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ISSN 2282-1694
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Numero 14 / 2019

Saggi

Dall’economia sociale all’economia socializzata. La governance cooperativa come sistema di condivisione del lavoro e della ricchezza sociale

Silvia Sacchetti

Questo articolo rappresenta un adattamento di un lavoro pubblicato in lingua inglese nell’agosto 2016 e descrive l’esperienza del Consorzio InConcerto come osservabile a quella data (prima versione inedita Agosto 2016).

Ringraziamenti

L’autrice desidera ringraziare Chiara Antonioli, Carlo Borzaga, Valentina Campagnaro, Sara Depedri, Flaviano Zandonai e tutti coloro che hanno dedicato il loro tempo alla ricerca presso le cooperative del consorzio InConcerto. La ricerca è stata finanziata dalla British Academy, Leverhulme Research Grant N. SG150560 su “Valutazione di modelli di governance nelle imprese sociali relative all’assistenza sanitaria” quando l’autrice si trovava alla Open University, Dipartimento di Public Leadership and Social Enterprise, Milton Keynes, Regno Unito.

DOI: 10.7425/IS.2019.14.02

Introduzione

Questo lavoro offre una riflessione su come la produzione di servizi complessi di welfare, nello specifico quelli legati alla cura e prevenzione del disagio psichico, possa essere governata a beneficio degli utenti e delle comunità nel suo complesso.

Questo tema è sviluppato attraverso l’analisi di un caso, quello di InConcerto, un consorzio di cooperative sociali con sede a Castelfranco Veneto, in provincia di Treviso. Tale caso risulta di particolare interesse in quanto consente di sottolineare come la cooperazione possa affrontare sfide sociali complesse come l’esclusione sociale derivante da disagi psichico e come ciò sia possibile grazie ad una combinazione di soluzioni di governance, nonché in forza del fatto di considerare le opportunità lavorative e le risorse derivanti dagli avanzi di gestione in modo unitario tra tutta la compagine del consorzio. I risultati mostrano come ciascun livello di governance all’interno del consorzio e sul territorio abbia attivato sistemi di relazioni che portano alla creazione di soluzioni di welfare innovative e durevoli.

La governance altro non è che l’insieme delle strutture e dei processi che determinano chi decide cosa e come; diventa funzionale agli obiettivi di sviluppo di una comunità nel momento in cui tali processi e strutture sono strutturati a partire dal riconoscimento delle interdipendenze tra molteplici soggetti, siano questi gruppi, organizzazioni, o singoli individui. Se ad esempio si tratta di intervenire a favore di persone con disagio mentale, diventa necessario strutturare una governance che includa i pazienti e le loro famiglie, i lavoratori, le amministrazioni pubbliche coinvolte, i clienti delle attività di inserimento lavorativo, insomma tutti i soggetti coinvolti nella produzione e l’utilizzo dei servizi sociosanitari e di inserimento lavorativo. Lo studio illustra come nel consorzio InConcerto le relazioni di interdipendenza tra attori siano state interpretate non attraverso una, ma attraverso multiple soluzioni di governance cooperativa.

Il caso di studio è stato sviluppato utilizzando una metodologia qualitativa. Sono state condotte visite e interviste on-site tra il 2015 e il 2016, che hanno coinvolto il fondatore nonché l’allora presidente e i direttori delle maggiori cooperative. Sono state inoltre realizzate visite e colloqui presso una cooperativa agricola socia del consorzio, un centro riabilitativo diurno e una comunità terapeutica e di riabilitazione protetta. I dati sono stati raccolti anche attraverso interviste con i soci, inclusi un utente, due volontari, un socio lavoratore, un fornitore, un amministratore del settore pubblico e partner storico del consorzio. Inoltre, sono state effettuate approfondite conversazioni con i responsabili del settore risorse umane e comunicazione di InConcerto, che hanno contribuito a fornire un inquadramento generale del consorzio e delle sue cooperative, nonché a selezionare e programmare le visite e le interviste. I dati secondari includono la documentazione prodotta dalle cooperative, alcune pubblicazioni divulgative e bilanci. Ulteriori dati sono stati raccolti durante l’Open Day del Consorzio, nel 2015.

