Sostienici! Rivista-Impresa-Sociale-Logo-Mini
Fondata da CGM / Edita e realizzata da Iris Network
ISSN 2282-1694
Tempo di lettura:  7 minuti
Argomento:  Impresa sociale - Attualità
data:  25 novembre 2020

Quanto a lungo possiamo essere resilienti?

Eleonora Vanni

La relazione della presidente di Legacoop Sociali Eleonora Vanni tenuta in occasione dell'Assemblea dei delegati del 19/11. In questa epoca di emergenza, scrive Vanni, "alla cooperazione sociale serve ritrovare quel pensiero non convenzionale che ne ha determinato la nascita e l’affermazione".


Stiamo vivendo un momento in cui le transizioni (digitale, demografica, climatica, dei modelli di lavoro, dei bisogni di salute e benessere su cui peraltro stavamo già riflettendo) hanno avuto una forte accelerazione legata agli effetti della pandemia. Un momento in cui il distanziamento fisico e quello sociale ci hanno colpito nella nostra essenza di paese che ha fatto della relazione interpersonale un modo di vivere e anche, spesso, di affrontare le difficoltà del vivere, ma ci ha colpito anche nella nostra essenza di cooperazione sociale il cui lavoro è basato soprattutto sulle relazioni umane e sulla qualità della relazione con le persone a cui prestiamo cure, assistenza, educazione e con cui facciamo percorsi di promozione e inclusione sociale e lavorativa.

Quello che cerchiamo di fare oggi come Associazione e come cooperative è agire in questa epoca di transizioni accelerate facendo fronte alle emergenze del quotidiano con uno sguardo di lungo periodo e attivando progettualità che pensano agli impatti sul futuro. Le tradizionali previsioni del futuro su cui basare le strategie di programmazione sono crollate sotto l’impatto violento della pandemia e un’analisi con le logiche conosciute non ci aiuta, per cui bisogna lavorare su nuovi possibili orizzonti e pensare e collaborare per progettare e realizzare una nuova architettura sociale condivisa ed etica che abbia al centro il benessere delle persone. Il benessere non come scelta individuale ed egoistica, ma come condizione multidimensionale risultato di più elementi correlati fra loro, diffusa ed equa; condizione primaria per uno sviluppo sostenibile.

In questo contesto per noi parlare di “generazioni future” vuol dire riflettere su mutualismo e cooperazione per:

  • Costruire spazi e opportunità per i giovani e per l’espressione dei loro talenti anche promuovendo la forma dell’autorganizzazione del lavoro in forma cooperativa;
  • Creare innovativi e qualificati percorsi di inclusione lavorativa per le persone svantaggiate e fragili;
  • Promuovere la valorizzazione del lavoro sociale e un’organizzazione del lavoro che, oltre al rispetto delle regole e alla partecipazione dei lavoratori, supporti e faccia progredire parità di genere e conciliazione vita e lavoro per tutti;
  • Assumere in pieno la responsabilità di una nuova cultura della progettazione individualizzata basata su inclusione, empowerment, autodeterminazione, partecipazione per produrre risposte appropriate alla progressiva evoluzione delle esigenze di salute delle persone in tutte le sue dimensioni, con particolare attenzione alle persone anziane, fragili e con disabilità;
  • Contribuire ad una società più equa dal punto di vista sociale, economico e dello sviluppo dei territori nella quale si valorizzino tutte le differenze.

Non so esattamente in quale fase dell’emergenza Coronavirus ci troviamo, ma una cosa è certa, mentre le zone rosse sono sempre più estese, le persone e il paese hanno sempre più bisogno di vedere un futuro oltre la pandemia. Crisi economica, prospettive incerte, difficoltà lavorative di tantissime categorie, disuguaglianze sempre più estese in ambiti fino a pochi mesi fa quasi impensabili. Si chiede allo Stato di sostenere i soggetti fragili, di ristorare le imprese ma, nonostante tutti gli sforzi, questo non basta. Sono necessari i sostegni, i ristori, tutti gli interventi atti a traguardare l’emergenza, ma non possiamo alimentare l’idea che gli aiuti di oggi possano servire a passare il periodo per poi tornare a quello che eravamo ieri.

Ci stiamo confrontando da una parte con sentimenti di impotenza e dall’altra con limitazioni reali e con uno Stato Sociale che ha mostrato tutti i limiti che già aveva rispetto all’incapacità di mettere realmente a sistema le risorse (un esempio eclatante è l’ambito delle cure domiciliari/territoriali e dell’integrazione del sociosanitario). La pandemia ha acuito e messo a nudo ritardi e disuguaglianze in ambito sociale economico e territoriale che hanno radici ben più profonde e che dobbiamo superare verso un modello di sviluppo che sia sostenibile e basato sullo sviluppo umano; ma il rischio che tutto questo ci porti ad avere oltre all’ansia dell’incertezza, lo scoraggiamento è reale.

