Una sentenza del TAR Liguria afferma tra le altre cose che un ETS è da equipararsi ad un'amministrazione committente, quando, in attuazione di una coprogettazione beneficiaria di risorse pubbliche, esso debba scegliere fornitori rilevanti. Si tratta di una posizione corretta?
Con sentenza 3 maggio 2024, n. 310, il Tar Liguria ha annullato gli atti di una procedura regionale di co-progettazione relativa a progetti sperimentali per l’inclusione delle persone sorde e con ipoacusia, ritenendo che fosse mancata la motivazione a supporto della decisione dell’amministrazione di dare corso ad una procedura di co-progettazione ai sensi dell’art. 55 del d.lgs. n. 117/2017, piuttosto che a una gara aperta anche alle imprese che perseguono il profitto, e che non risultasse rispettato il principio di gratuità e di copertura dei soli costi diretti rendicontati. Tutto ciò appare per molti versi discutibile e in ogni caso, essendo la sentenza stata appellata innanzi al Consiglio di Stato da parte della Regione, può essere ragionevole rimandare ogni considerazione in merito all’esito dell’appello.
L’aspetto sul quale invece si intende concentrarsi in questa sede riguarda una specifica tesi contenuta nella sentenza, anch’essa ispirata dall’ipotesi di primazia delle regole dei contratti pubblici sulle altre forme di accordi con la pubblica amministrazione, tesi ad avviso della quale, in alcuni casi, l’ETS sarebbe da equipararsi ad un'ammininstrazione committente. A tale proposito, la sentenza interviene con un passaggio che è utile riportare integralmente: “Secondo la logica ispiratrice del codice del terzo settore, gli enti no profit affidatari dei servizi sociali dovrebbero erogare direttamente le relative prestazioni. Tuttavia, si ammette che, per realizzare l’intervento di interesse generale, l’ETS si avvalga anche di imprese private fornitrici di beni e servizi a titolo oneroso. In tale ipotesi, se gli operatori economici vengono pagati con i fondi pubblici, appare necessario che gli stessi siano scelti secondo le regole del codice dei contratti, perlomeno qualora le loro prestazioni risultino preponderanti rispetto alle attività svolte dall’organismo del terzo settore: infatti, se il servizio finisce per essere prestato, in tutto o in larga parte, da imprese con scopo di lucro, viene meno la ratio solidaristica del modello alternativo al mercato, onde, ai fini della normativa pro-concorrenziale di origine comunitaria, l’ETS deve ritenersi equiparato alle amministrazioni committenti, alla luce del concetto sostanziale di appalto pubblico, costituente il portato di effettività del diritto dell’Unione (si veda anche l’art. 93, comma 1, lett. e del d.lgs. n. 117/2017, ai sensi del quale l’ente del terzo settore ha l’obbligo di impiegare correttamente le risorse pubbliche finanziarie e strumentali ad esso attribuite).”
Su questo specifico punto, risulta sin da ora stimolante indagare la fondatezza e il quadro normativo di riferimento del passaggio argomentativo sopra richiamato, ovvero della ritenuta obbligatorietà dell’ETS di comportarsi come un’amministrazione committente e di applicare il Codice dei contratti pubblici qualora l’ETS, in sede di attuazione dell’accordo di co-progettazione, si trovi a dover scegliere altri soggetti e questi siano imprese che svolgono l’attività per fini di lucro.
Il tema, pur se a fronte di altri presupposti e di altre finalità, trova un’ulteriore ragione di interesse alla luce della nota del Ministero del lavoro e delle politiche sociali prot. n. 1059 del 7 luglio 2023, ad oggetto “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza - Missione 5 «Inclusione e Coesione», Componente 2 «Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore», Sottocomponente 1 «Servizi sociali, disabilità e marginalità sociale» - Chiarimenti in merito all’istituto della co-progettazione di cui agli artt. 55 e ss. del d.lgs. n. 117 del 2017”[1].
