Sostienici! Rivista-Impresa-Sociale-Logo-Mini
Fondata da CGM / Edita e realizzata da Iris Network
ISSN 2282-1694
impresa-sociale-8-2016-il-caffe-sospeso-della-tradizione-napoletana-prosocial-behaviour-come-fondamento-delle-istituzioni-sociali

Saggi

Innovazione sociale e generatività sociale

Davide Lampugnani, Patrizia Cappelletti

Il caffè sospeso della tradizione napoletana

Federica D'Isanto, Salvatore Di Martino

Saggi brevi

I luoghi di innovazione

Fabrizio Montanari, Lorenzo Mizzau

Misurare la coesione sociale

Giulia Venturini, Paolo Roberto Graziano

Casi studio

Sistemi locali di economie collaborative

Maria Antonietta Sbordone

Numero 8 / 2016

Saggi

Il caffè sospeso della tradizione napoletana: prosocial behaviour come fondamento delle istituzioni sociali

Federica D'Isanto, Salvatore Di Martino

Abstract

Gli individui quotidianamente mettono in atto una serie di comportamenti che mal si conciliano con la visione self-interest e razionale dell’Homo Oeconomicus. Questo lavoro racconta di un field experiment, ovvero di un esperimento condotto nella vita reale, fuori dalle mura del laboratorio, svolto sul comportamento dei consumatori nella città di Napoli, concernente, per la prima volta, l’antica tradizione del caffè sospeso. Dallo studio emerge che, tra i vari comportamenti dell’essere umano che contraddicono il modello di Homo Oeconomicus, quello del caffè sospeso mostra con particolare enfasi la presenza di atteggiamenti altruistici e “prosociali”. Caratteristiche e motivazioni delle persone che decidono di compiere questo gesto di generosità sono gli elementi principali che il presente studio si propone di analizzare.

Individuals usually angage in daily behaviours that are at issue with the self-interest and rational model of economic man. The paper is the first of its kind to showcase and discuss the findindings of a field experiment – that is a real life experiment carried out outside the laboratory setting – conducted on the behaviour of Neapolitan users of the long-standing tradition of suspended coffee. Our study shows that, amongst the extensive stream of evidence rejecting the model of economic man, the suspended coffee stands out as a prime example of human beings’ capacity to act pro-socially and altruistically. The study primarily focuses on analysing the main charactersitics and motivations underlying such a distinguishing act of generosity.

Gli autori ringraziano sentitamente i bar Augustus e Gambrinus per la gentile e preziosa collaborazione.

Introduzione

Nella vita di tutti i giorni gli individui mettono in atto una serie di comportamenti che non possono essere spiegati attraverso le categorie tradizionali dell’Homo Oeconomicus. Tuttavia si persiste nel ritenere che l’egoismo, l’avidità e l’interesse personale siano i principi fondanti dell’economia moderna. Un esempio tra tutti è ben rappresentato dagli studi di Daniel Kahneman e Amos Tversky (1973), che hanno ampiamente dimostrato come le componenti cognitive ed emotive costituiscano delle forti determinanti delle scelte economiche; ciononostante l’economia neoclassica persiste nell’adottare il modello di Homo Oeconomicus come principale strumento per comprendere la natura umana (Kahneman, 2012).

Nella città di Napoli, da quasi cento anni, si perpetua la tradizione del caffè sospeso, in base alla quale un individuo, dopo aver consumato il suo caffè al bar, talvolta decide di pagarne due; l’altro caffè – pagato ma non consumato – resta appunto “sospeso” ed offerto a chiunque entrerà dopo di lui e ne farà richiesta. L’individuo che lascia il caffè sospeso non agisce secondo regole di razionalità e massimizzazione del profitto, non avrà un tornaconto dal suo gesto perché non conosce lo/a sconosciuto/a bisognoso/a che usufruirà del caffè sospeso e in certi casi – se ad esempio si tratta di un turista – probabilmente non entrerà mai più in quel bar.

Questo atteggiamento, come molti altri comportamenti prosociali, dimostra che il comportamento umano è di tale complessità da non poter essere spiegato facendo ricorso solo a modelli razionali. Gli esseri umani agiscono anche in base alle emozioni, al contesto in cui vivono, all’altruismo e ad una serie di fattori ben lontani dalle teorie economiche basate sull’Homo Oeconomicus, che invece rappresentano il fondamento dell’esistenza e della persistenza di molte istituzioni sociali (Degli Antoni, Sabatini, 2013).

Nel presente articolo si riportano i risultati di un esperimento svolto sul comportamento dei consumatori, condotto in due antichi bar di Napoli; la scelta di lasciare o meno il caffè sospeso è stata utilizzata come indicatore (proxy) di un comportamento prosociale e/o altruistico. Lo studio, del tutto pioneristico, si propone quale indagine esplorativa sul comportamento prosociale dell’individuo. A tal fine si è cercato di individuare le caratteristiche demografiche che accomunano le persone che scelgono di acquistare un caffè sospeso.

