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ISSN 2282-1694
impresa-sociale-2-2013-la-misura-dello-scarring-effect-nelle-cooperative-sociali-italiane

Numero 2 / 2013

Saggi

La misura dello "scarring effect" nelle cooperative sociali italiane

Federica D'Isanto, Marco Fuscaldo, Marco Musella

Abstract

Tra le cause che generano disoccupazione vi è la disoccupazione stessa. Si tratta di una relazione che nella letteratura recente prende il nome di “scarring effect of unemployment”: essere disoccupati oggi aumenta la probabilità di essere disoccupati in futuro ed incide negativamente oltre che sull’occupazione anche sul salario. La teoria del capabilites approach aiuta a ridefinire il campo di applicazione teorica dello scarring effect e ad estenderlo anche altri aspetti della qualità della vita e del lavoro, nonché ad individuare appropriate politiche di inserimento lavorativo. L’efficacia di questo approccio è stata testata guardando alle attività di servizio messe in atto dalle cooperative sociali, in particolare da quelle che si occupano più da vicino dell’inclusione di soggetti svantaggiati nel mercato del lavoro.


Unemployment itself is found among the causes of unemployment. This paper aims to analyze the relationship between current and future unemployment (in terms of cause and effect). The former relationship is underpinned by the theory of “scarring effect”: being unemployed today, increases the probability of being unemployed in the future and incurs a negative effect on future wages. Our findings show that the scarring effect of unemployment permits other aspects of job and life quality. The theory of capabilities approach is utilized not only to add new dimensions and augment the definition of scarring effect but to design appropriate labour policies too. The effectiveness of this approach was tested by looking at the activities undertaken by social cooperatives, particularly those that deal disadvantaged people inclusion in the labor market.


Introduzione

La cooperazione sociale rappresenta da molti anni uno dei fiori all’occhiello delle politiche attive del lavoro del nostro Paese: non solo le cooperative di Tipo B - che a norma di legge sono “finalizzate all’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati” e che rappresentano una realtà additata anche in altri Paesi come best practice italiana (Depedri, 2013) - ma tutto il mondo della cooperazione sociale ha mostrato grandi capacità di creare posti di lavoro, di praticare forme di flessibilità del lavoro avanzate ed efficienti, di reagire ad una crisi paurosa con qualche capacità in più rispetto al pubblico e al privato profit, crisi che, tra l’altro, ha colpito con veemenza il settore dei servizi di cura e di prossimità per l’impressionante riduzione del finanziamento pubblico del welfare.

Da questo punto di vista, focalizzarsi sulla cooperazione sociale utilizzando i dati dell’indagine ICSI 2007 per approfondire il tema dello scarring effect (o effetto cicatrice) riteniamo rappresenti una scelta corretta e utile, perfettamente in linea con l’idea che la cooperazione sociale sia un laboratorio prezioso per lo studio delle caratteristiche del lavoro, in questa lunga stagione post-fordista nella quale anche comportamenti e modi di essere delle persone nei confronti del lavoro (sia nel ruolo di soggetti che offrono lavoro, sia di imprenditori che lo domandano) sono cambiati in modo rilevante.

Di recente lo scarring effect è stato messo in evidenza dalla letteratura (cfr. infra) per spiegare la path dependance della disoccupazione ed è diventato, a nostro parere, una metafora molto utile per descrivere i circoli viziosi della disoccupazione: la cicatrice è una potente metafora di quelle trappole - disoccupazione, scoraggiamento, basso impegno nel cercare il lavoro e nella formazione, alta probabilità di restare disoccupati - che la letteratura ortodossa ha finito per trascurare del tutto, vittima di una retorica neoliberista che ha fatto della flessibilità del salario e della libertà di assunzione e licenziamento i soli rimedi efficaci per sconfiggere la disoccupazione (D’Isanto, Musella, 2013).

In questo paper ci proponiamo di approfondire il tema a partire da un’analisi critica del significato dell’effetto cicatrice e da una conseguente riconsiderazione delle misure più adatte a darne conto; la banca dati ICSI 2007 si è dimostrata particolarmente adatta ai nostri scopi perché contiene molte informazioni, quanti-qualitative, sui lavoratori delle cooperative sociali (Carpita, 2009). Il primo paragrafo è dedicato ad un’analisi dell’effetto cicatrice in letteratura; si metteranno in evidenza i motivi per cui la disoccupazione genera una cicatrice che nel tempo ha effetti negativi sulla vita lavorativa dei disoccupati. Nel paragrafo successivo illustreremo la nostra proposta di considerare le conseguenze dello scarring effect non solo in termini di salario percepito - in caso di nuova occupazione - ma anche in relazione agli effetti su altre dimensioni della vita lavorativa. A seguire, dopo aver brevemente ricordato le caratteristiche della banca dati ICSI 2007, analizzeremo i risultati dell’indagine econometrica, per chiudere poi con alcune considerazioni finali.

Scarring effect. Una rassegna della letteratura

Tra i miglior indicatori del rischio di un futuro stato di disoccupazione vi è la pregressa storia di disoccupazione di un individuo. Questo risultato empirico è stato spiegato in modo convincente dalla teoria dello scarring effect. Lo scarring effect of unemployment studia la relazione esistente tra le precedenti esperienze di disoccupazione e le future esperienze di disoccupazione di un individuo. Tale relazione sembra essere positiva nel senso che, quanto più durature sono state le esperienze di disoccupazione passate, tanto più forte è la probabilità per un individuo di restare disoccupato nel presente e futuro.

