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ISSN 2282-1694
Tempo di lettura:  5 minuti
Argomento:  Terzo settore
data:  30 agosto 2021

Terzo settore: l'unione fa la forza

Alessandro Fabbri

Il Terzo settore italiano si è dato da tempo strutture unitarie di rappresentanza, ma in che misura questo porta gli ETS e le loro reti che operano negli stessi ambiti a definire collaborazioni operative strutturate? In che misura ciò avviene quando tali ETS provengono da matrici culturali differenti?


La pandemia di COVID-19 è iniziata lo scorso anno e la sua quarta ondata sta purtroppo prendendo avvio in queste settimane. Essa ha messo a durissima prova tanto il nostro welfare state quanto il nostro Terzo Settore. Relativamente al primo, sono stati posti in luce principalmente il valore sociale costituito da un Servizio Sanitario Nazionale pubblico ed universalistico e l’abnegazione dei suoi operatori, ma anche molte criticità e distorsioni consistenti nella permanenza delle diseguaglianze, nella frammentazione regionalistica e nel disinteresse verso la prevenzione e l’assistenza sanitaria di base in favore dell’assistenza ospedaliera (Giarelli, Vicarelli 2020). Relativamente al secondo, è emersa invece una grande capacità di adattamento e di reazione propositiva alle nuove ed impellenti necessità assistenziali della società italiana, nonostante le inedite difficoltà nel reperire risorse per farvi fronte seguendo i consueti canali. Come giustamente osservato dal rapporto INAPP per il 2021, in sintesi, «La prova della pandemia sta rappresentando un poderoso stress test per il comparto non profit» (INAPP 2021: 261) e «Si è insomma avuta dimostrazione che, senza il mondo associativo, la crisi avrebbe moltiplicato i costi sociali e in alcuni casi non avrebbe risparmiato fasce di popolazione più bisognose di aiuto» (ivi: 252).

In merito a questa capacità, vorrei sviluppare alcuni spunti di riflessione circa l’importanza della disponibilità a cercare l’unione, l’accordo e la collaborazione fra realtà talvolta anche caratterizzate da passate contrapposizioni o originate da matrici culturali diverse. Questo si manifesta indubbiamente nel modo più significativo nell’attività del Forum del Terzo settore[1], che dal 1997 ad oggi rappresenta in modo unitario il Terzo settore nel nostro Paese; vi sono poi settori specifici del Terzo settore, come quello cooperativo, che vantano tradizioni di rappresentanza che affondano le radici tra le fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Questo tipo di integrazione è presente anche in altri contesti nazionali, se si considera ad esempio che il National Council of Voluntary Organisations (NCVO) è stato costituto dalle charities britanniche nel lontano 1919[2].

Ma, ci si chiede in questo articolo, in che misura la presenza di elementi unificanti a livello di rappresentanza, trova poi applicazione nel Terzo settore italiano anche nella definizione di sinergie significative relativamente alle specifiche attività dei diversi Enti di Terzo settore? In che misura la presenza di punti di contatto operativi è in grado di generare forme di integrazione anche laddove le organizzazioni interessate trovino origine in matrici culturali diverse e/o abbiano una storia che le ha viste competere?

Un esempio recente molto significativo è l’istituzione, il 6 marzo 2021, di un tavolo permanente tra Croce Rossa Italiana (CRI), l’Associazione Nazionale delle Pubbliche Assistenze (ANPAS) e la Confederazione Nazionale delle Misericordie d’Italia che nasce per «confrontarsi sulle future sfide comuni che vedranno coinvolte le tre reti di volontariato. […] lavorare insieme per offrire sempre nuove risposte a fronte delle nuove emergenze, proposte normative e tutela del volontariato. Sempre accanto alle comunità»[3].