Con detta nota, il Ministero ha risposto ad alcuni quesiti circa le regole da seguire per le co-progettazioni relative al PNRR - Missione 5, afferenti a interventi di manutenzione straordinaria o di ristrutturazione di immobili a vocazione sociale, e per quanto qui interessa, al quesito se l’ETS, una volta definito l’accordo di co-progettazione, nel caso in cui non sia o non abbia nella propria compagine un’impresa di costruzioni ‒ circostanza altamente probabile, non essendo un ambito di operatività proprio degli ETS ‒ sia tenuto a scegliere detta impresa di costruzioni seguendo il Codice dei contratti pubblici.
Il Ministero ha fornito due indicazioni fondamentali.
La prima, che l’ETS possa delegare a un soggetto terzo la realizzazione degli interventi di manutenzione straordinaria e di ristrutturazione.
La seconda, che “(…) se da un lato gli ETS non sono configurabili come stazioni appaltanti tenute all’applicazione del codice dei contratti pubblici, dovranno comunque attivare, in ragione della natura pubblica del finanziamento destinato a copertura dei lavori in parola, procedure ispirate ai principi del suddetto codice dei contratti pubblici (pubblicità, trasparenza, imparzialità, parità di trattamento, concorrenza, risultato), in continuità con precedenti documenti di prassi di questo Ministero (cfr. circolare n. 2 del 2 febbraio 2009), in tema di FSE. A tale ultimo riguardo possono essere considerate, quali parametri di riferimento, atti ad assicurare il rispetto dei richiamati principi, le modalità di scelta degli operatori economici previste dalle corrispondenti disposizioni della vigente disciplina in materia di contratti pubblici (a mero titolo esemplificativo, le ipotesi di affidamento diretto senza e con richiesta di preventivi, quelle delle procedure negoziate con invito di operatori economici, avuto riguardo agli scaglioni di importo dell’affidamento). Quanto sopra sarà applicabile sia nell’ipotesi di immobili pubblici messi a disposizione dell’ETS sia nella diversa ipotesi di immobili di proprietà dell’ETS da quest’ultimo messi a disposizione nell’ambito della coprogettazione.”
Alla luce di questi chiarimenti, diverse co-progettazioni relative al PNRR - Missione 5 hanno effettivamente registrato l’avvio, da parte degli ETS, di procedure per la scelta dell’impresa di lavori non “da Codice dei contratti pubblici”, ma per l’appunto a questo “ispirate”, per lo più prendendo a riferimento le procedure di affidamento di appalti di importo inferiore alla soglia comunitaria di cui all’art. 50 del d.lgs. n. 36/2023[2].
In questo quadro ‒ tra Codice dei contratti pubblici che deve essere applicato anche dagli ETS in quanto amministrazioni committenti (secondo il Tar Liguria) oppure che deve essere preso solo a riferimento per i principi che lo innervano (così il Ministero del lavoro e delle politiche sociali per PNRR - Missione 5) ‒, sono in primo luogo da esaminare le fonti scritte e vedere cosa dicono i diretti “interessati”, ovvero il Codice del Terzo settore e il Codice dei contratti pubblici.
L’art. 55 del Codice del Terzo settore, come efficacemente osservato (Gori, 2020), propone solo uno “scheletro normativo” della co-progettazione, secondo una logica del legislatore nazionale di prevedere una matrice di base, chiamata a essere integrata dalla normativa regionale e dalle previsioni regolamentari dei singoli enti pubblici.
Questa matrice non prevede in alcun modo che l’ETS, una volta sottoscritto l’accordo di coprogettazione, diventi amministrazione committente.
Il comma 1 dell’articolo in esame richiede piuttosto il rispetto dei principi della legge n. 241/1990, avendo come espresso riferimento l’agire della pubblica amministrazione, e così il comma 4, secondo cui “(…) l'individuazione degli enti del Terzo settore con cui attivare il partenariato avviene anche mediante forme di accreditamento nel rispetto dei principi di trasparenza, imparzialità, partecipazione e parità di trattamento, previa definizione, da parte della pubblica amministrazione procedente, degli obiettivi generali e specifici dell'intervento, della durata e delle caratteristiche essenziali dello stesso nonché dei criteri e delle modalità per l'individuazione degli enti partner”.
