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ISSN 2282-1694
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Editoriale

L’impatto della rivista Impresa Sociale

Marco Musella, Flaviano Zandonai

Saggi

Innovazione sociale e sviluppo territoriale

Frank Moulaert, Pieter Van der Broeck, Alessandra Manganelli

La competitività è maggiore per le imprese coesive

Giovanni Ferri, Marco Pini , Alessandro Rinaldi

Saggi brevi

Domanda e offerta di capitale per l’impatto sociale

Veronica Chiodo, Francesco Gerli

Le dimensioni dell’innovazione sociale

Fabrizio Montanari, Stefano Rodighiero, Fabio Sgaragli, Diego Teloni

Il contratto di rete come strategia di rigenerazione

Melania Verde

Casi studio

Stakeholder engagement e impatto nei servizi sociali

Ericka Costa, Laura Castegnaro

Recensioni

L’impresa come istituzione sociale

Enrico Sacco

Numero 10 / 2017

Saggi

Innovazione sociale e sviluppo territoriale

Frank Moulaert, Pieter Van der Broeck, Alessandra Manganelli

Abstract

Questo saggio mette in scena spazi e luoghi, intesi come habitat di speranza e cambiamento, resistenza e innovazione sociale, con un alto potenziale di emancipazione a livello socio-politico. Attraverso l’analisi di due percorsi di ricerca-azione di lungo periodo, uno in Europa e l’altro in Québec, il contributo illustra la rilevanza di iniziative, modelli di governance e processi d’istituzionalizzazione socialmente innovativi in ambito territoriale. Affronta inoltre il ruolo svolto dalla ricerca come strumento di innovazione sociale in grado di dar vita a inedite modalità di cooperazione tra attori istituzionali e pratiche sociali emergenti. Modalità di cooperazione che ridisegna i processi di generazione della conoscenza, mettendo in discussione ipotesi di indagine e strumentazione metodologica.


This article presents spaces and places, considered as habitats of hope and change, resistance and social innovation, with a high potential of emancipation at a socio-political level. Through the analysis of two paths of long-term research-action, one in Europe and one in Québec, we describe the relevance of initiatives, governance models and institutionalization processes that are socially innovative from a territorial point of view. This paper addresses also the role played by research as a tool of social innovation able to give rise to new forms of cooperation between institutional actors and emerging social practices. A mode of cooperation that redesigns the processes of knowledge generation, questioning hypotheses of investigation and methodological instrumentation.

DOI: 10.7425/IS.2017.10.02

Questo articolo è una versione leggermente ampliata del capitolo di Frank Moulaert e Pieter Van den Broeck "Innovazione sociale e sviluppo territoriale", pubblicato in: Howaldt J., Kaletka C., Schröder A., Zirngiebl M. (eds.) (2017), Atlas of Social Innovation. New practices for a better future.

Introduzione

A partire dagli anni ‘80, sia in Europa che in Canada, si è assistito – tanto nella ricerca quanto nelle pratiche – ad una riscoperta dell’innovazione sociale per analizzare e orientare lo sviluppo territoriale, in particolare nelle aree urbane (si vedano, per l’Italia: Laino, 2001; Vicari-Haddock, Moulaert, 2009; Cavola, Vicari-Haddock, 2000).

Questo saggio illustra due traiettorie di ricerca-azione – una in Europa e l’altra in Québec, Canada – relative allo sviluppo territoriale delle comunità locali secondo una prospettiva di innovazione sociale. Nel seguito si metterà in luce come una governance bottom-linked sia una conditio sine qua non per garantire beni comuni urbani (commons) durevoli e socialmente innovativi. Si rifletterà, inoltre, sul ruolo di quartieri, spazi e luoghi come terreno fertile per l’innovazione sociale.

Il contributo si articola come segue. In un primo paragrafo si argomenterà sul ruolo dell’innovazione sociale nello sviluppo territoriale. Nei successivi si illustreranno due traiettorie di ricerca-azione socialmente innovative radicate nei rispettivi territori, per finire con alcune riflessioni più generali sui luoghi di innovazione sociale.

