Le recenti trasformazioni socio-economiche hanno fatto emergere, con forza crescente, l’importanza dell’innovazione sociale. Di pari passo, i decisori pubblici hanno implementato un numero sempre maggiore di politiche orientate a supportare lo sviluppo di iniziative di innovazione sociale. Nonostante l’attualità e la rilevanza del tema, manca tutt’oggi una delineazione univoca delle dimensioni fondanti e dei confini definitori d el concetto. La social innovation, infatti, si contraddistingue per essere un “concetto-ombrello” che include un insieme molto ampio e variegato di iniziative, attività, soggetti e contesti. Tale caratterizzazione ha favorito l’adozione di un approccio inclusivo nel tracciarne i confini enunciativi, contribuendo all’attuale varietà definitoria. Partendo da queste premesse, questo saggio propone una review dell’attuale dibattito (accademico e non) al fine di delineare un modello che permetta di sintetizzare e interpretare le differenti dimensioni definitorie del concetto di innovazione sociale. In particolare, tale modello intende offrire un framework di riferimento sia per la definizione di possibili percorsi di ricerca futuri sia per il design e l’implementazione di politiche pubbliche dall’elevato impatto sociale.
Recent socio-economic transformations revealed with increasing strength the importance of social innovation. Public decision makers went hand in hand by implementing an even greater number of policies aimed at supporting the development of social innovation activities. Despite the current and relevant topic, nowadays an unique outline of the grounding dimensions and the definitional boundaries of social innovation concept is still lacking. Social innovation, in fact, is characterized for being an “umbrella concept” including a wide and varied range of initiatives, activities, actors and contexts. This characterization fostered the adoption of an inclusive approach in tracing its definitional boundaries, therefore contributing to the actual definition. Starting from these premises, this article presents a review of the current debate (both academic and not) with the goal to outline a model allowing for a synthesis and an interpretation of the different definitional dimensions of the concept of social innovation. In particular, this model aims at offering a reference framework both for the definition of possible future research paths and for the design and implementation of public policies with a high social impact.
DOI: 10.7425/IS.2017.10.06
Negli ultimi anni il tema dell’innovazione sociale ha assunto – sia in ambito accademico che di policy (Cajaiba-Santana, 2014; European Commission, 2013a; 2013b; Lawrence, 2014; Maiolini, 2015) – una sempre maggiore centralità, riconducibile ad un insieme eterogeneo di fattori socio-economici tra cui, ad esempio, l’attuale crisi sistemica, i fenomeni di invecchiamento della popolazione e gli elevati livelli di disoccupazione giovanile (European Commission, 2013a); elementi che hanno contribuito a riconoscere nell’innovazione sociale un importante strumento di policy con cui dare risposta ai cambiamenti socio-economici in atto e alle differenti istanze provenienti dai vari contesti sociali (Caulier-Grice et al., 2012). Coerentemente, i decisori pubblici hanno implementato numerose azioni finalizzate a supportare a livello territoriale (dal singolo quartiere urbano alle città, fino alle macro-regioni) interventi in tema di innovazione sociale, cercando di raggiungere i benefici previsti, ad esempio, in termini di soddisfazione dei bisogni della popolazione, rigenerazione del senso di identità e di comunità, innovazione e nuova imprenditorialità (Cottino, Zandonai, 2012; Ehn et al., 2014; Sgaragli, Montanari, 2016).
Nonostante questo forte e trasversale interesse, tutt’oggi scarseggia un’analisi approfondita delle dimensioni fondanti del concetto di innovazione sociale. A parte un generalizzato consenso sulla sua natura context-specific – nel senso di una sua stretta interconnessione alle specifiche condizioni del contesto sociale, politico ed economico di riferimento (European Commission, 2017; Moulaert, Vicari Haddock, 2009; Pol, Ville, 2009) – i suoi elementi fondanti e i suoi confini definitori non sono ancora delineati in modo preciso. In altri termini, il concetto di innovazione sociale è caratterizzato da tratti di ambiguità, rispetto ai quali le differenti sfumature linguistiche e le singole tradizioni socio-economiche, culturali ed amministrative ricoprono un ruolo importante nell’articolarne i significati e le azioni attuative. Ad oggi, molti studi hanno tentato di districare tali nodi identificando una definizione quanto più univoca possibile del concetto di innovazione sociale ed inquadrando i differenti approcci di ricerca ad esso riconducibili (European Commission, 2017; Moulaert, 2010; Moulaert et al., 2013; Nicholls et al., 2015). L’esistenza di un numero così elevato di sforzi conferma sia l’attualità del tema sia il fermento del dibattito attualmente in corso.