Allora ci chiediamo: “Quanto a lungo possiamo essere resilienti”?

È necessaria una dimensione di futuro, a maggior ragione nell’emergenza che viviamo in cui viene intaccata la speranza stessa di futuro da un disorientamento generale. Occorre che ciascuno di noi sia protagonista di questo presente e contemporaneamente faccia leva sulle proprie competenze e attitudini, per compartecipare e cooperare a costruire futuro; ma l’ottimismo della volontà di per sé non ci può salvare, le idee e le azioni determinate e sostenute da intelligenza collettiva e da un’azione politica coerente e fortemente orientata a combattere le disuguaglianze integrando e indirizzando a sistema le risorse economiche, quelle sì, possono contribuire a co-produrre innovazione che è il presupposto dello sviluppo futuro.

Salute, benessere e sicurezza resteranno a lungo le priorità e influiranno in maniera significativa sul cambiamento della domanda di servizi alla persona alla quale possiamo rispondere in maniera appropriata solo attraverso un percorso evolutivo basato sulla ricerca, una nuova idea di sanità, tecnologie human-friendly e fruibili per tutti. In questo contesto, collegata all’esperienza del lockdown, ma anche per la rinnovata importanza nell’ambito della differenziazione delle risposte di cura, anche la casa assume una nuova centralità che non può essere affrontata se non con una visione integrata poiché va pensata come un luogo polifunzionale di attività anche per rispondere a bisogni complessi di persone fragili.

Di recente ho letto: “Etica, trasparenza e reciprocità sono i veri pilastri e non certo la generica e fumosa affermazione di porre al centro il cliente e la sua experience”. Condivido questa affermazione, ma voglio anche sottolineare come l’etica da sola non può bastare senza un processo di innovazione aperto e partecipato che si coniughi all’assunzione di responsabilità di praticare percorsi concreti di innovazione partecipata. Qui sta la coerenza fra i valori e l’agire imprenditoriale della cooperazione sociale.

Il riconoscimento dell’altro e il rispetto reciproco sono alla base di quella “rivoluzione socio- sanitaria” di cui c’è bisogno per realizzare una vera ed efficiente filiera integrata di offerta di servizi in grado di rispondere in maniera appropriata e flessibile al cambiamento/evoluzione delle esigenze e che non può prescindere da una governance unica per la programmazione e il finanziamento di area sociale e sanitaria e da un lavoro in co-progettazione per la gestione ed erogazione integrata dei servizi utile anche a superare il sistema degli appalti penalizzanti qualità e investimenti. Co-programmazione e co-progettazione basati sul dialogo e sul riconoscimento delle reciproche identità ed esigenze per una cooperazione che non sia sporadica ma di sistema.

Il Lavoro sarà la vera emergenza sociale nel momento in cui finiranno i sostegni collegati all’emergenza sanitaria e, più che la mancata crescita, sarà l’occupazione il vero problema. In Italia, prima della seconda ondata pandemica, l’Istat stimava un calo degli occupati a tempo pieno a fine 2020 del 9,3% che tradotto fa oltre due milioni di posti di lavoro persi e, come le esperienze passate ci insegnano, ciò colpirà prevalentemente alcune categorie di lavoratori: i giovani, gli ultracinquantenni, gli immigrati, le donne e le categorie non protette. Noi oggi vogliamo rimettere al centro il tema “lavoro” anche per la cooperazione sociale affrontando tre aspetti su cui intendiamo investire: quello dell’auto-imprenditorialità, dell’inclusione lavorativa delle persone svantaggiate e della valorizzazione del lavoro e delle professioni sociali. Non possiamo progettare servizi innovativi e promuovere percorsi di innovazione imprenditoriale più complessivi se non si fa evolvere contemporaneamente anche il lavoro: professioni, modelli di organizzazione del lavoro, stabilità e sicurezza, competenze legate all’innovazione. Questo però richiede un approccio culturale condiviso fra le parti sociali e le istituzioni che metta in stretta relazione lavoro e crescita sostenibile a partire dal riconoscimento del CCNL di settore dal punto di vista economico e dell’applicabilità fino ad arrivare ad una visione di correlazione positiva fra aspirazioni e necessità dei lavoratori ed esigenze dei servizi nella logica della flessibilità come risposta adeguata al mutare dei bisogni del cittadino utente.

