giudice amministrativo di primo grado per l’annullamento di un avviso di selezione con cui un’Azienda Sanitaria Provinciale aveva inteso procedere all’affidamento del servizio di trasporto sanitario di emergenza-urgenza attraverso la convenzione con le organizzazioni di volontariato e la Croce Rossa italiana ai sensi dell’art. 57 CTS.

Come è noto, quest’ultimo prevede che i servizi di trasporto sanitario di emergenza e urgenza possano essere affidati, in via prioritaria, attraverso convenzioni con le organizzazioni di volontariato, le quali siano iscritte da almeno sei mesi nel Registro unico nazionale del Terzo settore, aderiscano a una rete associativa nazionale e siano accreditate ai sensi della normativa regionale in materia, ove esistente.

Negli intenti del legislatore, tale forma di affidamento attuerebbe la deroga consentita dall’ordinamento europeo per i servizi di trasposto di emergenza e urgenza di cui al Considerando 28 e all’art. 10, lett. h) della Direttiva 2014/24/UE e recepita dall’ordinamento statale all’art. 17 co. 1 lett. h) del Codice dei contratti pubblici.

Le previsioni appena richiamate prevedono, infatti, che sono escluse dall’ambito di applicazione delle disposizioni UE in materia di contratti pubblici di appalto taluni “servizi di difesa civile, di protezione civile e di prevenzione contro i pericoli, se forniti da organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro nei limiti in cui ciò sia strettamente necessario per preservare il carattere particolare di tali organizzazioni”. Per giurisprudenza costante della Corte di Giustizia tra tali servizi rientra il trasposto sanitario di emergenza e urgenza (da ultimo C-465/17 Falck Rettungsdienste GmbH e C-11/19 Azienda ULSS n. 6 Euganea).

Come in casi simili, nella vicenda in esame la cooperativa ricorrente lamentava un utilizzo aprioristico, e perciò a suo dire illegittimo, della riserva prevista dall’art. 57 CTS a favore delle sole associazioni di volontariato senza una adeguata verifica, da parte dell’amministrazione, in merito alla opportunità sul piano della convenienza economia del sistema di convenzionamento in esso previsto. Per la cooperativa, infatti, se interpretata in modo meccanico, la previsione di cui all’art. 57 CTS si porrebbe in palese contrasto con il diritto Ue e con la Costituzione.

Con la sentenza di primo grado (TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, n. 1068/2020) il giudice amministrativo respingeva il ricorso ritenendo infondati i motivi proposti dalla ricorrente e precisando che i) “l’esclusione del servizio in oggetto dalla disciplina dettata dalla direttiva 2014/24/UE impedisce in nuce che si creino profili di contrasto dalle legislazione nazionale con quella europea” e ii) il differente trattamento delle organizzazioni di volontariato rispetto alle delle cooperative sociali sarebbe giustificato dalla “diversità funzionale e organizzativa tra le due tipologie di enti” dal momento che, a differenza delle prime, le seconde avrebbero la precipua finalità di perseguire un fine economico per i propri soci.

Si ripropone in altre parole un argomento piuttosto risalente nello studio dei rapporti tra pubbliche amministrazioni e enti del terzo settore, vale a dire la difficoltà di considerare sullo stesso piano le offerte di soggetti con una più solida struttura imprenditoriale (i.e. le imprese sociali) e organismi, quali le organizzazioni di volontariato, che ispirano la propria attività a logiche prevalentemente morali e umanitarie. 

In sede di appello al Consiglio di Stato, la ricorrente ha riproposto gli argomenti di primo grado e in particolare l’incompatibilità della riserva di cui all’art. 57 CTS con la normativa Ue in quanto quest’ultima si riferisce genericamente alle “organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro” e con la Costituzione per violazione, tra gli altri, dei principi di uguaglianza, concorrenza e sussidiarietà orizzontale.

Il Consiglio di Stato ha ritenuto, dunque, di sospendere il giudizio in attesa della decisione della Corte di giustizia sul rinvio proposto con l’ordinanza n. 536/2021 a fronte di una fattispecie analoga, promossa peraltro dalla medesima ricorrente, nell’ambito del quale si è chiesto al giudice europeo di verificare la compatibilità della scelta italiana rispetto al descritto quadro normativo UE.