Ancora, il fatto che la procedura di scelta dell’ETS sia da ricondursi alla tipologia di attribuzione di vantaggi economici, così come delineata dall’art. 12 della l. n. 241/1990[3], non comporta che il beneficiario di vantaggi economici si trasformi in amministrazione committente, nel momento in cui debba utilizzare le ricorse o debba adempiere agli obblighi assunti, coinvolgendo terzi fornitori.
Si giunge alla stessa conclusione muovendo dalla riconduzione della co-progettazione alla categoria generale degli accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento amministrativo ex art. 11 della l. n. 241/1990, come da interpretazione prevalente (Giglioni - Nervi, 2019; Frediani, 2021; Galli, 2022). Il privato non deve applicare a valle il Codice dei contratti pubblici, per il solo fatto di essere sottoscrittore di un accordo pubblico.
Risulta poi non pertinente, al fine di avallare la tesi che l’ETS sia da equipararsi a un’amministrazione committente, il richiamo effettuato nella sentenza del Tar Liguria n. 201/2024 all’articolo 93 comma 1, lett. e) del d.lgs. n. 117/2017, nella parte in cui prevede che “I controlli sugli enti del Terzo settore sono finalizzati ad accertare (…) e) il corretto impiego delle risorse pubbliche, finanziarie e strumentali, ad essi attribuite.” La norma in questione riguarda infatti i controlli e la locuzione “corretto impiego” delle risorse pubbliche attribuite – a favore del progetto e al fine di sostenere lo svolgimento di un’attività di interesse generale – non prevede o implica in alcun modo l’applicazione delle regole del Codice dei contratti pubblici.
Spostandoci nel campo delle regole dei contratti pubblici, l’art. 6 del d.lgs. n. 36/2023 – dedicato ai principi di solidarietà sociale e di sussidiarietà orizzontale, oltre che ai rapporti con gli enti del Terzo settore –, ricorda in modo chiaro che “Non rientrano nel campo di applicazione del presente codice [n.d.r. dei contratti pubblici] gli istituti disciplinati dal Titolo VII del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo n. 117 del 2017”.
Dunque, non risulta possibile “mischiare” il Codice del Terzo settore con l’attuale Codice dei contratti pubblici, come invece prospettato dal Tar Liguria[4].
Vero è che, alla luce della precedente normativa sui contratti pubblici, questa non era una conclusione così scontata.
L’art. 1, comma 2, lett. a) dell’allora d.lgs. n. 50/2016 prevedeva infatti che il Codice si applicasse anche ai privati in caso di appalti di lavori di importo superiore a un milione di euro, sovvenzionati direttamente in misura superiore al 50% da amministrazioni aggiudicatrici, qualora questi appalti riguardassero alcuni lavori del genio civile o di edilizia relativi a ospedali, impianti sportivi, ricreativi e per il tempo libero, edifici scolastici e universitari, nonchè edifici destinati a funzioni pubbliche. Il comma 2, lett. b), inoltre, prevedeva l’applicazione del Codice dei contratti pubblici anche agli appalti di servizi di importo superiore alle soglie comunitarie, sovvenzionati direttamente in misura superiore al 50% da amministrazioni aggiudicatrici, qualora connessi ai lavori sopra indicati.
Tant’è che l’ANAC, con parere del 10 gennaio 2022[5], aveva ritenuto che una parrocchia fosse obbligata ad applicare il d.lgs. n. 50/2016 per i lavori di ristrutturazione e di sistemazione del sagrato e relative pertinenze dichiarati di interesse culturale storico artistico, in quanto lavori sovvenzionati direttamente dalla Regione Sardegna in misura superiore al 50%. Da parte loro alcune Amministrazioni, in sede di definizione delle procedure relative a misure PNRR, prima dell’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici, avevano preso a riferimento proprio l’art. 1, comma 2 del d.lgs. n. 50/2016 per tracciare adempimenti da porre a carico degli ETS chiamati a co-progettare, nel momento in cui questi si fossero trovati a dover scegliere i propri fornitori.