Innovazione sociale: dagli studi urbani allo sviluppo territoriale

Gli studi urbani e le discipline che li hanno praticati sono stati tra i principali “incubatori” della teoria dell’innovazione sociale. Nonostante il concetto d’innovazione sociale risalga al XVII-XVIII secolo (Godin, 2012) e da allora sia stato utilizzato in contesti molto diversi, ha raggiunto un vero e proprio “statuto” scientifico solo negli anni ‘60, nell’ambito dei movimenti sociali e dei dibattiti ad essi legati. In quel periodo, i temi trainanti sono stati il ruolo dell’innovazione sociale nel terzo settore e nella responsabilità aziendale, nonché lo studio dell’innovazione sociale come principio strutturante delle analisi di processi di sviluppo locale e dei modi di produrre cambiamento socio-economico in quartieri, città e località (semi)rurali (Van Dyck, Van den Broeck, 2013). Quindi, nel suo significato originale, l’innovazione sociale ha a che fare con il “cambiamento” e la “trasformazione sociale” (Moulaert et al., 2017a).

Oggi il concetto d’innovazione sociale ha diverse accezioni, spesso legate ad alcune macro-ideologie, come il neoliberismo socialmente orientato ed i movimenti per la trasformazione socio-politica (Moulaert et al., 2013). Secondo il primo approccio, l’innovazione sociale dovrebbe essere finalizzata ad una maggiore equità tra cittadini e gruppi sociali, attraverso la “socializzazione” di certi meccanismi di mercato: ad esempio, eliminando il fallimento del mercato e creando in questo modo un’economia più inclusiva, che integri le fasce più vulnerabili in termini occupazionali, o che fornisca spazi in cui le iniziative d’economia solidale possano svilupparsi, pur sempre restando in armonia con l’economia di mercato.

Il secondo orientamento, invece, parte dal constatare un fallimento della governance e della politica in molti ambiti della società, e considera l’innovazione sociale come una strategia ed un processo non solo per soddisfare certe esigenze individuali e collettive trascurate dal mercato, ma anche per rafforzare la solidarietà nelle relazioni sociali. Tali relazioni sono intese come un veicolo di capacitazione socio-politica di gruppi ed iniziative coinvolte in processi d’innovazione sociale. In modo del tutto naturale, gli studi urbani hanno adottato questo secondo tipo d’ideologia, principalmente per il fatto che essi s’interfacciano con condizioni materiali, sociali e politiche di territori in cui sussiste un urgente bisogno di rilanciare e supportare lo sviluppo umano.

Secondo questo approccio, il territorio è concepito in termini di “forme spaziali”, localizzate ed interconnesse – tanto fisiche, quanto naturali o sociali – definite dalle relazioni tra “attanti” (agenti, esseri viventi, elementi naturali) che abitano e vivono quel territorio.

Un framework interpretativo utile per rappresentare un territorio è la metafora dei sistemi, come avviene nella teoria dello Sviluppo Integrato del Territorio (Vicari-Haddock, Moulaert, 2009; Moulaert et al., 2010; Moulaert, 2000). Tale approccio concepisce la città come composta da varie sfere – riferendosi a funzioni tanto sociali quanto ecologiche – che, attraverso diversi tipi d’azione (collettiva), arrivano ad integrarsi o, al contrario, possono entrare in conflitto. Secondo questo modello, l’innovazione sociale è organicamente presente in tre modi:

  • come strategia di attori che cercano di soddisfare bisogni materiali, economici, ecologici, politici e socio-culturali;
  • come miglioramento delle relazioni sociali spazializzate tra agenti e delle relazioni socio-ecologiche tra “attanti”. L’idea di “miglioramento”, in questo caso, si riferisce al perseguimento di valori come solidarietà, reciprocità e associazione, ed il rifiuto di relazioni di sfruttamento e subordinazione tra attori;
  • come costruzione di nuove relazioni politiche basate sul territorio: nuovi sistemi di governance strutturati sulla base di esperienze di innovazione sociale, dunque in modo cooperativo e da parte di agenti socialmente innovativi (organizzazioni attive in diverse sfere della società, imprese d’economia sociale, reti cooperative di attori, movimenti sociali ecc.).

La (ri)costruzione del territorio e della sua comunità si basa sull’interazione tra queste strategie integrate nel territorio, le relazioni sociali e l’empowerment socio-politico che, insieme, producono nuove dinamiche di governance.

