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ISSN 2282-1694
Tempo di lettura:  5 minuti
Argomento:  Diritto
data:  16 gennaio 2024

Il partenariato sociale nel nuovo Codice dei contratti pubblici

Luigi Gili

Nella crescente attenzione per gli strumenti collaborativi nel rapporto tra Enti pubblici e ETS, è utile soffermarsi sull'istituto del "partenariato sociale" di cui all'art. 201 del d.lgs. 36/2023, che riunisce e razionalizza le precedenti previsioni su baratto amministrativo e interventi di sussidiarietà orizzontale.


L’art. 201 del nuovo Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 36/2023) tratta del “partenariato sociale”, riunendo sotto un unico cappello le previsioni del precedente Codice (d.lgs. n. 50/2016) relative agli “interventi di sussidiarietà orizzontale” (art. 189) e al “baratto amministrativo” (art. 190).

Rispetto alla regolamentazione del 2016 – come si legge dalla Relazione illustrativa di dicembre 2022 dello schema del nuovo Codice elaborata dal Consiglio di Stato[1] –, si è giunti alla nozione unitaria di partenariato sociale[2] per razionalizzare ed evitare sovrapposizioni tra figure similari.

I partenariati sociali attuali, ai sensi dell’art. 201, comma 1 d.lgs. n. 36/2023,  possono riguardare tre differenti situazioni: a) gestione e manutenzione di aree riservate al verde pubblico e di immobili di origine rurale destinati ad attività sociali e culturali, ceduti al Comune in esecuzione di convenzione e strumenti urbanistici attuativi; b) gestione, manutenzione e valorizzazione di piazze e strade o interventi di decoro urbano e di recupero di aree e beni immobili inutilizzati, per destinarli a fine di interesse generale, sulla base di progetti presentati da cittadini, singoli o associati, che beneficiano di incentivi fiscali; c) compimento di opere di interesse locale, da acquisire a patrimonio indisponibile dell’ente concedente, sulla base di progetti presentati da cittadini, singoli o associati, a spese di questi ultimi ma esenti da oneri fiscali ed amministrativi, salva l’imposta sul valore aggiunto.

Prima di addentrarci ulteriormente nella disamina del nuovo testo normativo, è opportuno collocare i partenariati sociali in un quadro più ampio.

E’ discussa la qualifica di questa forme di rapporto tra pubblico e privato nonché il loro rapporto con l’amministrazione condivisa. Paiono convincenti le osservazioni di attenta dottrina, pur se riferite agli artt. 189 e 190 d.lgs. n. 50/2016, secondo cui i partenariati sociali, emergenti da queste norme, sono da “accostare” alle forme di amministrazione condivisa ma non sono da ritenersi a esse equivalenti[3] non potendosi sottovalutare il fatto che i partenariati sociali in questione sono collocati nel Codice dei contratti pubblici, caratterizzato dalle utilità economiche e dal meccanismo dello scambio[4].

Rimane l’impressione che i partenariati sociali siano finiti nel campo normativo organizzato dei contratti pubblici[5], che si interessa principalmente di appalti e di concessioni, non per un’automatica conseguenza tassonomica – basti considerare che i contratti pubblici hanno come protagonisti l’impresa o lo svolgere l’attività di impresa, mentre i partenariati sociali hanno come protagonisti i cittadini e le associazioni, che non sono ex se operatori economici – ma per una sorta di capacità della normativa sugli appalti e sulle concessioni di attrarre e di accogliere anche rapporti “ibridi” tra pubblico e privato, anche se non proprio di mercato, per mancanza nel nostro ordinamento interno di altri corpi normativi organici inerenti ai rapporti contrattuali/convenzionali tra p.a. e privato (l’art. 11 della l. n. 241/1990 è troppo generico). Detto scenario è un po' cambiato con l’avvento del Codice del Terzo settore[6], il quale però riguarda solo gli ETS e dunque non direttamente le singole iniziative dei cittadini e delle realtà intermedie che non sono ETS. Situazioni queste ultime, le cui regole – quando e per quanto necessarie – trovano peraltro fonte in leggi di settore, leggi regionali o in regolamenti adottati dai singoli enti pubblici (spesso in tema dei beni comuni).

Certo è che, al di là delle previsioni del Codice dei contratti pubblici, anche prima del 2016 si conoscevano/praticavano forme di baratto amministrativo e di partenariato sociale in genere[7], al di fuori della contrattualistica pubblica trainata dagli appalti e dalle concessioni, e che, aprendo ancora più l’obiettivo, pare oggettivamente sussistere una “linea di parentela” tra i partenariati sociali in esame ed i patti di collaborazione, da ricercarsi negli intenti non utilitaristici e solidali che in entrambi i casi, in tutto o in parte, muovono le iniziative dei privati. La già richiamata Relazione illustrativa del Consiglio di Stato propone infatti il partenariato sociale in esame “quale tipica forma di collaborazione tra i privati e la Amministrazione per la realizzazione di fini di interesse generale e, dunque, di sussidiarietà orizzontale ex art. 118, comma 4, Cost.”.

Ma torniamo all’analisi (pur sommaria) del testo dell’art. 201 del d.lgs. n. 36/2023.

