c.borgomeo&co. e CamCom Universitas Mercatorum (a cura di) (2013), Fiducia nel credito. Esperienze di microcredito per l’impresa ed il sociale, VII Rapporto sul microcredito in Italia (2011), Donzelli Editore, Roma.
Una interessante prospettiva attraverso cui leggere il nuovo rapporto sul microcredito curato da Borgomeo & Co e Universitas Mercatorum scaturisce se si elimina la congiunzione del sottotitolo che recita “Esperienze di microcredito per l’impresa ed il sociale”. L’impresa sociale, infatti, emerge come un attore, fin qui più potenziale che reale, sia sul versante della domanda che dell’offerta di microcredito. Sul primo fronte infatti, il prezioso database di misure di microcredito riportato in appendice al volume mette bene in luce come, soprattutto in alcune aree territoriali come le regioni del Mezzogiorno, il microcredito rappresenti un importante veicolo per la creazione d’impresa, in particolare attori come le imprese sociali che richiedono generalmente investimenti finanziari non di grande entità, nell’ordine di qualche decina di migliaia di euro. D’altro canto tra i diversi servizi di carattere “sociale” gestiti da queste imprese, il microcredito rappresenta - o dovrebbe rappresentare - una modalità efficace per attivare politiche di protezione sociale, soprattutto nelle aree del centro nord dove la diffusione di questo strumento è soprattutto legata a iniziative di contrasto all’esclusione e alla marginalità sociale.
In un fase in un cui il dibattito sul finanziamento all’impresa sociale è monopolizzato da altri attori e da altri strumenti - dal crowdfunding all’impact investing – sarebbe forse il caso di definire una nuova strategia per l’impresa sociale come attore del microcredito. Queste imprese, ad esempio, potrebbero candidarsi a svolgere un ruolo di implementazione di fondi microcreditizi a livello nazionale o locale; ruolo che peraltro hanno già svolto nell’ambito di iniziative come le “sovvenzioni globali” che distribuivano sia ad organizzazioni che a singole persone “piccoli sussidi” per l’inserimento lavorativo. D’altro canto potrebbero anche agire in prima persona, costituendo fondi con risorse proprie e attratte a livello locale da utilizzare per sostenere attraverso la microfinanza percorsi di autoimprenditorialità e/o di diretto contrasto alla povertà. Innovare quindi il meccanismo di redistribuzione delle risorse monetaria, affinacandolo strutturalmente a un’offerta di servizi che, nel suo insieme, sia in grado di rafforzare i percorsi di empowerment dei beneficiari. Una sfida che il rapporto delinea in modo molto chiaro soprattutto nel capitolo terzo che è dedicato alla struttura del microcredito in Italia e dove appunto si distingue tra le due grandi tipologie del microcredito sociale e del microcredito imprenditoriale. Un quadro conoscitivo rispetto al quale sarà interessante, in future edizioni del rapporto, verificare in modo più preciso il posizionamento dell’imprenditoria sociale.