La letteratura empirica sullo scarring effect o state dependence risale ai primi anni ‘80 con gli scritti di Ellwood (Ellwood, 1982), Corcoran (Corcoran, 1982), Heckmann e Borjas (Heckmann, Borjas, 1980). Il problema fondamentale emerso in questi studi fu quello di separare gli effetti causati da eterogeneità non osservabile dal “true state dependance”. E’ bene precisare che, nello stimare lo scarring effect, la letteratura empirica è stata da sempre afflitta dal problema della eterogeneità non osservabile. Stimare le determinanti sulla probabilità di essere disoccupati al tempo t è risultato arduo a causa della difficoltà di separare gli effetti legati esclusivamente ad un precedente stato di disoccupazione (true scarring effect o true state dependence) dalle altre caratteristiche non osservabili. Nonostante ciò i risultati empirici delle varie analisi sono stati robusti ed hanno dato credito all’ipotesi che esista una correlazione tra la disoccupazione di oggi e la disoccupazione di ieri (rispettivamente in termini di effetto e causa), così come tra la disoccupazione di oggi e quella di domani (rispettivamente in termini di causa ed effetto).

Lo stato di disoccupazione comporta una perdita nel reddito attuale ed infligge nel lungo periodo una “cicatrice” che aumenta la probabilità di essere disoccupati nel futuro, di avere una più bassa stabilità del posto di lavoro, di subire una riduzione nel salario (Arulampalam, Booth, Taylor, 2002). Le motivazioni possono ascriversi ad almeno tre fattori: 1) al deprezzamento del capitale umano per il lungo periodo trascorso al di fuori del mercato del lavoro; 2) al fatto che generalmente i datori di lavoro utilizzano la pregressa storia occupazionale come segnale della produttività di un lavoratore (pertanto, se esiste una storia passata di disoccupazione, il segnale sarà inevitabilmente di scarsa produttività); 3) al fatto che i lavoratori disoccupati per un lungo periodo sono disposti ad accettare lavori al di sotto delle loro qualifiche. Si tratta dunque di una spirale perversa che si autoalimenta in quanto più è lungo il periodo di disoccupazione nel quale un individuo permane, più è ristretto lo spazio delle sue opportunità (per usare categorie riconducibili al capabilities approach di Sen) e minore sarà la probabilità per costui di transitare in futuro dalla disoccupazione all’occupazione.

La disoccupazione genera innanzitutto dequalificazione, la quale a sua volta riduce le chances di trovare lavoro: in un mercato in continua evoluzione chi non è occupato non acquisisce quelle capacità che si possono apprendere solo attraverso l’esperienza (D’Isanto, Musella, 2013). Inoltre, in presenza di posti di lavoro e lavoratori eterogenei, l’intermittenza produce una modifica più o meno rilevante del tipo di occupazione che è possibile svolgere. Tale effetto è legato al diverso grado di atrofia che caratterizza alcune occupazioni. In pratica, l’atrofia è la perdita di reddito potenziale associata alla non partecipazione al mercato del lavoro per alcuni periodi. Una sua giustificazione può essere l’obsolescenza del capitale umano acquisito. Un esempio dove l’obsolescenza è particolarmente evidente è il capitale umano a contenuto tecnico, ma se l’atrofia è una componente importante della prestazione lavorativa, è ragionevole ipotizzare che sia remunerata dal mercato, per cui una professione nel settore informatico, ad esempio, avrà tipicamente alta atrofia ma alto reddito. Sul problema del deterioramento e dell’atrofia del capitale umano, Polacheck (Polacheck, Salomon, 1975) si era già soffermato nel 1975 nel suo lavoro sulla presenza intermittente delle donne nel mercato del lavoro. Edin e Gustavsson (Edin, Gustavsson, 2008) hanno confermato - nel loro studio sulla disoccupazione giovanile - che il valore di mercato delle conoscenze e competenze acquisite già durante la scuola superiore si deprezza in maniera relativamente veloce se non vengono subito utilizzate.

Un altro importante fattore che spiega la relazione tra performance del lavoro attuale e stato di disoccupazione è legato al fatto che i datori di lavoro, qualora si trovino in una situazione di asimmetria informativa, utilizzano la pregressa storia occupazionale dei lavoratori come “screening device” sulla loro produttività, preferendo assumere lavoratori che abbiano storie di disoccupazione più brevi (Spence 1973; Blanchard, Diamond, 1994).

In terzo luogo le stesse istituzioni, applicando le regole sulla tutela dell’anzianità, tendono a proteggere maggiormente i lavoratori (insider invece che outsider) che hanno una tenure più lunga piuttosto di quelli che hanno una tenure più breve: i primi, una volta disoccupati, otterranno un lavoro più velocemente rispetto ai secondi e saranno maggiormente tutelati nei periodi di crisi. Sono molte le ragioni per cui sono nate questo tipo di regole istituzionali. Sul tema è interessante richiamare il filone di letteratura che si occupa della problematica insider/outsider nel mercato del lavoro (Lindbeck, Snower, 1988; Musella, Jossa, 2006); basti ricordare che solo una regola che protegge i più anziani evita comportamenti aggressivi di costoro nei confronti dei nuovi entranti. Ciò può rappresentare un importante vantaggio per le imprese colpite da shock negativo, come è confermato dai risultati, tra gli altri, di Eliasson e Storries (Eliasson, Storries, 2006).