Il primo paragrafo illustra le caratteristiche del modello dell’Homo Oeconomicus, evidenziando i limiti di natura contestuale contro cui esso si scontra quando tenta di spiegare il comportamento degli individui. A tal scopo si approfondirà il prosocial behaviour come comportamento alternativo al self-interest, teoria che fonda le sue origini negli insegnamenti dell’economia comportamentale e nelle applicazioni dell’economia cognitiva e sperimentale. Nel paragrafo successivo si descriverà la tradizione del caffè sospeso nella città di Napoli, esplicitando le motivazioni che lo rendono un argomento di interesse per la ricerca scientifica. Il terzo paragrafo descriverà il design dell’esperimento, con a seguire l’analisi descrittiva dei dati raccolti e dei primi risultati ottenuti, per poi concludere con alcune considerazioni preliminari.

Caratteristiche e limiti dell’Homo Oeconomicus: il prosocial behaviour come modello alternativo

L’economia neoclassica tende a formulare le proprie teorie sulla base del concetto di Homo Oeconomicus, ovvero di un soggetto razionale con preferenze stabili, che agisce esclusivamente sulla base dei propri interessi (Marshall, 1920; Pantaleoni, 1925; Pareto, 1962).

Adam Smith ne La ricchezza delle nazioni (Smith, 1759) sostiene che l’interesse personale è il motore del mondo. Ciò, tuttavia, pone la questione del perché gli esseri umani mettano in atto comportamenti collaborativi e talvolta addirittura altruistici. Come noto, secondo la teoria economica neoclassica, alla base di questi comportamenti persiste l’egoismo e la persecuzione dell’interesse personale. Gli essere umani sono ben consapevoli che spesso, per raggiungere i propri fini, hanno bisogno degli altri e che la massimizzazione del proprio profitto si può scontrare con quella altrui; pertanto ogni individuo deve necessariamente limitare le proprie mire espansionistiche e accettare di interagire per assicurarsi la sopravvivenza. Secondo tale principio (Smith, 1759) la società si regge per l’azione di “mano invisibile”, che, nel bilanciare gli interessi personali di ogni individuo, raggiunge tutto, controlla tutto, esiste in tutto e decide tutto.

Nonostante il concetto di “mano invisibile” sia stato formulato da Smith, l’espressione ricorre una sola volta nella sua opera (Smith, 1759). Ad amplificarne l’uso sono stati alcuni economisti successivi (Ricardo, 1817; Malthus, 1826; Mill, 1836; Marshall, 1920). La prima teorizzazione della categoria dell’Homo Oeconomicus si deve a John Stuart Mill in On the definition of political economy and on the method of philosophical investigation in that science (1836) che, a partire dalla formulazione dell’utilitarismo e dal principio di utilità di Jeremy Bentham (1789), descrive un soggetto in grado di utilizzare la propria capacità di calcolo razionale per massimizzare la soddisfazione derivante dal consumo e acquisizione di beni economici. Per gli economisti classici non era esclusa la possibilità che gli uomini potessero provare sentimenti di benevolenza e amore per il prossimo, ma si riteneva che tali fattori non riuscissero a influenzare il comportamento umano in termini di scelte economiche: l’agire economico sovrasta qualsiasi altra ‘‘passione umana” (Mill, 1836).

Ma chi è in realtà l’Homo Oeconomicus? Come noto è possibile individuare almeno tre aspetti fondamentali di tale modello: l’individualismo, l’impianto utilitaristico e la razionalità. L’individualismo fonda le sue radici all’interno di una concezione antropologica secondo cui l’uomo è un essere asociale, rivolto unidirezionalmente all’interesse personale (self-interest); da ciò discende che gli individui perseguono i propri obiettivi cercando di realizzarli nel modo più esteso possibile riducendo al minimo i costi connessi. Ne consegue che l’Homo Oeconomicus è prevalentemente amorale, ignorando qualsiasi valore sociale che non sia funzionale al raggiungimento dei suoi obiettivi.

Il secondo principio, ovvero l’impianto utilitaristico (Bentham, 1789), parte dal presupposto che ogni individuo agisca spinto dalla massimizzazione del proprio benessere e, in tale sforzo, sia essenzialmente guidato da ragioni economiche: anche gli atteggiamenti apparentemente altruistici possono nascondere un interesse individuale. Secondo gli utilitaristi, le decisioni che gli uomini assumono sono mosse dall’idea di un profitto o di una ricompensa e “l’unico ordine razionale possibile è quello che conduce ogni uomo a comportarsi secondo la sua più grande utilità” (pensiero di Rosmini - Hoevel, 2013).

Il terzo aspetto è la razionalità calcolante imperniata sul rapporto mezzo-fine. La razionalità dell’Homo Oeconomicus assume un’accezione diversa dal significato comune del termine: essa si basa sul presupposto che il soggetto abbia certe preferenze che è in grado di disporre in sequenza logica, che sia capace di massimizzare la sua soddisfazione attraverso le risorse disponibili e che sia in grado di analizzare e prevedere nel modo migliore le situazioni e i fatti allo scopo di effettuare la scelta più corretta. In alcune ipotesi, all’Homo Oeconomicus viene attribuita una razionalità perfetta.

L’economia neoclassica, con il tempo, ha esteso l’applicazione dei modelli tradizionali ad altre categorie di comportamenti dell’individuo che non si riferissero esclusivamente all’acquisizione o al consumo di beni. Tuttavia, lo stesso Mill fa notare che il modello dell’Homo Oeconomicus va limitato soltanto ai movimenti economici ed è quindi funzionale a spiegare solo l’agire economico degli individui.

