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ISSN 2282-1694
Tempo di lettura: 
Argomento:  Attualità
data:  15 giugno 2020

Piano Colao: il Terzo settore per finta

Carlo Borzaga

Non basta citare qua e là il Terzo settore, tra l'altro in modo impreciso, se non gli si riconosce il ruolo che effettivamente ha nei settori di interesse generale in cui già oggi opera, prevedendo misure adeguate di sviluppo; su questo il Piano Colao è del tutto insoddisfacente. 


Scorrendo velocemente le 121 slide che compongono la proposta di “Iniziative per il rilancio Italia 2020-2022” elaborate dal Comitato di esperti in materia economica e sociale sembra che finalmente in un documento ufficiale di politica economica sia esplicitamente riconosciuto anche il ruolo del Terzo Settore.

Ma buone notizie finiscono qui. Ad una lettura più attenta del testo infatti che questo riconoscimento ha tutta l’aria di essere un atto dovuto dopo che per mesi i media hanno dedicato spazio al ruolo assunto dalle organizzazioni di Terzo settore, soprattutto di volontariato, nell’assistenza alle persone rese fragili dal lockdown. Il tema è infatti affrontato in modo superficiale e se si vanno a leggere le proposte emerge la scarsa conoscenza delle organizzazioni che compongono il settore, di cosa esse esattamente facciano o possano fare e di come siano regolamentate e perché.

La scarsa o nulla conoscenza del settore è dimostrata da almeno due passaggi, che sono a tutti gli effetti definibili come veri e propri “svarioni”.

Colpisce innanzitutto la presenza di due slide diverse, una relativa al Terzo Settore (la n. 19) e l’altra alle organizzazioni di cittadinanza attiva (la n. 100), presentate come se si trattasse di due mondi diversi e separati e bisognosi di interventi di sostegno specifici. Ora, chiunque abbia anche una minima conoscenza della materia, sa che anche le organizzazioni di cittadinanza attiva fanno integralmente parte del Terzo Settore, sono regolamentate dalla stessa legge e possono accedere a tutti gli strumenti di sostegno dalla stessa previsti, inclusi il “fondo per il finanziamento di progetti e attività di interesse generale nel Terzo Settore” e il 5 per mille, di cui peraltro non si capisce perché se ne proponga in potenziamento con riferimento alle organizzazioni di cittadinanza attiva, quando esso interessa tutto il Terzo Settore, e non solo.

Se la ragione di questa separazione inutile oltre che discutibile è quella di disarticolare il Terzo Settore privilegiandone alcune componenti essa va respinta con decisione.

Lo stesso giudizio vale per la proposta contenuta nella slide 19, quella dedicata al Terzo Settore dove si propone – in modo peraltro piuttosto ambiguo – il superamento “dei limiti per la società profit di acquistare partecipazioni rilevanti nelle imprese sociali” poiché questi limiti costituirebbero un vincolo agli investimenti da parte di potenziali investitori. Motivazione del tutto inconsistente e mai dimostrata ma spesso trattata come verità assoluta che fa pensare che più che a sostenere l’impresa sociale, la proposta sia destinata a metterne in discussione una delle sue specificità più importanti, quella di una governance in grado di garantire – insieme agli altri vincoli - il perseguimento dell’interesse generale e a far riemergere una tesi già respinta con decisione sia dalle stesse imprese sociali che dal legislatore. E che ha una logica molto precisa: le società profit possono partecipare alla costituzione e alla patrimonializzazione delle imprese sociali e godere se lo fanno di importanti vantaggi fiscali (quando diventeranno operativi), possono contribuire alla governance, ma non devono poter determinare in via esclusiva finalità e modalità di gestione dell’impresa. E ciò per evitare che si spaccino come esclusivamente di interesse generale iniziative che ne sono prive. Un altro tentavo, un po' subdolo, di disarticolare una componente fondamentale del Terzo settore?