La governance in presenza di molteplici portatori di interessi

Perché concentrarsi sulla governance? Prima di presentare le caratteristiche fondanti del Consorzio, è forse necessrio capire meglio perché sia stata scelta la governance come chiave interpretativa di questa esperienza. L’intero scopo dell’organizzazione di tipo sociale sta nello sviluppare le capacità necessarie per produrre conseguenze positive sulla collettività, ossia nel generare benefici socio-economici durevoli, nel valorizzare in maniera tangibile e intangibile bisogni diversi attraverso risposte compatibili e sostenibili. Per fare questo la struttura organizzativa deve accogliere nel processo decisionale i soggetti interessati dall’attività organizzativa, in quanto portatori di caratteristiche uniche e di conoscenze specifiche. Questa è la funzione della governance in un’organizzazione che mira ad avere obiettivi sociali. Le modalità attraverso le quali ottimizzare tale funzione non sono però scontate. E nemmeno la comprensione delle ragioni per le quali una governance inclusiva sia necessaria. Per chiarire, è utile fare un salto indietro, e ricordare il lavoro di John Dewey, uno dei maggiori pensatori del pragmatismo americano, che nel 1927 pubblicò The Public and its Problems, uno studio che ebbe ed ha un grande rilievo nel dibattito sul tema, riguardante i problemi della democrazia moderna. La sua analisi si basava sull’esistenza di molteplici interessi pubblici tra loro interconnessi. Il problema delle comunità di persone accomunate dai medesimi interessi per Dewey è che esse sono spesso scarsamente consapevoli degli esiti che le decisioni, prese a qualunque livello da altri attori, hanno sui tali interessi. I problemi sociali, perciò, sarebbero originati da una mancanza di consapevolezza e di spazi di partecipazione, che impedisce taluni soggetti sociali di contribuire alle decisioni e di utilizzare la propria immaginazione e la propria intelligenza creativa per individuare soluzioni appropriate ai loro bisogni. La soluzione, per Dewey sta nella creazione di istituzioni che consentano l’inclusione di queste comunità di attori interessati nei processi decisionali, aumentando e migliorando grazie a ciò la comunicazione, la circolazione di conoscenze esperienziali, la legittimazione delle risposte e la qualità della vita (Sacchetti et al., 2009). Il processo decisionale inclusivo, per Dewey, comporta deliberazione, un’idea successivamente ripresa da Habermas (2017). In particolare, la deliberazione necessita di partecipanti che basino le proprie decisioni su una reale comprensione dei bisogni e delle problematiche. Ciò implica la capacità di sviluppare una valutazione critica delle idee proposte, in cui le soluzioni siano fondate su argomentazioni condivisibili piuttosto che su preconcetti, controllo verticistico da parte di un’autorità, scelte operate in presenza di asimetrie informative e altre forme di squilibrio di potere.

Tale linea di ragionamento può venire trasposta anche all’analisi economica, dove generalmente coloro che assumono decisioni si concentrano unicamente sugli interessi di un gruppo (di solito gli investitori, anche se non necessariamente), omettendo di coinvolgere le altre comunità di interesse in un processo deliberativo. Questa esclusione sarebbe responsabile di un certo numero di insuccessi nel momento in cui si tratta di rispondere ai bisogni complessi come quelli sociali (Cowling, Sugden 1998; Sacchetti, 2015). In altre parole, l’esclusività della governance, ovvero l’accesso ristretto alle decisioni strategiche che riguardano la produzione di beni e servizi, comporta un fallimento sociale che colpisce le categorie escluse e la collettività nel suo complesso.

Quando si parla di governance della produzione ci si riferisce a strutture, sistemi e processi che definiscono chi è responsabile dell’identificazione degli obiettivi, dei servizi, della distribuzione del surplus, nonchè di come il lavoro vada diviso e distribuito ad altre organizzazioni all’interno della catena del valore del servizio. Tali scelte hanno chiare conseguenze rispetto al benessere degli utenti e nello specifico di ciascun pubblico (Cowling, Sugden, 1998; Gereffi, 1994; Kaplinsky, 2000; Sacchetti, Sugden, 2009). Il collo di bottiglia, così come lo identifichiamo, si manifesta quando taluni portatori di interessi sono esclusi dai processi decisionali, e quindi perdono la propria voce, visione, direzione e controllo sul servizio. Per esempio, nel caso del disagio psichico, per evitare la cronicizzazione dei problemi di salute è necessario che l’utente possa avere una vita sociale, l’inserimento in un ambiente motivante, il raggiungimento di un buon livello di autonomia e auto-determinazione, ecc. Ciò richiede la messa in opera di talune condizioni materiali, come la creazione di in un ambiente favorevole, che include gli spazi di lavoro, le attività svolte, i colleghi, le tecnologie utilizzate, ma anche azioni volte a assicurare un certo livello di autonomia emotiva, quali attività di formazione e riabilitazione specifiche. A livello organizzativo, le attività formative e riabilitative da un lato e l’integrazione lavorativa dall’altro necessitano competenze e strategie differenti ma complementari, in quanto le decisioni devono essere assunte in modo complementare a beneficio degli utenti così come delle altre comunità di interesse coinvolte (ad esempio le famiglie, gli altri lavoratori, i clienti esterni).

Il consorzio di cooperative sociali InConcerto

Il consorzio InConcerto è stato fondato nel 2002 ed era costituito, al momento in cui si è svolta la ricerca, da 22 imprese sociali, collocate tra i comuni di Castelfranco Veneto (35.000 abitanti) e Vedelago (17.000 abitanti). Il Consorzio e le cooperative associate hanno come obiettivo principale l’offerta di servizi di riabilitazione e integrazione lavorativa ai gruppi svantaggiati del territorio. Gli utenti a cui si rivolgono sono principalmente costituiti da individui con problemi psichiatrici, e più recentemente persone o famiglie con un reddito molto basso, immigrati. Complessivamente, il consorzio e le imprese sociali ad esso associate impiegavano oltre 1.300 lavoratori; 5 gestivano servizi alla persona, 16 offrivano opportunità di lavoro per persone svantaggiate (pari al 30% della forza lavoro), una era rappresentata da un consorzio che assicura gli investimenti immobiliari necessari al gruppo. I lavoratori assunti sono soci dell’impresa sociale in cui lavorano, inclusi i lavoratori svantaggiati che vengono assunti dalle cooperative di produzione.