Già dai primi anni del Novecento, alcuni psicologi ed economisti cominciarono a mettere in discussione la validità delle teorie economiche tradizionali (McDougall, 1908; Mitchell, 1910). Negli anni ’50, a seguito della nascita dell’economia comportamentale, alcuni ricercatori iniziarono a mostrare un certo scetticismo rispetto alla struttura assiomatica in tema di razionalità del comportamento umano (Simon, 1957; Smith, 1976), ma fu solo negli anni ‘70 che a tale filone di ricerca venne riconosciuta una rilevanza scientifica nell’approccio all’analisi dei fenomeni economici, che si differenziava da quello neoclassico. Come già accennato, Daniel Kahneman e Amos Tversky (1973), per la prima volta, sferzarono un attacco frontale alla validità del costrutto teorico dell’Homo Oeconomicus, mettendolo profondamente in crisi. Essi riuscirono a dimostrare che le decisioni dell’individuo non solo non sono sempre razionali e oggettive, ma in alcuni casi appaiono addirittura “illogiche”, se misurate con il metro dell’Homo Oeconomicus. A tal proposito, Simon Herbert nel 1987 affermava che “l’economia comportamentale s’interessa della validità empirica delle assunzioni neoclassiche rispetto al comportamento umano, e, quando le stesse risultano invalide, della scoperta delle leggi empiriche che descrivano il comportamento nella maniera più corretta e accurata possibile”.

In seguito, molti ricercatori si sono dedicati allo studio e all’applicazione dell’economia comportamentale per comprendere meglio l’individuo e le sue scelte (Camerer, 2003; Camerer et al., 2004; Bardsley et al., 2010). Nonostante ciò, come evidenzia Katrine Marçal (2012), ancora oggi l’economia mainstream continua a insegnare che i principi su cui si basa l’agire umano corrispondono ai dettami dell’uomo economico. Più recentemente la giornalista, nel suo libro I conti con le donne: come gli economisti hanno dimenticato l’altra metà del mondo, ritiene che gli economisti nel disperato tentativo di standardizzare e racchiudere in un “modello” il comportamento dell’essere umano, abbiano commesso l’errore di applicare all’economia lo stesso metodo scientifico che Newton utilizzava per spiegare l’astronomia e la matematica; essi hanno isolato l’individuo dagli altri suoi simili e dall’ambiente che lo circonda “così come accade quando si scompone un elemento chimico nella sua particella più piccola al fine di comprenderlo meglio” (Marçal, 2012 - p.19). Nella realtà gli essere umani sono invece fortemente condizionati dall’ambiente circostante. Essi mettono in atto dei comportamenti altruistici e prosocial che difficilmente si sposano con l’immagine individualista e self-oriented propagandata dall’economia standard. Nella vita di tutti i giorni i veri esseri umani lasciano la mancia al cameriere anche se non ritorneranno più in quel bar (Conlin et al., 2003), sono disposti a lavorare insieme ad altri, fanno volontariato e spesso antepongono il benessere altrui al proprio (Musella et al., 2015).

Non sempre gli esseri umani calcolano razionalmente il rapporto tra costi e benefici; molte volte le loro decisioni dipendono dall’urgenza percepita del bisogno, dagli istinti, dalle abitudini, dalle credenze, dai valori, dall’educazione; inoltre, spesso, sono spinti da sentimenti di empatia e compassione che li inducono ad aiutare chi è nel bisogno, anche se si tratta di persone sconosciute (Sen, 1988; Caruso, 2012). Questa idea, rafforzata da una grande quantità di prove neuro-scientifiche ereditate dall’economia cognitiva (Innocenti, 2009), contraddice l’enfasi sull’individualismo che prevale nelle società occidentali, suggerendo, invece, che il sistema cerebrale umano sia cablato per la risonanza affettiva, e che le persone riflettano naturalmente e in maniera reciproca emozioni e stati motivazionali (Drouvelis, Grosskopf, 2016). Inoltre, tramite l’applicazione della ricerca sperimentale all’economia comportamentale, emerge la presenza di un alto grado di tendenze prosociali nel comportamento e interazioni umane (Frey, 1998; Caprara, Bonino, 2006).

Recentemente gli economisti sono diventati più recettivi all’idea che l’utilità degli individui possa dipendere da norme sociali e sentimenti (Elster, 1989; Rabin, 1998) e che l’economia sperimentale possa essere usata come uno strumento per indagare le variabili che influenzano il comportamento umano. Ciò ha portato i ricercatori a compiere esperimenti sui quei comportamenti economici che hanno a che fare con il prosocial behaviour e che non possono essere spiegati razionalmente (Conlin et al., 2003).

La tradizione del caffè sospeso

Il caffè sospeso è un’antica tradizione napoletana, che consiste nel pagare un caffè in più rispetto a quello consumato, per destinarlo a qualche cliente di passaggio, solitamente meno abbiente, come piccolo ma significativo gesto di solidarietà. Da qui il nome ‘‘sospeso’’, ovvero una consumazione pagata ma non consumata, appunto ‘‘sospesa’’, poiché rimane a disposizione del cliente successivo. Il caffè, momento di socializzazione, simbolo di Napoli e rito di accoglienza, diventa così indicatore del prosocial behaviour. Il gesto di pagare un caffè, non per consumarlo personalmente, ma per lasciarlo al prossimo, dal punto di vista dell’economia neoclassica è di difficile comprensione. Infatti, essendo assolutamente contrario all’idea di consumatore tradizionale (individuo orientato esclusivamente a massimizzare il proprio interesse e privo di qualsiasi tendenza prosociale), non avrebbe nessun senso logico, in quanto diminuisce il proprio reddito per accrescere la funzione di utilità di un altro individuo completamente sconosciuto: che l’Homo Oeconomicus abbia anch’egli un cuore?