In questo processo di (ri)costruzione, azione e ricerca sono tra loro fortemente legate. Anzi, si puó dire che questo legame è esso stesso espressione d’innovazione sociale, in quanto applica i principi di base del miglioramento delle relazioni sociali e di governance al processo di ricerca-azione (Moulaert et al., 2017b). Ciò si verifica quando le teorie e le pratiche di ricerca si rinnovano e si ridefiniscono, e quando vengono messe in discussione certe ipotesi di ricerca, convenzioni o metodi, favorendo un tipo di metodologia che tiene insieme ricerca e pratiche sociali.

Nel seguito saranno presentate due traiettorie di ricerca-azione orientate all’innovazione sociale in territori urbani, ed in particolare in quartieri (o quartier, in francese). Entrambi i percorsi hanno avuto inizio negli anni ‘80, anche se in due diverse aree geografiche del mondo, e con gruppi di ricerca che hanno instaurato un dialogo solo più tardi, negli anni ‘90, ed in seguito hanno continuato a collaborare. Inoltre, tutti e due i team hanno lavorato su “La Région sociale” (Moulaert, Nussbaumer, 2008). Entrambi i programmi di ricerca sono basati su una relazione stretta tra azione e ricerca, in cui gli attori rivestono ruoli diversi, ma si inter-scambiano e dialogano tra loro. Ad esempio, processi di consultazione, partecipazione e co-costruzione sono portati avanti tanto da ricercatori, che da organizzazioni locali, figure di leadership della società civile, in modo concertato.

Sviluppo d’area integrato in città europee

Questa traiettoria di ricerca-azione è iniziata alla fine degli anni ’80 / primi anni ‘90 come parte delle attività di ricerca del programma Poverty III lanciato dalla Commissione Europea e durato fino al 2005. Il programma ha previsto sette progetti di ricerca con obiettivi specifici, ma complessivamente incentrati sulla lotta all’esclusione sociale in aree urbane ed altre località. Attraverso tali percorsi sono stati analizzate strutture e modelli istituzionali in cui l’innovazione sociale s’inscrive o potrebbe farlo in futuro. La maggior parte di questi progetti è stata finanziata dai Programmi Quadro della Commissione Europea (Figura 1).

Figura 1. Innovazione sociale integrata nel territorio e nelle istituzioni

Il modello guida di questi programmi è stato lo Sviluppo Integrato del Territorio (SIT), un framework creato osservando percorsi di sviluppo socialmente innovativi, in particolare nell’ambito di quartieri urbani in declino, per esempio in città come Bilbao, Anversa, Atene, Charleroi, Milano ecc.

Connettendo (e integrando) strategie, attori, risorse, e dinamiche sociali dei quartieri, questi programmi hanno mostrato chiaramente il potenziale del promuovere uno sviluppo locale socialmente inclusivo.

L’implementazione del modello è stata supportata dagli strumenti attivi a quel tempo, come il Programma Urbano della Commissione Europea (Urban Programme), altre sezioni dei Fondi Strutturali Europei, programmi di sviluppo urbano nazionali, regionali e presenti nelle varie città degli Stati Membri. Sono cosí emersi diversi casi di successo, come ad esempio lo sviluppo di un quartiere nel Nord-Est di Anversa, la riqualificazione dei Quartieri Spagnoli a Napoli, il quartiere Olinda a Milano (Laino, 2015; Vitale, 2010). Il modello di Sviluppo d’Area Integrato si è mantenuto come framework guida sia in senso analitico che come ricerca-azione, anche nei progetti successivi. URSPIC e DEMOLOGOS si sono concentrati su aspetti strutturali ed istituzionali di dinamiche di sviluppo territoriale. SINGOCOM ha ricercato opportunità concrete d’innovazione sociale in diversi contesti istituzionali. VALICORES ha esaminato la relazione tra innovazione sociale e altri tipi di innovazione in (sistemi di) sviluppo ed innovazione. KATARSIS e SOCIAL POLIS hanno fortemente promosso l’implementazione di modelli di ricerca-azione socialmente innovativi, sviluppando nuove modalità di cooperazione (transdisciplinare) tra attori, applicabili non solo a livello locale, ma anche in una rete spaziale più ampia (Moulaert, MacCallum, 2018).

