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ISSN 2282-1694
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Argomento:  Attualità
data:  30 aprile 2020

Pandemia e sviluppo umano. Nuovi dati dall'UNDP

Marco Musella

L'Occidente è concentrato sui tragici effetti della pandemia da Covid 31; ma bisogna essere consapevoli anche del fatto che la dimensione mondiale del contagio impatta su paesi con capacità di offrire cure e di reagire allo shock economico in modo molto diverso.


Il Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP) ha pubblicato il 29 aprile scorso due nuovi dashboard di dati (Global Preparedness and Vulnerability Dashboard – vedi il sito hdr.undp.org)  che evidenziano le enormi disparità nelle capacità dei Paesi di far fronte al COVID 19 e di riprendersi dalla crisi. Si tratta di un insieme di dati e informazioni che aiutano a mettere a fuoco come la pandemia colpisca il livello del benessere delle persone e delle popolazioni dei diversi Paesi del mondo. È una prospettiva che non possiamo ignorare anche se siamo, giustamente, concentrati sui fatti di casa nostra.

I nuovi cruscotti dati UNDP rivelano, ad esempio, una enorme disparità tra i diversi Paesi in tema di capacità di far fronte al coronavirus e di velocità di recupero delle condizioni di vita precedenti alla pandemia: indicatori come il livello di povertà, la capacità del sistema sanitario di offrire cure, la diffusione della possibilità di accesso a Internet e il grado di protezione sociale possono descrivere quanto gravi sono, e potrebbero diventare, gli effetti della crisi COVID-19 in ciascuno dei 189 paesi considerati dall’organismo delle Nazioni Unite.

Gli indicatori presentati dal UNDP, come si è detto, mettono a fuoco due questioni: preparazione dei paesi a rispondere a COVID-19 e vulnerabilità dei Paesi alle crisi.

Preparazione dei paesi a rispondere a COVID-19

Il Dashboard 1 dell'UNDP presenta indicatori per 189 paesi relativi a quanto preparati sono i Paesi a rispondere alla pandemia; indicatori relativi a livello di sviluppo, grado di disuguaglianze, capacità ed efficienza del sistema sanitario, connettività a Internet, etc. consentono di valutare in che modo una nazione sia capace di far fronte ai molteplici impatti negativi prodotti da una crisi come quella provocata dal COVID-19. Risulta evidente che se è vero che tutti i Paesi sono vulnerabili alla crisi, le loro capacità di risposta differiscono significativamente tra le diverse aree del mondo. Ad esempio, i paesi più sviluppati - quelli che l’UNDP inserisce nella categoria “sviluppo umano molto elevato” - hanno in media 55 letti ospedalieri, oltre 30 medici e 81 infermieri per 10.000 persone; i Paesi a basso valore dell’Indice di sviluppo umano, che appartengono, cioè al gruppo dei Paesi “a basso sviluppo umano” nella classificazione che l’UNDP predispone ogni anno, per gli stessi indicatori hanno numeri assai diversi: 6 letti ospedalieri, 2,1 medici e 8 infermieri per 10.000 persone. E il divario digitale è ancora più significativo. Si pensi che 6,5 miliardi di persone in tutto il mondo - l'85,5% della popolazione mondiale - non ha ancora l’accesso a Internet a banda larga in modo affidabile; il che, lo capiamo bene, anche guardano a quanto accade a casa nostra, limita fortemente la loro possibilità/capacità di lavorare e costringe i bambini e i ragazzi ad interrompere del tutto la scuola e gli altri percorsi formativi.

Vulnerabilità di paesi in crisi come COVID-19

La capacità di affrontare la pandemia è una cosa; diversa è la questione della vulnerabilità dei singoli Paesi una volta colpiti dalla crisi e connessa ad essa, la questione di quanto siano vulnerabili i diversi Paesi alle ricadute. Il Dashboard 2 dell'UNDP, sulla vulnerabilità, presenta indicatori che riflettono il grado di esposizione dei Paesi agli effetti di questa crisi, quindi la loro fragilità.
Coloro che già vivono in condizioni di povertà sono particolarmente a rischio. Nonostante i recenti progressi nella riduzione della povertà, circa una persona su quattro vive ancora nella povertà multidimensionale o ne è vulnerabile; inoltre oltre il 40% della popolazione mondiale non ha alcuna protezione sociale. La pandemia di COVID-19 da vita anche ad interruzioni delle attività produttive e dei processi di generazione del reddito; ed è bene ricordare che le interruzioni che accadono in una area del globo sono contagiose ed hanno un impatto più forte sulle strutture economiche e sociali più deboli. Ad esempio, in alcuni paesi, come il Kirghizistan, una parte significativa del PIL proviene dalle rimesse. Mentre luoghi diversi come il Montenegro, le Maldive e Capo Verde, hanno economie fortemente basate sul turismo (ad esempio quasi il 60% del PIL nelle Maldive viene generato dalle attività turistiche), settore fortemente colpito da divieti di viaggio e blocchi. Avere un quadro della vulnerabilità dei diversi Paesi del mondo è un altro importante elemento per comprendere la situazione che viviamo e la sua evoluzione.

La pandemia, come sappiamo, è più di un'emergenza sanitaria globale. È una crisi sistemica di sviluppo umano a Nord e a Sud, ad Est e ad Ovest, una crisi che già colpisce le dimensioni economica e sociale dello sviluppo in modi senza precedenti. Proprio per questo le politiche per ridurre le vulnerabilità e lo sviluppo di capacità nuove per affrontare le crisi, sia a breve che a lungo termine, sono fondamentali se si vuole che gli individui e le comunità abbiano la possibilità e gli strumenti per riprendersi da uno shock senza precedenti come quello che ha colpito il mondo intero nel 2020. È questo è vero in Italia come in ogni Paese del mondo.

Rivista-impresa-sociale-Marco Musella Università degli Studi di Napoli "Federico II"

Marco Musella

Università degli Studi di Napoli "Federico II"

Professore ordinario di Economia Politica presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell'Università degli Studi di Napoli "Federico II". Presidente di Iris Network. È co-direttore scientifico della rivista Impresa Sociale.

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