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ISSN 2282-1694
Tempo di lettura:  4 minuti
Argomento:  Attualità
data:  11 giugno 2020

Le imprese culturali e creative ancora nel limbo

Marco D'Isanto

Le imprese culturali si trovano in una situazione indefinita: istituite dalla legge di stabilità 2018 che rimandava ad un successivo atto per definire criteri e procedure per il riconoscimento, attendono ancora questa normativa, restando in una sorta di limbo.

La qualifica giuridica delle Imprese Culturali e Creative sembra avere una vita non meno travagliata delle Imprese Sociali.

Queste ultime sono state normate in un testo, il D. Lgs 112/2017, che ha abrogato la precedente legge istitutiva della qualifica di Imprese Sociali, il poco fortunato D. Lgs 155/2006, ma ancora oggi, a distanza di tre anni dal varo della nuova legge, il governo non ha ancora notificato l’autorizzazione alla UE sui benefici fiscali.

Risultato: le nuove Imprese Sociali sono tassate secondo le regole ordinarie e non possono applicare i rilevanti benefici fiscali previsti dalla norma. Devono invece applicare, come recentemente ricordato dal Ministero del Lavoro, le norme che concorrono a definire lo status giuridico delle Imprese Sociali come la devoluzione del patrimonio in caso di scioglimento o l’elaborazione e pubblicazione del Bilancio Sociale. Questi “vincoli” in realtà concorrevano a costruire un equilibrio normativo tra i rilevanti benefici fiscali, come la totale detassazione degli utili, a cui si contrapponevano obblighi stringenti in termini di trasparenza ed accountability e di rispetto dei requisiti di non lucratività dell’ente. Equilibrio ad oggi sovvertito dalla mancanza dei benefici fiscali.

Sorte non molto diversa è quella delle Imprese Culturali.

Salutato con entusiasmo il loro ingresso nell’ordinamento italiano con la Legge di Stabilità 2018, sono anch’esse vittime del dimenticatoio normativo.

La Legge di stabilità 2018 prevedeva al comma 57: “Sono imprese culturali e creative le imprese o i soggetti che svolgono attività stabile e continuativa, con sede in Italia o in uno degli Stati membri dell'Unione europea o in uno degli Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo, purché siano soggetti passivi di imposta in Italia, che hanno quale oggetto sociale, in via esclusiva o prevalente, l'ideazione, la creazione, la produzione, lo sviluppo, la diffusione, la conservazione, la ricerca e la valorizzazione o la gestione di prodotti culturali, intesi quali beni, servizi e opere dell'ingegno inerenti alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, alle arti applicate, allo spettacolo dal vivo, alla cinematografia e all'audiovisivo, agli archivi, alle biblioteche e ai musei nonché al patrimonio culturale e ai processi di innovazione ad esso collegati”.

Il comma successivo delegava la disciplina della procedura per il riconoscimento della qualifica di Impresa Culturale e Creativa ad un decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, tenendo conto delle necessità di coordinamento con le disposizioni del codice del Terzo Settore.

Tale disciplina non ha mai visto la luce.

Le Imprese Culturali e Creative sono però riapparse nel disegno di legge recante “Misure per lo sviluppo del turismo e per le Imprese Culturali e Creative. Delega al governo in materia di spettacolo” vicinissimo all’approvazione in Consiglio dei Ministri nel febbraio di quest’anno ma travolto, per ora, dalla legislazione della pandemia che ha gettato in soffitta tutti i progetti legislativi del governo.

Il Disegno di Legge sopra citato attribuisce alle Imprese Culturali e Creative una cornice normativa decisamente più organica. Anch’esso delega le modalità di riconoscimento della qualifica di Impresa Culturale e Creativa ad un decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo ma al tempo stesso prevede un Fondo per lo sviluppo delle attività culturali e creative e un credito di imposta nella misura del 30 per cento dei costi sostenuti per attività di sviluppo, produzione e promozione di prodotti e servizi culturali e creativi.