Senonchè il nuovo Codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. n. 36/2023, divenuto efficace il 1° luglio 2023, non ha riproposto la previsione del vecchio Codice e quindi è venuto meno questo possibile “aggancio” espresso (sempre che fosse giustificato) tra la co-progettazione e la contrattualistica pubblica.
A ciò si aggiungono alcune constatazioni fondamentali sull’ambito oggettivo del nuovo Codice dei contratti pubblici e sulla definizione di stazione appaltante, di cui rispettivamente all’art. 13 e all’art. 1, comma 1, lett. a) dell’Allegato I.1. del d.lgs. n. 36/2023.
Il quadro sostanziale relativo ai soggetti privati che sono equiparati alle stazioni appaltanti non è cambiato rispetto al passato [si v. Giustiniani, 2023], continuando ad essere annoverati in tale categoria principalmente l’organismo pubblico e il privato chiamato ad affidare opere di urbanizzazione a scomputo.
Si intende poi per stazione appaltante, ai sensi dell’Allegato I.1 del nuovo Codice, “qualsiasi soggetto, pubblico o privato, che affida contratti di appalto di lavori, servizi e forniture e che è comunque tenuto, nella scelta del contraente, al rispetto del codice”. La qualifica non è dunque conseguenza dell’essere in un elenco o riconducibile a una certa categoria di ente ma dell’esistenza di un obbligo di osservare il Codice dei contratti pubblici, condizione che è quasi automatica per gli enti pubblici mentre per il privato deve esserci una norma che espressamente lo preveda.
Ma indugiamo ancora sulla previsione dell’allora art. 1, comma 2 del d.lgs. n. 50/2016, perché è regola da ritenersi non del tutto (o definitivamente) superata.
Pur se non occasionato dal tema di nostro interesse, l’ANAC, con atto del 18 ottobre 2023[6], ha segnalato al Governo e al Parlamento l’opportunità di riproporre la vecchia previsione del d.lgs. n. 50/2016 anche nel nuovo Codice, invero prevista a livello comunitario all’art. 13 della direttiva 24/2014, atteso che “(…) la relazione illustrativa [n.d.r.: del nuovo Codice] non accenna alla fattispecie oggetto di disamina, né dà atto di una volontà di restringere l’ambito applicativo del Codice espungendo dai soggetti tenuti alla relativa osservanza i privati destinatari di finanziamenti pubblici maggioritari. Cosa che, ad ogni modo, non sarebbe consentito per gli affidamenti sopra soglia, per contrasto con la disciplina euro-unitaria che, come già evidenziato, impone, per detti affidamenti, l’applicazione della direttiva”.
Ancor prima, il Servizio supporto giuridico del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con parere 31 agosto 2023, n. 2268[7], ha evidenziato che, pur in assenza di una previsione come quella dell’art. 1, comma 2 del d.lgs. n. 50/2016, anche nel vigore del nuovo Codice dei contratti si dovesse applicare pari regola per gli appalti di importo pari e superiore alle soglie di rilevanza comunitaria, valendo per l’appunto la previsione dell’art. 13 della direttiva 24/2014.
Volendo fare un punto di sintesi rispetto a quanto sopra, in primo luogo è da ritenere che il distinguo richiamato dall’art. 6 d.lgs. n. 36/2023 in ogni caso non sia messo in dubbio dalla previsione prevista all’art. 1, comma 2 del d.lgs. n. 50/2016, proprio perché non riproposta nell’attuale Codice dei contratti pubblici.
In secondo luogo, è vero che per i lavori sovvenzionati in misura pari o superiore al 50% del pubblico, qualora l’appalto sia di rilevanza comunitaria (pari o sopra a euro 5.186.000), opera non la normativa nazionale ma direttamente l’art. 13 della direttiva 24/2014, sicchè si potrebbe astrattamente porre il tema, in tali casi, se l’ETS sia equiparabile a una stazione appaltante.