Gli studi di Ellwood (Ellwood, 1982), effettuati negli Stati Uniti utilizzando i dati del NLSY (National Longitudinal Survey Young workers), confermano che la disoccupazione ha degli effetti negativi sul futuro lavorativo di un individuo con conseguenze più gravi sul salario piuttosto che sull’occupazione. Corcoran (Corcoran, 1982), utilizzando la banca dati NLSY su di un campione di donne, è giunto a conclusioni analoghe sia per quanto concerne i salari sia per l’occupazione. Uno studio promosso da Mroz e Savage (Mroz, Savage, 2006) - sempre su banca dati NLSY, in un modello dinamico attraverso l’utilizzo di variabili strumentali - ha riscontrato effetti significativi quattro anni dopo un periodo di disoccupazione, sia sui guadagni annui sia sulla probabilità di disoccupazione. Prove che suggeriscano che la disoccupazione può influenzare i salari futuri attraverso i cosiddetti “ implicit contracts” si possono trovare negli scritti di Beadry e Di Nardo (Beardy, Di Nardo, 1991) i quali mostrano che i salari sono influenzati dal tasso di disoccupazione aggregata esistente al momento della disoccupazione.

Infine le preferenze stesse (tra lavoro e tempo libero) dei lavoratori molto giovani possono essere influenzate dalle loro esperienze iniziali. Un certo supporto in questo senso si rinviene nella letteratura sulle interazioni sociali (Kolm, 2005; Stutzer, Lalive, 2003) dove si ritiene che lo stigma negativo della disoccupazione è influenzato dalla posizione nel mercato del lavoro del gruppo sociale di riferimento. Se la disoccupazione spinge (di per sé) gli adolescenti a trascorrere più tempo con altri disoccupati, questi tenderanno ad avere come gruppo di riferimento persone che hanno un debole attaccamento al lavoro e ciò incide sia sulle opportunità di lavoro (in termini di network relazionali) sia sull’incentivo a lavorare.

Come si misura lo scarring effect. Una proposta alternativa

L’effetto cicatrice generato dalla disoccupazione non incide soltanto sul salario e sulla possibilità di trovare un’occupazione, ma anche sulle caratteristiche di tale occupazione una volta entrati/rientrati nel mercato del lavoro. I lavoratori che provengono da uno stato di disoccupazione duraturo o intermittente sono lavoratori scoraggiati e per questo motivo disposti ad accettare, oltre a salari sempre più bassi, anche lavori al di sotto delle loro qualifiche, lavori precari e ad avere così una più bassa stabilità del posto di lavoro. Inoltre i lavoratori portatori di questa cicatrice, a causa di un segnale negativo di scarsa produttività, tendono con difficoltà a ricoprire ruoli apicali, a fare carriera, ad avere autonomia e ad essere coinvolti nella mission dell’organizzazione.

L’effetto cicatrice in pratica riduce sia lo spazio delle capabilities nel quale un individuo può muoversi, sia le sue opportunità, non solo in relazione alla disponibilità di risorse monetarie (quali salario, incentivi economici, ecc.) ma anche alla possibilità di accesso a beni, conoscenze, relazioni che incidono sulla qualità della vita e del lavoro; la qualità del lavoro si misura sia in termini oggettivi (autonomia, flessibilità di orario, ecc..), che in termini soggettivi (soddisfazione e consapevolezza di essere parte attiva di un processo, ecc..). L’uomo infatti è un essere complesso e multidimensionale, non soltanto homo oeconomicus, ma homo eticus e animale sociale, in continua integrazione dinamica rispetto all’ambiente in cui vive (Addabbo, Corrado, Picchio, 2011).

Per questi motivi proponiamo un’estensione delle dimensioni rispetto alle quali misurare lo scarring effect. Così come può risultare limitativo utilizzare il Pil come indicatore assoluto del benessere di un Paese (è una misura relativa e non assoluta di uno degli aspetti della vita di un Paese, ovvero quello economico), sarebbe riduttivo considerare, tra le conseguenze dello scarring effect, solo quelle legate al salario e trascurare tutte le altre dimensioni della vita lavorativa di un individuo.

La Figura 1 mostra l’impatto che le interruzioni di occupazione hanno su diverse dimensioni della vita lavorativa di un individuo. Abbiamo aggiunto in ordinata altre dimensioni che affiancano il salario, come: mission, agency, autonomia, stabilità, complessità, ecc.. Generalmente - secondo lo scarring effect - esiste una relazione crescente tra le variabili dell’asse delle ordinate e la variabile tempo, nel senso che un individuo nel corso della vita lavorativa tende a guadagnare sempre più (per esperienza acquisita, progressioni di carriera, ecc.), ad avere una sempre maggiore stabilità, autonomia, coinvolgimento, consapevolezza di essere parte di un processo, ecc. La Figura 1 mostra che possono esistere percorsi occupazionali diversi, talvolta paralleli, o divergenti, a seconda che si tratti di lavoratori che non hanno avuto pregresse storie di disoccupazione oppure di lavoratori che invece hanno avuto esperienze occupazionali durature ed intermittenti.