Tema ancora più rilevante, al quale sono particolarmente legato per aver contribuito alla ideazione di questa misura nel dibattito sulle Imprese Culturali, è l’istituzione delle Zone Franche per la cultura denominate nel decreto “Quartieri degli artisti”.

Tale misura prevede, al fine di contribuire al sostegno delle Imprese Culturali e Creative, che i Comuni con popolazione superiore a 100 mila abitanti possano individuare zone franche urbane, di superficie non superiore a 100 mila metri quadrati, anche comprensive di immobili pubblici inutilizzati da riconvertire.

Le Imprese Culturali e Creative, che nel periodo compreso tra il 1º gennaio 2021 e il 31 dicembre 2025 nelle zone franche urbane iniziano o proseguono una attività economica o vi trasferiscono quelle che già svolgono, possono beneficiare delle seguenti agevolazioni:

  1. esenzione dalle imposte sui redditi, per i primi cinque periodi di imposta, fino a concorrenza di un importo del reddito imponibile, da definire;
  2. esenzione dall'imposta regionale sulle attività produttive, per i primi cinque periodi di imposta, fino a concorrenza di un importo da definire, per ciascun periodo di imposta, del valore della produzione netta;
  3. esonero dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, con esclusione dei premi per l'assicurazione obbligatoria infortunistica, a carico dei datori di lavoro, sulle retribuzioni da lavoro dipendente.

Non meno importanti le norme previste a favore delle Imprese Culturali per la concessione a titolo gratuito di beni immobili pubblici, in stato di abbandono o di grave sottoutilizzazione da almeno tre anni o con pagamento di un canone agevolato, per la riqualificazione e riconversione dei beni tramite interventi di recupero, restauro, ristrutturazione.

Quello delineato è un vero e proprio programma di sostegno per le Imprese Culturali che ora necessita di essere velocemente implementato e portato a termine.

La procedura di acquisizione della qualifica

Quali requisiti?

È evidente che per la disciplina dell’acquisizione della qualifica giuridica di Impresa Culturale sia conveniente ispirarsi alle attuali procedure previste nel nostro ordinamento per l’acquisizione delle qualifiche previste per particolari tipi di soggetti.

Allo stato attuale nel nostro ordinamento è prevista l’acquisizione della qualifica di Impresa Sociale (D. Lgs 112/2017), la qualifica di Società sportiva Dilettantistica (L. 289/2002 che attribuisce al Coni il compito del riconoscimento), le società Benefit (Legge 28 Dicembre 2015, N. 208), le Statr-up innovative comprese quelle a vocazione sociale (Decreto-Legge 179/2012 modficato dalla legge 11 febbraio 2019 n. 12) e la qualifica tributaria di Onlus (D. Lgs 460/97).

Tra le qualifiche elencate, quella dell’Impresa Sociale sicuramente è quella che maggiormente si avvicina a quella di Impresa Culturale con il vantaggio di essere meno onerosa in virtù dell’assenza del vincolo di non lucratività, pur essendo previsto per i soggetti non lucrativi, iscritti nei rispettivi registri, di accedere alla qualifica.

Ognuna di queste qualifiche prevede dei meccanismi precisi di acquisizione e di controllo dell’attività effettivamente svolta ed eccetto le Società sportive in capo al Coni e le Onlus in capo all’Agenzia delle Entrate le altre qualifiche sono tutte gestite dal Registro delle Imprese nell’ambito del sistema camerale.

Elemento centrale dunque, comune a tutte le qualifiche esaminate, è la previsione nel proprio atto costitutivo e statuto di svolgere una precisa attività e nel caso delle Imprese Culturali si tratta delle attività indicate nel disegno di legge e cioè lo svolgimento in via esclusiva o prevalente, dell’attività di ideazione, creazione, produzione, sviluppo, diffusione, conservazione, ricerca e valorizzazione o gestione di prodotti culturali, intesi quali beni, servizi e opere dell'ingegno inerenti alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, alle arti applicate, allo spettacolo dal vivo, alla cinematografia e all'audiovisivo, agli archivi, alle biblioteche e ai musei, nonché al patrimonio culturale e ai processi di innovazione ad esso collegati.