Questo saggio si propone di contribuire alla discussione offrendo una review della letteratura esistente e la formulazione di un modello in grado di interpretare i diversi tratti fondanti del concetto di innovazione sociale; tale framework potrà offrire spunti di riflessione ai policy maker per la creazione di politiche che siano quanto più aderenti ai principi e alle dinamiche dei processi di innovazione sociale, in modo da massimizzarne l’impatto e a rendere il processo di implementazione delle policy stesse un’occasione per costruire le condizioni di sostenibilità dell’azione (anche dopo l’esaurimento degli effetti diretti della politica).
Per raggiungere tale obiettivo sono stati raccolti i principali report, practical guides, policy papers e articoli scientifici sul tema. Tali pubblicazioni hanno composto il corpus di documenti sul quale è stata condotta l’analisi che ha permesso di individuare le connessioni tra le diverse definizioni di innovazione sociale, rendendo quindi possibile l’emersione delle dimensioni definitorie del modello proposto.
L’innovazione sociale può essere concepita come un “concetto-ombrello” che include tutte quelle iniziative orientate alla “creazione e implementazione di nuove soluzioni ai problemi sociali, i cui benefici vengono condivisi anche esternamente ai confini degli innovatori” (Tracey, Stott, 2017 - p. 51). Questa sua natura ben esemplifica i nodi tutt’oggi aperti circa le dimensioni definitorie del concetto di innovazione sociale. In letteratura esistono infatti numerose definizioni, ognuna delle quali si focalizza ed enfatizza un particolare aspetto del concetto. Di seguito sono riportati alcuni esempi definitori che ben rappresentano la varietà di approcci, argomentazioni e registri linguistici generalmente utilizzati.
Come si può notare, la varietà definitoria conferma come, ad oggi, l’innovazione sociale sia stata affrontata in modo inclusivo, cioè optando per una definizione molto larga. Anche dal punto di vista pratico, essa si caratterizza per un’elevata complessità e varietà, in quanto viene riferita a un ampio insieme di attività individuali, organizzative e inter-organizzative generalmente indirizzate al soddisfacimento di bisogni di carattere sociale. Partendo da queste considerazioni, il presente articolo propone una review degli attuali dibattiti sull’innovazione sociale al fine di delineare un modello in grado di comprendere al suo interno le differenti dimensioni definitorie del concetto.
La review della letteratura ha seguito l’approccio a “tre stadi” definito da Tranfield e colleghi (2013): pianificazione iniziale della review; svolgimento e raccolta dati; analisi dati e presentazione dei risultati. In particolare, al fine di assemblare il corpus di documenti da analizzare sono state consultate le principali banche dati che forniscono un accesso a riviste accademiche peer-reviewed di organizzazione e management (e.g. EBSCO/Business Source Complete, JSTOR e Web of Science). Tale ricerca è stata eseguita utilizzando le seguenti keywords (incluse diverse combinazioni): “social innovation”, “social innovation projects”, “social entrepreneurship”, “social economy”. A fronte dei risultati ottenuti, è stata effettuata una selezione che ha implicato un confronto ed un giudizio congiunto tra i primi due autori. Tipicamente, sono stati inclusi articoli con un focus su specifiche caratteristiche fondanti del concetto di social innovation e su tematiche affini: social entrepreneurship, social enterprises, social economy, social cohesion. Successivamente, è stata condotta una ricerca approfondita su Google Scholar al fine di completare il corpus con report, practical guides e policy papers. In particolare, sono stati presi a riferimento report pubblicati dall’Unione Europea e dalle sue agenzie (l’UE ricopre infatti un ruolo chiave nella costruzione del contesto di riferimento per progetti e iniziative di innovazione sociale, dedicando una sempre maggiore attenzione al tema) e dalle principali ONG, fondazioni ed enti di ricerca di settore, tra cui, ad esempio, NESTA, Young Foundation e Oxford Saïd Business School.