Con l’ordinanza del 3 marzo, tuttavia, si integra il quesito già posto chiedendo se, ai sensi della deroga consentita dalla direttiva 2014/24/UE, possano ritenersi “organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro” le cooperative sociali per come disciplinate dal diritto italiano in quanto non  tenute a reinvestire necessariamente tutti gli eventuali utili prodotti.

Secondo l’ordinamento interno, infatti, esse possono ripartire ristorni nel caso in cui la gestione mutualistica dell’impresa si sia chiusa con una eccedenza dei ricavi rispetto ai costi (art. 3 co. 2 bis CTS). In questo senso sorgerebbe per il Consiglio di Stato un dubbio sulla conciliabilità di queste disposizioni con l’interpretazione data dalla giurisprudenza UE all’espressione contenuta nell’art. 10, lett. h) della Direttiva 2014/24/UE secondo cui ai sensi di detta disposizione costituiscono organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro “le organizzazioni e le associazioni che hanno l’obiettivo di svolgere funzioni sociali, prive di finalità commerciale, e che reinvestono eventuali utili al fine di raggiungere l’obiettivo dell’organizzazione o dell’associazione” (CGUE, C-465/17, Falck Rettungsdienste GmbH, punto 61 della motivazione).

Un dibattito ancora aperto sul versante interno

In attesa della pronuncia della Corte di Giustizia - che probabilmente ribadirà la discrezionalità degli Stati membri del disciplinare la fase anteriore di scelta delle procedure di affidamento come già fatto in un caso analogo del febbraio 2020 (C-11/19, Azienda ULSS n. 6 Euganea) -, l’ordinanza del Consiglio di Stato porta nuovamente a riflette su alcuni temi che animano il dibattito sul diritto del terzo settore a partire dall’emanazione del CTS.

Alcune disposizioni in esso contenute, infatti, anziché armonizzare e ordinare la disciplina degli enti del terzo settore, introducono restrizioni o condizionamenti tra le misure promozionali che finiscono per alimentare contrasti e contenzioni tra gli stessi. L’art. 57 CTS ne è un chiaro esempio.

Ora a parere di chi scrive, piuttosto che voler definire in maniera restrittiva e stringente l’ambito di applicazione delle disposizioni in parola, sarebbe più utile richiamare una idea plurale dei rapporti tra pubblica amministrazione e enti del terzo settore come indicatoci, ancora una volta, dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 255/2020.

In un interessante obiter dictum, la Corte costituzionale giunge, infatti, alla conclusione che l’art. 57 CTS non esaurisce del tutto la deroga prevista dalla normativa europea la quale, anzi, fonda un sistema  articolato di organizzazione dei servizi sociali e sanitari (in particolare di emergenza e urgenza) in grado di valorizzare il ruolo delle regioni e l’apporto degli enti senza scopo di lucro (v. nel forum il commento di L. Gori, La sentenza 255 e i confini interni al terzo settore).

Nel sistema italiano, infatti, il convenzionamento ha rappresentato storicamente e tradizionalmente il sistema ordinario non solo per lo svolgimento del servizio sanitario di emergenza (cd. servizio 118), ma anche, più in generale, per l’attuazione delle politiche sociali e di inclusione, attraverso il coinvolgimento attivo delle organizzazioni senza scopo di lucro.

Sul punto vanno ricordate certamente le convenzioni con le organizzazioni di volontariato (art. 7, a legge n. 266/91) e con le associazioni di promozione sociale (art. 30, legge n. 383/00), ma anche le modalità di raccordo con le cooperative sociali di cui all’art. 9 della legge n. 381/91 che le Regioni sono chiamate a realizzare mediante la redazione di convenzioni-tipo.

Per la Consulta, quindi, con l’avvento del CTS, tale quadro è stato solo in parte rivisto e, si deve ritenere, arricchito.

Sulla scia dalla sentenza n. 131/2020, spetta quindi alle amministrazioni usare al meglio la propria discrezionalità nell’instaurare tra soggetti pubblici e tutti enti del terzo settore molteplici canali di amministrazione condivisa in grado di elevare “i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale” ai sensi dell'art. 118 co. 4 e di valorizzare l’unità nella diversità che anima il terzo settore nel suo complesso.

Rivista-impresa-sociale-Silvia Pellizzari Università degli Studi di Trento

Silvia Pellizzari

Università degli Studi di Trento

Ricercatrice in Diritto Amministrativo presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Trento. Collabora con Euricse dove coordina il progetto "Rapporto pubblico-privato e produzione di servizi di interesse generale".

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