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ISSN 2282-1694
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Argomento:  Ricerca empirica
tag:  Dati
data:  25 ottobre 2021

L'impresa sociale nei dati Istat

Gianfranco Marocchi

L'Istat ha recentemente presentato i dati sulle istituzioni non profit aggiornati al 31/12/2019. Da questi dati sono qui estratte e rielaborate alcune informazioni relative alle imprese sociali: le dinamiche di sviluppo e i modelli di crescita, la resilienza al Covid, il 5x1000, il community building.


Tra i molti dati resi disponibili nell’aggiornamento al 31/12/2019 del censimento permanente delle istituzioni non profit rilasciato dall’Istat il 15 ottobre scorso (per una panoramica di tali risultati si rimanda al report dell’Istat, alle tavole statistiche, alle slide illustrate da Massimo Lori e da Sabrina Stoppiello nell’ambito delle Giornate di Bertinoro) vi sono alcuni spunti di specifico interesse per le imprese sociali.

In premessa va richiamato che l’esame di dati aggiornati al 2019 e i ragionamenti che a partire da essi si possono fare circa tendenze in corso andranno sicuramente rivisti alla luce degli avvenimenti dell’anno successivo; non di meno si tratta di dati di notevole interesse perché marcano il punto di partenza su cui il fenomeno pandemico ha impattato.

Dinamiche in corso

Il primo dato che si intende evidenziare coglie un fenomeno forse in fase iniziale, ma che a questo punto rappresenta qualcosa con ogni probabilità qualcosa di più solido che una mera oscillazione statistica: da quando l’Istat ha iniziato, a raccogliere i dati annualmente, si assiste ad un seppur lieve ridimensionamento del numero delle cooperative sociali (diminuite in cinque rilevazioni del 3.9%, con un segno negativo in tre delle quattro annualità su cui è possibile la comparazione) accompagnato da una (seppur calante) crescita dei lavoratori complessivi, che nel 2019 sono il 9.8% in più rispetto al 2015 e che in tutti gli anni considerati sono aumentati. In altre parole: il fenomeno nel suo complesso cresce, passa dai 416 mila lavoratori del 2015 ai 457 mila del 2019, oltre 40 mila unità in più nel periodo considerato, circa 10 mila all’anno, segno di una dinamicità non scontata e pari al 53% del totale dei lavoratori delle istituzioni non profit (861.919 in tutto, distribuiti su 362.634 unità). Come evidenziato anche in un recente articolo pubblicato sulla nostra rivista, dopo avere mostrato (come ampiamente documentato in “Cooperative da riscoprire”) una sorprendente resilienza nella fase di crisi, il fenomeno della cooperazione sociale continua a crescere anche in anni più recenti, caratterizzati da una seppur appena accennata ripresa prima della crisi pandemica e non è inquadrabile quindi meramente entro uno schema anticiclico.

Anno

Cooperative sociali

Dipendenti

Dipendenti medi

 

Numero

Variazione anno precedente

Numero

Variazione anno precedente

Numero

Variazione anno precedente

2015

16'125

 

416'097

 

25.8

 

2016

15'600

-3.3%

428'713

3.0%

27.5

6.5%

2017

15'764

1.1%

441'178

2.9%

28.0

1.8%

2018

15'751

-0.1%

451'843

2.4%

28.7

2.5%

2019

15'489

-1.7%

456'928

1.1%

29.5

2.8%

Dal 2015 al 2019

-3.9%

 

9.8%

 

14.3%

 

Nostre elaborazioni su dati Istat

Ma tale crescita, diversamente dal passato, non si verifica con un aumento del numero di imprese (dal 2011 al 2015 l’Istat contava circa 5 mila cooperative sociali in più), ma con una loro seppur contenuta diminuzione. E quindi, necessariamente, con una crescita delle loro dimensioni medie, che passano da 25.8 lavoratori per cooperativa nel 2015 a 29.5 nel 2019, con un aumento del 14.3%.

