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ISSN 2282-1694
Tempo di lettura:  6 minuti
Argomento:  Diritto
data:  08 marzo 2023

Co-progettazione e rispetto della proprietà intellettuale dei partecipanti: una convivenza possibile? Aprire una riflessione

Claudia Del Re

La coprogettazione porta con sé un'esigenza di condivisione dei saperi e delle conoscenze dagli enti partecipanti. Ma, rispetto alla proprietà intellettuale, le linee guida si limitano a tutelare e le prerogative dell'amministrazione mentre sarebbe utile una riflessione che consideri in modo equilibrato le diverse istanze.


Con il D.M. del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 72 del 31/03/2021 sono state approvate le “Linee Guida attuative sul rapporto tra pubbliche amministrazioni ed enti del Terzo settore” disciplinato negli artt. 55-57 del Codice del Terzo settore. Tali Linee Guida ambiscono ad essere un supporto a coloro che intendono intraprendere questo percorso al fine di realizzare servizi o progetti non necessariamente innovativi (dal momento che i caratteri di “innovatività/sperimentalità” sono stati eliminati come prerequisito) ma che potrebbero risultare complessi in quanto caratterizzati da molteplici prestazioni, competenze e conoscenze che fanno capo a più soggetti.

Le Linee Guida, strumento di soft-law di integrazione e attuazione degli istituti già previsti dalla Legge, ribadiscono cosa s’intenda, in primis, per “ente del Terzo settore”, che requisiti esso debba avere, le varie tipologie di soggetti (ETS), le finalità di tipo solidaristico, civico o di utilità sociale che l'ETS deve perseguire, le misure di sostegno e collaborazione tra questi enti e le pubbliche amministrazioni di cui agli artt. 55-57 del D.lgs. 117 del 2017, ovvero co-programmazione, co-progettazione, accreditamento, convenzioni.

Con particolare riferimento al procedimento di co-progettazione (cfr. art. 55, comma 3 D.lgs. 117 del 2017: “La co-progettazione  è  finalizzata   alla   definizione   ed eventualmente alla realizzazione di specifici progetti di servizio  o di intervento finalizzati a soddisfare bisogni definiti, alla  luce degli strumenti di programmazione di cui comma 2”), al punto 3 le Linee Guida affrontano prima la distinzione di questo istituto con gli affidamenti di appalti e concessioni di servizi(o) e poi ne descrivono in dettaglio l’iter. Si parte dalla pubblicazione di un avviso, visibile da tutti, all’interno del quale sono fornite le istruzioni relative alla modalità di presentazione dei progetti e alla loro valutazione, alla esplicazione di tutte le regole sullo svolgimento del procedimento (insieme all’avviso possono essere predisposti un progetto di base e uno schema di convenzione che descrivano il servizio da svolgere, il progetto da realizzare, gli obiettivi da raggiungere). Dalle proposte dei privati si apre, così, un confronto a più step che consente di apportare miglioramenti al progetto di base e permette di integrare su base paritaria le idee dei partecipanti fino alla configurazione di un progetto finale che potrebbe coinvolgere anche tutte le parti private del Terzo settore concorrenti.

Nulla però si dice, entro il predetto punto 3 delle Linee Guida, in merito alla regolamentazione della proprietà intellettuale delle diverse proposte progettuali presentate (e poi eventualmente condivise) dai partecipanti e/o in merito alle relative “regole d’accesso” alle stesse da parte di ciascun ente, fatto salvo quanto si disciplina in merito al contenuto dell’avviso di indizione del procedimento di co-progettazione ed ai relativi atti e documenti da allegarsi:

(…) All’avviso, infine, potrebbero essere allegati almeno i seguenti atti e documenti:

  1. documento progettuale di massima e/o progetto preliminare;
  2. schema di convenzione, regolante i rapporti di collaborazione fra Amministrazione

procedente e ETS, anche ai fini del rispetto degli obblighi previsti dalla disciplina vigente in materia

di tracciabilità dei flussi finanziari;

iii. modello di domanda di partecipazione e relative dichiarazioni, inclusa espressa liberatoria in

favore dell’Amministrazione procedente in ordine ad eventuali responsabilità legate alla proprietà

intellettuale delle proposte presentate;

  1. eventuale modello di proposta (progettuale ed economica)”.