Comparando questo con i precedenti artt. 189 e 190 d.lgs. n. 50/2016, oltre all’utilizzo della nozione unitaria di partenariato sociale, le principali novità da registrare sono che: a) l’ANAC è chiamata a predisporre bandi-tipo e contratti-tipo (comma 2); b) gli enti pubblici stabiliscono con atto generale i criteri e le condizioni per la conclusione di partenariato sociale[8], tenendo conto di quanto disposto dall’ANAC (comma 1); c) i protagonisti principali rimangono i cittadini e le loro associazioni, a cui curiosamente ora si aggiungono le microimprese, piccole e medie imprese (comma 3).

Manca del tutto, nell’articolo in esame, l’attenzione per i termini e le fasi del procedimento (proposta dei cittadini o associazioni, tempo di disamina e di risposta dell’ente pubblico etc.), che invece era presente nell’art. 189 d.lgs. n. 50/2016. Questa assenza è voluta dal legislatore in quanto, come si legge sempre nella Relazione illustrativa del Consiglio di Stato, l’intento è stato quello di semplificare e di far riespandere l’autonomia dell'amministrazione, rimettendo all’atto generale della stessa la specificazione delle fasi del procedimento. 

Spostandoci sul piano pratico, va riportato che i partenariati sociali da Codice dei contratti pubblici hanno avuto una discreta diffusione, essendo diversi gli atti e regolamenti comunali che a oggi si occupano del baratto amministrativo e in genere di partenariati sociali, inter alia prevedendo i requisiti per dialogare con l’ente pubblico, l’oggetto degli accordi, le possibili agevolazioni fiscali riconoscibili e, non da ultimo, la procedura da seguire. 

Dunque anche in questo caso – come tra l’altro per i patti di collaborazione e la coprogettazione –, si profila come sempre più importante l’esercizio del potere regolamentare del singolo ente pubblico per mettere gambe ad ipotesi virtuose di rapporto tra pubblico e privato.
 


 

[1] In https://www.giustizia-amministrativa.it

[2] Qualifica già in uso in dottrina e presente nel corpo del testo dell’art. 190 d.lgs. n. 50/2016.

[3] F. GIGLIONI, Forme e strumenti dell’amministrazione condivisa, in (a cura di) G. ARENA - M. BOMBARDELLI, L’amministrazione condivisa, Quaderni della Facoltà di giurisprudenza dell’Università di Trento, Editoriale Scientifica, 2022, 103 e s. Per gli aspetti peculiari del partenariato sociale rispetto ad un “normale” contratto pubblico (di appalto o di concessione), si v. anche P. DE NICTOLIS, Il partenariato sociale, Dike Giuridica, 2021, in part. 48 e ss.

[4] Nella specie, paiono interesse le richiamate ipotesi dell’art. 201, comma 1, lett. a), b), ove il beneficio per gli interessati, collegato all’attività svolta, disciplinato nel se e nel come da regolamenti comunali, è di carattere fiscale (ad esempio riduzione della TARI).

[5] Collocazione non scontata e che oggettivamente richiede non pochi distingui rispetto alle tipiche forme di partenariato pubblico-privato da codice dei contratti pubblici, come evidenziato in dottrina già sotto il vigore del d.lgs. n. 50/2016. A tal riguardo, si v. P. CORLETO, Baratto amministrativo e sviluppo locale, in Nuove autonomie, n. 3/2022, pag. 959 e ss. ed ivi ampi richiami.

[6] Oltre alle ipotesi di accordi di cui agli artt. 55-57, va segnalato l’art. 71 d.lgs. n. 117/2017, il quale propone diverse forme di partenariati tra pubblico ed ETS, muovendo dall’utilizzo di immobili pubblici per finalità di interesse generale e che, per l’ipotesi del comma 3, richiama direttamente il codice dei contratti pubblici per quanto riguarda le procedure semplificate di individuazione del partner (art. 151, comma 3 d.lgs. n. 50/2016, ora da leggersi come art. 134, comma 2 d.lgs. n. 36/2023), anche se oggi con un approdo ultimo ad un dato normativo (art. 8 d.lgs. n. 36/2023) non particolarmente pregnante in quanto non si occupa direttamente di procedure.

[7] Per una puntuale analisi del baratto amministrativo nel d.lgs. 50/2016, dei precedenti e di fattispecie in parte similari, si v. da ultimo A. CORRIERI, Il «baratto amministrativo» tra legislazione e attuazione, in www.federalismi.it, maggio 2021.

[8] Sull’importanza di detto atto regolamentare, già Corte Conti, Sez. regionale di controllo, delib. n. 27/2016/PAR, in www.corteconti.it

 

Rivista-impresa-sociale-Luigi Gili LEXTO - Studio Legale

Luigi Gili

LEXTO - Studio Legale

Avvocato amministrativista e civilista dal 1998 e cassazionista dal 2011. Ha assistito in giudizio diverse amministrazioni pubbliche ed anche imprese private avanti i TAR e il Consiglio di Stato. Esperto in diritto amministrativo e civile e in questioni associative. Più volte ha ricoperto il ruolo di relatore in convegni in materia di contratti pubblici, oltre che relatore in corsi di formazione a favore di amministrazioni pubbliche e di imprese, tra i più recenti: La riforma del Terzo Settore: opportunità di sviluppo, Le nuove frontiere della cooperazione sociale di inserimento lavorativo, Il Nuovo Codice dei Contratti Pubblici alla luce della Regolazione ANAC e della recente Giurisprudenza.

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