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ISSN 2282-1694
Tempo di lettura:  6 minuti
Argomento:  Attualità
data:  23 novembre 2020

La crisi è un’occasione di rigenerazione. Se si supera

Stefano Boffini

Due strategie per uscire dalla crisi: misure di moltiplicazione della capitalizzazione per sostenere le imprese sociali più radicate e strategie di fusione per salvaguardare esperienze di qualità che difficilmente possono sopravvivere. Dalla crisi si può uscire più forti, ma di crisi si può morire.


La pandemia in corso ha tra le proprie conseguenze un forte aumento del bisogno di liquidità all’interno del mondo cooperativo e del terzo settore, pur se al momento temporaneamente mitigato dalle misure di moratoria sui debiti in corso – bancari e non – e da altri interventi di sostegno.
Per il 2021 - e in prospettiva futura più a medio termine - è probabile che tale bisogno si manifesti in modo evidente, determinando anche un potenziale problema di accesso al credito.
Le cooperative e il terzo settore, impegnate in attività assistenziali, culturali, di aggregazione, ecc. fortemente colpite dalle misure di distanziamento, hanno infatti subito gli impatti più forti dell’emergenza Covid,  sia a livello della  singola istituzione che di persone che vi prestano il proprio lavoro o servizio.
È un mondo che in altri casi ha comunque mostrato una forte capacità di reazione e di resilienza, anche perché abituato a operare spesso in emergenza o in contesti difficili; ma questa prova potrebbe rivelarsi particolarmente dura almeno per una parte delle organizzazioni di Terzo settore, soprattutto per quelle più fragili o quelle che, almeno sino ad oggi, hanno potuto godere in misura minore delle misure tese a contrastare gli effetti economici della crisi.

Le cooperative, le cooperative sociali e le imprese sociali, in quanto imprese, hanno potuto beneficiare a pieno, in caso di necessità, della garanzia statale che ha favorito l’accesso a finanziamenti tesi ad assicurare liquidità aggiuntiva, necessaria per “scavallare” questo periodo e per avere, di fronte a necessità e imprevisti, un minimo di margine d’azione, fondamentale in un futuro prossimo, caratterizzato da incertezza; al contrario gli enti di Terzo settore non aventi forma di impresa hanno incontrato molte più difficoltà ad essere incluse in tali interventi, che restano di fatto ancora in parte inattuati.
E in ogni caso le realtà più fragili sono entrate in questa pandemia senza avere spazi di flessibilità, dati dalla liquidità, dai fondamentali sottostanti, da un rapporto favorevole fra marginalità che si riesce ad esprimere e livello di indebitamento, dalla possibilità, in situazione di bisogno, di potere attivare direttamente o indirettamente risorse destinate alla patrimonializzazione. Queste realtà sono destinate sicuramente ad avere problemi a superare la crisi. Ed è purtroppo una condizione che caratterizza, oltre ad una parte degli enti di Terzo settore, anche molte realtà artigianali e di piccole e medie imprese.
La concessione di affidamenti con garanzia statale basata su valutazioni riferite alla situazione del 2019, è stata per certi versi relativamente agevole, anche se gli interventi per liquidità hanno in molti casi esaurito il merito creditizio. Il 2021 avrà invece come riferimento il 2020, un anno nel quale risultati economici in perdita e riduzione di fatturato, determineranno sicuramente l’accensione di vari indicatori di rischio, early warning e trigger, insomma di tutti gli elementi che renderanno gli istituti di credito più restii ad erogare liquidità. Se poi associamo debolezze patrimoniali, difficoltà a valutare l’orizzonte temporale futuro per il contesto di incertezza, sarà oggettivamente molto più difficile l’accesso al credito per le realtà dimensionalmente più piccole, a causa delle attuali normative e per come è strutturato oggi nelle banche il processo di valutazione, per la maggiore rischiosità attribuita e per il più elevato impatto in termini di assorbimento patrimoniale.

In sostanza le imprese più deboli, già in difficoltà a causa della crisi, saranno quelle che, malgrado le misure di contrasto della crisi approvate, incontreranno maggiori ostacoli ad ottenere dal sistema creditizio un aiuto che consenta di superare l'attuale fase.
Il capitale è merce preziosa e scarsa per gli intermediari finanziari che saranno sotto pressione per la necessità di gestire in un contesto di crisi, una volta terminate le moratorie, il rientro dei crediti, , , con NPL (crediti deteriorati) e nella condizione di dover effettuare accantonamenti, destinati inesorabilmente a comprimere redditività e mezzi propri.

Per gli enti di terzo settore, non organizzati in forma di impresa, già quest’anno l’accesso al credito è stato più difficile, perché finora, tranne che per i mutui Covid di 30.000 euro, non hanno ancora potuto beneficiare delle garanzie statali, mettendo anche nella condizione oggettiva di maggiore difficoltà le banche intenzionate ad interventi di sostegno.
Ciò è paradossale. Si pensi ad esempio solo alle case di riposo, nella maggior parte dei casi gestite da fondazioni, fra le più colpite dalla pandemia, in termini di persone e di vite umane, ma anche per i maggiori costi sopportati, la notevole riduzione delle entrate e la conseguente sofferenza del conto economico. E che hanno potuto contare al massimo su mutui da 30.000 euro! E così gli affidamenti volti a costituire liquidità aggiuntiva sono stati possibili solo per le realtà che di fondo potevano contare su consistenti sottostanti patrimoniali che quindi hanno sostanzialmente svolto una funzione analoga alle garanzie statali.