Quali siano i fenomeni alla base di tale tendenza dovrà essere oggetto di approfondimenti. L’Istat ipotizza – e ciò è effettivamente una delle possibili cause – che ciò sia l’effetto di operazioni di fusione tra cooperative. Va però anche considerato che, sulla base dei dati disponibili solo nell’ultimo triennio, la quota di cooperative sociali costituite negli ultimi cinque anni tende a scendere, segno che il fenomeno cooperativo nel suo complesso si sviluppa in misura maggiore grazie alla crescita di unità esistenti e un po’ meno per la nascita di nuove cooperative; questo contribuisce a spiegare anche l’aumento delle dimensioni medie, dal momento che le imprese sociali di recente costituzione generalmente sono di dimensioni inferiori, come evidenziato in ultimo anche dal IV Rapporto sull’impresa sociale pubblicato da Iris Network.

Anno

Più di 35 anni prima

Da 16 a 35 anni prima

Da 6 a 15 anni prima

Ultimi 5 anni

Numero cooperative mediamente costituite in ciascuno degli ultimi 5 anni

2017

2%

37%

32%

29%

914

2018

3%

33%

37%

27%

851

2019

3%

34%

39%

24%

743

Nostre elaborazioni su dati Istat

In sostanza, ciò significa che il numero medio di cooperative costituite in ciascuno degli ultimi cinque anni e sopravvissute all’anno della rilevazione passa dalle 914 del 2017 alle 743 del 2019, con un calo di circa il 19% in due anni.

Anche se le due circostanze sopra richiamate già potrebbero in buona parte spiegare l’aumento delle dimensioni medie, non va escluso che in una certa misura tale dato possa anche derivare da una “sopravvivenza selettiva” di talune unità che tendono ad assorbire spazi di mercato di altre (es. aggiudicandosi appalti prima gestiti da un’altra cooperativa), portando il soccombente, soprattutto se già fragile, alla chiusura e assommando ai propri lavoratori quelli dell’impresa che viene a cessare.

Cooperazione sociale e impresa sociale

Istat prova a delineare anche l’universo delle imprese sociali diverse dalle cooperative sociali. In premessa va chiarito che l’universo considerato da Istat è quello delle imprese sociali di diritto, senza azzardare, come aveva provato il IV Rapporto sull’impresa sociale in Italia (pag. 37), stime sull’universo delle imprese sociali di fatto.

I dati non richiedono molti commenti: se ci si limita al dato delle imprese sociali di diritto, esse coincidono nella sostanza con il fenomeno della cooperazione sociale; ciò è vero rispetto al numero di enti (il 94.8% sono cooperative sociali) e ancor di più al numero di lavoratori (il 98.6% in forza a cooperative sociali), dove a fronte dei circa 30 addetti per cooperativa sociale si trovano circa 7.5 addetti medi in ciascuna impresa sociale non cooperativa.

Anno 2019

Enti

lavoratori

Imprese sociali

16.388

463.692

                Di cui cooperative sociali

15.489 (94.5%)

456.928 (98.6%)

                Di cui imprese sociali con forma diversa

899 (5.5%)

6.764 (1.4%)

 

Tale situazione è di fatto stabile dall’anno 2017 in cui, con il d.lgs. 112, l’impresa sociale è stata riformata. Appare quindi evidente che, quantomeno sino a che non sarà data attuazione ai provvedimenti fiscali che il d.lgs. prevede per la totalità delle imprese sociali, è assai improbabile che imprese sociali diverse da quella della cooperativa sociale possano scegliersi di qualificarsi come tali.

Impresa sociale e pandemia

Un’indagine che abbia come riferimento l’anno 2019 lascia aperto l’interrogativo di come l’impresa sociale abbia reagito alla pandemia. Gli effetti di medio periodo saranno accertabili nei prossimi mesi, ma già oggi si è alla ricerca di indicatori, anche provvisori, che ci aiutino a comprendere gli effetti dell’emergenza sanitaria sul Terzo settore e sulle imprese sociali. Dopo una prima analisi esplorativa realizzata da Istat e Cariplo che metteva in luce gli effetti economici del primo lockdown, abbiamo avuto le analisi del IV Rapporto sull’intraprendenza delle imprese sociali durante la pandemia e quelle di Calabrese e Falavigna sulle chiusure di imprese sociali a seguito del Covid pubblicata sul Impresa Sociale 3/2021. L’Istat ritorna sul tema presentando delle statistiche sulla diminuzione di ore lavorate durante il 2020. La linea grigia nel grafico sotto riportato rappresenta l’evoluzione delle ore lavorate dalle imprese sociali affiancate all’evoluzioni delle altre forme organizzative del Terzo settore.

