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ISSN 2282-1694
Tempo di lettura: 
Argomento:  Attualità
data:  09 agosto 2022

Energia: per l’economia sociale o dall’economia sociale?

Alessandro Fabbri

Di fronte alla crisi energetica generata dall'aggressione russa all'Ucraina, si apre un bivio: tornare a fonti inquinanti o proseguire con decisione verso la transizione, anche puntando sulle Comunità di Energia Rinnovabile che ancora attendono alcune norme attuative. 


Nel secondo semestre del 2021 la fine della fase più acuta della pandemia di Covid-19 ha liberato energie produttive che hanno riattivato l’economia globale, innescando una ‘fame’ generalizzata di materie prime ed energia elettrica; alla fine di febbraio di quest’anno, invece, la guerra non dichiarata fra Russia ed Ucraina, con il suo corollario di sanzioni e contro-sanzioni, ha determinato un rallentamento economico, ma ha anche acuito la penuria di materie prime e causato un ulteriore aumento dei prezzi dell’energia elettrica, quanto meno nell’Unione Europea e specificamente in Italia. Ciò ha reso necessaria la ricerca di soluzioni immediate, come l’individuazione di nuovi fornitori di gas, ma ha anche posto la classe politica di fronte ad un dilemma cruciale fra tre alternative: proseguire decisamente nella transizione energetica, che in qualche modo è stata pur sempre avviata; tornare (non si sa per quanto tempo) ad un uso massiccio dei combustibili fossili, e perfino riattivare le centrali nucleari; tentare un mix fra queste due opzioni opposte, attuandole entrambe con differenti gradi di priorità e di incisività.

Le elezioni politiche anticipate al 25 settembre porranno lo schieramento vincitore davanti alla necessità di fornire una risposta, indicando chiaramente quale strada seguire. Non sarà possibile eludere questo problema: esso, infatti, si collega ad una difficoltà che affligge strutturalmente l’economia italiana fin dall’inizio della sua industrializzazione, ossia la mancanza di autosufficienza energetica, ed il conseguente bisogno di ricorrere ad importazioni. Inoltre, dal punto di vista sociale, l’aumento del costo dell’energia contribuisce in non piccola parte a peggiorare le condizioni economiche dei singoli individui e delle famiglie, innescando una sofferenza ed un malcontento che sono dannosi per la coesione sociale e la convivenza civile.

Queste criticità sono evidenti a chiunque abbia consapevolezza dei problemi odierni della nostra società: non è un caso, infatti, che il 2 agosto un gruppo di esponenti prestigiosi della società civile abbia pubblicato su «Avvenire» un appello in vista delle elezioni, sottolineando fra l’altro la necessità di «un impegno vero ad intercettare quel futuro ormai a portata di mano viste le traiettorie del progresso tecnologico globale, fatto di produzione diffusa e partecipata di energia da fonti rinnovabili che ci assicuri una vera indipendenza energetica da poteri stranieri»[1]. L’appello prosegue indicando più concretamente alcune possibili soluzioni: «Salute, clima, convenienza di prezzo, protezione da rischi e volatilità ed indipendenza energetica spingono tutti nella stessa direzione di un futuro fatto di imprese in grado di ridurre significativamente i loro costi di produzione e di aumentare la loro competitività diventando auto produttrici di energia, di comunità energetiche, di agrivoltaico, di edifici pubblici che, a cominciare dalle scuole, sfruttino da subito il loro enorme potenziale di produzione di energia da fonti abbondanti e liberamente disponibili che non dipendono da accordi con Paesi stranieri»[2].

In questo contesto entra in gioco il vasto mondo dell’economia sociale con tutte le sue componenti, dalla cooperazione nelle sue varie forme al resto del Terzo Settore. Si tratta di un mondo che, come tutte le attività umane, inevitabilmente consuma energia elettrica, e perciò è stato penalizzato dal rincaro dei prezzi sopra menzionato: basti ricordare gli allarmi lanciati all’inizio dell’anno, ancor prima della guerra in Ucraina, dai circoli ACLI ed ARCI per l’aumento inusitato dei costi delle utenze energetiche, e la conseguente richiesta di un aiuto da parte delle istituzioni pubbliche[3]. Questo appello non è rimasto del tutto inascoltato: a livello locale, ad esempio, già in febbraio la giunta comunale di Bologna ha azzerato la TARI a tutto il Terzo Settore per l’anno 2022[4].