Figura 1: Possibile impatto della disoccupazione e di un'occupazione intermittente nel tempo

La linea nera rappresenta l’effetto permanente dello scarring su tutte le categorie prese in considerazione, mentre la linea blu indica il normale percorso di crescita professionale di un individuo che ha una storia occupazionale senza interruzioni. La linea blu potrebbe anche essere più ripida rispetto alla nera e segnalare che i due percorsi non solo non si incrociano, ma divergono; il gap potrebbe essere superato da politiche efficaci, qui rappresentate dalla linea di congiunzione (linea tratteggiata), politiche che consentano anche ai lavoratori “svantaggiati dal peso di questa cicatrice” di poter rientrare in un normale percorso lavorativo e di vita.

Analisi descrittiva

L’analisi dei dati è in primo luogo indirizzata a definire le principali caratteristiche dei lavoratori delle cooperative sociali divisi in quattro sottogruppi e identificati in base alla situazione lavorativa pre-assunzione:

  1. lavoratori provenienti da un altro lavoro stabile;
  2. lavoratori provenienti da un lavoro saltuario o occasionale;
  3. disoccupati;
  4. prima occupazione.

La costruzione degli indicatori relativi allo scarring effect e l’indagine empirica conseguente richiedono di procedere preliminarmente con il raggruppare i lavoratori secondo la loro provenienza. L’informazione riguardante la situazione pre-assunzione è stata incrociata con diverse variabili d’interesse (età, genere, livello d’istruzione, mansione e tipologia di contratto) al fine di avere una prima esplorazione del fenomeno in esame.

L’età media dei lavoratori al momento dell’assunzione in cooperativa è, come prevedibile, più bassa tra coloro che sono alla prima esperienza lavorativa (Tabella 1). Tale evidenza è confermata dalla presenza, tra coloro che erano in cerca di prima occupazione, di un’alta percentuale di giovani sotto i 30 anni al momento dell’entrata in cooperativa. Anche il gruppo di chi proviene da un lavoro saltuario o occasionale si distingue per un’età media inferiore rispetto al campione e presenta una percentuale elevata di persone sotto i 30 anni al momento dell’assunzione. Nel gruppo di coloro che si trovavano in un stato di disoccupazione prima dell’assunzione c’è una maggiore presenza di lavoratori con un’età compresa tra i 31 e i 49 anni. Allo stesso modo, tra coloro che erano impiegati in un lavoro stabile c’è una maggiore incidenza di lavoratori sopra i 30 anni, con la presenza di una percentuale più alta rispetto alla media nazionale anche per i lavoratori sopra i 49 anni.

Tabella 1: Età al momento dell'assunzione - divisa per situazione lavorativa pre-assunzione e anzianità nella cooperativa (valori percentuali)

Tra coloro che provengono da una situazione di lavoro stabile il genere maschile presenta una percentuale superiore a quella dell’intero campione, mentre il genere femminile ha un’incidenza più elevata tra i lavoratori assunti in cerca di prima occupazione (Tabella 2).

Tabella 2: Genere - diviso per situazione lavorativa pre-assunzione e anzianità nella cooperativa (valori percentuali)

I lavoratori delle cooperative assunti quando erano in cerca di prima occupazione si distinguono per essere mediamente molto più istruiti rispetto alla media dell’intero campione (Tabella 3). Anche coloro che avevano un lavoro saltuario o occasionale prima di essere assunti presentano una percentuale maggiore di laureati rispetto al valore nazionale; di contro i lavoratori che sono stati assunti per sopperire ad uno stato di disoccupazione sono mediamente meno istruiti in confronto all’intera popolazione di riferimento. I lavoratori provenienti da un’occupazione stabile sono in linea con i valori del campione analizzato. Dividendo il campione per anzianità nella cooperativa, si osserva che sono soprattutto i lavoratori assunti nell’ultimo periodo (dopo il 2001) ad alzare la percentuale dei laureati tra gli occasionali. L’istruzione di coloro che sono stati assunti in veste di prima occupazione è negli anni sempre maggiore rispetto alla media dell’intero campione; mentre chi proviene da uno stato di disoccupazione, presenta, indipendentemente dall’anzianità, un livello d’istruzione più basso rispetto alla media del campione.

Tabella 3: Livello d'istruzione - diviso per situazione lavorativa pre-assunzione e anzianità nella cooperativa (valori percentuali)

Il maggior livello d’istruzione non va di pari passo con mansioni di maggior responsabilità sia per coloro che sono stati assunti quando erano alla ricerca della prima occupazione sia per quelli che provengono da un lavoro saltuario/occasionale, soprattutto tra coloro che sono stati assunti dalle cooperative dopo il 2001 (Tabella 4). Infatti tra di essi è presente una percentuale più alta, rispetto al valore nazionale, di lavoratori nel ruolo della sola erogazione del servizio. Nel gruppo di lavoratori provenienti da un lavoro stabile la minore percentuale di lavoratori presenti nella sola erogazione del servizio è bilanciata da una più alta incidenza di lavoratori che ricoprono ruoli apicali (coordinamento di settore, amministrazione, gestione del personale e comunicazione/relazioni con l’esterno). Per quanto riguarda il gruppo di coloro che provengono da una situazione di disoccupazione è presente una maggior percentuale di lavoratori che svolgono mansioni di supporto (pulizia, cucina, etc..), anche tra gli assunti prima del 2001.