Come risulta evidente, in tale punto ci si preoccupa solo della de-responsabilizzazione delle Amministrazioni verso la lesione di diritti di terzi derivanti dall’acquisizione dei progetti inviati ma si sorvola delle implicazioni a livello di proprietà intellettuale che tale attività potrebbe comportare per i singoli enti partecipanti. Questa mancanza, a nostro avviso, dovrebbe essere riempita a mezzo di alcune e chiare regole sulla condivisione di know-how e di informazioni tecnico-progettuali cui si ascriva non solo una paternità ben definita ma anche un misurabile valore economico.

Ai tavoli del procedimento, infatti, partecipano tutte le parti e ciascuna, evidentemente, arrecherà le proprie idee e progettualità, frutto di un back-ground conoscitivo esperienziale pregresso che, per così dire, viene di default messo a “fattore comune” delle altre realtà co-partecipanti per addivenire ad un progetto finale condiviso (cd. fore-ground, ovvero risultato finale del progetto).

Trovandoci in un tipico caso di condivisione di back-ground verso la creazione di un progetto indiviso, al fine di rispettare la proprietà intellettuale di ciascuna delle parti al tavolo occorrerebbe definire a monte regole precise e puntuali di condivisione. E questo potrebbe essere perseguito solo tramite la sottoposizione, da parte dell’Amministrazione procedente, di uno schema di accordo (sotto forma di documento da allegarsi all’avviso) che precisi, ab origine, il patrimonio conoscitivo pregresso di ciascuna parte e le singole quote di paternità autoriale che verrebbero a confluire nel progetto finale. E ciò non solo per il rispetto delle normative internazionali di diritto d’autore e/o di proprietà industriale che vedono nella lesione della paternità la lesione di un diritto morale assoluto ed indisponibile, ma anche perché l’incertezza definitoria di questo aspetto ben potrebbe scoraggiare gli enti -che maggiormente hanno investito in innovazione- a sedere al tavolo della co-progettazione per non rivelare le loro idee che derivano, spesso, da ingenti investimenti economici e/o comunque che hanno richiesto molto tempo per essere sviluppate. Infatti, se da una parte è vero che la destinazione del patrimonio deve essere rivolta a finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale (art. 8 Codice del Terzo Settore), dall’altra è anche vero che non per questo viene meno la misurabilità economica di tale apporto intellettuale. Questo aspetto, di ordine generale, che meriterebbe un approfondimento a parte, farebbe pensare che lo sfruttamento della proprietà intellettuale di un ETS non si porrebbe in contrasto alle finalità solidaristiche per cui esso è nato, proprio perché la valorizzazione economica di un’idea/progetto nati in seno ad un ETS ritornerebbe solo a beneficio degli scopi istituzionali dell’ente medesimo.

E’ per questo dunque che, a nostro avviso, prima di sedersi ai tavoli di co-progettazione le parti dovrebbero concordare: 1) la descrizione dei singoli back-ground messi in condivisione; 2) la titolarità dei predetti; 2) la garanzia che i patrimoni conoscitivi condivisi debbano essere mantenuti come segreti industriali dalle altre parti utilizzatrici (e che pertanto, in caso di eventuale scaturenda privativa industriale ciascuna parte mantenga la più assoluta riservatezza in merito sino al deposito della predetta). Va da sé, infatti, che la definizione/elencazione di quale informazione sia ritenuta confidenziale, debba essere il più accurata possibile. Potrebbe anche trattarsi di una lista di dati, comprese l’indicazione di brevetti non pubblicati, di conoscenze (know-how), di schemi, di informazioni finanziarie, di strategie commerciali, di modelli organizzativi e intervento ecc. Sarà inoltre imprescindibile specificare: 1) come si mantiene confidenziale un certo dato (tipicamente le limitazioni d'uso dei dati confidenziali non sono valide se: il beneficiario già conosce il materiale; il beneficiario è venuto a conoscenza del materiale da un'altra fonte; il materiale è disponibile pubblicamente; il materiale è stato ottenuto illegalmente; o il materiale è sottoposto ad ordinanza giudiziaria); 2) il termine della confidenzialità; le obbligazioni del beneficiario riguardo alle informazioni confidenziali ed i tipi di divulgazioni ammesse; 3) la tipologia della licenza che ciascuna parte potrà stipulare sul back-ground conoscitivo detenuto dall’altra e la definizione della durata che, s’immagina, non potrà non essere quella strettamente necessaria e funzionale all’esperimento dei tavoli della co-progettazione. Tanto più accurato sarà questo accordo preliminare, tanto più effettiva potrà dirsi la successiva gestione della fase progettuale in maniera congiunta.