Conclusa la fase di raccolta dati, il processo analitico – in modo analogo a Slavich e Svejenova (2016) – ha preso come riferimento le seguenti domande: “A quale livello di analisi tale pubblicazione esamina il tema dell’innovazione sociale?”; “Quali sono le principali caratteristiche definitorie poste in evidenza da tale pubblicazione?”; “Sulla base di quali studi tale pubblicazione costruisce i propri assunti e quali contributi è in grado di fornire?”. L’attività di analisi si è focalizzata sull’individuazione delle differenze e delle similarità caratterizzanti le diverse definizioni di innovazione sociale rispetto alle precedenti domande. Ciò ha portato all’individuazione di un totale di 91 definizioni, le quali hanno rappresentato un primo output dell’analisi.
Successivamente, l’indagine è proseguita secondo due ulteriori step. In primo luogo, è stata effettuata un’analisi approfondita delle definizioni di innovazione sociale raccolte. Nello specifico, i primi due autori hanno visionato in modo autonomo il dataset comprendente le definizioni precedentemente ottenute, per poi condividere e commentare le interpretazioni individuali fino al raggiungimento di un adeguato grado di consenso. Nel condurre tale passaggio analitico, ci si è posti il seguente quesito: “Quali costrutti e categorie concettuali sono rappresentativi del concetto di innovazione sociale?”. Questo step ha permesso di identificare i temi ricorrenti utilizzati per concettualizzare l’innovazione sociale.
Il secondo step di analisi è consistito nello specificare ed evidenziare le connessioni esistenti tra i temi emersi dal primo step. In tal senso, nelle definizioni sono state individuate alcune specifiche dimensioni in grado di rappresentare le peculiarità del concetto di innovazione sociale. Ad esempio, considerando la definizione “social innovation is defined as new approaches to addressing social needs" (TEPSIE, 2014 - p. 4), sono state create due dimensioni chiamate “bisogni sociali” e “novità”. In modo analogo, dalla definizione “[social innovation consists of] six stages that take ideas from inception to impact” (Murray et al., 2010 - p. 12) è stata tratta una sola dimensione denominata “processo multi-step”. Le 12 dimensioni complessivamente emerse possono essere considerate come gli elementi definitori di base del concetto di innovazione sociale. Successivamente ci si è concentrati sull’individuazione delle possibili relazioni tra queste dimensioni. A titolo esemplificativo, sono emerse possibili connessioni tra la definizione “social innovation is defined as new approaches to addressing social needs” (TEPSIE, 2014 - p. 4) e “social innovation is seen as the practical development and implementation of new products, services and programmes which meet social needs” (Caulier-Grice et al., 2012 - p. 7). In linea con le connessioni evidenziate, le dimensioni “novità” e “bisogni sociali” sono state raggruppate in un’unica categoria concettuale denominata “caratteristiche chiave”. Questo step si è caratterizzato per il suo tratto ricorsivo, spostandosi in modo iterativo tra le dimensioni e le affermazioni presenti nelle definizioni di innovazione sociale al fine di individuare le categorie concettuali di riferimento (che nel modello sono state definite come “building blocks”).
Nello svolgimento di questi step analitici è stata posta particolare attenzione alla composizione di categorie concettuali che potessero escludersi a vicenda. Il processo si è concluso nel momento in cui non sono più emerse ulteriori categorie concettuali dalle definizioni raccolte: ciò ha infatti indicato il raggiungimento di un adeguato livello di saturazione teorica (Corbin, Strauss, 1990). Grazie alle analisi svolte sono state identificate 6 categorie concettuali rappresentative dell’innovazione sociale: caratteristiche chiave, obiettivi, approccio, processo, attori, condizioni sistemiche.
Il modello proposto si articola in 6 categorie concettuali (building blocks) di cui si compone il concetto di innovazione sociale (Figura 1).
Figura 1. Building blocks e dimensioni del modello | Fonte: Elaborazione propria
In particolare, il primo building block si riferisce alle caratteristiche chiave dell’innovazione sociale, le quali permettono di distinguere il concetto da altri simili. In tal senso, un primo attributo dell’innovazione sociale riguarda la sua attenzione alla ricerca di risposte a un’ampia varietà di bisogni sociali, in particolare delle categorie maggiormente vulnerabili (giovani, donne, migranti, anziani, ecc.). Rientra in tale focus anche il tentativo di colmare i gap esistenti tra le istanze sociali e le soluzioni disponibili, grazie alla mobilitazione delle comunità di riferimento e l’attivazione di iniziative di social entrepreneurship. Una seconda caratteristica chiave dell’innovazione sociale è rappresentata dalla novità che può riguardare sia gli output sia le strutture relazionali che emergono dai processi messi in atto al fine di dare risposta ai bisogni sociali irrisolti. In tal senso, il concetto di innovazione sociale è coerente con la visione sociale proposta dai più recenti modelli di innovazione (Chesbrough et al., 2006; Leydesdorff, 2012).