Il progetto sociale del consorzio InConcerto era già riconoscibile nel 1991 all’epoca della costituzione della sua prima cooperativa, L’Incontro, che si occupa della cura degli anziani. La cooperativa L’Incontro è stata creata per rispondere ai cambiamenti socio-demografici derivanti dall’invecchiamento della popolazione[1] in modo innovativo rispetto alle strategie di servizio sin a quel momento più diffuse.

In quell’epoca, la casa di riposo L’Incontro accoglieva, oltre agli anziani, anche persone più giovani affette da disabilità (per la maggior parte psichica), che avevano ovviamente necessità differenti. Tale compresenza era penalizzante soprattutto per gli ospiti con disabilità intellettiva o con problemi di salute mentale, spesso persone giovani che necessitavano del reinserimento nella comunità, di una vita autonoma e di poter disporre a tal fine di entrate economiche. Trovare una soluzione per le necessità delle persone con disabilità e relativamente giovani divenne la principale sfida e al tempo stesso, secondo l’intuizione del fondatore, un’opportunità imprenditoriale. Da una parte si scelse di dare continuità al servizio di cura per gli anziani, dall’altra di diversificare l’attività di L’Incontro fornendo servizi di riabilitazione e integrazione sociale per le persone più giovani con disabilità specifiche (soprattutto condizioni di disagio psichico), oltre a creare una casa protetta dove gli utenti potessero vivere al di fuori della famiglia, laddove lo desiderassero. Un certo numero di utenti fu integrato nel mercato del lavoro, presso imprese for profit, dopo una fase di inserimento in laboratori riabilitativi e di formazione. Tuttavia, si constatò come le imprese convenzionali non possedessero gli strumenti per armonizzare il proprio ambiente di lavoro con le necessità di persone provenienti da situazioni di svantaggio o fragilità. Ciò stimolò la creazione di nuove e specifiche cooperative sociali di integrazione lavorativa nell’ambito manifatturiero (meccanica), agricolo e dei servizi (servizi all’ambiente, lavanderie industriali, servizi di pulizia). Oggi tali cooperative operano in modo competitivo sul mercato produttivo e ciascuna di esse impiega il 30% di lavoratori provenienti da condizioni di riabilitazione o svantaggio riconosciuto (Figura 1).

Figura 1. Evoluzione e crescita del consorzio

Nel frattempo, le necessità sociali e relative alla salute all’interno della comunità stavano aumentando. I gruppi di persone svantaggiate divengono progressivamente più consapevoli della possibilità di intraprendere percorsi di autonomia e integrazione trovando un’occupazione compatibile con la propria situazione specifica o con la propria disabilità. Nel 2002 con la creazione del Consorzio InConcerto viene istituzionalizzato il rapporto di interdipendenza tra percorso riabilitativo e lavorativo. Attraverso il Consorzio si coordina infatti l’offerta di servizi socioeducativi e l’integrazione lavorativa. Ciò ha creato un sistema interconnesso all’interno del quale le persone con difficoltà hanno la possibilità di passare prima da una fase nella quale sono utenti in una cooperativa di tipo A, in grado di rinforzare l‘autonomia emotiva e la fiducia e le abilità lavorative, con la possibilità di spostarsi poi in una cooperativa di tipo B dove sono inseriti come lavoratori, prendendo parte quindi a tutti gli effetti ad un processo produttivo nell’ambito manifatturiero, agricolo, o dei servizi. L’autonomia economica, una volta raggiunto lo status di socio-lavoratore consente anche di vivere in una abitazione autonoma, che può essere anche fornita da una cooperativa di accoglienza di Tipo A.

Le “comunità di interesse” del consorzio

Il sistema che parte dalla fornitura dei servizi sociali offerti dalle cooperative di Tipo A, prevedendo poi la possibilità di integrazione lavorativa nelle cooperative di Tipo B è stato ideato per raggiungere il maggiore livello possibile di autonomia e auto-determinazione delle persone, a seconda della situazione individuale. Il sistema InConcerto è stato pensato con l’obiettivo di assicurare un alto livello di cooperazione e coordinamento tra tutte le attività coinvolte con l’obiettivo principale di migliorare l’esperienza di vita degli svantaggiati. Questo sistema complesso ha coinvolto un certo numero di “comunità di interesse”, interne ed esterne al consorzio. La Figura 2 rappresenta le categorie interessate ed i flussi di risorse in relazione alle attività del consorzio.

Figura 2. Comunità di interesse e flussi di risorse

Nello specifico:

Utenti. Possono essere persone in età lavorativa con disabilità (soprattutto psichiche), genitori single, immigrati, e persone anziane. Essi possono essere utenti fruitori di un servizio o utenti/lavoratori. Gli utenti fruitori di un servizio sono persone inserite nelle attività di cura e riabilitazione all’interno dei centri diurni delle imprese sociali di Tipo A o persone anziane che ricevono assistenza domestica o che vivono in case di riposo (sempre di imprese sociali di Tipo A). Gli utenti/lavoratori sono persone impiegate da imprese sociali di integrazione lavorativa (Tipo B). Essi sono al contempo utenti e lavoratori, in quanto ricevono servizi di integrazione lavorativa, ma al tempo stesso contribuiscono alla produzione del valore aggiunto in cambio di uno stipendio.