Raccogliendo informazioni tra la gente e tra i proprietari dei bar (dove è possibile lasciare il caffè sospeso) è emerso che esiste più di una scuola di pensiero al riguardo. Una prima scuola vede in questo gesto essenzialmente un desiderio di condivisione di un momento di gioia. “Una volta a Napoli, nel quartiere Sanità, quando uno era allegro, perché qualcosa gli era andata bene, invece di pagare un caffè ne pagava due e lasciava il secondo caffè, quello già pagato, per il prossimo cliente. Il gesto si chiamava ‘il caffè sospeso’. Poi, di tanto in tanto si affacciava un povero per chiedere se c’era un ‘sospeso’. Era un modo come un altro per offrire un caffè all’umanità” (De Crescenzo, 2008 - p.11).

Una diversa scuola di pensiero interpreta questa gesto essenzialmente come atto di solidarietà e generosità nei confronti delle persone più bisognose. Tale tradizione, nata durante la seconda guerra mondiale (anche se, secondo la giornalista Lorenza Castagneri (2013), la sua origine risale all’Ottocento) in un momento critico della storia napoletana e nazionale, è considerata un gesto di sostegno per le persone meno abbienti da parte degli avventori più ricchi, in una società che economicamente stava cadendo a picco.

Infine, secondo lo scrittore Riccardo Pazzaglia (2004), la tradizione avrebbe avuto origine dalle dispute che sorgevano al momento di pagare il caffè tra gruppi di amici o conoscenti, incontratisi al bar; poteva succedere, allora, che nell’incertezza di chi avesse consumato e chi ritenesse di dover pagare per gli altri, si finisse per pagare un caffè che non era stato consumato. In tal caso, non si chiedeva indietro il credito che ne scaturiva, ma si lasciava valida l’offerta a beneficio di uno sconosciuto. Questa usanza faceva parte di un repertorio di gesti coesivi e solidali che erano in uso nella società napoletana, tra cui il cosiddetto “acino di fuoco”, un tizzone portato sulla paletta che, nei cortili napoletani, veniva offerto da chi aveva già acceso il focolare in ore più mattiniere a beneficio degli altri coinquilini che potevano risparmiare il consumo dei fiammiferi (Pazzaglia, 2004).

Dopo un periodo di stasi, con le recenti crisi economiche, l’usanza del caffè sospeso è stata ripresa con gran vigore, non solo a Napoli ma anche in molte altre città italiane e del mondo. Un ottimo esempio è rappresentato dal movimento “Suspended Coffees”, fondato dall’irlandese John M. Sweeney, il quale vanta più di 1400 bar in 24 Paesi del mondo che hanno aderito all’iniziativa di adottare il caffè sospeso. A Napoli, come sentimento di solidale partecipazione all’attuale difficile periodo sociale ed economico, è stata fondata nel 2010 la “Rete del Caffè sospeso”, alla quale hanno aderito diversi rinomati bar della città, tra cui anche il caffè Gambrinus.

Quale che sia la motivazione, desiderio di condivisione, solidarietà e altruismo, lasciare il caffè sospeso è un gesto di apertura verso il prossimo, per tale ragione è stato utilizzato come indicatore (proxy) di un prosocial behaviour nell’esperimento che sarà descritto nel paragrafo seguente.

Design dell’esperimento

L’esperimento che si andrà a descrivere si è svolto il 26 giugno 2015 a Napoli e si è posto l’obiettivo di esplorare le caratteristiche demografiche dei consumatori di caffè sospeso. L’esperimento, di tipo cross-session – ovvero condotto in un’unica sessione – si è svolto con la collaborazione di due rinomati bar napoletani: il caffè Gambrinus, situato in Piazza Trieste e Trento, noto per la sua storia di cultura e tradizione, e l’Augustus, altro famoso bar napoletano, situato nei pressi dell’antico centro storico. L’esperimento è stato realizzato attraverso la somministrazione di un questionario auto-compilativo, proposto in due versioni, italiana e inglese (data l’affluenza di turisti stranieri, soprattutto al Gambrinus) (il modello del questionario è riproposto in appendice).

In entrambe le tipologie di questionari la struttura e i contenuti delle domande sono stati identici, tranne che per una frase introduttiva, inserita solo in alcuni questionari: “Il caffè sospeso è una tradizione napoletana che è fiorita durante la seconda guerra mondiale ed ha avuto una rinascita negli ultimi anni durante i recenti periodi di difficoltà economica” (New York Times, 24 Dicembre 2014). Questa breve frase non ha avuto l’intento di condizionare i rispondenti verso l’acquisto di un caffè sospeso, ma di ricordare l’esistenza di tale tradizione a chi già la conoscesse e di incuriosire chi non ne fosse al corrente. I risultati di questo lavoro hanno confermato che questo “remainder” non ha esercitato alcuna influenza sul comportamento dei consumatori nell’indirizzarli a compiere questo gesto (D’Isanto, Di Martino, 2017).