Fermo il fatto che lavori di rilevanza comunitaria in una procedura di co-progettazione è ipotesi tendenzialmente rara, l’equiparazione dell’ETS ad una pubblica amministrazione si mostrerebbe ad ogni buon conto inconciliabile con quanto statuito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 131/2020 e il distinguo tra mercato e ambito del non profit, avente riscontri anche a livello comunitario.
Tornando al “seminato”, l’art. 13 della direttiva 24/2014 non si mostra comunque argomentazione di per sé capace ad avallare la conclusione a cui è giunta il Tar Liguria, che ha deciso in merito a una situazione in cui non erano in discussione lavori ma attività a favore di persone sorde e con ipoacusia.
Nel contempo, facendo un discorso più ampio che esula dalla decisione del Giudice genovese, per certi versi si comprende l’attenzione della richiamata nota ministeriale prot. n. 1059 del 7 luglio 2023 verso il rispetto anche da parte degli ETS – in caso di interventi relativi al PNRR - Missione 5 –, dei principi di pubblicità, trasparenza, imparzialità, parità di trattamento, concorrenza e di risultato, come avvenuto per precedenti misure del Fondo Sociale Europeo, utilizzando l’escamotage del passare dall’applicazione diretta delle regole degli appalti pubblici (non prefigurabile), all’indicazione di “ispirarsi” ai principi fondanti la normativa sulla contrattualistica pubblica.
È una scelta pubblicistica “soft” la quale, se da un lato è comprensibile, dall’altro pone problemi applicativi, non essendo chiare, alla fine, quali regole sostanziali previste dal Codice dei contratti pubblici debbano essere trasposte anche nella procedura privatistica dell’ETS di scelta dell’impresa di lavori.
L’ispirazione ai principii di pubblicità e di trasparenza porta a ritenere che gli inviti e gli atti principali della procedura siano resi conoscibili e dunque, ad esempio, siano riportati in una sezione dedicata del sito web di riferimento dell’ETS. Il rispetto del principio di imparzialità implica che l’affidamento avvenga a fronte di un oggetto definito e di requisiti e di criteri di valutazione predeterminati. Il rispetto del principio di parità di trattamento impone che non vi siano discriminazioni, mentre il rispetto del principio di concorrenza richiede tra l’altro che, per lavori superiori a euro 150.000,00, vi sia la consultazione di almeno cinque operatori economici, individuati in base a indagini di mercato o tramite elenchi, sulla falsariga di quanto previsto dall’art. 50, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 36/2023. L’attenzione al principio di risultato richiede invece l’impegno dell’ETS a focalizzarsi che l’affidamento del contratto e la sua esecuzione avvengano con la massima tempestività e il miglior rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi sopra richiamati.
Il riferimento ai suddetti principi non risolve però tutte le questioni pratiche che comporta lo svolgere una scelta privata sulla falsariga di una gara pubblica, come ad esempio le questioni di quali requisiti di partecipazione richiedere e come comprovarli. L’ETS, non potendo di regola fruire della consultazione di banche dati pubbliche, prima della sottoscrizione del contratto di appalto di regola si organizzerà per la verifica tramite la disamina di documenti (certificati del casellario giudiziale, DURC etc.) acquisiti direttamente dall’impresa.
Alla luce del Codice del Terzo Settore, della legge n. 241/1990 e anche del Codice dei contratti pubblici, la prospettazione del Tar Liguria secondo cui l’ETS debba ritenersi equiparato ad un’amministrazione committente, non risulta avere conforto normativo.
La pubblica amministrazione non può ovviare a tale assenza normativa “facendo essa la regola”, ovvero prevedendo, a livello di bando/avviso di co-progettazione, che l’ETS debba comportarsi in fase di esecuzione dell’accordo di co-progettazione e nella scelta dei propri fornitori, come una vera e propria stazione appaltante. Detta qualifica è infatti rimessa alla volontà del legislatore e non dalla p.a., come ribadito anche di recente dalla Corte di cassazione[8].