Tabella 4: Attività svolta - divisa per situazione lavorativa pre-assunzione e anzianità nella cooperativa (valori percentuali)

Per quanto concerne il tipo di contratto al momento dell’entrata in cooperativa a partire dal 2001 i lavoratori che provengono da una situazione di lavoro stabile si contraddistinguono per una più alta percentuale di contratti a tempo indeterminato rispetto alla media del campione; mentre coloro che provengono da un lavoro saltuario/occasionale e i lavoratori che sono stati assunti quando erano in cerca di una prima occupazione presentano un’incidenza più alta di contratti a tempo determinato al momento dell’entrata in cooperativa (Tabella 5). Indipendentemente dalla situazione lavorativa precedente, la maggior parte di coloro che sono assunti dalla cooperativa prima del 2001 ha attualmente un contratto a tempo indeterminato.

Tabella 5: Attuale contratto di lavoro - diviso per situazione lavorativa pre-assunzione e anzianità nella cooperativa (valori percentuali)

Rispetto alla tipologia di contratto, tra coloro che non provengono da un’altra occupazione stabile c’è una percentuale più alta di lavoratori che affrontano una situazione di part-time involontario, ciò è vero soprattutto tra chi è stato assunto dopo il 2001 (Tabella 6).

Tabella 6: Tipologia di contratto attuale - diviso per situazione lavorativa pre-assunzione e anzianità nella cooperativa (valori percentuali)

Un secondo passo dell’analisi descrittiva del campione è quella di incrociare l’informazione sulla situazione pre-assunzione con una serie di variabili che misurano la qualità del lavoro all’interno delle cooperative sociali. Un’analisi siffatta ha l’obiettivo di restituire una prima lettura dei dati rispetto alla relazione tra la situazione lavorativa pre-assunzione e alcune importati dimensioni della qualità del lavoro nelle cooperative sociali in Italia. Sono stati considerati sei indicatori della qualità del lavoro: 

  1. retribuzione;
  2. organizzazione dell’orario di lavoro;
  3. prospettive di continuità;
  4. partecipazione e coinvolgimento;
  5. autonomia nello svolgimento del lavoro;
  6. complessità.

La retribuzione è stata misurata attraverso la retribuzione oraria netta, indicatore più consistente della retribuzione mensile, che dipende fortemente dal numero di ore e dalla tipologia di contratto offerto. L’organizzazione dell’orario di lavoro è stata misurata attraverso la domanda: “Secondo lei, quanto la Cooperativa è attenta a soddisfare le sue esigenze di lavoratore (orario, ferie, permessi ecc..) per riconoscere il suo lavoro e spingerla a farlo il meglio possibile?”. Le prospettive di continuità sono state misurate attraverso la domanda “Secondo lei, quanto la Cooperativa è attenta a soddisfare le sue garanzie di continuità/stabilità del rapporto di lavoro per riconoscere il suo lavoro e spingerla a farlo il meglio possibile?”. La partecipazione è stata misurata attraverso la domanda “Secondo lei, quanto la Cooperativa è attenta a soddisfare il suo coinvolgimento nella mission della cooperativa per riconoscere il suo lavoro e spingerla a farlo il meglio possibile?”. La scala di risposta originale di queste ultime tre domande comprende cinque categorie – Mai, Raramente, Talvolta, Spesso e Sempre. In questa sede sono state costruite tre variabili binarie dove sono state accorpate “Mai, Raramente e Talvolta” in una categoria e “Spesso e Sempre” nell’altra. L’autonomia nello svolgimento del proprio lavoro è stata misurata attraverso la domanda “Quanto è d’accordo con la seguente affermazione: posso scegliere autonomamente come organizzare il mio lavoro?”. La scala di risposta originale è crescente e comprende sette categorie da 1 “ Per nulla d’accordo” fino a 7 “ Completamente d’accordo”. La complessità è intesa come richiesta di competenze di alto livello ed è misurata attraverso la domanda “Il suo lavoro prevede abitualmente competenze di alto livello?”. La scala di risposta originale è crescente e comprende sette categorie da 1 “Decisamente no” fino a 7 “Decisamente si”. Queste ultime due variabile sono state trasformate in due variabili binarie dove sono state accorpate in una categoria i valori inferiori o uguali a 4 e nell’altra i valori superiori o uguali a 5.

All’interno dei quattro gruppi di riferimento la retribuzione oraria è più alta tra coloro che sono stati assunti nelle cooperative prima del 2001 (Tabella 7). Indipendentemente dall’anzianità, nel confronto fra i gruppi, chi proviene da uno stato di disoccupazione ha una retribuzione minore alla media nazionale. I giovani alla prima esperienza lavorativa che sono stati assunti dopo il 2001 hanno una retribuzione oraria media inferiore al valore medio del campione; mentre chi proviene da una prima esperienza lavorativa ed stato assunto prima del 2001 ha una retribuzione oraria media piuttosto alta. Coloro che sono stati assunti prima del 2001 provenendo da un’esperienza lavorativa stabile hanno la retribuzione media più elevata tra quelle analizzate.

Tabella 7: Retribuzione oraria - divisa per situazione lavorativa pre-assunzione e anzianità nella cooperativa (valori in euro)

Chi proviene da un’occupazione stabile, indipendentemente dall’anzianità, è trattato lievemente con più attenzione dalla cooperativa per quanto concerne le esigenze lavorative e l’organizzazione del lavoro (orari, ferie e permessi); mentre tra coloro che prevengono da un lavoro occasionale o saltuario si registra una percentuale inferiore alla media del campione di coloro i quali si sentono spesso o sempre stimolati da un’organizzazione dell’orario del lavoro soddisfacente (Tabella 8). 