Peraltro, qualche perplessità potrebbe anche sorgere dal fatto che se le Amministrazioni invitanti si riservassero la facoltà di utilizzare liberamente, ed a titolo gratuito, nell’ambito delle loro future attività istituzionali, quelle proposte progettuali poi non selezionate, si incorrerebbe nel rischio di disincentivare gli enti medesimi a partecipare ai tavoli qualora non avessero una concreta probabilità di vedersi il loro progetto scelto. Probabilmente potrebbe essere utile rivedere una tale prassi e/o comunque garantire agli ETS di non vedersi almeno lesa la proprietà morale (attribuzione di paternità) delle idee/progettualità scartate. Anche perché, a contrario, si incorrerebbe nella violazione delle normative a tutela della proprietà intellettuale dei partecipanti ai tavoli, con ciò arrivando al paradosso che una normativa -quale il Codice del Terzo Settore- concepita e sviluppata per la “progettazione comune di servizi e interventi diretti a elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, secondo una sfera relazionale che si colloca al di là del mero scambio utilitaristico” (Corte Costituzionale n. 131/2020) risulti tesa ad appropriarsi, in modo usurpativo, del patrimonio intellettuale (e non per questo meno dotato di valore economico) altrui.  

Come si diceva sopra, una volta giunti alla conclusione del procedimento, l’Amministrazione accoglie la proposta finale mediante atto motivato e procede alla stipula di una convenzione con uno o più enti (singoli o raggruppati) la cui proposta sia risultata la migliore. Le stesse Linee Guida danno indicazioni anche sul contenuto dello schema di convenzione al fine di regolare al meglio i rapporti tra tutti i soggetti coinvolti nell’ambito della co-progettazione.

Ma niente, ancor qui, si dice in merito alla regolamentazione della proprietà intellettuale del progetto finale eventualmente scaturito dalla condivisione delle idee dei partecipanti. Una volta definita la provenienza (proprietà morale di autore) e le regole di accesso ai singoli back-ground autoriali (proprietà economica di autore) da parte di ciascuno, si dovrà gestire la proprietà intellettuale del fore-ground comune, sempre nell’ottica di valorizzare il progetto finale e di non ledere le norme di proprietà intellettuale vigenti. Con l’ulteriore obiettivo di promuovere quel progetto anche per utilizzi futuri e/o miglioramenti e/o integrazioni da parte di terzi. Basti solo pensare cosa potrebbe accadere nel caso in cui quel progetto finale potesse poi risultare di interesse di altre Amministrazioni e non venisse giustamente attribuita la paternità agli autori e/o comunque agli enti di cui i predetti fanno parte.

Ecco allora che diventerebbe anche qui di estrema importanza definire la titolarità della proprietà intellettuale del progetto condiviso entro lo schema di convenzione finale. In particolare, si tratterà di definire le percentuali di contributo autoriale di ogni parte del tavolo; le modalità di co-gestione del progetto; la parte o le parti che avranno il diritto di depositare eventuali titoli di privativa industriale nazionali ed esteri e/o di ampliare le domande e/o di depositare titoli per tutelare successivamente i miglioramenti; la parte o le parti che saranno tenute a sostenere i costi di siffatti depositi; la parte o le parti che avranno la legittimazione attiva o passiva contro terze parti contraffattrici del titolo principale o dei miglioramenti. Le Amministrazioni coinvolte potrebbero, a quel punto, o detenere quota parte del contributo autoriale/titolarità di privativa industriale sul progetto condiviso, o risultare come titolari di un diritto perpetuo e senza limiti di spazio del fore-ground progettuale. È assai più verosimile, comunque, che le Amministrazioni procedenti immettano più risorse pubbliche di tipo economico (proprie o di altri enti e riconducibili ai contributi di cui all’art. 12 della L. 241/1990), umano o mobiliare/immobiliare che di tipo intellettuale-industriale.

Concludendo, l’integrazione delle Linee Guida può essere utile in un’ottica di tutela della proprietà intellettuale immessa nei progetti di servizi e interventi di cui all’art. 55 D.lgs. 117 del 2017. E ciò al fine d’incentivare, grazie alla definizione di regole chiare, la partecipazione collettiva ed evitare le possibili lesioni della proprietà intellettuale in capo agli enti di volta in volta partecipanti.

Rivista-impresa-sociale-Claudia Del Re Università degli Studi di Firenze

Claudia Del Re

Università degli Studi di Firenze

Ph.D., LL.M., “Diritto della proprietà intellettuale e concorrenza” – Professore a Contratto Università degli Studi di Firenze “Gestione della proprietà industriale e della Brevettazione.

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