La soluzione quindi per il meccanismo di acquisizione della qualifica potrebbe essere rappresentata, sulla scorta di quanto avviene per qualifiche analoghe, dalla creazione di una apposita sezione tenuta presso il Registro delle Imprese i cui dati andrebbero trasmessi annualmente al Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo.

Le criticità per l’acquisizione della qualifica giuridica di Impresa Culturale relative al coordinamento con le norme settoriali dei vari soggetti operanti in ambito culturali tra cui, in primo luogo, quelle contenute nel codice del Terzo Settore, potrebbero essere superate attribuendo alla Camera di Commercio il compito di prevedere una sezione speciale dedicata alle Imprese Culturali e Creative.

Il meccanismo di acquisizione della qualifica potrebbe essere analogo a quello perfettamente funzionante previsto per le Imprese Sociali e gestito dal Registro delle Imprese. Tale procedura consentirebbe alle Imprese di cui al titolo V e VI del libro quinto del codice civile di acquisire la qualifica mediante l’iscrizione in apposita sezione.

In questo modo la qualifica di Impresa Culturale potrebbe essere acquisita anche degli enti di cui al titolo II del libro primo del codice civile e dagli Enti del Terzo Settore commerciali che svolgono prevalentemente una attività d’impresa e dunque iscritti per disposizioni obbligatorie nel Registro delle Imprese.

Le Imprese Sociali operanti in campo culturale potrebbero cumulare la doppia qualifica.

La qualifica potrebbe infine essere acquisita anche dalle società partecipate da Enti Pubblici che operano in campo culturale anch’esse iscritte ordinariamente nel Registro delle Imprese.

È poi necessario allestire un meccanismo di controllo dei requisiti. Anche in questo caso, il caso delle Imprese Sociali e delle Start up innovative, obbligate a compilare un documento che descriva l’impatto sociale e culturale atteso o prodotto, può facilitare le attività nel controllo della sussistenza del requisito – l’operatività in uno o più dei settori previsti dal Decreto– necessario per l’attribuzione dello status di Impresa Culturale e per la liceità di eventuali agevolazioni assegnate a tali soggetti.

Non c’è molto tempo a disposizione. I soggetti che operano in campo culturale sono tra i più colpiti dall’emergenza sanitaria. Un disegno strategico in grado di definire l’intero settore delle Imprese Culturali e a dotarlo di strumenti più evoluti di crescita e di sostegno contribuirebbe in modo decisivo alla rinascita di un comparto di cui c’è tanto bisogno nel nostro paese.

Rivista-impresa-sociale-Marco D'Isanto Dottore Commercialista in Napoli, esperto di Terzo Settore e consulente di Imprese e istituzioni culturali

Marco D'Isanto

Dottore Commercialista in Napoli, esperto di Terzo Settore e consulente di Imprese e istituzioni culturali

E’ componente della Commissione Legislativa Federculture, Docente di Master universitario. E’ editorialista del Corriere del Mezzogiorno Ed. Corriere della Sera, redattore della rivista “Fiscosport”, membro del comitato di redazione della Rivista A & S - Mensile di aggiornamento e approfondimento sugli enti associativi – Ed. Euroconference, autore di articoli per il Giornale delle Fondazioni, Ag Cult Letture Lente, Vita Non Profit ed è stato promotore di numerosi convegni sull’inquadramento giuridico degli enti culturali, sportivi e degli Enti Non Profit. Autore di numerose pubblicazioni sui profili tributari e civilistici degli Enti del Terzo Settore, delle imprese culturali e delle società sportive.

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data:  11 giugno 2020
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