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ISSN 2282-1694
Tempo di lettura:  7 minuti
Argomento:  Policy
data:  07 ottobre 2023

Samenwerken. Due storie inventate, terribilmente realistiche

Gianfranco Marocchi

Uno sguardo comparativo ci aiuta a comprendere come le politiche italiane abbiano penalizzato l'inserimento lavorativo, che gode di livelli di supporto irrisori. Le imprese sociali si sono convinte che i margini di impresa potessero finanziare il lavoro sociale e formativo. Illusoriamente.


Il 5 ottobre 2023, al ventennale del Consorzio Nazionale Idee in Rete, ho avuto occasione di presentare i contenuti più marcatamente politici di questo articolo pubblicato su Impresa Sociale, argomentando come le politiche abbiano colpevolmente tralasciato di considerare (e quindi sostenere) la funzione di interesse generale dell'inserimento lavorativo e di come le imprese sociali si siano imprigionate in una narrazione autopenalizzante. Le reazioni dei presenti, durante e dopo l’intervento, sono state diverse, come è giusto che sia, e mi hanno stimolato ulteriori riflessioni, che però vorrei proporre raccontando due storie. Assolutamente inventate, forse a tratti caricaturali, ma, nell’essenza, terribilmente realistiche.

Dieci anni fa

La cooperativa “Lavorare insieme”, operante nel nostro paese da metà anni Novanta e la “Samenwerken”, nordeuropea e operativa da 5 anni, sono due ottime WISE (la sigla con cui in Europa si identificano le imprese sociali di intetgrazione lavorativa, Work Integration Social Enterprises, che in Italia per la grandissima maggioranza sono cooperative sociali di tipo B)..

Entrambe lavorano nell’ambito della raccolta differenziata, fatturando circa 5 milioni di euro.

Dispongono di una buona flotta di automezzi, di magazzini per lo stoccaggio dei materiali, di una organizzazione ben strutturata e, similmente ad altre imprese non WISE dello stesso settore, stanno introducendo tecnologie digitali per governare i processi produttivi.

Entrambe hanno, tra persone impegnate negli uffici e squadre di raccolta dei rifiuti, 100 lavoratori, 40 dei quali svantaggiati (azzurri). A ben vedere, anche un’altra decina di lavoratori, seppure non riconosciuti come svantaggiati, sono in una situazione di fragilità (grigi).

Grazie ai proventi dell’attività di raccolta differenziata, a tutti questi lavoratori è pagato il salario minimo contrattuale e si riescono a ripagare gli ammortamenti degli investimenti, gli oneri finanziari, ecc.

I conti sono in equilibrio. Seppure - con riferimento alla Lavorare insieme - i margini non siano più quelli di una volta, pagati questi costi, anche quest’anno, come nei precedenti, è sempre rimasto un piccolo margine. Quest'anno a entrambe, pagati questi costi, avanzerebbero circa centomila euro. Visti i tempi, un gande risultato, non tutte le WISE ci riescono, ma queste sono due ottime imprese.

Sia la Lavorare insieme che la Samenwerken, malgrado inseriscano decine di persone che le imprese non WISE non vorrebbero mai tra i propri lavoratori, sono riuscite a competere ad armi pari con queste ultime, benché esse siano piuttosto agguerrite in quel settore di attività. In particolare, alla Lavorare insieme sono molto orgogliosi: sono riusciti a fare tutto questo semplicemente con i proventi della vendita di servizi ambientali, tra l’altro differenziando i clienti nel corso degli anni (circa 400 mila euro sono ricavati sul mercato privato). In un convegno il presidente ha spiegato l’importanza di essere una vera impresa sociale, di stare sul mercato, di essere apprezzati professionalmente al di là del lavoro sociale svolto e ha mostrato i dati di una ricerca che evidenzia i benefici economici riversati sulla comunità grazie al fatto di realizzare un "doppio prodotto" in assenza di qualsiasi aiuto pubblico. È stata dura, ma grazie a questo sono diventati una vera impresa.

I fondatori della Samenwerken avevano conosciuto la Lavorare insieme alcuni anni fa, loro erano all’inizio. Avevano ammirato moltissimo questa esperienza italiana, così dinamica e imprenditoriale, mentre da loro si facevano per lo più laboratori protetti e avevano deciso di seguire l'esempio italiano. Ora, visto che la loro normativa nazionale riconosce il valore sociale costituito dal fatto di inserire al lavoro persone svantaggiate, ricevono circa 600 mila euro che si aggiungono al fatturato di mercato, tra quote riconosciute a fronte del numero di lavoratori inseriti e altre disposizioni di legge.