Si registrano soluzioni operative come quella richiamata per gli interventi PPNR - Missione 5, secondo cui, in taluni specifici casi, non è da applicare il codice dei contratti pubblici ma bisogna ispirarsi ad alcuni principi che lo caratterizzano. È una soluzione che genera qualche perplessità, per la sua effettiva capacità di essere messa in atto, data la sua genericità, che però è anche un valore, perché è il riconoscimento di un legittimo e responsabile spazio di azione in capo all’ETS, chiamato a collaborare con la pubblica amministrazione, senza con questo perdere la sua identità.
Frediani E. (2021), “La co-progettazione dei servizi sociali”, Giappichelli, Torino, pp. 213 - 224.
Galli L. (2022), “La coprogrammazione e la coprogettazione dei servizi di integrazione dei migranti”, Giappochelli, Torino, pp. 109 - 116.
Giglioni F. - Nervi A. (2019) “Gli accordi delle pubbliche amministrazioni”, in PERLINGIERI P. (diretto da), Trattato di diritto civile del Consiglio Nazionale del Notariato, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, pp. 236 - 240.
Giustiniani M. (2023), Commento all’art. 13, in Caringella F. (diretto da), “Nuovo Codice dei contratti pubblici”, Giuffrè, Milano, pp. 76 - 83.
Gori L. (2020), “«La saga» della sussidiarietà orizzontale. La tortuosa vicenda dei rapporti tra Terzo settore e P.A.”, in Federalismi.it, n. 14/2020, pag. 15.
[1] In https://www.lavoro.gov.it/documenti/nota-1059-del-7-luglio-2023.
[2] Si vedano ad es. le procedure avviate dalla Cooperativa Animazione Valdocco, riportate in https://my.merak.coop/index.php/s/4zCj5jM2ZzdTapH.
[3] Così anche le Linee guida di cui al d.m. n. 72/2021, che a loro volta richiamano la Relazione illustrativa del Governo sullo schema di Codice del Terzo settore, in https://www.lavoro.gov.it/documenti-e-norme/normative/Documents/2021/DM-72-del-31032021.pdf.
[4] In tal senso, di recente, si veda Tar Lombardia, Milano, Sez. II, 1.10.2024, n. 2533, in https://www.giustizia-amministrativa.it/.
[5] In www.anticorruzione.it/-/restauri-con-soldi-pubblici-anche-le-parrocchie-devono-applicare-il-codice-degli-appalti. Quanto invece ad un’applicazione dell’art. 1, comma 2, lett. a) e b) d.lgs. n. 50/2016 in giurisprudenza, ex multis si veda C.G.A.R.S, parere 19.08.2019, n. 112, in www.giustizia-amministrativa.it.
[6] In https://www.anticorruzione.it/-/atto-di-segnalazione-del-18-ottobre-2023.
[7] In https://www.serviziocontrattipubblici.com/Supportogiuridico/Home/QuestionDetail/2268.
[8] Si veda Cass., Sezioni unite civili, ordinanza 30.08.2024, n. 23377, in tema di concessione di servizi commerciali negli aeroporti, consultabile in https://onelegale.wolterskluwer.it/, nella parte in cui si rimarca che “Sul punto, anzi, questa Corte aveva già rilevato che l’art. 33, secondo comma, lettera d), del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80 -nel testo sostituito dall’art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205- non attrae nell’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche le controversie relative all’affidamento di appalto (nella specie, di lavori di costruzione di un parcheggio multipiano e a raso a beneficio dell’aeroporto di Ancona-Falconara) da parte di soggetto che, pur non tenuto all’applicazione del procedimento di evidenza pubblica, abbia scelto comunque di adottarlo, in tal guisa procedimentalizzando l’individuazione in concreto dell’appaltatore, essendo irrilevante, in mancanza di un obbligo al riguardo, che il bando di gara faccia riferimento alla normativa comunitaria e alla legge quadro in materia di lavori pubblici (così Sez. U, 15 aprile 2005, n. 7800)”.
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