È noto, infatti, che queste tre grandi Organizzazioni di Volontariato (ODV) hanno avuto, a livello sia nazionale sia locale, vicende complesse spesso segnate dalla competizione nello svolgimento dei comuni compiti di pronto soccorso e trasporto sanitario, per motivi in ultima analisi dipendenti dalla loro ispirazione culturale, religiosa e politica e dai differenti rapporti con lo Stato. Eppure, nel corso degli ultimi anni queste divergenze sono state accantonate, a favore invece di una ricerca dell’accordo sulla base degli elementi comuni: gli ideali umanitari (sebbene di diversa matrice), i conseguenti ambiti di attività e le relative necessità e rivendicazioni. L’atto del 6 marzo scorso è in effetti una tappa, molto rilevante, di un cammino avviato al tempo della riforma del Terzo Settore (2016-2017), quando le tre realtà associative hanno sostenuto l’adozione di alcuni specifici provvedimenti del Codice (decreto legislativo 117 del 2017), quali l’articolo 41 sulle Reti Associative e l’articolo 57 sulla prelazione alle ODV nell’affidamento dei servizi di trasporto sanitario d’emergenza. Inoltre, nel 2019 le tre organizzazioni, ormai ufficialmente RAN, hanno anche protestato congiuntamente contro un progetto di riorganizzazione del servizio 118 in quel momento all’attenzione del governo, che sarebbe stato troppo oneroso per le loro risorse, sia umane sia materiali[4].

Si potrebbe osservare che questo progressivo cammino delle tre grandi ODV, da un passato di concorrenza verso un presente di collaborazione e coordinamento, e forse verso un futuro ancora più positivo (sarà interessante rilevarlo), ricalca in certo modo quello intrapreso circa 30 anni fa dal mondo cooperativo, e precisamente da AGCI, Confcooperative e Legacoop. È infatti appena il caso di ricordare le origini e le idealità di queste tre centrali cooperative, ossia, rispettivamente, repubblicane, cattoliche e social-comuniste (da cui i soprannomi di cooperative “gialle”, “bianche” e “rosse”), ed il fatto che per molti decenni, prima e dopo la parentesi della dittatura fascista, sono state in competizione fra loro. Eppure, anch’esse hanno trovato la strada dell’accordo e della collaborazione, cementata dalla costituzione dell’Alleanza delle Cooperative Italiane, organo nazionale nato «per coordinare l’azione di rappresentanza nei confronti del Governo, del Parlamento, delle istituzioni europee e delle parti sociali. L’obiettivo è quello di dar vita ad una rappresentanza unitaria della cooperazione italiana. Con l’Alleanza le cooperative italiane potranno meglio contribuire a dare impulso alla creazione di nuova imprenditorialità e di nuova occupazione nel nostro Paese»[5]. Questa collaborazione, oltre ad esplicarsi in azioni di rappresentanza comuni, trova anche esiti operativi ad esempio nella partecipazione comune a Cooperazione Finanza e Impresa (CFI), una società privata costituita nel 1986 dallo Stato in esecuzione alle disposizioni della “Legge Marcora”, allo scopo di «promuovere la nascita e lo sviluppo di imprese cooperative di produzione e lavoro e di cooperative sociali», e nel cui capitale «oltre al Ministero dello Sviluppo Economico, sono presenti Invitalia, i fondi mutualistici di AGCI, Confcooperative, Legacoop e 325 imprese cooperative»[6]. Si tratta di una realtà estremamente dinamica ed attiva che, fornendo un sostegno economico e tecnico-gestionale, ha contribuito a salvare o creare decine di imprese sociali, tutelando competenze e professionalità e salvaguardando posti di lavoro, in particolare mediante lo strumento oggi molto noto del Workers Buyout (WBO)[7]. Queste sinergie sono sicuramente preziose per il nostro tessuto sociale ed economico e per assorbire gli ultimi contraccolpi della pandemia.

Un altro esempio significativo creazione di reti al di là delle matrici culturali di provenienza è il coordinamento strutturale fra le quattro grandi associazioni che riuniscono i donatori di sangue. Infatti AVIS, FIDAS, Fratres e la stessa CRI già dal 1995 hanno costituito il Comitato Interassociativo del Volontariato Italiano del Sangue (CIVIS)[8], poi ri-costituito nel 2005 e ad oggi principale interlocutore del Centro Nazionale Sangue (CNS), l’organo del Ministero della Salute che coordina tutto il sistema trasfusionale italiano: insieme, CIVIS e CNS hanno affrontato i mesi più duri della pandemia garantendo il proseguimento dell’attività donazionale in sicurezza, limitandone notevolmente il calo ed assicurando sostanzialmente le quantità di sangue ed emocomponenti necessarie alle attività sanitarie[9].