Grazie a queste risorse, la Samenwerken è in grado (anzi, deve, secondo la legge del suo paese, visto che riceve risorse per questo) tenere in organico ulteriori dieci persone (arancioni) con il compito specifico di favorire l’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate e di organizzare per esse attività formative. Spende per questo 350 mila euro.

La Lavorare insieme, cui, secondo la normativa italiana, non è riconosciuto nulla per il lavoro sociale e formativo svolto con le persone svantaggiate, ha invece, grazie ai propri buoni risultati, assunto alcuni anni fa un responsabile dell’inserimento lavorativo per gestire meglio le persone inserite. Inoltre, da qualche anno ha aumentato l’organico di tre persone; loro e altre tre – sei in tutto – operano part time a supporto dell’inserimento lavorativo. Spende per questo circa 120 mila euro, rispetto ai 100 di margine provenienti dalle attività produttive.

Mancherebbero 20 mila euro, ma il presidente e la vicepresidente sono in questi anni stati disposti a rinunciare volontariamente a parte della loro retribuzione perché credono che sia veramente imprescindibile offrire un inserimento lavorativo di qualità.

La Samenwerken spende inoltre circa 50 mila euro in acquisto di servizi formativi esterni specialistici per le persone svantaggiate da agenzie specializzate, assicurando così una qualifica alle persone svantaggiate inserite che è riconosciuta dalla normativa nazionale e abbastanza ambita sul mercato. Altri lavoratori sono supportati nel prendere patenti per la guida di automezzi pesanti – pagate dalla Samenwerken -, altro elemento che favorisce la loro spendibilità sul mercato del lavoro. La Samenwerken è inoltre inserita in un progetto realizzato insieme ad un centro di ricerca per sviluppare nuove tecnologie assistive per i lavoratori con disabilità, da cui è atteso, nei prossimi due anni il brevetto di soluzioni specifiche per l’adattamento del posto di lavoro. Su 40 lavoratori svantaggiati, mediamente, anche grazie alle qualifiche conseguite alla Samenwerken, ogni anno una quindicina trova occupazione in imprese esterne e altrettanti nuovi lavoratori svantaggiati iniziano a lavorare al loro posto nella WISE. Inoltre, la Samenwerken ogni anno conferisce circa 50 mila euro ad un fondo per il rinnovamento del parco automezzi e degli altri macchinari di produzione.

Alla Lavorare insieme i 40 lavoratori svantaggiati sono gli stessi da circa 10 anni. È successo ogni tanto che, per pensionamento o per ricadute nella tossicodipendenza, qualcuno abbia smesso di lavorare; è stato rimpiazzato da altre persone, scelte anche a partire dalle indicazioni dei capisquadra che hanno sottolineato come la cooperativa sia già economicamente sul filo del rasoio e che quindi tutti, compresi i lavoratori svantaggiati, debbano essere il più possibile produttivi.

La Lavorare insieme è un’impresa che sa guardare lontano. Si rende conto della necessità di uno sforzo straordinario per stare al passo con le tecnologie o quantomeno di evitare il deterioramento del parco automezzi. È una base sociale molto responsabile e, non essendovi risorse disponibili, i soci hanno scelto di rinunciare per due anni agli aumenti contrattuali per finanziare un fondo che dovrebbe consentire quantomeno la sostituzione dei mezzi più malandati. Qualcuno ha mormorato, si è lamentato sommessamente, ma alla fine la fiducia nel presidente ha prevalso e tutti si sono convinti. A fronte di questa scelta, evidentemente non facile, il presidente, storico cooperatore di quasi 57 anni, che pure aveva già 5 anni fa annunciato di voler passare la mano, ha scelto di rimanere ancora un mandato, anche perché vi erano oggettive difficoltà a trovare qualcuno che fosse disponibile ad assumere su di sé tutti i rischi, perdipiù per uno stipendio sostanzialmente uguale a quello degli operai. Il Presidente, anche per questo, è molto ammirato dai suoi soci, che vedono in lui l’anima della cooperativa e le persone svantaggiate inserite gli sono eternamente riconoscenti.

Anche la Lavorare insieme ha compreso l’importa di investire in sviluppo e tecnologie, ha per questo assunto due giovani ingegneri. Ha spiegato loro la storia e i valori della cooperativa, ha spiegato inoltre che allo stato attuale era in grado di corrispondere loro uno stipendio di circa 1600 euro, forse poco, ma sicuramente loro avrebbero compreso l’importanza del progetto.

Negli stessi giorni, anche la Samenwerken ha assunto un certo numero di giovani ingegneri e tecnici, destinando circa 100 mila euro per corrispondere retribuzioni superiori al minimo a loro (il primo stipendio è di 2800 euro) e ad i dirigenti apicali. Ci sono parecchi giovani nel board, tutti con titoli di studio alti, anche in ambito tecnico, molto motivati e dinamici.

