Troppe volte il ruolo della cooperazione sociale viene disconosciuto, prevale ancora un'immagine approssimativa e volontaristica, non viene compreso che le cooperative sociali offrono un apporto professionale indispensabile. Questo appare chiaro nelle resistenze degli enti pubblici rispetto alla necessità di adeguare gli importi contrattuali sulla base del rinnovo del CCNL.
Leggendo alcuni articoli o ascoltando gli interventi da parte di personalità estranee al nostro mondo, si ricava l'impressione che non vi sia una reale percezione di cosa sia attualmente l’impresa sociale e, più in generale, il terzo settore.
Non è un caso che il Ministro dell’Economia in occasione di un Question Time in cui un deputato gli aveva chiesto “quali provvedimenti intende adottare per riconoscere gli incrementi contrattuali ai lavoratori delle cooperative sociali?” abbia risposto “Adeguamenti contrattuali? Ci ragioneremo nei limiti dei vincoli della finanzia pubblica”. Tale affermazione denota una scarsa considerazione dell'impresa sociale.
Molti considerano l’impresa e soprattutto la cooperativa sociale una struttura in cui ci lavorano dei giovani di buona volontà, fino a quando non trovano di meglio e finalmente si sistemano; generalmente ignorano l’evoluzione e la professionalizzazione acquisita negli anni. Se penso alla mia esperienza - opero nella provincia di Venezia - ricordo che la cooperativa in cui avevo iniziato il mio impegno lavorativo gestiva i primi servizi di assistenza domiciliare; le operatrici erano soprattutto donne sole o donne che sino a quel momento erano state prive di titoli e non riuscivano a trovare occupazione, sino appunto a conseguire una qualifica nell'ambito del lavoro di cura. Il primo scontro l’ho avuto in un Comune con il responsabile del servizio quando, durante una riunione, mentre io parlavo appunto di operatrici, mentre questo continuava a chiamarle colf.
Da allora è, per fortuna, tutto cambiato: innanzitutto le imprese sociali sono diventate appunto più professionali. Oggi sono in grado di gestire servizi complessi, quali strutture socioeducative e sociosanitarie. In buona sostanza sono state in grado di adeguarsi per fornire risposte adeguate ai nuovi ed articolati bisogni emergenti. In questi ambiti lavorano professioniste e professionisti in possesso dei titoli e di formazione adeguati allo svolgimento del loro lavoro.
I numeri ci dicono che complessivamente il terzo settore impiega oltre 900mila persone, di cui oltre la metà sono impiegate nelle cooperative sociali, fattura oltre 80 miliardi di euro, più 5% del PIL e supporta complessivamente quasi 6 milioni di persone (praticamente il 10% della popolazione).
Ma, anche a fronte di questi numeri, non sempre è facile comunicare alle Istituzioni la vera realtà della cooperazione sociale e del terzo settore e il fondamentale ruolo sociale ed economico che ricoprono.
Dovremmo essere in grado non solo di chiedere, ma pretendere di avere la stessa considerazione che hanno altri attori della società da parte delle Istituzioni. Dubito che il Ministro all’Economia avrebbe risposto allo stesso modo se si fosse trattato di dipendenti pubblici o di altri comparti. Nessuno ti regala nulla, sta anche e forse soprattutto a noi fare arrivare il messaggio che le cooperative sociali sono strutture imprenditoriali democratiche impegnate, attraverso il proprio lavoro, nel sostenere persone con fragilità di vario tipo, contribuendo così al perseguimento del bene comune; e al tempo stesso essere in grado di valorizzare, nello svolgimento della propria attività, i valori fondanti come la mutualità, il coinvolgimento dei soci alle strategie di sviluppo, un lavoro dignitoso e una buona qualità della vita per gli operatori, il reinvestimento dell’utile nelle attività e nello sviluppo della cooperativa. Dobbiamo inoltre rimarcare il fatto che è l'impresa sociale è composta da professionisti i quali, come tali, vanno riconosciuti e retribuiti. Non può esistere, come purtroppo avviene anche ora, che alcune Pubbliche Amministrazioni siano restie a riconoscere gli adeguamenti contrattuali dovuti dal rinnovo del CCNL cooperative sociali, mentre per altre figure professionali garantiscono sempre la giusta retribuzione.
Bisognerebbe chiedere di pensare cosa accadrebbe in una società come la nostra se non esistesse la cooperazione sociale con i propri operatori. Sappiamo che, molte volte, quanto sopra descritto viene sottovalutato. Ci lamentiamo giustamente di come veniamo considerati ma, per invertire questa situazione, dobbiamo avviare una specifica campagna di sensibilizzazione che, anche attraverso le associazioni nazionali delle cooperative sociali, faccia comprendere la nostra realtà.
Grazie anche ad una legislazione favorevole, il nostro rapporto con la Pubblica Amministrazione può e deve essere maggiormente positivo. Ad esempio, possiamo essere noi che proponiamo un maggiore impiego della coprogrammazione, purtroppo troppo poco utilizzata, e della coprogettazione. Attraverso questi strumenti è possibile creare una sinergia tra pubblico e privato che esula dalle classiche dinamiche delle gare d’appalto, per poter avviare una seria collaborazione e programmazione che vede l’apporto costruttivo di entrambi i soggetti.
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