Lavoratori. Includono operatori sociosanitari, operai e impiegati, lavoratori con disabilità o con problemi specifici. Il ruolo dei lavoratori e la loro motivazione sono stati fondamentali, specialmente durante la fase iniziale di alcune imprese sociali. In particolare, hanno giocato un ruolo essenziale figure professionali specializzate. Quando la prima cooperativa, L’Incontro, è nata, la sua capacità produttiva è stata dettata dal reclutamento di professionisti altamente motivati (infermieri che si erano appena diplomati presso la scuola infermieristica locale) che hanno condiviso la visione sociale del fondatore. La loro motivazione era alta e tutti gli impiegati hanno auto-finanziato l’iniziativa sociale rinunciando temporaneamente al proprio stipendio durante i primi tre mesi di attività.

Volontari. Di solito includono persone con vocazione ad operare nella cura e nell’aiuto del prossimo e, nel caso di InConcerto, alcuni artigiani specializzati. Gli artigiani specializzati hanno giocato un ruolo importante nella fase iniziale di queste imprese sociali; sono stati chiamati maestri d’arte. Questi erano lavoratori altamente specializzati e in prepensionamento che si sono dedicati ad insegnare e a trasferire la propria conoscenza su base volontaria ai nuovi lavoratori e agli svantaggiati.

Famiglie. Di persone con difficoltà o anziani. Le famiglie sono un gruppo importante e rivestono un duplice ruolo: sono in talune situazioni direttamente impegnate nell’assistenza dei propri congiunti, ma anche soggetti clienti e protagonisti di azioni di advocacy nel momento in cui si scelgono di assicurare ai propri cari i servizi offerti dalle imprese sociali o dal settore pubblico. Per le imprese sociali e il consorzio la collaborazione con le famiglie ha avuto l’obiettivo di fornire il migliore servizio possibile per gli utenti e dare continuità al servizio stesso.

Imprese fornitrici. Si tratta di imprese for profit o altre imprese sociali che forniscono servizi, tecnologie o semilavorati alle cooperative del consorzio. Oltra a questo, le cooperative sociali di Tipo B del Consorzio collaboravano con imprese for profit anche al di fuori dei confini geografici dei due comuni di riferimento rispetto all’introduzione di nuove soluzioni o tecnologie che meglio si adattano alle diverse abilità dei lavoratori svantaggiati. Si sono sviluppate anche alcune collaborazioni a lungo termine con fornitori for profit, che hanno portato ad esempio al brevetto di tecnologie per la sicurezza sul lavoro.

Organizzazioni committenti o clienti. Si tratta di organizzazioni pubbliche o private che richiedono servizi alle imprese sociali. Le amministrazioni pubbliche[2] includono i tre distretti sanitari e il dipartimento servizi sociali delle due Municipalità locali di Castelfranco e Vedelago, nonché l’amministrazione regionale. Queste amministrazioni hanno in questi anni acquistato servizi socioassistenziali e sociosanitari offerti dalle cooperative di Tipo A del Consorzio e hanno incluso il Consorzio nei processi di coprogrammazione delle politiche, riconoscendo come ciò rappresenti un elemento di innovazione nei servizi. Diverse innovazioni inizialmente sperimentate dal consorzio sono poi state fatte proprie e finanziate dalle aziende sanitarie locali. La programmazione e progettazione dei servizi viene co-determinata con questi enti pubblici, il che ha consentito di prendere decisioni di investimento coerenti alle richieste future e ai bisogni mutevoli della comunità. La stessa idea di progettare soluzioni per le nuove povertà attraverso l’impiego di disoccupati di lunga durata (le cui fila si erano ingrossate dopo la crisi) ha trovato spazio prima nelle politiche realizzate dalle amministrazioni comunali in collaborazione con il Consorzio. Successivamente il progetto è stato fatto proprio dalla regione Veneto che ha esteso l’innovazione iniziale a tutta la regione.

Alla domanda generata da enti pubblici per le cooperative A, si è aggiunta la domanda che altre imprese sociali (es. una casa di cura) o imprese for profit che esternalizzano la rifinitura di semilavorati, fasi di assemblaggio o servizi (es. servizi di lavanderia) indirizzano alle cooperative di produzione (Tipo B).

Dal lato della domanda, il consorzio ha contribuito a creare collaborazioni con il settore pubblico basate su contratti a lungo termine, qualità dei risultati e relazioni di fiducia, mentre la richiesta proveniente dai clienti for profit segue le tendenze del mercato ed è quindi stata meno stabile. A seguito della crisi e al calo delle commesse industriali, si sono resi necessari alcuni percorsi di ristrutturazione che hanno richiesto mobilità dei lavoratori all’interno delle imprese del consorzio.

La governance delle cooperative sociali individuali

Le 22 imprese che formavano il consorzio al momento della rilevazione sono organizzazioni formate da soci, soprattutto da soci lavoratori. Ma le basi sociali includevano anche i lavoratori svantaggiati assunti (come espressione degli utenti), i volontari (come espressione della comunità) e, nella maggioranza dei casi, altre organizzazioni non profit e, meno frequentemente, imprese for profit con le quali la cooperativa collaborava, tutti soggetti che governano congiuntamente le assemblee secondo la regola democratica una-testa-un-voto. Ogni impresa sociale è guidata da un Consiglio di Amministrazione, all’interno del quale vengono assunte le decisioni relative a ciascuna cooperativa sociale, in linea con la strategia generale del Consorzio. In rari casi sono anche socie altre cooperative sociali, amministrazioni pubbliche, e vi sono beneficiari e donatori non-soci. In nessun caso il Consiglio di Amministrazione includeva i rappresentanti di organizzazioni esterne. Non vi erano casi in cui le amministrazioni pubbliche siano incluse nel Consiglio, anche se nel caso delle cooperative sociali di Tipo A esse rappresentano la fonte principale di domanda. Ogni cooperativa sociale era rappresentata all’interno dell’Incontro Sociale (per le cooperative di Tipo A) o dell’Incontro Industria (per le cooperative di Tipo B) e nel Consorzio dal proprio direttore.