La prima parte del questionario si è concentrata su aspetti socio-demografici, quali età, sesso, nazionalità, tipologia di occupazione, l’essere un turista o meno, livello d’istruzione. La seconda parte ha indagato il livello di fiducia nel prossimo, con il fine di valutare se la scelta di lasciare un caffè sospeso fosse influenzata da questa variabile. Nella parte finale del questionario è stato chiesto agli intervistati se fossero a conoscenza della tradizione del caffè sospeso e di specificare, nel caso avessero desiderato farlo, quanti caffè avrebbero voluto lasciare. In conclusione si è chiesto se avessero mai partecipato a un simile esperimento; l’intero campione ha risposto negativamente, a supporto della tesi che il presente studio non sia mai stato condotto in precedenza.

Inoltre è utile ricordare che, trattandosi di un esperimento di economia comportamentale, non è stato sufficiente che i consumatori rispondessero positivamente alla domanda se intendessero lasciare un caffè sospeso, ma è stato necessario che questa intenzione fosse seguita dall’effettivo acquisto del prodotto. Pertanto, al termine dell’esperimento, è stata richiesta ai due bar una copia di ogni scontrino attestante il lascito del sospeso.

Dati e statistica descrittiva

Lo studio ha coinvolto un totale di 230 partecipanti, con un’età media di circa 43 anni (DS = 15.170). Come mostra il Grafico 1, 67 persone – circa un terzo del totale (29.1%) – ha acquistato un caffè sospeso. Dall’analisi degli scontrini fiscali raccolti al termine dell’esperimento il conto medio per persona è risultato di 5,425 euro al bar Gambrinus e di 6,076 euro al bar Augustus.

Grafico 1. % totale di sospesi per Bar e Conto medio

Le caratteristiche demografiche dei partecipanti sono descritte nella Tabella 1. Come atteso, un maggior numero di ‘Napoletani/e’ (50.9%) e ‘Residenti’ (61.7%) hanno preso parte alla ricerca.

Tabella 1. Informazioni demografiche e percentuali di sospesi lasciati dai partecipanti

Per quanto riguarda le variabili Stato civile, Livello di istruzione e Occupazione, la maggioranza degli intervistati sono ‘Sposati’ (56.5%), in possesso di ‘Titolo di studio universitario’ (46.5%) e ‘Impiegati come liberi professionisti’ (50.4%). Essendo il bar Gambrinus economicamente più costoso dell’Augustus, è stata notata una differenza significativa rispetto alla variabile Occupazione (χ2 = 13.971, Df = 4, p < 0.01) con una maggior percentuale di ‘Professionisti/e’ (34.45%), ‘Impiegati/e’ (11.48%) e ‘Studenti/sse’ (6.7%) recatisi al bar Gambrinus e ‘Disoccupati/e’ (3.35%), ‘Pensionati/e o lavoratori/trici non retribuiti/e’ (7.18%) che hanno preferito consumare al bar Augustus (Grafico 2).

Grafico 2. % totale di soggetti Bar e Occupazione

Analisi dei risultati

Per quanto riguarda le variabili Età e Genere, il Grafico 3 mostra un 55.22% di ‘Genere maschile’ a fronte di un 44.78% di ‘Genere femminile’, rispettivamente con età media di 47.811 anni (DS = 14.516) e 41.633 anni (DS=15.260).

Grafico 3. % totale di sospesi per Genere ed Età media

Le domande relative alla Provenienza (e all’essere un turista o meno) hanno avuto l’obiettivo di comprendere se l’essere ‘Napoletano’ sia un elemento determinante nella scelta di lasciare un caffè sospeso (e se quindi tale tradizione sia legata esclusivamente alle norme sociali della città di Napoli). Come si può vedere nel Grafico 4, la categoria ‘Napoletani’ e ‘Residenti’ ha lasciato il maggior numero di sospesi (39, pari a 58.21% del totale nella categoria ‘Provenienza’ e ‘Residenza’), seguita da ‘Italiani’ e ‘Residenti a Napoli’ (11, pari a 16.42%) e ‘Turisti di altre nazionalità’ (8, pari a 11.94%).

Grafico 4. % totale di sospesi per Provenienza e Residenza

Con la domanda relativa al tipo di Occupazione, si è voluto comprendere se la tendenza a lasciare il caffè sospeso dipenda dal tipo lavoro svolto. La nostra ipotesi prevedeva che individui con un più alto livello di istruzione ed impiegati in lavori meglio retribuiti fossero economicamente più agevolati nella scelta di lasciare un sospeso. Come si può vedere nel Grafico 5, ‘Laureati/e’ e ‘Liberi professionisti’ rappresentano la categoria che con più frequenza ha lasciato il sospeso (21 sospesi, pari al 63% del totale di sospesi lasciati per Occupazione e Livello di istruzione, e 32.8% del totale della categoria Livello di istruzione).

Grafico 5. % totale di sospesi per Occupazione e Livello di istruzione

Il Grafico 6 mostra che, combinando le variabili, la categoria ‘Maschi, Napoletani, Residenti, Sposati, Laureati e Professionisti, recatisi al bar Augustus’ risulta quella ad aver lasciato il maggior numero di sospesi rispetto alle altre (4, pari al 14.815% del totale di tutte le categorie combinate) seguita dalle donne (3, pari a 11.111%).