Tuttavia, il mondo dell’economia sociale non è soltanto un consumatore collettivo di energia, ma è e può diventare ancor più in futuro un produttore, ossia un grande prosumer: la chiave di volta per questo cambiamento si chiama Comunità di Energia Rinnovabile (CER). Si tratta di un soggetto giuridico formalmente creato[5] dalla Direttiva UE 2018/2001 (o Direttiva RED II) sulle energie rinnovabili[6], e da essa definito come segue (articolo 2):

16) «comunità di energia rinnovabile»: soggetto giuridico:

  1. a) che, conformemente al diritto nazionale applicabile, si basa sulla partecipazione aperta e volontaria, è autonomo ed è effettivamente controllato da azionisti o membri che sono situati nelle vicinanze degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili che appartengono e sono sviluppati dal soggetto giuridico in questione;
  2. b) i cui azionisti o membri sono persone fisiche, PMI o autorità locali, comprese le amministrazioni comunali;
  3. c) il cui obiettivo principale è fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi azionisti o membri o alle aree locali in cui opera, piuttosto che profitti finanziari;[7]

Come si può vedere, le piccole e medie imprese sono ammesse a costituire le comunità energetiche, mentre non si fa menzione esplicita dei soggetti dell’economia sociale, né tantomeno del Terzo Settore. Tale definizione è stata adottata a livello nazionale dall’articolo 42-bis, aggiunto all’articolo 42 del Decreto-Legge 30 dicembre 2019 n. 162 (o “Decreto milleproroghe”)[8] in fase di conversione nella successiva legge n. 8 del 28 febbraio 2020 (allegato – parte 2)[9]. Tuttavia, il quadro è stato notevolmente chiarito dal Decreto Legislativo 199 dell’8 novembre 2021, emanato in attuazione della Direttiva 2018/2001. In esso, infatti, le CER vengono nuovamente ed organicamente definite dall’articolo 31, che al primo comma enuncia quanto segue:

1. I clienti finali, ivi inclusi i clienti domestici, hanno il diritto di organizzarsi in comunità energetiche rinnovabili, purché siano rispettati i seguenti requisiti: […]b) la comunità è un soggetto di diritto autonomo e l'esercizio dei poteri di controllo fa capo esclusivamente a persone fisiche, PMI, enti territoriali e autorità locali, ivi incluse le amministrazioni comunali, gli enti di ricerca e formazione, gli enti religiosi, quelli del terzo settore e di protezione ambientale nonché le amministrazioni locali contenute nell'elenco delle amministrazioni pubbliche […][10];

Sono stati quindi aperti espliciti spazi per l’ingresso del mondo dell’economia sociale e del Terzo Settore in particolare, in questo nuovo e promettente campo di attività. In particolare, le imprese sociali e di comunità potrebbero giocare un ruolo altamente positivo, come autorevolmente argomentato da Bernardoni, Borzaga e Sforzi nel numero 2/2022 di Impresa Sociale. Sfortunatamente tale lusinghiero avvio sembra aver subito una battuta d’arresto: a chi scrive non risultano infatti ulteriori progressi nella regolamentazione dello sviluppo delle CER. Al contrario, occorrerebbe invece procedere speditamente in tal senso: infatti, in un comunicato stampa postato sul proprio sito il 24 maggio scorso, l’associazione Legambiente elenca ancora cinque richieste presentate al governo insieme a Kyoto Club. In estrema sintesi, si richiede l’emanazione di decreti e delibere che definiscano chiaramente linee guida tecniche e modalità di finanziamento per promuovere in maniera concreta e sistematica la creazione delle CER sul territorio nazionale, semplificando il più possibile le procedure[11]. Ancor più recentemente, ossia il 14 luglio, un appello su «Avvenire» è stato lanciato da un gran numero di soggetti del mondo dell’economia sociale, fra i quali il Forum del Terzo Settore e l’Alleanza delle Cooperative Italiane. Esso si conclude con le seguenti parole: «Apprezziamo il prezioso lavoro realizzato dal Parlamento italiano sul fronte delle semplificazioni e del recepimento della Direttiva Europea sulle comunità energetica che ne amplia significativamente le possibilità di azione. È per questo motivo che riteniamo particolarmente importante ed urgente a questo punto, a distanza di 7 mesi dal decreto legislativo, pubblicare rapidamente i decreti attuativi e i bandi del PNRR riservati ai piccoli comuni che sono fondamentali per fornire ai tanti operatori, cittadini, imprese, comunità pronti a realizzare progetti le coordinate di riferimento necessarie per la loro realizzazione»[12].