Ma non mettiamo al centro il lavoro solo nei suoi aspetti economici ed organizzativi, lo colleghiamo altresì alla nozione più ampia di benessere lavorativo e di valorizzazione del ruolo e della partecipazione nei processi e nella ricerca di soluzioni innovative dei lavoratori. Trasformazioni digitali, investimenti in talento, responsabilizzazione e partecipazione per la creazione di una comunità del lavoro aperta al cambiamento senza perdere il senso dell’essere e agire da cooperatori.

Coesione sociale e territoriale sono e saranno sempre di più elementi cardine della lotta alle disuguaglianze e della sostenibilità sociale e ambientale. Anche in questo contesto la pandemia ha evidenziato gravi problemi, ma anche opportunità. Per mettere in evidenza quello che, secondo noi, serve e cosa la cooperazione sociale fa e può fare riprendo integralmente quanto emerso dall’assemblea del 21 ottobre.

  • Co-programmazione e co-progettazione come presupposti per un’azione integrata di interventi volti alla promozione dei contesti deprivati e delle aree periferiche e marginali nonché per la produzione di capitale sociale e di sviluppo della coesione e delle opportunità a livello territoriale;
  • Attivazione di percorsi di “cooperazioni trasversali” a tutti i soggetti che abitano un territorio per mettere a sistema e moltiplicare le risorse;
  • Evoluzione del rapporto pubblico-privato sociale verso un sistema di partnership basato su obiettivi comuni e condivisi nella chiarezza di ruoli differenti tramite l’impiego degli strumenti innovativi di relazione fra questi due soggetti già disponibili;
  • Abitare e qualificare spazi pubblici e beni comuni è un orizzonte di impegno e sviluppo dell’azione della cooperazione sociale che potrà agirlo nell’ambito di condizioni normative e di contesto che lo supportino partecipando anche alla co-produzione degli interventi;
  • L’apertura al lavoro con le comunità attraverso la promozione della partecipazione attiva dei cittadini richiede alla cooperazione una riflessione anche sulla possibile evoluzione del suo “essere cooperativa” in merito all’apertura di spazi di partecipazione diretta, anche oltre ai soci e ai lavoratori, verso una governance

In conclusione.

Gli approcci congiunturali di adattamento non funzionano per proiettarci nella “Ripresa”: occorrono interventi strutturali di cambiamento di molte parti del sistema. Alla cooperazione sociale serve ritrovare quel pensiero non convenzionale che ne ha determinato la nascita e l’affermazione, comprendere le necessità del contesto di riferimento, valutando rischi e opportunità secondo una logica d’impresa e di sviluppo di comunità, e accettare le sfide che il contesto le pone perché la natura della cooperazione sociale non è quella di uniformarsi al cambiamento, ma di essere agente di cambiamento e farlo attraverso un agire caratterizzato da ascolto e risposte concrete con cui conciliare:

  • Innovazione e sviluppo sostenibile
  • Relazione con la comunità interna (soci, lavoratori e utenti) e con quella esterna (cittadini)
  • Cura del territorio e sviluppo dell’impresa.

La caratteristica biodiversità della cooperazione sociale, nell’ambito dell’ecosistema virtuoso che può crearsi fra imprese differenti che perseguono finalità sociali comuni, ne rinforza l’identità di ruolo e gli consegna una responsabilità in più in quanto soggetto che coniuga produzione economica e finalità sociali, lavoro e partecipazione.

Però noi cooperatori e cooperative possiamo e vogliamo fare solo la nostra parte quindi chiediamo politiche di welfare e di sviluppo economico innovative e di sistema con importanti investimenti, orientati a progetti di filiera e di sistema, all’inclusione sociale e lavorativa e all’innovazione di un settore, l’economia sociale, che può essere traino economico e sociale della ripresa.

Rivista-impresa-sociale-Eleonora Vanni Presidente Legacoopsociali

Eleonora Vanni

Presidente Legacoopsociali

Sostieni Impresa Sociale

Impresa Sociale è una risorsa totalmente gratuita a disposizione di studiosi e imprenditori sociali. Tutti gli articoli sono pubblicati con licenza Creative Commons e sono quindi liberamente riproducibili e riutilizzabili. Impresa Sociale vive grazie all’impegno degli autori e di chi a vario titolo collabora con la rivista e sostiene i costi di redazione grazie ai contributi che riesce a raccogliere.

Se credi in questo progetto, se leggere i contenuti di questo sito ti è stato utile per il tuo lavoro o per la tua formazione, puoi contribuire all’esistenza di Impresa Sociale con una donazione.