Il secondo building block riguarda gli obiettivi dell’innovazione sociale. Nello specifico, una prima dimensione è rappresentata dalla centralità della mission sociale, che può essere collegata sia a peculiari motivazioni individuali (legate cioè allo specifico soggetto/ente proponente un’azione di innovazione sociale) sia a influenze di carattere prettamente sociale (ad esempio, le pressioni esercitate dalla comunità o dalle istituzioni locali). Una seconda dimensione riguarda la capacità di avere un elevato impatto sociale in termini, ad esempio, di risposta efficace alle sfide sociali dal carattere maggiormente contingente o di argine gli effetti della crisi sui tradizionali sistemi di welfare. È importante che l’impatto generato sia il più sostenibile possibile; a tale scopo, risulta fondamentale prevedere occasioni di monitoraggio e valutazione degli effettivi risultati raggiunti. Una terza dimensione concerne l’empowerment della comunità di riferimento. Tra gli obiettivi dell’innovazione sociale, infatti, vi è quello di garantire alla comunità (e, in particolare, ai gruppi più vulnerabili) non solo un maggiore accesso alle risorse, ma soprattutto una forte partecipazione ai processi decisionali dei progetti.
Il terzo building block riguarda l’approccio adottato al fine di raggiungere gli obiettivi sopra illustrati. L’analisi ha permesso di individuare due dimensioni: lo sviluppo di metodologie che favoriscano l’implementazione di un approccio efficace e coerente con le caratteristiche del contesto e la garanzia di un appropriato livello di accountability. La prima dimensione riguarda, nello specifico, la predisposizione di metodologie in grado di sostenere dinamiche processuali e relazionali che siano quanto più aperte possibili e incentrate sulla multidisciplinarietà, sulla cross-fertilization tra competenze ed esperienze diverse (degli attori chiave) e su un orientamento partecipativo teso a modificare le tradizionali forme di governance dei processi di innovazione. La seconda dimensione, invece, prende in causa gli obblighi – da intendersi come obblighi normativi e/o derivanti da pressioni sociali – di trasparenza e tracciabilità. In tal senso, risulta importante prevedere specifiche metriche di valutazione delle performance: non solo gli outcomes immediatamente prodotti, ma anche i risultati in termini di cambiamento positivo generato. Alcuni esempi di metriche – in particolare specificamente riconducibili ai programmi di incubazione sociale – possono essere: il numero di applicazioni ricevute, il numero di startup supportate, gli investimenti successivi (follow on) raccolti dalle startup incubate, il tasso di sopravvivenza delle startup incubate (NESTA, 2014). Naturalmente, questi indicatori misurano alcuni risultati ottenibili nel breve termine, costituendo quindi un primo step della misurazione di impatto che invece può avere anche effetti di medio-lungo periodo.
Il quarto building block si riferisce alla natura processuale dell’innovazione sociale. Dal momento che le dinamiche di realizzazione e diffusione di nuove soluzioni ai bisogni sociali implicano un complesso set di attività, è importante individuare e seguire i principali step in cui si articolano i processi di innovazione sociale. Come illustrato da Murray e colleghi (2010), il processo che caratterizza tipicamente i progetti di innovazione sociale ha una natura multi-step. Nello specifico, gli autori identificano sei fasi con cui guidare gli spunti e le idee dalla loro iniziale esplicitazione fino all’effettiva definizione di un outcome dall’elevato impatto sociale (Murray et al., 2010). Ovviamente, in linea con i modelli più recenti di innovazione, tali fasi possono essere non sequenziali, ma prevedere anche momenti di feedback incrociato e circolare. Tuttavia, conoscere gli step del processo è importante per avere un framework di riferimento, grazie al quale poter riflettere sulle tipologie di supporti e di partner di cui le innovazioni sociali – e, di riflesso, gli innovatori sociali – necessitano per garantire scaling e sostenibilità. Un’ulteriore dimensione riguarda l’indomani, cioè cosa succede dopo la realizzazione di un output di natura prototipale. In tal senso, il concetto di innovazione sociale include anche la capacità di trovare, nel tempo, i giusti canali di finanziamento, la diffusione delle soluzioni innovative e la potenziale replicabilità di tali soluzioni in altri contesti, elementi di vitale importanza per la legittimazione e la sostenibilità di medio-lungo termine.