A titolo esemplificativo, la Tabella 1 illustra la governance de L’IncontroServizi (Tipo A) al momento della rilevazione.

Tabella 1. La governance de L’IncontroServizi nel 2015

La governance del consorzio

Un consorzio è, come è noto, governato da un’assemblea dei soci con poteri di indirizzo generale e da un Consiglio di amministrazione eletto dalle cooperative ad esso associate (e che nomina a sua volta il presidente), ciascuna delle quali è autonoma nella propria azione imprenditoriale e libera di uscire dal consorzio quando non condivida più gli orientamenti in cui si riconosce la maggioranza dei soci. Nel caso di InConcerto era prevista, al fine di favorire una maggiore condivisione delle decisioni, anche la presenza di un “comitato direttivo” formato dai direttori di ciascuna cooperativa e di “comitati tematici” relativi alle principali aree di attività, cioè sociale, agricoltura, manifattura, servizi.

Dal 2002, il presidente del consorzio era stato il presidente della cooperativa sociale L’Incontro, dalla cui iniziativa era nato il Consorzio. Il presidente fondatore è stato riconosciuto in varie occasioni come un leader forte e creativo. Nel luglio 2016, è stato nominato un nuovo presidente dopo un periodo di transizione, durante il quale i soci delle cooperative hanno riconosciuto, a fronte della graduale uscita del fondatore, la necessità di rafforzare i valori di base del modello cooperativo tramite iniziative specifiche (Gruppo di Progetto) volte a rafforzare la partecipazione e la pratica deliberativa all’interno del consorzio e delle sue cooperative. Indubbiamente la scelta di un modello fortemente integrato come quello di InConcerto richiede una particolare cura nella gestione del passaggio dalla leadership fondatrice ad una nuova generazione.

A livello collettivo, il consorzio amministrava un certo numero di beni, con l’obiettivo di assicurare la stabilità nel tempo e finanziare nuove imprese. I beni collettivi gestiti attraverso il consorzio erano costituiti sia dai beni immobili che da un fondo sociale collettivo (o fondo di solidarietà). Nello specifico, gli asset immobiliari fisici erano gestiti collettivamente attraverso un’impresa “di scopo”, una cooperativa immobiliare cui erano intestate tutte le proprietà – ad esempio gli stabilimenti industriali – utilizzati dalle altre cooperative sociali del consorzio, gestite collettivamente. In secondo luogo, il consorzio ha istituito un “Fondo di solidarietà consortile”. Si tratta di un asset comune interno creato nel 2006, con lo scopo di fronteggiare eventuali periodi di crisi in specifiche cooperative o settori e proteggere il lavoro, supportare le imprese sociali in difficoltà e promuovere la creazione di posti di lavoro finanziando la creazione di nuove imprese sociali. I fondi erano raccolti attraverso la contribuzione di 0.10 € per ora lavorata (un milione di ore all’anno, in tutto il consorzio). Il fondo era gestito da un comitato che includeva i presidenti delle imprese sociali del consorzio. Dalla sua creazione sino al momento di realizzazione della ricerca (2016), il fondo ha raccolto e reinvestito 700.000 €. I fondi erano stati erogati anche dai due Consigli municipali in cui si trovano le imprese sociali (Consiglio di Castelfranco Veneto e Vedelago) e da una banca cooperativa locale su specifici progetti.

La governance di produzione e il ruolo dell’innovazione tecnologica

Questo sistema di gestione dei beni cooperativi rispecchiava l’organizzazione di produzione all’interno del consorzio. La Figura 3 ne illustra le componenti e le relazioni essenziali. Il cuore delle attività produttive era costituito dalla cooperativa chiamata L’IncontroIndustria, una cooperativa di Tipo B. L’IncontroIndustria, che possedeva quote di capitale della maggior parte delle cooperative di Tipo A, operava in stretta connessione con L’IncontroServizi, la maggiore cooperativa di Tipo A del consorzio. Attraverso queste due maggiori organizzazioni la riabilitazione risultava coordinata con l’integrazione lavorativa, così da assicurare la continuità dell’esperienza per gli utenti (dalla riabilitazione all’integrazione lavorativa e l’indipendenza). L’IncontroIndustria raccoglieva tutta la richiesta manifatturiera proveniente dall’esterno del consorzio, mentre L’IncontroServizi la richiesta di servizi sanitari e sociali proveniente dagli enti pubblici.