Tabella 8: Attenzione a soddisfare le esigenze del lavoratore (orario, ferie e permessi) - divisa per situazione lavorativa pre-assunzione e anzianità nella cooperativa (valori percentuali)

Come prevedibile, chi è stato assunto prima del 2001 si sente maggiormente garantito per la stabilità del posto di lavoro (Tabella 9). Tra i lavoratori provenienti da un’occupazione stabile che sono stati assunti dopo il 2001 è presente una percentuale maggiore di dipendenti che affermano che la cooperativa di appartenenza garantisce spesso o sempre una continuità del rapporto di lavoro.

Tabella 9: Garanzia di continuità/stabilità del rapporto di lavoro - divisa per situazione lavorativa pre-assunzione e anzianità nella cooperativa (valori percentuali)

Per quanto riguarda il coinvolgimento nella mission della cooperativa la percentuale di coloro che affermano di essere spesso e sempre coinvolti è significativamente più alta tra coloro che sono stati assunti prima del 2001 (Tabella 10). Nel confronto fra i gruppi, tra coloro che sono stati assunti dopo il 2001 e che provengono da una situazione stabile la percentuale di coinvolti spesso o sempre nella missione della cooperativa è più alta della media nazionale, mentre è vero il contrario per chi proviene da uno stato di disoccupazione.

Tabella 10: Coinvolgimento nella mission della cooperativa - divisa per situazione lavorativa pre-assunzione e anzianità nella cooperativa (valori percentuali)

Tra i dipendenti che provengono da un lavoro stabile la percentuale di chi percepisce un alto livello di autonomia nello svolgimento del proprio lavoro è maggiore nel gruppo di coloro che sono stati assunti dopo il 2001, mentre è vero il contrario per chi non proviene da un lavoro stabile (Tabella 11). Tra coloro che sono stati assunti dopo il 2001 e che provengono da un lavoro occasionale la percentuale di chi afferma di avere autonomia al lavoro è inferiore alla media nazionale.

Tabella 11: Autonomia nello svolgimento del lavoro - divisa per situazione lavorativa pre-assunzione e anzianità nella cooperativa (valori percentuali)

La percentuale di coloro che affermano la richiesta di competenze di alto livello nello svolgimento del proprio lavoro è significativamente più alta per coloro che stati assunti prima del 2001 (Tabella 12). Tra coloro che sono assunti alla prima esperienza lavorativa e i lavoratori che provengono da uno stato di disoccupazione il differenziale negli anni è molto più elevato. Nel confronto fra i gruppi tra coloro che provengono da uno stato disoccupazione e tra i giovani assunti in veste di prima occupazione dopo il 2001 la percentuale di chi dichiara la richiesta di competenze di alto livello è minore rispetto al valore dell’intero campione di riferimento.

Tabella 12: Complessità lavorativa - divisa per situazione lavorativa pre-assunzione e anzianità nella cooperativa (valori percentuali)

Analisi Multivariata

L’ultimo step dell’analisi dati è un’analisi multivariata al fine di comprendere l’effetto della situazione lavorativa pre-assunzione sulla qualità attuale del lavoro, controllato per le caratteristiche socio-demografiche del lavoratore e altre importanti variabili a livello territoriale (area geografica d’intervento) e aziendale (tipologia e dimensione della cooperativa).

L’analisi descrittiva precedente ci ha restituito informazioni in merito ai legami tra la situazione lavorativa precedente l’assunzione, alcune caratteristiche socio-demografiche, alcune importanti caratteristiche del lavoro attuale e la qualità del lavoro svolto. L’analisi descrittiva - effettuata quale prima esplorazione dei dati - non consente tuttavia di isolare l’effetto delle singole variabili e, a tale scopo, è più adeguato compiere un’analisi multivariata.

L’analisi multivariata è svolta usando le potenzialità del modello di regressione, in cui i singoli coefficienti possono interpretarsi come l’effetto marginale che in media ciascuna variabile indipendente esercita sulla variabile dipendente ceteris paribus, ovvero mantenendo costanti tutte le altre variabili esplicative. Nel nostro caso le variabili indipendenti sono la situazione lavorativa precedente l’assunzione, le caratteristiche socio-demografiche del lavoratore, le caratteristiche del lavoro svolto, le variabili territoriali e aziendali, mentre la variabile dipendente è la qualità del lavoro nelle cooperative sociali. L’analisi multivariata è sicuramente più adeguata per lo studio della relazione tra un numero elevato di variabili in gioco. Il suo utilizzo è quindi giustificato dal fatto che essa viene considerata la sola che permette di apprezzare, simultaneamente e indipendentemente, gli effetti di ogni variabile, depurati delle reciproche interferenze. Nello specifico di questa applicazione l’analisi multivariata è l’unica in grado di stimare gli impatti “controllati” della situazione lavorativa pre-assunzione sulle cinque dimensioni della qualità del lavoro selezionate.