Il quinto building block si riferisce ai diversi soggetti convolti nella governance del processo di innovazione sociale. Da questo punto di vista, è interessante notare come l’innovazione sociale abbia connaturata una forte dimensione “sociale”, in quanto essa si fonda proprio sull’idea di collaborazione e ibridazione tra attori diversi: cittadini, organizzazioni informali, mondo della ricerca, mondo imprenditoriale e pubblica amministrazione. Pertanto, come in parte già evidenziato in precedenza, nei processi di innovazione sociale la propulsione iniziale e il supporto nel tempo giungono da network di attori (formali e informali, locali e nazionali/internazionali). In particolare, l’innovazione sociale sembra trovare particolare linfa dallo sviluppo di reti orizzontali e fondate sulla collaborazione tra gli attori coinvolti (Maiolini, Fracassi, 2015), ma nelle quali possono operare anche attori più importanti, le cosiddette keystone organizations (Sgaragli, Montanari, 2016). Queste ultime, infatti, possono essere un importante elemento catalizzatore e moltiplicatore del patrimonio di saperi e risorse (a volte dormienti) presenti all’interno del network. Per tali ragioni, i sistemi di governance non possono che avere un approccio multi-stakeholder.
Il sesto e ultimo building block fa riferimento alle condizioni sistemiche che facilitano l’innovazione sociale. Si tratta quindi di condizioni economiche, sociali e legali che concorrono a definire l’ecosistema nel quale l’innovazione sociale può emergere, svilupparsi e diffondersi. Originariamente sviluppato nel campo della biologia, il concetto di ecosistema si è diffuso negli studi di matrice manageriale per identificare una complessa e ibrida forma inter-organizzativa composta dai meccanismi collaborativi attraverso cui le organizzazioni interagiscono per la realizzazione e diffusione delle innovazioni (Jacobides et al., 2016; Lichtenthaler, 2011). Un ecosistema di innovazione sociale può essere inteso dunque come l’insieme di tutte le risorse sistemiche (infrastrutture hard e soft, meccanismi di finanziamento, ecc.) che possono favorire lo sviluppo e l’implementazione di iniziative di innovazione sociale. All’interno di un ecosistema di questo tipo va evidenziato il ruolo degli spazi di incubazione di innovazione sociale, i quali rappresentano un insieme eterogeneo di luoghi[2] cosiddetti “terzi” a sostegno di imprese e progetti innovativi di natura sociale (Casasnovas, Bruno, 2013; Giordano et al., 2015). Tali spazi offrono una serie di servizi in grado di sostenere la fase di startup e di scaling caratterizzate da una particolare aspirazione di impatto sociale e possono ricoprire un ruolo di raccordo tra le iniziative di social innovation e social entrepreneurship e il territorio di riferimento (Mizzau, Montanari, 2016).