Grafico 6. % totale di sospesi per Genere, Bar, Stato civile, Residenza, Provenienza, Occupazione e Livello di istruzione (al fine di evitare cluttering, le categorie con n<1 sono="" state="" escluse="" dal="" grafico="" span="">

Come anticipato la seconda parte del questionario ha inteso comprendere come l’aderenza a certe norme sociali di buona condotta e rispetto delle regole sia connessa o meno alla scelta di acquistare un caffè sospeso. Come mostra il Grafico 7, sul totale di 61 soggetti ad aver lasciato un sospeso, la domanda 8: “In generale, direbbe che si può avere fiducia nella maggior parte della gente o che non si è mai troppo attenti e prudenti nel trattare con la gente?”) ha sollecitato in 33 partecipanti una risposta positiva (54.098%) e in 28 una negativa (45.902%).

Grafico 7. % totale di sospesi per Fiducia negli altri

La domanda successiva (9) ha avuto indagare il livello di attachment alle norme in generale, per comprendere se le persone che tendono a giustificare azioni scorrette nei confronti degli altri e della società siano anche coloro che mostrano una minore tendenza a lasciare il caffè sospeso. Come si può osservare nel Grafici 8, 9, 10, alla domanda se sia giustificato non pagare il biglietto sull’autobus, evadere il fisco e prendere benefici dal governo, coloro che hanno risposto ‘Mai’ mostrano una frequenza maggiore di sospesi lasciati; un minor numero di sospesi è riportato da coloro che hanno risposto ‘A volte’ e un numero ancor più ridotto da coloro che hanno risposto ‘Spesso’.

Grafico 8. % totale di sospesi per “Non pagare il biglietto”

Grafico 9. % totale di sospesi per “Evasione fiscale”

Grafico 10. % totale di sospesi per “Benefici del Governo”

Combinando le variabili, il Grafico 11 mostra che la frequenza più alta di sospesi acquistata è riportata da coloro che hanno risposto ‘Mai’ a tutte e tre le domande (39, pari a 59.09% del totale per la categoria ‘Non pagare il biglietto, Prendere benefici dal Governo, Evadere il Fisco’). La categoria che segue è rappresentata da coloro che hanno risposto ‘Mai’ alla domanda sul non pagare il biglietto sui mezzi di trasporto ed evitare le tasse e ‘A volte’ rispetto a prendere benefici dal governo (8, pari a 12.9% del totale per la categoria ‘Non pagare il biglietto’, ‘Prendere benefici dal Governo’ e ‘Evadere il Fisco’).

Grafico 11. % totale di sospesi per Tasse, Biglietti e Benefici (al fine di evitare cluttering, le categorie con n<1 sono="" state="" escluse="" dal="" grafico="" span="">

Discussione dei risultati

Dallo studio condotto si evince che, rispetto al numero totale di caffè sospesi acquistati durante il nostro studio, il bar Gambrinus riporta una percentuale leggermente più alta di sospesi rispetto al bar Augustus e, per la variabile Genere, sono i maschi a lasciare più sospesi rispetto alla donne. Rispetto alle variabili Provenienza e Residenza, i Napoletani Residenti riportano il maggior numero di sospesi. I liberi professionisti/i laureati/e riportano una frequenza maggiore di sospesi rispetto alle altre categorie delle variabili Occupazione e Livello di educazione. Combinando le variabili, notiamo che sono i maschi e le femmine, sposati/e, napoletani/e, residenti nella città, laureati/e e liberi professionisti/e ad essersi recati al bar Augustus ad aver acquistato il maggior numero di sospesi.

Per quando riguarda l’aderenza alle norme sociali, il maggior numero di sospesi è stato acquistato da coloro che hanno dichiarato di fidarsi degli altri e risposto ‘Mai’ alle domande che indagavano se fosse giustificato infrangere norme sociali e di buona condotta. Incrociando le variabili, risulta che il maggior numero di sospesi è stato lasciato da coloro che più hanno aderito alle norme sociali.

Tuttavia questi risultati vanno analizzati cum grano salis. Se compariamo ogni categoria utilizzata in questo studio, rispetto al numero di sospesi non lasciati, tali differenze non risultano significative a livello statistico, pertanto non è possibile concludere che esse siano predittive della scelta di acquistare un caffè sospeso (D’Isanto, Di Martino, 2017). Ciononostante, i nostri risultati mostrano una certa tendenza per alcune categorie a compiere il gesto di lasciare il sospeso, e questo dato potrebbe risultare utile per la pianificazione di nuovi studi in tale ambito (D’Isanto, Di Martino, 2017).

Essendo uno studio esplorativo, non ci si è dati l’obiettivo di individuare una “tipologia di consumatore di caffè sospeso”, piuttosto di mostrare come tale comportamento sia particolarmente indicativo dell’atteggiamento degli esseri umani a valicare i limiti imposti dal modello di uomo economico. Il semplice dato che circa un terzo del campione abbia aderito a una pratica che sfida tutti i principi dell’Homo Oeconomicus, ci informa che tale modello non è applicabile per spiegare il comportamento del caffè sospeso.