Come commentare queste circostanze? Da un certo punto di vista, viene documentato l’impatto della pandemia in tutta la sua durezza; ragionevolmente non vi è stato mai nessun evento che abbia determinato uno shock simile sulle imprese sociali, che arrivano a diminuire, nell’aprile 2020, del 28% il numero di giornate lavorate rispetto allo stesso mese del 2019.

Visti dall’altra parte, però, questi dati documentano che anche nelle fasi più dure della pandemia l’attività non è stata azzerata, circa i ¾ delle giornate lavorative si sono regolarmente svolte, percentuale che tende a crescere sensibilmente al di fuori dei due o tre mesi di lockdown più duro. Nell’immediato, insomma, le imprese sociali hanno subito un urto molto rilevante, ma i primi dati a disposizione sopra citati e gli altri sopra richiamati sembrano tutto sommato contenere indizi che portano a sperare che le note capacità di resilienza delle imprese sociali consentano di superare anche questa difficile prova.

Il 5x1000

I dati Istat lo confermano: rispetto al 5x1000 l’impresa sociale fatica ad essere attrattiva. Le imprese sociali traggono dal 5x1000 circa 14.5 milioni di euro, circa l’1 per mille del proprio valore della produzione, se si considerano i dati della sola cooperazione sociale (IV rapporto sull’Impresa sociale di Iris Network, pagina 64) il cui fatturato aggregato superava già nel 2015 (anno dal quale i dipendenti sono poi cresciuti di circa il 10%) i 14 miliardi.

Solo il 3.5% dei contribuenti sceglie di destinare il proprio 5xmille ad imprese sociali, che ricevono come dato mediano 21 preferenze a testa.

Appare evidente che la caratterizzazione di impresa fa sì che i cittadini siano portati a orientare prevalentemente altrove la propria scelta. Ad oggi il 5x1000 non rappresenta, salvo eccezioni, uno strumento di rilievo per l’impresa sociale.

Il community building

Tra i focus tematici proposti da Istat quest’anno vi è il community building: si tenta cioè di isolare, tra le istituzioni non profit, quelle che, sulla base delle attività svolte, sembrano secondo l’istituto, essere maggiormente orientate alla “fioritura della persona umana e al potenziamento della comunità” e che “costruiscono relazioni di prossimità”. L’elemento selettivo utilizzato, l’attività svolta, è forse un po’ fragile, ma si tratta di un tentativo interessate; ad esempio, con riferimento al welfare, sono considerate in quest’area le organizzazioni che svolgono le seguenti attività:

  • attività finalizzate all’inclusione sociale di categorie con disagio o vulnerabili
  • centri/sportelli di accoglienza
  • orientamento e/o ascolto tematico
  • interventi per l’integrazione sociale dei soggetti deboli o a rischio
  • accoglienza temporanea di minori stranieri non accompagnati
  • sostegno socioeducativo scolastico, territoriale e domiciliare
  • mediazione e integrazione interculturale
  • segretariato sociale

Mentre ad esempio non sono inclusi in tale insieme i soggetti che gestiscono residenze sociosanitarie o ospedali.

Ebbene, quello che comunque preme evidenziare è che nell’ambito del community building, quindi di azioni con una forte valenza comunitaria e di prossimità, le cooperative sociali hanno un ruolo per nulla secondario, occupando i due terzi dei lavoratori impegnati in tali attività.

Per approfondire

I dati del censimento permanente Istat:

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Gianfranco Marocchi

Impresa Sociale

Nel gruppo di direzione di Impresa sociale, è anche vicedirettore di Welforum.it. Cooperatore sociale e ricercatore, si occupa di welfare, impresa sociale, collaborazione tra enti pubblici e Terzo settore.

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