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ISSN 2282-1694
Tempo di lettura:  4 minuto
Argomento:  Diritto - Libri
data:  18 dicembre 2020

Sentenza 131. L'instant book di Euricse

Silvia Pellizzari

Euricse ha pubblicato e reso disponibile al download un instant book frutto della giornata di studi del 26 ottobre 2020, dedicata alla sentenza 131/2020 della Corte costituzionale, che rappresenta un punto di svolta nei rapporti tra la pubblica amministrazione e il terzo settore, legittimando l'art. 55 del CTS.


La sentenza della Corte costituzionale 131/2020 trae origine da una vicenda riguardante il riparto di competenze tra Stato e Regioni. Al vaglio della Consulta era stata portata una legge regionale umbra che disciplinava le “cooperative di comunità”, destinate a produrre vantaggi a favore della comunità di appartenenza dei soci, tramite iniziative a sostegno dello sviluppo economico, della coesione e della solidarietà sociale.

Come ha ricordato la prof.ssa Daria de Pretis, giudice della Corte Costituzionale, nella sua introduzione all’instant book “Terzo settore e pubblica amministrazione. La svolta della Corte costituzionale”, pubblicato a dicembre da Euricse, quella vicenda ha consentito alla Corte di svolgere alcune riflessioni sulla portata dell’articolo 118 della Costituzione e, in particolare, sul principio di sussidiarietà orizzontale attraverso il quale la Costituzione riconosce agli individui, singoli o associati, il diritto di svolgere autonomamente attività di interesse generale. Ne deriva che queste attività non possono essere considerate riservate alla pubblica amministrazione. Il principio della sussidiarietà si salda, poi, con un altro valore costituzionale, vale a dire la promozione delle formazioni sociali (art. 2 Cost.), declinato al successivo articolo 45 come riconoscimento della funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità senza fini di speculazione privata.

Con riferimento agli enti del terzo settore (ETS), sussidiarietà e mutualità concorrono a sviluppare i valori della solidarietà, della responsabilità e dell’impegno civico. Valori che hanno radici lontane, collegate alla profonda socialità che connota la persona umana e che deve poter essere realizzata attraverso azioni positive e responsabili. Di qui la valorizzazione degli istituti contenuti nel Codice del terzo settore, relativi al rapporto tra ETS e pubbliche amministrazioni, con particolare riferimento al dibattuto art. 55 su coprogrammazione, coprogettazione e attuazione condivisa degli interventi e dei servizi.

Con la sentenza 131/2020 la Corte costituzionale interviene, quindi, in modo autorevole e decisivo in un dibattito che aveva visto confrontarsi e scontrarsi molti apparati istituzionali: il Ministero del Lavoro, l’Anac, il Consiglio di Stato, le Regioni, gli enti locali e gli istituti di ricerca impegnati da anni nel settore del privato sociale. La materia del contendere riguardava la definizione dell’ambito di applicazione degli istituti di coprogettazione e coprogrammazione rispetto alla disciplina di derivazione europea in materia di contratti pubblici di appalto.

Come ricordato nel contributo di Gianfranco Marocchi, vicedirettore di Welforum, questo scontro ha visto il suo apice nell’estate del 2018. L’Anac ha ritenuto di dover rivolgere al Consiglio di Stato un quesito in merito al coordinamento tra il Codice del terzo settore e la normativa nazionale in materia di trasparenza, prevenzione della corruzione e contratti pubblici. Il 26 luglio 2018 è stato quindi assunto il parere 2052 del Consiglio di Stato, con cui l’applicazione degli articoli contenuti nel Codice veniva fortemente circoscritta. In particolare, si riteneva che questi andassero disapplicati ogni qual volta il rapporto tra pubblica amministrazione ed enti de terzo settore non fosse concluso a titolo meramente gratuito e, quindi, in perdita per il soggetto privato. In ogni altro caso, infatti, l’accordo avrebbe dovuto essere qualificato come contratto di appalto da concludersi nel rispetto delle norme a tutela della concorrenza.

Rispetto a questa posizione, che rischiava di incidere drasticamente e rovinosamente sulla volontà degli enti territoriali di sperimentare forme di coprogettazione, si è però manifestata una resistenza tutt’altro che scontata da parte degli amministratori locali e degli studiosi. Proprio i maggiori esperti italiani hanno dato vita a un gruppo informale (gli “Amici dell’art. 55”) che ha prodotto un documento contenente tutte le argomentazioni in grado di confutare quelle espresse dal Consiglio di Stato sul piano economico, di politica legislativa e giuridico. Gran parte di quel pensiero è in linea con quanto contenuto nella sentenza della Corte ed è stato ripreso efficacemente nei contributi dell’instant book.