Tabella 1. Sintesi cronologica dei progetti d’innovazione sociale e sviluppo locale finanziati dalla Commissione Europea

Sviluppo territoriale ricerca-azione nel Québec urbano

La ricerca-azione basata sul territorio e sul coinvolgimento di una pluralità di attori, tra cui ricercatori, attivisti, membri di sindacati, associazioni ed esponenti del mondo politico, ha svolto un ruolo attivo nello sviluppo territoriale del Québec a partire dagli anni ‘60. Inoltre, dagli anni ‘80 in poi il ruolo delle organizzazioni della società civile si è rafforzato. Si può sostenere che il Québec – dove l’interazione tra i diversi livelli di governo (Federale e Provinciale, essendo il Québec l’unica provincia francofona) e le organizzazioni della società civile è stata nell’ultimo mezzo secolo complessivamente sinergica – sia un “buon esempio” di una configurazione in cui la coesione sociale fa leva su rilevanti innovazioni sociali che si sono verificate a partire dagli anni ‘60 in poi (Klein et al., 2013; Klein, Morisette, 2013) in molti campi, tra cui i più importanti sono probabilmente quello del lavoro, della qualità della vita e dello sviluppo locale.

Klein e colleghi (Klein et al., 2013) caratterizzano la natura di queste dinamiche d’innovazione sociale in termini d’interazione tra governance collettiva, co-produzione di servizi (sociali), co-costruzione di politiche pubbliche e carattere plurale dell’economia. In termini di governance diventa strategica una prospettiva di sviluppo territoriale di tipo endogeno, cioè accompagnata dal decentramento dei sistemi di governo e dalla creazione di organismi di cooperazione e co-produzione, in cui è forte il ruolo esercitato dalle organizzazioni della società civile. Ciò è stato anche facilitato dalla successione di diverse ondate di crisi economica avvenute in Québec. A Montréal, ad esempio, un cambiamento nella governance si è concretizzato nella creazione di cosiddette Community Economic Development Corporation (CEDC) (Società di Sviluppo Economico Comunitario), organizzazioni che hanno l’obiettivo di promuovere la cooperazione tra attori a livello di quartiere per attivare progetti di sviluppo basati su collaborazione, sostegno alla imprenditoria locale, creazione di posti di lavoro ed integrazione di disoccupati. Questo approccio, rivelatosi efficace, ha portato alla creazione di centri locali di sviluppo (CLD), organizzazioni “multiservizio” che connettono esigenze di tipo socio-economico e politico con i bisogni di sviluppo delle comunità locali. Tuttora i CLD operano trasversalmente in Québec, anche in regioni periferiche, a livello delle MRC (Municipalité Régionale de Comté, traducibile come Contee Regionali). A livello di quartiere, queste nuove dinamiche di governance hanno creato i margini per favorire nuovi movimenti sociali. In particolare, la CEDC di Montréal ha assunto una posizione di leadership.

Si può considerare questo processo come un’istituzionalizzazione di esperimenti di successo che nascono “dal basso”. In effetti queste nuove forme di stretta cooperazione tra società civile e Pubblica Amministrazione hanno creato opportunità per co-produrre e favorire lo sviluppo di un’economia plurale, secondo un modello basato sulla costruzione di consenso tra attori economici, sociali, culturali e politici, che lavorano in modo congiunto per promuovere educazione, servizi culturali e sociali (non da ultimo i servizi legati alla salute), formazione orientata al mercato del lavoro e creazione d’imprese in vari settori. Dunque, all’interno della CEDC, esigenze di sviluppo economico e sociale non sono più viste in maniera antagonistica, ma al contrario si rafforzano a vicenda.

Spazi d’alterità per la ricerca-azione sull’innovazione sociale

Le traiettorie d’innovazione sociale radicata nel territorio descritte mostrano l’importanza di favorire, da un lato, dinamiche d’interazione tra nuove iniziative socialmente innovative (ad esempio, nuove pratiche dell’abitare, forme d’apprendimento orientate allo sviluppo umano, spazi di lavoro che favoriscano la solidarietà, networks alternativi di ricerca-azione ecc.) e, dall’altro, processi di governance ed istituzionalizzazione. La possibilità di successo dipende molto dalla successione dei regimi socio-politici e da quanto tali regimi riescano a favorire la cooperazione tra i cittadini e lo Stato. La storia recente dei casi studi illustrati offre un chiaro esempio in tal senso (Moulaert, et al., 2017a).