Che il richiamo al Terzo Settore sia un atto poco più che dovuto e fatto con poca convinzione – e quindi che il tema sia trattato con superficialità – è inoltre dimostrato dalla quasi totale assenza di richiami alle potenzialità, oltre che alle necessità delle organizzazioni che lo compongono, in praticamente tutte le altre proposte di intervento (non classificherei come rilevante il richiamo contenuto nella proposta 99 sull’opportunità di sostenere in “contesti deprivati” “cooperative territoriali” per la gestione di mense scolastiche finalizzate al contrasto della povertà alimentare giovanile). Una assenza evidente soprattutto in alcune di queste proposte.

In tutte le proposte relative alle politiche del lavoro in generale e nello specifico dalle persone fragili (n. 93) manca ogni riferimento sia al ruolo delle cooperative sociali di inserimento lavorativo che all’opportunità (visto che funzionano) di sostenerle con il riconoscimento del ruolo formativo, mentre si parla genericamente, di potenziamento dell’offerta di “tutoraggio”.

Non si fa alcun cenno alle potenzialità delle organizzazioni o imprese di Terzo Settore nella proposta su efficienza e transizione energetica (n. 30): nonostante a livello europeo si stia sempre più puntando sulle forme collettive di autoproduzione – che hanno avuto ad esempio grande successo in Germania grazie a una legislazione di sostegno - nella proposta si parla solo di incentivare – come da tradizione – solo i privati. Manca poi ogni riferimento al ruolo del Terzo Settore e – più in generale – della cooperazione tra abitanti nella proposta relativa all’housing sociale (n. 40) e alle ormai diffuse esperienze di gestione da parte di enti di Terzo Settore di immobili e beni pubblici inutilizzati e di beni sequestrati alla criminalità organizzata e non si fa cenno a misure di sostegno.

Non risulta alcun richiamo alle molte iniziative di Terzo Settore e delle imprese di comunità nei settori del turismo, della cultura (dove la presenza di organizzazioni di Terzo Settore è rilevante ed estesa garantendo sia il finanziamenti che la  gestione di molte attività) e in particolare quando si fa riferimento alla “riforma del modelli di gestione degli enti artistici e culturali” dove è chiaro che, per favorire la valorizzazione di “siti e beni con potenziale inespresso” evitando al contempo “lo sfruttamento dei siti per fini puramente privati” un riferimento al ruolo degli enti di Terzo Settore e all’opportunità di concedere loro vantaggi e sostegni specifici in quest’ambito sarebbe stato più che coerente.

Non appare infine nessun tentativo di individuare il ruolo che dovrebbero avere i diversi attori, e in particolare gli enti di Terzo Settore, nella realizzazione dei “presidi di welfare” (n. 80). Poiché l’esperienza ha dimostrato che la difficoltà maggiore a realizzare simili iniziative deriva dalla complessità dell’offerta e della necessità di trovare forme efficaci di collaborazione, perché la proposta possa avere un minimo di concretezza è necessario definire con una certa precisione io ruoli dei diversi attori, le responsabilità e le modalità di coinvolgimento. Qui, e non nella proposta 19, sarebbe stato ad esempio opportuno il richiamo all’art. 55 del Codice del Terzo Settore.

In conclusione, se va riconosciuto che finalmente il Terzo Settore è considerato nelle sue potenzialità in un documento generale di politiche economiche e sociali, il lavoro del Comitato degli esperti dimostra che per un pieno e concreto riconoscimento del Terzo Settore non solo come insieme di interventi più o meno rilavanti, ma come insieme di attori con proprie specificità e risorse, c’è ancora molto da lavorare. Almeno nel  nostro Paese.

Rivista-impresa-sociale-Carlo Borzaga Euricse - Università degli Studi di Trento

Carlo Borzaga

Euricse - Università degli Studi di Trento

Già professore ordinario di Politica economica presso l’Università degli Studi di Trento, dal 2008 al 2022 è stato presidente di Euricse, di cui ora è presidente emerito. È stato tra i fondatori di EMES e di Iris Network, che ha presieduto per dieci anni. I suoi interessi di ricerca spaziano dal mercato del lavoro all’analisi economica delle cooperative, delle organizzazioni non profit e delle imprese sociali, dai sistemi di welfare all’organizzazione dell’offerta di servizi sociali e sanitari.

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