Insomma, pur non senza difficoltà, esempi di integrazione operativa sono presenti nel Terzo settore italiano; ma questo non toglie che si tratti di esempi virtuosi e non della normalità per queste organizzazioni. Sarebbe quindi opportuno riprendere ed intensificare questa spinta, soprattutto rispetto alle ODV e dalle APS, dal momento che invece il mondo cooperativo vanta una tradizione di integrazione più solida: in merito alle prime, infatti, le forme di coordinamento menzionate risultano essere casi piuttosto rari (e per questo preziosi); in merito alle seconde, non risultano con l’eccezione del coordinamento esistente in seno al CONI fra i 15 maggiori enti di promozione sportiva (UISP, CSI, AICS ecc.)[10].

Questa particolare difficoltà delle APS a stabilire al proprio interno legami interassociativi, basati per l’appunto sull’analogia fra le funzioni svolte, è un fenomeno sociale rilevante che meriterebbe di essere studiato più in profondità, anche per innescare nel modo migliore fenomeni di segno opposto. In altre parole, sarebbe estremamente opportuno che molte altre realtà APS seguissero l’esempio degli enti sportivi, specie fra quelle che svolgono le loro attività in sedi che consistono fisicamente in luoghi al chiuso. I presupposti ci sono, se si considera ad esempio la circostanza, risalente alla metà di maggio, in cui i presidenti nazionali di ACLI ed ARCI hanno fatto congiuntamente appello al governo sia per poter riaprire, sia per stigmatizzare la lentezza nell’iter di erogazione dei sostegni economici promessi dallo Stato, a fronte della grave situazione economica di molti dei loro circoli[11]. Vi è da sperare che queste potenzialità trovino presto traduzioni operative, ricordando che l’unione fa la forza.

 

 

Riferimenti bibliografici

 

Giarelli G., Vicarelli G. (2020), “Conclusioni. Una bussola per il rilancio del SSN”, in Vicarelli G., Giarelli G. (a cura di), Libro Bianco. Il Servizio Sanitario Nazionale e la pandemia da Covid-19. Problemi e proposte, FrancoAngeli, Milano, 117-141.

INAPP (2021), RAPPORTO 2021. Lavoro, formazione e società in Italia nel passaggio all’era post Covid-19, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ).

 

Sitografia

 

https://cri.it/2021/03/07/tavolo-permanente-anpas-croce-rossa-e-confederazione-delle-misericordie/.

https://www.misericordie.it/emergenza-118-anpas-croce-rossa-e-misericordie-chiedono-incontro-al-governo

https://www.alleanzacooperative.it/l-associazione

https://www.cfi.it/chi-siamo.php.

https://www.cfi.it/cfi-in-cifre.php.

http://www.fidas.it/box_documenti/regolamento_CIVIS.pdf.

https://www.centronazionalesangue.it/nel-2020-garantita-in-italia-lautosufficienza-per-il-sangue-ma-calano-i-donatori/.

https://www.forumterzosettore.it/chi-siamo/storia/.

https://www.ncvo.org.uk/about-us/.

https://www.coni.it/it/enti-di-promozione-sportiva.html.

http://www.vita.it/it/article/2021/05/14/arci-e-acli-riaprire-i-circoli-cancellando-una-discriminazione-inspieg/159359/.

[1] Cfr. https://www.forumterzosettore.it/chi-siamo/storia/.

[2] https://www.ncvo.org.uk/about-us/.

[3] https://cri.it/2021/03/07/tavolo-permanente-anpas-croce-rossa-e-confederazione-delle-misericordie/.

[4] Cfr. https://www.misericordie.it/emergenza-118-anpas-croce-rossa-e-misericordie-chiedono-incontro-al-governo

[5] https://www.alleanzacooperative.it/l-associazione

[6] https://www.cfi.it/chi-siamo.php.

[7] Cfr. https://www.cfi.it/cfi-in-cifre.php.

[8] Cfr http://www.fidas.it/box_documenti/regolamento_CIVIS.pdf.

[9] https://www.centronazionalesangue.it/nel-2020-garantita-in-italia-lautosufficienza-per-il-sangue-ma-calano-i-donatori/.

[10] Cfr. https://www.coni.it/it/enti-di-promozione-sportiva.html.

[11] Cfr. http://www.vita.it/it/article/2021/05/14/arci-e-acli-riaprire-i-circoli-cancellando-una-discriminazione-inspieg/159359/.

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Alessandro Fabbri

Università di Bologna

Professore associato di Sociologia generale presso l'Universitas Mercatorum di Roma.

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