In proposito occorre sottolineare un dettaglio importante: l’estensore e primo firmatario di tale appello è il professor Leonardo Becchetti dell’Università Roma Tre, che ha coerentemente sottoscritto il successivo appello del 2 agosto sopra menzionato. E con ciò il cerchio si chiude: è stata tracciata una strada chiara per contribuire almeno in parte a sopperire al cronico bisogno di energia elettrica della nostra società e della nostra economia, con il coinvolgimento attivo e propositivo del mondo dell’economia sociale, che ha aderenti, “materie prime” (quantomeno i tetti), competenze e risorse proprie da investire; è stato indicato inequivocabilmente ciò che ancora manca, ossia linee guida chiare, iter amministrativi semplici e la possibilità di attingere facilmente ai fondi del PNRR. Il prossimo governo potrà quindi giovarsi del percorso compiuto finora e di queste indicazioni programmatiche per i passi da intraprendere successivamente: tutto dipenderà dalla presenza di un’effettiva volontà politica in questo senso.

[1] https://www.avvenire.it/attualita/pagine/appello-societa-civile-alleanza-che-serve-al-paese (ultimo accesso: 06.08.2022).

[2] Ibidem.

[3] Cfr. https://www.pisatoday.it/cronaca/allarme-bollette-circoli-arci-acli-toscana.html (ultimo accesso: 06.08.2022).

[4] Cfr. https://www.laziosociale.com/2022/02/16/caro-bollette-il-comune-decide-di-esentare-dalla-tari-2022-tutti-gli-enti-non-commerciali-culturali-sportivi-sociali/ (ultimo accesso: 06.08.2022).

[5] Come spesso accade, l’Italia era stata la culla di alcune comunità energetiche ante litteram, ossia di alcuni esperimenti di successo sviluppatisi in contesti rurali e montani anche più di un secolo fa. Cfr. https://www.enea.it/it/seguici/pubblicazioni/pdf-volumi/2020/guida_comunita-energetiche.pdf (ultimo accesso: 06.08.2022).

[6] Cfr. https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32018L2001 (ultimo accesso: 06.08.2022).

[7] Ibidem.

[8] Cfr. https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2019/12/31/19G00171/sg (ultimo accesso: 06.08.2022).

[9] Cfr. https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/02/29/20G00021/sg (ultimo accesso: 06.08.2022).

[10] Cfr. https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2021/11/30/21G00214/sg (ultimo accesso: 06.08.2022).

[11] Cfr. https://www.legambiente.it/comunicati-stampa/comunita-energetiche-e-piccoli-comuni-dati-storie-ed-eventi-di-voler-bene-allitalia-2022/ (ultimo accesso: 06.08.2022).

[12] Cfr. https://www.avvenire.it/economia/pagine/comunita-energetiche-bloccate-le-associazioni-scrivono-al-governo e https://www.arci.it/appello-comunita-energetiche/ (ultimo accesso: 06.08.2022). L’Alleanza delle Cooperative Italiane non era tra i primi firmatari ma ha aderito successivamente.

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Alessandro Fabbri

Università di Bologna

Professore associato di Sociologia generale presso l'Universitas Mercatorum di Roma.

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