Il coinvolgimento di organizzazioni della società civile nella creazione di nuove modalità di cooperazione territoriale ha incentivato forme di governance più democratiche – vale a dire relazioni di governance cosiddette bottom-linked – che allargano la gamma delle attività economiche, aprendole ai servizi sociali e alla cultura, e spingono gli imprenditori verso nuove forme d’organizzazione economica (imprese sociali e solidali). Ciò comprende anche modalità socialmente innovative d’organizzazione del lavoro e relazioni di solidarietà tra cittadini e attori in quei specifici territori e oltre. Le idee e le pratiche bottom-linked sono rilevanti per realizzare una vera democrazia, nonché favorire una miglior connessione tra iniziative della società civile, autorità locali ed il sistema Stato in generale. In questo senso, molta attenzione meritano i nuovi tipi di democrazia diretta attuati in alcune organizzazioni di tipo associativo, in quanto costituiscono dei veri e propri “laboratori viventi” di democrazia partecipativa (Vitale, 2010; Pradel, García, 2018).

La forza del modello del Québec, rispetto a molti dei Paesi Europei, è stata quella di favorire una simbiosi tra Stato e società civile che ha portato a forme d’istituzionalizzazione condivisa. Nel contesto europeo, invece, lo Stato ed il mercato hanno spinto le organizzazioni della società civile verso un ruolo sussidiario; questo nonostante il peso che molti di questi attori hanno giocato nella creazione d’iniziative e modalità di governance socialmente innovative.

Nell’Europa Occidentale il neoliberismo ha privilegiato politiche che riducono le iniziative d’innovazione sociale a strumenti per la razionalizzazione del welfare e che dirigono imprese socialmente innovative verso l’economia di mercato. Tuttavia, di recente la Commissione Europea ha diversificato la sua politica d’innovazione sociale estendendola a diversi settori della società, e creando, in questo modo, delle nuove opportunità per un’innovazione sociale socio-trasformativa che parte dal basso (Moulaert et al., 2017a).

Questo approccio, però, tende a rafforzare la tendenza a ridurre l’innovazione sociale alla creazione d’imprese sociali, togliendo in tal modo spazio ad altre dimensioni, come la costruzione di relazioni di solidarietà nei quartieri e la democratizzazione della governance urbana. Fortunatamente, iniziative d’innovazione sociale continuano a proliferare al di fuori dello Stato, sperimentando nuove relazioni sociali e modalità di governance.

A dare speranza, inoltre, è la crescente disapprovazione dei cittadini verso il neoliberismo europeo, anche attraverso espressioni di voto più favorevoli allo sviluppo territoriale, nonostante le tendenze di un mercato sempre più globale. Si pensi, ad esempio, alla traduzione politica del movimento Indignados in Podemos e in altre formazioni politiche, che difendono vigorosamente nuovi tipi di policy abitative e di vicinato. Tali movimenti sono probabilmente l’espressione più esplicita di un’azione di trasformazione socio-politica. Altri esempi politicamente significativi sono le forme di opposizione sia verso politiche di sinistra che di destra in zone rurali, dove le comunità rivendicano il diritto ad iniziative locali legate all’agricoltura, alla produzione alimentare locale, alla cultura ed istruzione, ai servizi sociali, e così via. Ciò si è verificato ad esempio durante la recente campagna elettorale (presidenziale) francese.

Dunque, gli spazi e i luoghi intesi come habitat di speranza e di cambiamento costituiscono oggi un tema molto importante nella ricerca-azione orientata all’innovazione sociale. Oltre ai riferimenti citati in questo breve articolo, la letteratura oggi fa luce su molti altri casi in cui luoghi di resistenza ed innovazione sociale agiscono come motori di trasformazione socio-politica. È assolutamente necessario che ciò si verifichi, se si vuole garantire un futuro di felicità per tutti (Smith et al., 2016; Perera, 2006).

Bibliografia

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