Conclusioni

In questo lavoro si è cercato di ricostruire un percorso di analisi partendo dallo studio del paradigma di Homo Oeconomicus, investigando sulla parte più nascosta del suo comportamento, ossia il prosocial behaviour, fino descrivere nuove tecniche di ricerca in campo economico e l’esperimento svolto sul campo nella città di Napoli.

Indubbiamente, il modello di agente economico perfettamente razionale e interamente orientato al self-interest, designato dall’economia neoclassica e dominante il pensiero politico ed economico, si è rivelato molto importante, se non fondamentale, per formulare diverse teorie economiche e decisionali, e per comprendere dinamiche imprenditoriali e di mercato. Tuttavia è doveroso ammettere che tale modello non può essere più considerato come assoluto; è necessario un nuovo approccio all’economia, che comprenda lo studio di altre motivazioni umane e dei suoi limiti cognitivi. Come suffragato da questo lavoro, non sempre gli esseri umani calcolano razionalmente il rapporto costi-benefici: gli individui sono mossi da istinti, abitudini, curiosità, valori, e spesso sono spinti da sentimenti di empatia e compassione che inducono ad aiutare chi è nel bisogno, anche se si tratta di persone sconosciute. I dati sperimentali suggeriscono inoltre che, contrariamente alla teoria economica mainstream, le preferenze degli individui sono modificabili e vengono costantemente influenzate dai fattori ambientali del contesto che li circonda.

I risultati del presente esperimento confermano tali intuizioni. L’Homo Oeconomicus che ha partecipato al nostro esperimento si è dimostrato più prosocial di quanto lui stesso potesse immaginare, e questa sua tendenza non è legata né al suo livello di istruzione, né al tipo di lavoro svolto, né ad una presunta conformità alle norme sociali.

Alla luce di tali considerazioni è lecito affermare che, se i comportamenti individuali mostrano elementi evidenti di prosocialità, istituzioni come le imprese sociali, che sono principalmente volte al perseguimento di finalità sociali, hanno un fondamento più solido di quanto la tradizione che lega l’istituzione impresa all’Homo Oeconomicus, possa riconoscergli.

Bibliografia

Bardsley N., Cubitt R., Loomes G., Moffatt P., Starmer C., Sugden R. (2010), Experimental Economics. Rethinking the Rules, Princeton University Press.

Bentham J. (1789), An Introduction to the Principles of Morals and Legislation, Oxford Clarendon Press.

Camerer C.F. (2003), Behavioral Game Theory. Experiments in Strategic Interaction, Princeton University Press.

Camerer C.F., Loewenstein G., Rabin M. (2004), Advances in Behavioral Economics, Princeton University Press.

Caprara G.V., Bonino S. (2006), Il comportamento prosociale. Aspetti individuali, familiari e sociali, Erickson, Trento.

Caruso S. (2012), Homo oeconomicus. Paradigma, critiche, revisioni, Firenze University Press.

Castagneri L. (2013), La crisi fa rivivere il ‘caffè sospeso’, La Stampa, 9 dicembre. 

Conlin M., Lynn M., O’Donoghue T. (2003), “The Norm of Restaurant Tipping”, Journal of Economic Behavior & Organization, 52(3), pp. 297-321. http://dx.doi.org/10.1016/S0167-2681(03)00030-1

De Crescenzo L. (2008), Il caffè sospeso. Saggezza quotidiana in piccoli sorsi, Mondadori, Milano.

Degli Antoni G., Sabatini F. (2013), “Cooperative sociali, motivazioni intrinseche e creazioni di network”, Impresa Sociale, 1.2013, pp. 3-14. 

D’Isanto F., Di Martino S. (2017), “How a Coffee Can Challenge the Economic Man. Evidence of a Prosocial Behaviour from the South of Italy”, manuscript in preparation. 

Drouvelis M., Grosskopf B. (2016), “The effects of induced emotions on pro-social behaviour”, Journal of Public Economics, 134, pp. 1-8. http://dx.doi.org/10.1016/j.jpubeco.2015.12.012

Elster J. (1989), “Social Norms and Economic Theory”, The Journal of Economic Perspective, 3(4), pp 99-117. http://dx.doi.org/10.1257/jep.3.4.99

Frey B. (1998), Not Just for the Money. An Economic Theory of Personal Motivation, Edward Elgar Publishing, Cheltenham UK and Brookfield US.

Hoevel C. (2013), The Economy of Recognition. Person, Market and Society in Antonio Rosmini, Springer Netherlands.

Innocenti A. (2009), L’economia cognitiva, Carocci, Roma.

Kahneman D. (2012), Thinking fast and slow, Penguin Press, London (trad. it.: Kahneman D. (2012), Pensieri lenti e veloci, Mondadori, Milano).

Kahneman D., Tversky A. (1973), “On the Psychology of Prediction”, Psychological Review, 80(4), pp. 237-251. http://dx.doi.org/10.1037/h0034747

Kahneman D., Tversky A. (1979), “Prospect Theory. An Analysis of Decision under Risk”, Econometrica, 47(2), pp. 263-292. http://dx.doi.org/10.2307/1914185

Malthus T. R. (1826), An Essay on the Principle of Population, John Murray, Albemarle Street, London.

Marçal K. (2012), I conti con le donne. Come gli economisti hanno dimenticato l’altra metà del mondo, Ponte alle Grazie, Adriano Salari Editore, Milano.