In particolare sono stati stimati cinque differenti modelli di regressione per ognuna delle dimensioni della qualità del lavoro. Il modello di regressione per la retribuzione oraria netta utilizza il metodo dei Minimi Quadrati Ordinari (OLS - Ordinary Least Squares), mentre per le altre cinque variabili si utilizza il modello Logit, estremamente più adatto in materia di regressione con variabili binarie. Seguendo le indicazioni dell’analisi descrittiva le cinque regressioni sono state stimate dividendo il campione per anzianità all’interno della cooperativa (assunzione pre e post 2001).

Nel seguito proviamo a sintetizzare i risultati per ciascuno degli indicatori di scarring effect che abbiamo costruito.

Retribuzione

Tra i lavoratori assunti dopo il 2001 lo stato di disoccupazione ha un effetto negativo sulla retribuzione oraria, pur controllando la regressione per mansione e titolo di studio. Ciò vuol dire che tra i neo-assunti, a parità di mansione e istruzione, chi proviene da uno stato di disoccupazione riceve un salario orario inferiore rispetto ai lavoratori che provengono da una situazione lavorativa stabile (Tabella 13). La non significatività dei coefficienti delle variabili che identificano la situazione lavorativa pre-assunzione sulla retribuzione oraria tra chi è stato assunto prima del 2001 ci informa che, a parità di mansione e livello d’istruzione, non sono presenti differenziali salariali, tra le diverse situazioni lavorative precedenti. Rispetto all’effetto di altre importanti variabili sulla retribuzione oraria dei lavoratori delle cooperative sociali in Italia si possono trarre alcuni conclusioni generali e indipendenti dall’assunzione pre o post 2001. Le stime evidenziano il segno negativo e significativo della variabile “donna”, di coloro che sono impegnati nella sola erogazione del servizio e dei lavoratori che svolgono attività di supporto. Questi dati ci dicono che, ceteris paribus, le donne tendono ad avere un salario orario inferiore rispetto agli uomini e chi lavora nell’attività di erogazione e di supporto ha un salario orario statisticamente inferiore a chi è impegnato in ruoli apicali. Per quanto concerne il livello d’istruzione chi possiede una laurea percepisce un salario orario statisticamente superiore a chi ha la licenza media; mentre tale effetto non è confermato per coloro che hanno il diploma.

Tabella 13: Regressione OLS: Logaritmo retribuzione oraria - * p<0,05; ** p<0,01

Organizzazione dell’orario di lavoro

Tra i lavoratori assunti dopo il 2001 chi proviene da un lavoro saltuario o occasionale si sente significativamente meno al centro dell’attenzione della cooperativa in materia di esigenze sull’orario di lavoro rispetto a chi proviene da un lavoro stabile (Tabella 14). Non ci sono differenze di percezione tra coloro che da tempo lavorano nella cooperativa. Tra i neo-assunti (dopo il 2001) chi lavora nell’erogazione e nel supporto è meno attenzionato rispetto a coloro che sono impegnati nei ruoli apicali, l’effetto svanisce tra coloro che sono stati assunti prima del 2001. Lo stesso discorso vale per chi lavora in una cooperativa grande rispetto a coloro che prestano servizio per una cooperativa piccola. Indipendentemente dall’anzianità in cooperativa, chi ha un contratto part-time involontario percepisce una minore attenzione di chi è assunto full-time. Tra gli assunti dopo il 2001 le cooperative di Tipo A sono più attente a soddisfare l’esigenze del lavoratore rispetto alle cooperative di Tipo B. Tra chi stato assunto dalla cooperativa prima del 2001 le donne sono mediamente più attenzionate rispetto agli uomini.

Tabella 14: Attenzione a soddisfare le sue esigenze di lavoratore (orario, ferie, permessi) - 0 = Mai, Raramente, Talvolta - 1 = Spesso, Sempre - * p<0,05; ** p<0,01

Prospettive di continuità

Per quanto riguarda il riconoscimento della cooperativa in merito a stabilità e garanzia di continuità del rapporto di lavoro le regressioni dimostrano che tra coloro che sono stati assunti dopo il 2001 chi proviene da uno stato di disoccupazione e da un lavoro saltuario/occasionale tende a sentirsi meno coinvolto in un rapporto di lavoro duraturo rispetto a chi proviene da un lavoro stabile (Tabella 15). Nessuna differenze significativa tra coloro che sono stati assunti prima del 2001. Il lavoratore che è stato assunto involontariamente con la formula del part-time è coinvolto in una minore stabilità del rapporto di lavoro da parte delle cooperativa rispetto a chi è stato assunto full-time, tale effetto è indipendente dall’anzianità nella cooperativa. Tra coloro che sono stati assunti dopo il 2001 anche chi è stato assunto con la formula del part-time volontario percepisce una minore stabilità rispetto a chi è stato assunto con contratto full-time. Come prevedibile, la presenza di un contratto a tempo indeterminato ha un ruolo cruciale nel riconoscimento di una continuità del rapporto di lavoro per coloro che sono stati assunti dopo il 2001. Non si notano effetti significativi sulla stabilità per quanto concerne la mansione e il livello d’istruzione.

