Prende piede il crowdfunding di Stato, con richieste insistenti di donazioni sui canali Rai da parte della Protezione civile. Meglio lasciare questi strumenti alle iniziative spontanee della società civile, finanziando le politiche pubbliche con il bilancio dello Stato.
Il fundraising in questi ultimi anni ha rappresentato una interessante novità per tutto il mondo del Terzo settore e della società civile organizzata, attiva, anche in modo leggero ed informale, a perseguire finalità sociali. Il crowdfunding, soprattutto nella sua versione donative e reward, è un modo innovativo di raccogliere risorse – attenzione: non solo economiche ma anche professionali, di volontà, di impegno e di entusiasmo – per iniziative e progetti che accettano la sfida di confrontarsi con le comunità di riferimento, di partire, cioè, dalla ricerca del consenso dei cittadini, piuttosto che dalla benedizione delle istituzioni.
Non si tratta di iniziative contro – non ci sarebbe bisogno neanche di precisarlo, ma è bene farlo – i poteri governativi statali, regionali o comunali, ma di uno, cento, mille movimenti liberi e spontanei di persone che vogliono aiutare il perseguimento delle stesse finalità di interesse pubblico. Sono iniziative che costruiscono un consenso dal basso, ricercando il sostegno concreto e l’impegno innanzitutto di chi sperimenta le situazioni di difficoltà o di disagio o, comunque, di chi ha un particolare interesse al raggiungimento di risultati apprezzabili sotto il profilo sociale, culturale o della tutela dell’ambiente. Il fundraising (e ancor di più il crowdfunding) è figlio di una logica bottom-up e sarebbe bene che di questa conservasse l’ispirazione per non vedere presto inaridita la pianta della partecipazione civica da cui trae origine per una mera finalità di raccolta di soldi.
La necessità di finanziare iniziative che contrastino il coronavirus e i suoi effetti sociali ed economici è evidente. Ma forse sarebbe il caso di distinguere in modo chiaro chi attinge alle tasche dei cittadini sollecitando donazioni e impegno attivo da chi, invece, utilizza gli strumenti del prelievo fiscale e/o del debito pubblico (con o senza interventi della banca centrale) per procurarsi le risorse necessarie a finanziare le proprie attività. Forse aiuterebbe una maggiore chiarezza oggi e una migliore impostazione della fase di ricostruzione, che ci vedrà tutti impegnati nel periodo immediatamente successivo all’emergenza, una più chiara distinzione dei ruoli e una più corretta competizione per i fondi disponibili per azioni di lotta al coronavirus e alle sue conseguenze economiche sociali.
Da questo punto di vista trovo del tutto singolare che la Protezione Civile italiana ricorra ampiamente ad un aggressivo fundraising facendo scendere in campo in modo assai massiccio la Rai.
Senza mezzi termini dico che che mi sembrerebbe più corretto che lo Stato lasciasse alle organizzazioni del Terzo settore la possibilità di finanziare quelle iniziative che tanto hanno fatto comprendere in questi giorni quale straordinaria risorsa è per il Paese la solidarietà dei cittadini e la sua capacità di attivare in tempi rapidi, e con grande fantasia ed efficienza, iniziative in grado di dare risposte immediate ai problemi delle persone e, in particolare, a quelli di coloro, essendo più fragili, sono assai più esposti alle intemperie di una crisi senza precedenti. Allo Stato e alle sue articolazioni il compito di usare bene il sistema fiscale rendendolo più equo e più efficiente (vedi lotta all’evasione fiscale), alla società civile quello di chiamare a raccolta il senso civico e la disponibilità a contribuire alla soluzione dei problemi delle comunità.
Le nostre comunità saranno davvero protagoniste di una ricostruzione umana e sociale se ciascuno interpreterà al meglio il proprio ruolo, senza inutili e dannose invasioni di campo.
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