La Lavorare insieme ha chiuso in pareggio, è un ottimo risultato. A dire la verità c'è stato qualche piccolo stiracchiamento di bilancio, qualche fattura fornitori messa forzatamente di competenza nell'anno successivo, ma erano piccole cose, tanto per avere un segno positivo, seppure di 500 euro, sul bilancio. Sono tutti molto fieri di quanto sono riusciti a fare solo con le loro forze, e ne hanno sicuramente ottimi motivi.

La Samenwerken ha chiuso con 250 mila euro di utile, certo non è un gran che, alcuni dirigenti sono consapevoli della necessità di rafforzarsi patrimonialmente, ma la speranza è che gli investimenti in corso facciano migliorare la marginalità.

Oggi

La Lavorare insieme è ancora attiva, due anni dopo gli eventi sopra raccontati aveva perso degli appalti riducendo il personale di oltre 30 unità, ma successivamente, tirando un po’ sui prezzi (e infrangendo un tabù che sino a quel momento aveva tenuto, di non concorrere contro altre cooperative sociali su commesse da queste già gestite) ha recuperato una buona parte del fatturato perduto; tra l’altro hanno ampliato di circa 150 mila euro i clienti privati, è vero che tirano sui prezzi tanto quanto quelli pubblici, ma la cosa rende la cooperativa particolarmente orgogliosa. I bilanci chiudono sempre in modo un po’ stentato, per fortuna il presidente (che è sempre lui) l’anno scorso è andato in pensione e continua a svolgere il proprio ruolo in modo volontario e questo costituisce un aiuto significativo ai conti che chiudevano sempre intorno al pareggio, quest’anno dovrebbero esserci grazie a ciò 25 mila euro di utile, una boccata d’ossigeno sui bilanci della cooperativa, visto che negli anni peggiori si era accumulata una perdita di quasi 80 mila euro e alcuni crediti appaiono non del tutto solidi. Nell’aria, comunque si sente un certo deterioramento del clima e del morale, malgrado il recente recupero di fatturato abbia messo a tacere le voci più critiche. Gli operatori per l’inserimento lavorativo part time sono stati ridotti a tre durante l’anno di crisi e non sono più stati reintegrati, si è scelto in questo frangente di dare la priorità agli aspetti produttivi, comunque anche il fatto di riuscire ad offrire un lavoro a quasi 30 persone svantaggiate (si, con il 30% siamo un po’ sul filo, colpa anche del fatto che ad alcuni ex tossicodipendenti non hanno avuta rinnovata la certificazione di svantaggio) è molto importante. E comunque il responsabile dell’inserimento lavorativo è una persona straordinaria, lavora almeno 60 ore alla settimana per riuscire a parlare almeno un po’ con tutti i lavoratori fragili, riconosciuti come svantaggiati e non, oltre a svolgere una mole di impegni burocratici immane. Sì, alla Lavorare insieme un saluto, una chiacchiera di un quarto d’ora mentre si lavora o quando si smonta non manca mai, è il bello della cooperativa, ti fa sentire accolto come in una grande famiglia, è questo il senso profondo della Lavorare insieme. A proposito, i due giovani ingegneri nel frattempo hanno cambiato lavoro. Pazienza. Il fatto è che è proprio difficile con questi ragazzi trasmettere lo spirito della cooperativa, dopo qualche anno ricevono offerte di lavoro dove li pagano molto di più e se ne vanno.