Figura 3. La divisione del lavoro all’interno del Consorzio

L’IncontroIndustria suddivideva quindi il lavoro sulla base delle capacità richieste per la produzione stabilita. I compiti molto semplici sono affidati alle cooperative di Tipo A all’interno del consorzio e svolti all’interno dei loro centri diurni. Queste attività manifatturiere semplici e ripetitive formavano parte integrante del percorso di riabilitazione e formazione. Qui gli utenti non ricevevano uno stipendio, ma una borsa lavoro funzionale a migliorare l’autonomia e a offrire un riconoscimento per l’impegno nel processo di riabilitazione. Il costo della borsa lavoro era in parte coperto dall’attività produttiva delle cooperative di Tipo B. Conseguentemente i costi per la pubblica amministrazione erano inferiori rispetto a soluzioni in cui l’attività svolta dall’utente nella cooperativa di Tipo A non fosse inserita in un processo produttivo reale e dove quindi fosse il settore pubblico a sostenere totalmente il costo della borsa lavoro.

I compiti e le fasi più complesse, invece, erano gestiti all’interno delle cooperative di Tipo B, in cui vengono assunti solo gli utenti che hanno raggiunto buoni risultati, che conseguono a questo punto lo status di lavoratori e diventano soci della cooperativa in cui operano. La divisione del lavoro, all’interno di questo sistema altamente interconnesso, veniva definita in base alle necessità degli utenti e necessita di un alto livello di integrazione e di cooperazione a livello di sistema.

Una peculiarità del modello di organizzazione del lavoro interno alle cooperative di produzione è che l’intera organizzazione del lavoro, incluse le tecnologie, era pensata intorno alle necessità degli svantaggiati, pur consentendo all’impresa cooperativa di competere con altre imprese del territorio. Qui si nota una differenza fondamentale rispetto alle imprese for profit. Mentre in tale impresa, infatti, l’innovazione tecnologica e l’organizzazione del lavoro sono giustificate dalla volontà di conseguire minori costi e dunque sono finalizzate ad aumentare i profitti, nella cooperativa sociale il fattore più importante nella scelta di introdurre innovazioni tecnologiche e che guida l’organizzazione della produzione è quello di mettere il lavoratore con disabilità nelle condizioni di realizzare una parte della produzione. Questo risultava evidente sia nelle recenti scelte di innovazione realizzate dalla lavanderia industriale Eureka, sia nel modello di sicurezza sul lavoro applicato presso le cooperative del consorzio. Per persone con alcuni tipi di disabilità infatti sono necessari compiti ripetitivi, che però vanno bilanciati da opportune misure di sicurezza a tutela del lavoratore. In altre parole, il lavoro ripetitivo, considerato come elemento sgradito nella gran parte delle imprese e quindi tendenzialmente esternalizzato, diviene risorsa fondamentale nella cooperativa di integrazione. Tuttavia, non tutte le necessità degli utenti vengono soddisfatte attraverso il processo manifatturiero; alcuni potrebbero trovarsi meglio all’aria aperta, nei frutteti e nei campi delle colline che circondano Castelfranco, mentre altri potrebbe non trarre alcun vantaggio, o non essere interessati, nello svolgere compiti ripetitivi, preferendo svolgere attività artigianali all’interno di specifici centri diurni che non sono direttamente collegati alla produzione industriale. In sostanza il Consorzio rappresentava un sistema di produzione diversificato e articolato in grado di offrire percorsi il più possibile coerenti con i bisogni e le inclinazioni di ciascuna persona.

Elementi chiave del modello

Le sfide presentate dall’integrazione sociale dei soggetti svantaggiati richiedono un modello altamente integrato che dia valore e continuità all’esperienza degli utenti. Il modello di Consorzio che caratterizzava InConcerto rappresentava una soluzione incentrata sull’integrazione delle interdipendenze e sulla condivisione dei beni quali il lavoro, il salario, la socialità, la possibilità di partecipare alle decisioni. Gli elementi chiave del modello erano costituiti da:

  1. Strutture cooperative – Tutte le organizzazioni associate a InConcerto erano di tipo cooperativo. Il Consiglio di Amministrazione include principalmente rappresentanti di lavoratori e volontari.
  2. Procedure partecipative – L’attenzione al coinvolgimento dei lavoratori e al loro impegno rispetto ai valori del modello cooperativo sociale veniva promosso attraverso un programma dedicato, come risposta ai cambiamenti posti dalla continua crescita in termini di grandezza e complessità sistemica.
  3. Socializzazione degli utili – La destinazione degli avanzi di gestione di ciascuna cooperativa era destinato alle riserve comuni del consorzio ed era reinvestito nella creazione di nuove cooperative sociali o nella valorizzazione e riqualificazione di asset comunitari appartenenti alle pubbliche amministrazioni. L’IncontroServizi (Tipo A) è sempre stata un’organizzazione capace di creare utili e li ha sempre reinvestiti per la creazione di nuove organizzazioni e posti di lavoro. Ciò è avvenuto nell’ambito di una relazione di intensa collaborazione con le amministrazioni pubbliche con le quali la cooperativa e il consorzio sono partner in processi di coprogrammazione dei servizi sanitari e sociali.
  4. Condivisione del “bene lavoro” – Il lavoro era utilizzato come strumento di riabilitazione e integrazione sociale. Il lavoro e i compensi erano quindi condivisi tra lavoratori svantaggiati o con forme di fragilità e gli altri lavoratori. Questo comportava la programmazione della produzione coordinata tra i componenti del consorzio, suddividendo il lavoro tra laboratori (Tipo A) e produzione (Tipo B) attraverso il supporto di comitati tematici, nonché lo sviluppo di tecnologie specifiche che consentissero l’inclusione sul lavoro (piuttosto che la sostituzione del lavoro).
  5. Condivisione dei “beni relazionali” o della “ricchezza sociale” – La convivialità, la ricchezza di relazioni e la possibilità di associarsi veniva condivisa non solo con gli svantaggiati e con gli altri lavoratori, ma viene estesa a tutta la comunità attraverso eventi collettivi, festival e celebrazioni. Queste attività erano state intraprese per superare le iniziali reticenze e lo stigma che caratterizza la malattia psichiatrica.
  6. Asset comuni – La cooperazione tra le cooperative, favorita da norme comuni e valori di solidarietà, si rifletteva nella creazione di beni comuni al consorzio. Questi erano gestiti collettivamente attraverso un consiglio formato dai rappresentanti delle imprese sociali associate.
  7. Integrazione sistemica – La cooperazione tra il consorzio, gli enti locali e Federsolidarietà (organizzazione di rappresentanza delle cooperative sociali cui InConcerto aderiva) era costruita su elementi di identità di valori, complementarietà produttive e di scopo, finalizzate ad aumentare il coordinamento nella produzione di valore sociale.