In ogni caso le moratorie sui debiti – e altre misure di sostegno come la cassa integrazione e il fondo di integrazione salariale – pongono il settore in una situazione di limbo. C’è anche da augurarsi che la loro durata sia protratta in avanti nel tempo almeno per buona parte del 2021. Terminate le moratorie, in una fase che sarà quantomeno di forte incertezza, si porrà comunque il problema della sostenibilità di molte organizzazioni, sostenibilità in sé stessa e rapportata anche ai volumi di indebitamento da  reggere.

Il primo tema è allora quello della capitalizzazione che per l’impresa sociale può essere affrontato grazie allo stretto legame con la comunità locale in cui si opera; sarà però necessario introdurre agevolazioni orientate a favorire questo peculiare modello di rafforzamento patrimoniale, attraverso meccanismi tipo quello del Jeremy o delle start up sociali o quello proposto nell’editoriale dell’ultimo numero di Impresa Sociale; in sostanza misure che, a fronte della capacità delle imprese sociali di raccogliere capitali e altre risorse dai propri stakeholder - cosa che certifica il loro effettivo radicamento territoriale - assicurino la moltiplicazione delle risorse raccolte. Questa riflessione, oltre ai poteri pubblici, può investire anche i soggetti di sistema attivi in questo ambito, come ad esempio CFI o Sefea Impact, che potrebbero prendere parte a questi meccanismi di moltiplicazione, anche se va considerato come essi stessi debbano mantenere l’equilibrio economico-patrimoniale e quindi valutare il rischio e necessitano di una remunerazione per sostenere le proprie spese di gestione. Essi tenderanno quindi a concentrare la loro azione su una nicchia molto piccola, fatta di soggetti già solidi e medio-grandi.
Per le realtà non organizzate in forma d’impresa invece lo strumento non può che essere quello del fondo perduto, ben più complesso da realizzare.

Il secondo tema da affrontare è quello dimensionale.
Mentre per alcuni soggetti ci saranno le condizioni per interventi a sostegno e per altri, che pure assicurano servizi utili alle loro comunità, le speranze di successo delle azioni di sostegno sono molto limitate; per questi enti, pur con tutte le difficoltà che ciò comporta, potrebbe essere utile pensare a percorsi di fusione che possono rappresentare il modo per continuare a svolgere l’attività di servizio nella comunità, fondamentale per il bene comune e la coesione sociale.
Non è un tema facile da affrontare, per la complessità delle relazioni che caratterizzano le realtà di Terzo settore, per l’autonomia e la particolare storia di cui ogni realtà è frutto. Non è un tema facile, perché non può essere posto semplicemente dal lato puramente tecnico e dei numeri. Le persone necessariamente devono abbinare anche conoscenza del settore, empatia dei valori e idealità, e non va dimenticato che il fattore dimensionale porta con sé anche potenziali problematiche, qui solo accennate, legate al mantenimento del radicamento territoriale, di un certo modo di agire e di intendere i rapporti, della stessa tensione verso le finalità istituzionali.
Ciò non di meno, credo che sia necessario utilizzare questo periodo di “limbo” per organizzarsi in modo da cercare il più possibile di anticipare e gestire il fenomeno nel suo complesso, agevolare processi di fusione, per far sì che sia un processo rigenerativo e non tombale per molti soggetti.
Le realtà istituzionali di riferimento, di secondo e terzo livello, sono chiamate a svolgere questo ruolo e forse in alcuni casi stanno già definendo linee organizzative per intervenire.

Quella che il Terzo settore si trova ad affrontare è nel complesso una sfida difficile, ma da non evitare, attendendo solo il corso degli eventi. Il contesto sottostante sarà di crisi, di scarsità di risorse e con bisogni destinati inevitabilmente ad esplodere. Sarà anche più difficile l’accesso al credito, se non si proverà ad agire sulle nuove norme che entreranno progressivamente in vigore.
È in gioco però il futuro di molti soggetti, in genere ad alta intensità lavorativa, che svolgono un ruolo fondamentale nella difesa e l’inserimento delle persone più fragili, nella riduzione delle disuguaglianze, nella tutela delle persone, della cultura e dell’identità di una comunità.
Da ogni crisi si può uscire rigenerati e più forti.
Se si riesce a superarla.

Rivista-impresa-sociale-Stefano Boffini BCC Cassa Padana

Stefano Boffini

BCC Cassa Padana

Lavoro in Cassa Padana e da vent'anni seguo le dinamiche del terzo settore, sia dal lato bancario che da quello più diretto della generazione di progetti territoriali e di iniziative di cooperazione internazionale. Ho partecipato - e partecipo tuttora - da dentro ad alcune realtà significative della cooperazione sociale, del mondo delle fondazioni e delle associazioni.

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Argomento:  Attualità
data:  23 novembre 2020
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