Un intervento del presidente di Idee in Rete a commento dell'articolo uscito nei giorni scorsi su Impresa Sociale in cui Felice Scalvini e Marco Musella hanno ripercorso, ciascuno dal suo punto di vista, il cammino di Iris Network, per molti anni editore di Impresa Sociale.
Ho letto attentamente l’articolo apparso sull’ultimo numero di Impresa Sociale Iris Network e la sua eredità.
Per me non è solo una lettura interessante, ma l’occasione per tornare su una vicenda che ho avuto la fortuna di vivere dall’interno e che rimane una storia di enorme spessore e valore.
Nell’articolo, gli autori propongono un bilancio che tende a sottolineare la “missione compiuta”. Bisognerebbe, però, chiedersi dove è finito quel patrimonio originario che aveva reso IRIS una realtà unica: l’intreccio tra la dimensione della ricerca e lo scambio vivo con i diversi attori dell’economia sociale. Non si trattava soltanto di legittimazione accademica o di rappresentanza, ma di un dialogo che arricchiva entrambi i mondi. È questa ricchezza – fatta di tensioni, contaminazioni e apprendimento reciproco – che non ritrovo nel bilancio proposto, quasi fosse considerata una fase superata e non invece un valore da rilanciare.
Il passaggio a Euricse rappresenta senza dubbio una garanzia di continuità: è un centro di ricerca autorevole, che ha sempre sostenuto IRIS e con cui molte realtà – compresa la nostra – collaborano stabilmente. Proprio per questo, però, credo sia importante non ridurre questa transizione a un fatto meramente organizzativo. Il valore originario di IRIS stava nella pluralità di soggetti – università, centri di ricerca, reti cooperative, organizzazioni di rappresentanza – che ne costituivano l’anima. Il rischio da evitare è che un’eredità così ricca venga progressivamente ricondotta a un solo baricentro istituzionale. La vera sfida, a mio avviso, sarà quella di saper custodire e al tempo stesso rilanciare quella dimensione aperta, plurale e dialogica che aveva caratterizzato IRIS nei suoi momenti migliori.
L’articolo sembra oscillare tra il compiacimento per i risultati ottenuti (riconoscimento normativo, regime fiscale, pluralità di forme giuridiche) e una sorta di congedo: un de profundis che consegna un’esperienza considerata conclusa a un “custode museale”.
Ma la vera domanda è: dov’era, e dov’è oggi, la sfida di rilanciare verso nuovi orizzonti? In un tempo in cui il Terzo settore e l’economia sociale sono attraversati da trasformazioni radicali (digitalizzazione, transizione ecologica, nuove forme di mutualismo e cooperazione), limitarsi a un bilancio celebrativo non basta.
Servirebbe invece un’agenda di rilancio, capace di interrogare le nuove pratiche e di restituire loro voce nello spazio scientifico e politico.
Se l’eredità di IRIS non vuole ridursi a una memoria da archiviare, occorre tornare a investire proprio su ciò che ne aveva fatto la forza: un luogo di confronto reale tra accademia e attori sociali, capace di generare pensiero critico e nuove visioni.
In questo senso, più che consegnare un patrimonio a un custode, bisognerebbe rilanciare la sfida di un nuovo network, di nuove alleanze, di una ricerca che non solo interpreta ma accompagna l’innovazione sociale.
Impresa Sociale è una risorsa totalmente gratuita a disposizione di studiosi e imprenditori sociali. Tutti gli articoli sono pubblicati con licenza Creative Commons e sono quindi liberamente riproducibili e riutilizzabili. Impresa Sociale vive grazie all’impegno degli autori e di chi a vario titolo collabora con la rivista e sostiene i costi di redazione grazie ai contributi che riesce a raccogliere.
Se credi in questo progetto, se leggere i contenuti di questo sito ti è stato utile per il tuo lavoro o per la tua formazione, puoi contribuire all’esistenza di Impresa Sociale con una donazione.