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ISSN 2282-1694
Tempo di lettura:  1 minuto
Argomento:  Diritto - Terzo settore
data:  02 settembre 2020

Va bene tutto, ma…

Gianfranco Marocchi

Perché, una volta approvata la Riforma del Terzo settore, le leggi provano a scantonarla? A prevedere un certo trattamento per gli ETS, ma anche per altri; per le imprese sociali, ma anche per altri. Ciò crea confusione e rischia di sterilizzare il significato della Riforma.


Va bene tutto, ma a forza di trovare buoni motivi per scantonare la riforma, si rischia di sterilizzarla.

Va bene che nei provvedimenti emergenziali il Governo, per evitare di lasciar fuori dalle forme di sostegno anche chi, pur non essendo di Terzo settore, opera in modo analogo per l’interesse generale come gli enti religiosi civilmente riconosciuti, li includa.

Va bene che si prevedano misure specifiche per gli enti sportivi dilettantistici, dal momento che per molti di essi non è conveniente, rispetto al regime attuale, farsi riconoscere come Enti di Terzo settore.

Va bene che ci si ponga, in questa situazione straordinaria, il problema di come sostenere i soggetti di Terzo settore che fanno attività di impresa pur non essendo imprese sociali.

Va bene (benino) che il "decreto di agosto", poiché in assenza del Registro Unico molti enti effettivamente di Terzo settore non possono essere riconosciuti come tali, riesumi una categoria che sarebbe stato opportuno seppellire con decisione in fase di riforma come quella degli “enti non commerciali”, addirittura considerandola come inclusiva degli Enti di Terzo settore.

Va bene tutto, va bene che a fronte di un’emergenza senza precedenti si legiferi e agisca senza andare troppo per il sottile, mirando in primo luogo a non escludere nessuno dagli aiuti, anche a costo di un uso disinvolto delle parole nei testi normativi (per cui, si apprende dalla decretazione, gli enti di terzo settore includono gli enti religiosi e gli enti non commerciali includono il terzo settore).

Ma ora si faccia un po’ di ordine.

Se necessario introducendo alcune modifiche normative, si faccia in modo che la qualifica di Ente di Terzo settore possa accogliere tutti “gli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che...  promuovono e realizzano attività di interesse generale” e che tutti gli enti che aspirano ai favor legis a ciò connesso la acquisiscano. E che tutti gli enti che intendono realizzare quanto sopra attraverso la “produzione e scambio di beni e servizi” debbano – e non possano - acquisire la forma di impresa sociale, assumendone i vincoli e sottoponendosi alle forme di controllo per essa previste e godendo dei relativi vantaggi. E si istituisca il Registro unico, essendo veramente singolare che a quattro anni dalla legge 106/2016 e a tre dal Codice si debba ricorrere a categorie peraltro obsolete per surrogare la platea degli enti che la legge vorrebbe includere.

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Gianfranco Marocchi

Impresa Sociale

Nel gruppo di direzione di Impresa sociale, è anche vicedirettore di Welforum.it. Cooperatore sociale e ricercatore, si occupa di welfare, impresa sociale, collaborazione tra enti pubblici e Terzo settore.

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