Dal punto di vista economico, il presidente di Euricse Carlo Borzaga ha ricordato che, per interpretare correttamente le disposizioni contenute nel CTS, occorre porre particolare attenzione alle specificità degli enti del terzo settore e all’originalità del loro contributo per lo sviluppo sociale ed economico del Paese. Rispetto a questo obiettivo di politica normativa, fatto proprio dal legislatore nazionale, la Corte non si limita a dare per scontata la superiorità e la pervasività del principio di concorrenza, bensì assume la nuova prospettiva di considerare decisive le caratteristiche strutturali degli attori coinvolti nelle relazioni con le pubbliche amministrazioni. In questo senso diventa importantissimo l’esplicito riconoscimento della convergenza di obiettivi che accomuna il terzo settore e la pubblica amministrazione, tale da definire i loro reciproci rapporti secondo una logica non competitiva, ma collaborativa.

A ciò si lega anche la riflessione di Paola Iamiceli, professoressa ordinaria di diritto privato all’Università di Trento, incentrata sulla varietà delle forme privatistiche degli ETS. Proprio questa diversificazione dimostra come il diritto privato faccia salva l’autonomia privata e la proietti verso nuovi orizzonti che permettono modelli di azione autoregolati e il perseguimento di finalità di interesse generale e, lato sensu, pubblicistiche. In altre parole, anche attraverso la disciplina delle relazioni pubblico-private, il CTS porta a sistema un processo di tipizzazione non formale, ma funzionale, che valorizza il pluralismo delle forme giuridiche e ne indirizza il funzionamento verso l’attuazione di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. Nell’impostazione della Consulta, la terzietà diviene quindi un valore fondativo e identitario che distingue gli enti del terzo settore rispetto al mercato e realizza un progetto costituzionale inclusivo e solidaristico.

Del resto, come dimostrato da Luca Gori, ricercatore in diritto costituzionale alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, in termini costituzionalistici la nozione di “ente del terzo settore” rappresenta la declinazione normativa di un tipo di formazione sociale che ha nelle disposizioni costituzionali degli articoli 2, 3, 4, 18 e 118, u.c. Cost. il proprio statuto costituzionale. Al di là della forma giuridica assunta sul piano civilistico, queste realtà rappresentano il “luogo” dello svolgimento della personalità umana, nel quale il dovere di solidarietà può esprimersi compiutamente nella sua componente orizzontale o fraterna (ossia volontariamente assunta come libera espressione della socialità della persona), al fine di concorrere all’attuazione dell’obiettivo delineato dagli articoli 2 e 3 della Costituzione, e in particolare del programma di uguaglianza sostanziale proclamato dal secondo comma di quest’ultima disposizione.

Queste coordinate di base dovrebbero indirizzare anche il tema del rapporto tra disciplina italiana e europea. Per evitare una possibile collisione tra i due ordinamenti, la Corte costituzionale afferma che, nel diritto UE, esiste una competenza riservata agli Stati membri ad “apprestare, in relazione ad attività a spiccata valenza sociale, un modello organizzativo ispirato non al principio di concorrenza ma a quello di solidarietà”.

Sulla base di queste premesse teoriche, io e Felice Scalvini, presidente di Assifero, ci siamo interrogati su quali siano le modalità di attuazione più appropriate degli articoli 55 e seguenti, consci del fatto che tali disposizioni comportano un cambiamento radicale nei ruoli tradizionali dei soggetti pubblici e privati.

Sul piano del diritto amministrativo, la sentenza della Corte pare riconoscere che, nel sistema democratico delineato dalla Costituzione, lo svolgimento delle attività di interesse generale può essere perseguito anche da un’autonoma iniziativa dei cittadini e della società solidale che è una componente essenziale del Paese. Perciò è compito dell’amministrazione favorire dinamiche di condivisione che tengano conto delle specifiche modalità di azione degli enti del terzo settore, come nel caso della valorizzazione del volontariato nell’ambito delle progettualità condivise.

In questa direzione anche gli attori privati sono chiamati ad affrontare un vero e proprio cambiamento strutturale. L’articolo 55 lancia, infatti, una sfida al mondo del terzo settore che deve assumere un approccio condiviso, non opportunistico e al servizio della comunità locale.

Forte della fortunata esperienza dei patti di collaborazione nel settore dei beni comuni promossa da Labsus, il presidente Gregorio Arena ha concluso con una speranza e un’indicazione operativa. Solo attraverso la sperimentazione di iniziative concrete che facciano convergere diverse competenze e volontà, sarà possibile creare una vera alleanza fra amministrazioni, cittadini ed enti del terzo settore che contribuisca efficacemente alla tenuta psicologica del Paese e delle comunità che in esso vivono.

Scarica l'instant booc curato da Silvia Pellizzari e Carlo Borzaga "Terzo settore e pubblica amministrazione. La svolta della Corte costituzionale".

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Silvia Pellizzari

Università degli Studi di Trento

Ricercatrice in Diritto Amministrativo presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Trento. Collabora con Euricse dove coordina il progetto "Rapporto pubblico-privato e produzione di servizi di interesse generale".

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