La Samenwerken ha oggi 350 addetti e il fatturato – oltre 15 milioni di euro - è cresciuto proporzionalmente, così come le risorse pubbliche trasferite per il lavoro sociale, che superano i due milioni e mezzo di euro. È coinvolta in alcuni progetti europei per la realizzazione di prototipi nell’ambito delle tecnologie assistive che quest'anno sono giunti a maturazione. Finalmente, grazie agli anni di paziente investimento, anche i margini annui sono cresciuti in modo sostanziale – quest’anno l’utile è di oltre un milione di euro - il che ha permesso da una parte dei significativi investimenti in automezzi più produttivi, dall’altra di introdurre miglioramenti sostanziali nei percorsi formativi delle persone svantaggiate. Oggi gli inserimenti lavorativi sono circa 140, la gran parte persone sono nuove rispetto a quelle di 10 anni fa per il naturale ricambio dovuto al reperimento di posti di lavoro nel mercato ordinario da parte delle persone prima inserite. Si conta che tra attuali lavoratori e persone collocate in imprese esterne negli ultimi anni grazie alla Samenwerken ci siano quasi 300 persone che hanno trovato occupazione; e questo ha contribuito a riaffermare politiche pubbliche di sostegno alle imprese sociali. In collaborazione con un’agenzia formativa, la Samenwerken ha dedicato una parte dello stabilimento alla formazione delle persone inserite - offerta prima dell'inserimento vero e proprio e poi con orari più limitati anche durante l'inserimento - e ha intrapreso un programma di housing per i propri lavoratori in uscita dal carcere o in altre situazioni di fragilità. Il programma di inserimento si è ulteriormente arricchito e potenziato, così come il numero degli operatori dedicati, oggi una trentina, sulla cui professionalità si è notevolmente investito, richiedendo qualifiche sempre più elevate. Anche lì di burocrazia ce n’è parecchia, d’altra parte tutto il lavoro svolto dagli operatori con le persone svantaggiate va documentato a fronte delle risorse ricevute. Circa 800 mila euro sono stati spesi per attività – sociali, formative, di placement, adattamento dei posti di lavoro, affiancamento alla produzione ecc. – legate all’inserimento lavorativo.  Il board si è arricchito di altri giovani molto attivi – tra cui uno dei giovani ingegneri assunti 10 anni fa -, parlano tutti più lingue, girano per l’Europa alla ricerca di soluzioni sempre più adeguate e per stabilire nuove relazioni commerciali.

Epilogo. Progetto europeo

Oggi la Lavorare insieme e la Samenwerken si sono incontrate, è accaduto nell’ambito di un progetto europeo. Alla Samenwerken erano sinceramente emozionati di ricevere i colleghi italiani, questi ultimi probabilmente non ricordavano i giovani di aspetto un po' nordico che erano venuti in visita nel nord Italia 15 anni prima, ma per loro conoscere la Lavorare insieme era stato veramente determinante. I partecipanti della Lavorare insieme sono rimasti sinceramente ammirati dalla visita alla Samenwerken. Hanno visto le loro attrezzature, la loro organizzazione, le varie attività a supporto dell’inserimento lavorativo, hanno guardato le slide esposte dal giovane ingegnere membro del board che descriveva la crescita dell’ultimo decennio. Hanno concluso che alla Samenwerken sono sicuramente più bravi e che alla Lavorare insieme, dove pure fanno cose importanti, a quel livello non ci arriveranno mai, forse è colpa loro, forse non sono adeguati. Forse è che i giovani non hanno più lo stesso spirito dei cooperatori di una volta. Certo, questo non toglie che alla Lavorare insieme hanno fatto veramente grandi cose, di cui comunque essere orgogliosi.


Questa storia immaginaria va raccontata. Non è facile comunicare a chi nel nostro paese malgrado tutto riesce ancora a fare inseriento lavorativo, quanto le politiche lo abbiano dimenticato. Gli è difficile percepirlo, perché non ha termine di paragone. Quando gli si racconta che altrove - in forme diverse, in Spagna, in Francia, in Olanda, in Belgio, in Austria - vi sono casi simili alla immaginaria Samenwerkewn subtito rimane stupito, in un primo momento è portato a pensare che queste forme di sostegno all'inserimento lavorativo comportino il venir meno della più autentica vocazione imprenditoriale, mentre, a ben vedere, è vero il contrario: è proprio la situazione di mancato riconoscimento del lavoro svolto a cui si è sottoposti in Italia a deprimere le potenzialità imprenditoriali, a drenare le risorse che potrebbero essere utilizzate per lo sviluppo a compensazione di un lavoro sociale e formativo che dovrebbe essere riconosciuto per la sua funzione di interesse generale, a costringere le WISE italiane in una permanente economia di sopravvivenza. Essere consapevoli dei problemi non significa, purtroppo, avere pronte tutte le risopste, ma è un primo passaggio: se condividiamo l'anaisi, di qui si parte per cercare soluzioni, magari anche a partire da una discussione di alcune delle proposte contenute nel finale del già citato articolo.

Un ringraziamento a Giulia Tallarini che ha verificato la congruenza del racconto relativo alla WISE di fantasia Samenwerchen a partire dalla normativa belga - il Belgio è tra gli stati con una normativa di supporto alle funzioni formative e sociali delle WISE - elemento ulteriore per rendere questa storia - pur non reale - assolutamente realistica.

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Gianfranco Marocchi

Impresa Sociale

Nel gruppo di direzione di Impresa sociale, è anche vicedirettore di Welforum.it. Cooperatore sociale e ricercatore, si occupa di welfare, impresa sociale, collaborazione tra enti pubblici e Terzo settore.

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Argomento:  Policy
data:  07 ottobre 2023
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