Marshall A. (1920), Principles of Economics, Macmillan and Co., London.

McDougall W. (1908), An Introduction to Social Psychology, Methuen, London.

Mill J.S. (1836), “On the definition of political economy and on the method of philosophical investigation in that science”, London and Westminster Review, October.

Mitchell W.C. (1910), “The Rationality of Economic Activity”, The Journal of Political Economy, 18(3), pp. 197-216. http://www.jstor.org/stable/1820997

Musella M., Amati F., Santoro M. (2015), Per una teoria economica del volontariato, Giappichelli, Torino.

Pantaleoni M. (1925), “Principi di economia pura”, Giornale degli Economisti e Rivista di Statistica, Serie quarta, Vol. 66 (Anno 40), No. 3, pp. 123-127.

Pareto V. (1962), Lettere a Maffeo Pantaleoni, a cura di Gabriele De Rosa, Vol. I-II-III, collana Storia ed Economia, Edizioni di Storia e Cultura.

Pazzaglia R., Pipolo O. (1999), Odore di caffè, Guida Editori, Napoli.

Rabin M. (1998), “Psychology and Economics”, Journal of Economic Literature, 36(1), pp. 11-46. http://www.jstor.org/stable/2564950

Ricardo D. (1817), On the Principles of Political Economy and Taxation, John Murray, London.

Sen A. (1998), Etica ed economia, Edizioni Laterza, Bari.

Simon H.A. (1957), Models of Man. Social and Rational, John Wiley & Sons, New York.

Simon H.A. (1987), “Making Management Decisions. The Role of Intuition and Emotion”, The Academy of Management Executive, 1(1), pp. 57-64. http://www.jstor.org/stable/4164720

Smith A. (1759), La ricchezza delle nazioni, Newton Compton Editori, Roma (trad. it. 2008).

Smith V.L. (1976), “Experimental Economics. Induced Value Theory”, American Economic Review, 66(2), pp. 274-79.

Appendice: questionario

Lo scopo dello studio è capire il comportamento dei consumatori. Il questionario non dovrebbe durare più 5 minuti. La partecipazione allo studio è volontaria. Le vostre risposte saranno di immenso valore per la nostra indagine scientifica.

La vostra anonimità nel partecipare allo studio è garantita. Tutte le vostre risposte saranno mantenute anonime. Qualsiasi informazione raccolta nello studio sarà usata solamente per scopi scientifici e non verrà ceduta a terzi in nessuna circostanza.

1. Quanti anni ha? ………

2. Qual è il suo genere? M/F

3. Qual è la sua nazionalità?

  • Italiana SI/NO
  • Se lei è Napoletano/a, si prega di mettere una crocetta nella casella
  • Altro paese Europeo (si prega di specificare quale) ………
  • Altro paese non Europeo (si prega di specificare quale) ………

4. Lei è un turista? SI/NO

5. Qual è il suo stato civile? (Si prega di selezionare una sola risposta)

  • Celibe o Nubile
  • Sposato
  • Separato

6. Qual è il suo livello di istruzione? (Si prega di selezionare una sola risposta)

  • Scuola elementare
  • Scuola media
  • Scuola superiore
  • Universita’ (non completata)
  • Laurea magistrale
  • Laurea specialistica o Master
  • Dottorato

7. Qual è la sua occupazione? ………

8. In generale, direbbe che si può avere fiducia nella maggior parte della gente o che non si è mai molto attenti nel trattare con la gente? (Si prega di selezionare una sola risposta)

  • Nella maggior parte delle persone si può avere fiducia
  • Non si è mai troppo attenti e prudenti

9. Ritiene che possa essere giustificato …

… non pagare il biglietto sui mezzi di trasporto? (Si prega di selezionare una sola risposta)

  • Mai
  • A volte
  • Spesso

… cercare di ottenere dallo Stato benefici a cui non si ha diritto? (Si prega di selezionare una sola risposta)

  • Mai
  • A volte
  • Spesso

…evader le tasse se si ha la possibilità? (Si prega di selezionare una sola risposta)

  • Mai
  • A volte
  • Spesso

10. Ha mai sentito parlare della tradizione del “caffè sospeso”? SI/NO

11. Desidera lasciare un caffè sospeso? SI/NO
Se si quanti? ………

12. Lei ha già partecipato a questo studio prima? SI/NO

Nota. A un certo numero di intervistati si è proposto una versione modificata del questionario, che prevedeva la seguente citazione integrativa: “Il caffè sospeso è una tradizione napoletana che è fiorita durante la seconda guerra mondiale ed ha avuto una rinascita negli ultimi anni durante i recenti periodi di difficoltà economica” (New York Times, 24 Dicembre 2014).

Sostieni Impresa Sociale

Impresa Sociale è una risorsa totalmente gratuita a disposizione di studiosi e imprenditori sociali. Tutti gli articoli sono pubblicati con licenza Creative Commons e sono quindi liberamente riproducibili e riutilizzabili. Impresa Sociale vive grazie all’impegno degli autori e di chi a vario titolo collabora con la rivista e sostiene i costi di redazione grazie ai contributi che riesce a raccogliere.

Se credi in questo progetto, se leggere i contenuti di questo sito ti è stato utile per il tuo lavoro o per la tua formazione, puoi contribuire all’esistenza di Impresa Sociale con una donazione.