Questo sistema era intriso di elementi di complessità che il Consorzio ha affrontato distinguendo soluzioni di governance differenti, ciascuna delle quali interpreta elementi delle molteplici interdipendenze di cui si parlava inizialmente.

A. Governance Monostakeholder – Si attuava nelle singole cooperative che sono principalmente organizzazioni di soci-lavoratori. Ma nelle cooperative di Tipo B, gli utenti sono anche soci-lavoratori e quindi di fatto il benessere dei lavoratori e quello degli utenti (i lavoratori svantaggiati) coincidono. Il principio del mantenimento di buone condizioni lavorative era stato implementato anche durante la recente contrazione di domanda industriale, spostando i lavoratori dalle cooperative che avevano perso commesse ad altre più attive. Tali decisioni erano basate su un principio di reciprocità, nella ricerca del benessere di ciascuno e del benessere degli altri.

B. Governance Multistakeholder – Pazienti psichiatrici con necessità, ambizioni e possibilità differenti richiedevano percorsi di empowerment attraverso attività differenti e personalizzate. Tale diversificazione dei bisogni ha richiesto la creazione di soluzioni multiple, interpretate dalla stretta connessione tra cooperative di Tipo A e B. La crescita del consorzio, cui avevano aderito un numero crescente di cooperative, portava con sé la varietà di soluzioni e contesti necessari per soddisfare le sfide diversificate proposte dall’esclusione sociale. Al fine di mantenere il sistema strettamente coordinato, il livello consortile aveva istituito un modello di governance multistakeholder. Questo era caratterizzato da interazioni basate sulla reciprocità tra una varietà di attori disomogenei che utilizzavano una struttura organizzativa unitaria (il Consorzio). All’interno del consorzio, le cooperative associate si distinguono tra cooperative di servizi alla persona e di inserimento lavorativo impegnate in attività industriali. Nonostante condividano lo stesso obiettivo, possiedono punti di riferimento differenti. Da un lato, una cooperativa di Tipo A deve essere competitiva rispetto alle altre cooperative sociali al fine di soddisfare la richiesta del settore pubblico. Dall’altro, le cooperative di Tipo B competono con le imprese for profit e sono soggette alle dinamiche del mercato. Erano quindi richiesti processi deliberativi che rendessero complementari le rispettive necessità e integrassero le strategie e ciò si realizza nelle soluzioni prima descritte sul coordinamento intersettoriale e riguardo l’accumulazione e la gestione dei fondi sociali collettivi. L’utilizzo della reciprocità nelle cooperative multistakeholder prevaleva su altri, nel senso che la cooperativa che riceveva un aiuto non necessariamente lo restituiva a quella che lo ha fornito; per esempio, la cooperativa che offrisse supporto attraverso un surplus generato ad un’altra cooperativa, era “ricambiata” dalla continuità del servizio offerto dalla cooperativa bisognosa e quindi dell’intero sistema che, infine, è stato in grado di portare beneficio gli utenti e alle imprese associate. Ovviamente questo complesso meccanismo, che richiede di sacrificare istanze della singola impresa a vantaggio del sistema, mantiene fluidità sino a che è legittimato da un consenso saldo e diffuso e sino a che alla leadership del Consorzio è riconosciuta la capacità di agire effettivamente per il bene di tutti.

C. Governance sistemica – Questa è una forma di governance inter-organizzativa in cui centri decisionali diversi, che sono formalmente indipendenti (cooperative, enti pubblici, imprese private, famiglie) costituiscono, in misure diverse, un sistema interdipendente di relazioni. Nel consorzio, la governance sistemica viene evidenziata dalla fitta rete di relazioni che connettono le cooperative di Tipo A e B all’interno del consorzio, così come dalle interazioni di lungo termine con i clienti e i fornitori esterni al consorzio, con riferimento alle pubbliche amministrazioni, alle imprese non profit, ad altre cooperative e a Federsolidarietà. In particolare, Federsolidarietà può svolgere un ruolo di coordinamento che va oltre le possibilità del Consorzio, lungo la catena di produzione di valore sociale, costruendo nuove possibilità sulle radici culturali comuni della cooperazione.