Il presente studio ha proposto un modello che evidenzia i principali tratti fondanti del concetto di innovazione sociale. Coerentemente con la natura multidimensionale del concetto (Moulaert et al., 2005), il modello comprende un insieme articolato di aspetti che possono aiutare a delineare i confini definitori e i core elements. Tra questi ultimi, vi è senz’altro la forte dimensione sociale che contraddistingue l’innovazione sociale, tanto da poterne rappresentare il suo DNA. Tale dimensione, infatti, riguarda non solo gli obiettivi e la natura degli outcomes generati, ma gli stessi processi che sottendono le iniziative di innovazione sociale. In tal senso, svolgono un ruolo particolarmente importante i fenomeni di contaminazione tra gli attori coinvolti, che, co-partecipando ai processi di innovazione, possono anche dar vita a nuove forme di collaborazione (Murray et al., 2010; Ramella, 2013). Questo elemento sociale, nel rimandare all’importanza dell’ibridazione e contaminazione tra i diversi contesti sociali, è coerente con i dettami dei più recenti modelli di innovazione, come il framework teorico delle eliche dell’innovazione (Etzkowitz, 2008; Leydesdorff, 2012) e l’open innovation (Chesbrough et al., 2006). Questi aspetti relazionali sono particolarmente rilevanti anche per il loro potenziale contributo al superamento sia delle tradizionali barriere all’ibridazione istituzionale sia del rischio di un’”atrofia relazionale” che è spesso alla base dell’incapacità delle soluzioni esistenti di far fronte a problemi sociali e di stimolare cambiamenti nello status quo (Maiolini, Fracassi, 2015). Coerentemente con questa spiccata dimensione relazionale, l’innovazione sociale si contraddistingue per una forte vocazione ad modelli di governance di tipo multi-stakeholder, i quali si muovono nella direzione di un approccio aperto e sistemico all’innovazione mettendo in discussione i tradizionali confini istituzionali dei diversi campi d’azione (politico, economico, culturale, ecc.). In tal senso, è possibile richiamare gli studi sulla Corporate Social Responsibility (CSR) che enfatizzano gli elementi di contaminazione e ibridazione e l’importanza di adottare una prospettiva di ecosistema. Tali fattori, infatti, ben si conciliano con “lo scopo principale dell’imprenditorialità sociale, che corrisponde alla massimizzazione del valore creato per la società piuttosto che all’appropriazione dello stesso da parte dell’organizzazione” (Cannatelli et al., 2014 - p. 34).
L’approfondimento delle tematiche riguardanti la CSR può fornire anche un supporto allo sviluppo di processi di diffusione e condivisione del valore tra gli attori di un determinato ecosistema. Ciò è reso possibile dallo spostamento del focus da un eccessivo appiattimento sulla dimensione individuale delle singole azioni imprenditoriali di carattere sociale ad una maggiore considerazione del ruolo ricoperto dalle relazioni instaurate con la pluralità di stakeholder presente nell’ecosistema di riferimento (Dacin et al., 2011). Il valore che deriva dalle nuove soluzioni a vocazione sociale può dunque assumere una connotazione generativa e partecipata, caratterizzandosi come un vero e proprio shared value (Rago, Venturi, 2014). Per le imprese, infatti, è sempre più importante definire azioni, pratiche e orientamenti strategici in grado di integrare la propria crescita competitiva con il miglioramento delle condizioni sociali ed economiche della comunità di riferimento. L’adozione di una logica di creazione di shared value consente infatti di identificare e rafforzare le interconnessioni sviluppabili tra benessere sociale e dinamiche competitive e imprenditoriali (Porter, Kramer, 2011). Tali considerazioni hanno inoltre un risvolto significativo in termini di policy pubbliche: queste ultime, infatti, dovrebbero essere finalizzate ad agevolare l’attivazione di collaborazioni inter-istituzionali e nuove forme di intervento privato maggiormente impattanti, oltre a supportare la definizione del contesto ideale per l’identificazione e la legittimazione di iniziative di social entrepreneurship.
Sempre dal punto di vista delle implicazioni di policy, il modello proposto può essere innanzitutto interpretato come un possibile framework di riferimento per l’implementazione, lo sviluppo e la valutazione di specifiche iniziative di innovazione sociale guidate dagli attori pubblici. La declinazione operativa delle diverse dimensioni, infatti, può offrire una serie di principi utili nel design delle politiche di innovazione sociale, ed una serie di indicatori attraverso cui è possibile valutarne (anche in modo comparato) l’effetto. La forte dimensione sociale evidenziata dal modello, inoltre, sottolinea l’importanza di una corretta inclusione prima, e gestione poi, delle relazioni con i diversi stakeholder presenti nell’ecosistema di riferimento. In tal senso, sembrano emergere due importanti leve da presidiare per aumentare l’efficacia delle politiche di innovazione sociale: in primis un attento coinvolgimento delle keystone organizations, che possono essere critici fattori moltiplicatori dell’impatto generabile dall’ibridazione tra le diverse competenze ed expertise degli stakeholder coinvolti (Sgaragli, Montanari, 2016); inoltre un efficace presidio dei cosiddetti luoghi di innovazione, i quali possono risultare snodi critici nella gestione delle dinamiche relazionali tipiche dei network multi-stakeholder, facilitando quindi le dinamiche di cross-fertilization e i potenziali effetti di spill-over.
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