Tabella 15: Logit Model: Garanzie di continuità/stabilità del rapporto di lavoro - 0 = Mai, Raramente, Talvolta - 1 = Spesso, Sempre - * p<0,05; ** p<0,01

Partecipazione

Un buon livello di partecipazione e coinvolgimento all’interno delle cooperative sociali in Italia non sembra avere una relazione diretta con la situazione del lavoratore prima dell’assunzione, sia essa pre o post 2001 (Tabella 16). Tra i lavoratori assunti prima del 2001 i laureati sono maggiormente coinvolti nella mission della cooperativa, mentre tra quelli assunti in un periodo posteriore il titolo di studio non ha effetto sulla variabile in questione. In entrambi i sottogruppi chi svolge mansioni diverse dai ruoli apicali si sente meno coinvolto nella mission della cooperativa. Chi è stato assunto con la formula del part-time involontario si sente meno incluso nella mission aziendale, tale effetto è vero anche per chi ha scelto il part-time volontariamente tra i lavoratori assunti prima del 2001. Come prevedibile i soci si sentono più inclusi dei non soci e i lavoratori delle cooperative grandi hanno una minore percezione del loro coinvolgimento nella mission aziendale rispetto a quelli di una piccola cooperativa.

Tabella 16: Logit Model: Coinvolgimento nella mission della cooperativa - 0 = Mai, Raramente, Talvolta - 1 = Spesso, Sempre - * p<0,05; ** p<0,01

Autonomia nello svolgimento del lavoro

Il livello autonomia percepito da parte dei lavoratori nelle cooperative sociali in Italia non sembra per nulla influenzato dalla situazione lavorativa pre-assunzione (Tabella 17). L’alto livello d’istruzione ha una relazione positiva con il livello di autonomia, indipendentemente dall’anzianità in cooperativa. Coloro che lavorano nel settore dell’erogazione del servizio percepiscono un’autonomia inferiore rispetto a coloro che ricoprono ruoli apicali.

Tabella 17: Logit Model: Autonomia nello svolgimento del lavoro - 0 = Mai, Raramente, Talvolta - 1 = Spesso, Sempre - * p<0,05; ** p<0,01

Complessità

Tra i lavoratori assunti dopo il 2001 la richiesta di competenze di alto livello è minore per chi proviene da una stato di disoccupazione e per coloro che sono alla prima esperienza lavorativa rispetto a chi è stato assunto provenendo da un lavoro stabile (Tabella 18). Come per le variabili precedenti, tali effetti spariscono quando consideriamo il sottogruppo di lavoratori che sono stati assunti prima del 2001. Per quanto concerne le altre variabili, è confermato che in entrambi i sottogruppi il livello d’istruzione ha un effetto positivo sulla richiesta di competenze di alto livello e, come prevedibile, chi lavora in mansioni di supporto ha meno richieste di alte competenze di chi è impegnato in ruolo apicali. Rispetto alle variabili che comprendono il part-time (sia esso volontario o involontario) l’effetto stimato è negativo, ciò sottende una minore richiesta di alte competenze rispetto al full-time. Tra chi è stato assunto prima del 2001 ai lavoratori delle cooperative di Tipo A vengono richiesti maggiori competenze di alto livello rispetto a quelli delle cooperative di Tipo B.

Tabella 18: Logit Model: Complessità del lavoro - 0 = Mai, Raramente, Talvolta - 1 = Spesso, Sempre - * p<0,05; ** p<0,01

Conclusioni

Lo scarring effect non è facile da stimare, soprattutto in assenza di dati che seguono l’evoluzione della carriera del lavoratore nel tempo. In queste pagine abbiamo provato a darne conto con riferimento alle cooperative sociali italiane a partire dalla banca dati ICSI 2007 che, pur fotografando la situazione ad un certo istante del tempo, contiene molte informazioni interessanti e consente di conoscere la provenienza dei lavoratori e, quindi, di ricostruirne in qualche modo la storia, o almeno una parte di essa.

I risultati della nostra indagine ci sembrano interessanti da almeno due punti di vista:

  1. L’esistenza dello scarring effect è confermata soprattutto con riferimento ai salari, ma anche ad altre dimensioni del lavoro che abbiamo voluto introdurre per ampliare la riflessione sul lavoro e sul ruolo che esso svolge nella vita delle persone, oltre i confini della tradizione economica più consolidata del mero scambio tra disutilità del lavoro e utilità del salario.
  2. Le cooperative sociali sembrano avere un’organizzazione del lavoro che riesce a porre un qualche rimedio nel tempo alle cicatrici prodotte dal precedente stato di difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro: la differenza tra coloro che provengono da altre occupazioni e coloro che provengono dalla disoccupazione o dalla precarietà tende a scomparire quando il rapporto di lavoro nella cooperativa dura più a lungo.

I dati empirici mostrano che le caratteristiche dell’occupazione tendono ad uniformarsi tra i lavoratori man mano che la tenure diventa più lunga. Coloro che sono stati assunti prima del 2001 hanno un rapporto stabile con l’organizzazione, si sentono coinvolti nella mission e riescono gestire il proprio lavoro con un certo grado di autonomia. Con il tempo l’organizzazione riesce ad offrire ai suoi lavoratori un buon livello di inclusione sia da un punto di vista economico che personale.

Le cooperative sociali ancora una volta confermano di basare la loro organizzazione su principi di equità. Malgrado alcuni lavoratori entrino nell’organizzazione con una cicatrice, essa tende a scomparire con il tempo. Indipendentemente dal segnale negativo di scarsa produttività di cui sono portatori, i lavoratori all’interno delle cooperative sociali hanno la possibilità di esprimersi completamente e di riappropriarsi di quello spazio di opportunità che gli era stato ridotto in precedenza.

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