Alcune osservazioni finali

La complessità del sistema di integrazione tra interventi socioassistenziali, sociosanitari e integrazione lavorativa ha richiesto, nel caso del Consorzio InConcerto, l’utilizzo di molteplici soluzioni di governance, a livello organizzativo, di Consorzio, e di sistema. Questo sistema di governance era complementare all’organizzazione della produzione e al ruolo della tecnologia (spesso innovativa) introdotta, con l’obiettivo di integrare la funzione sociale e quella produttiva, di unificare gli obiettivi di produzione di valore sociale e di produzione di valore economico (ove il secondo è funzionale al primo).

Questo ultimo aspetto introduce una riflessione ulteriore sul ruolo del lavoro e del salario. Ci si può interrogare sulla natura del salario nel contesto cooperativo, ossia se esso debba essere considerato, come nelle imprese for profit, come un costo (quindi potenzialmente da minimizzare) o se invece esso costituisca un obiettivo, dal momento che la cooperativa mira esplicitamente a creare le condizioni imprenditoriali per poter corrispondere, entro i vincoli di sostenibilità, un compenso ai propri soci lavoratori, a maggior ragione se svantaggiati.

Il caso del consorzio illustra inoltre come, nonostante gli esiti dei processi di cooperazione siano desiderabili e assicurino benefici alle comunità, senza appropriate soluzioni di governance i singoli gruppi interessati (ad esempio gli utenti svantaggiati) potrebbero non avere possibilità di migliorare la propria situazione. Possiamo dunque interpretare le soluzioni di governance in base al grado di presenza di processi decisionali comuni e condivisi. Bisogna insomma chiedersi, come avrebbe detto Edward Bellamy sul finire dell’800, se esse aumentino la “socializzazione” del sistema economico, ossia se contribuiscano alla «creazione di una economia nella quale il surplus prodotto è reinvestito nella comunità, e il lavoro e le relazioni sociali sono condivise tra molteplici portatori di interessi, comprese le categorie deboli. Ciò richiede la creazione di interconnessioni incrociate tra i attori, di uno spazio deliberativo e dunque creativo, popolato da una o più comunità di interessi che occupano posizioni uguali, e in cui ciascun interesse si esplicita ed evolve attraverso la deliberazione. Relazioni cooperative a lungo termine consentono di plasmare uno “spazio delle capacità” o “spazio creativo”» (Sacchetti, 2019). Questo è lo «spazio che i partecipanti formano cooperando sulla base di valori condivisi e di regole di reciprocità, migliorando nel tempo la capacità di comunicazione, l’identificazione dei bisogni, l’accesso ai processi decisionali, l’apporto di conoscenze e di idee, la fiducia tra partecipanti, e i risultati per gli utenti, i lavoratori, i volontari e la collettività» (Sacchetti, 2019; Sacchetti et al., 2009; Sacchetti, Campbell, 2014).

Il consorzio InConcerto si trovava, al momento della discesa sul campo, in fase di transizione, con il graduale ritiro del fondatore. In questo momento particolare, la sfida per i soci era, da un lato, di fornire soluzioni alla crescente complessità del servizio richiesto e, dall’altra, rispondere alla riduzione della domanda industriale. Il sistema di governance individuato, specialmente a livello sistemico, rappresentava il tentativo di orientare e organizzare le relazioni anche oltre i confini del consorzio ed era volto a riqualificare le relazioni nella catena di produzione del valore sociale, coerentemente con i principi cooperativi e di deliberazione condivisa, di condivisione del valore e delle relazioni sociali a vantaggio degli utenti, degli altri portatori di interesse nonché della collettività nel suo insieme.

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Note

  1. ^ Le imprese sociali di questo tipo al momento sono piuttosto diffuse, in quanto in grado di rispondere ai cambiamenti all’interno della struttura socio-economica delle famiglie e della loro rete di supporto, che si è ridotta nel tempo. In Italia l’aspettativa di vita è di 79.6 anni per gli uomini e 84.4 anni per le donne. Il tasso di nascita è di 1.42, più basso della media europea, che è di 1.58 (Istat, 2014) . In parte ciò è dovuto all’aumento di gruppi familiari di un solo componente. In generale, un tasso di nascita basso significa che un figlio unico (o nessun figlio) assume il compito di prendersi cura dei propri genitori una volta anziani, il che rende l’assistenza difficoltosa. La funzione di cura della famiglia sta scomparendo. Attualmente in Italia ci sono 151 individui sopra ai 65 anni, a fronte di 100 individui sotto ai 15 anni. Queste tendenze socio-demografiche continueranno quindi nei prossimi anni e non riguardano solamente l’Italia, bensì si applicano ai cosiddetti paesi occidentali. In Europa, le spese per la protezione sociale rappresentano una media del 29% del PIL, includendo le pensioni.
  2. ^ Nel 2010 ciascun comune italiano ha speso, in media, 118 euro per persona. Il 23% di tali spese sociali si è rivolto alle disabilità e include il supporto educativo, centri diurni, case di cura, assistenza domiciliare. Nel nord Itali per ogni persona con disabilità si spendono 5.370 euro (contro i 777 Euro del sud Italia). Mentre i fondi pubblici per la disabilità aumentano, quelli dedicati agli anziani tendono a diminuire (Istat, 2014).
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