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ISSN 2282-1694
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Numero 12 / 2018

Saggi

Le forme di partenariato pubblico-privato come strumento di innovazione per lo sviluppo delle imprese e dei servizi sociali

Silvia Pellizzari

Abstract

Il saggio intende analizzare lo sviluppo dell’impresa sociale in Italia nell’ambito delle forme di partenariato pubblico-privato (PPPs). Si utilizzerà una prospettiva giuridica che terrà conto dell’integrazione normativa tra diritto nazionale e diritto dell’Unione europea. Sul piano terminologico, il concetto di partenariato presenta una duplice accezione. In primo luogo, esso coincide con un insieme di strumenti a geometria variabile che rinviano ad uno schema unitario definito dalle disposizioni contenute nel Codice dei contratti pubblici in attuazione di quanto previsto a livello europeo. In questo senso i PPPs hanno ad oggetto una o più prestazioni (es. progettazione, costruzione o gestione di un’opera pubblica o la fornitura di un servizio) che comprendono, in ogni caso, il finanziamento totale o parziale a carico dei privati. All’interno di questo quadro generale, si è soliti distinguere i PPPs contrattuali (es. la concessione di lavori o servizi) da quelli istituzionalizzati (es. le società miste). Il termine partenariato è utilizzato anche in un secondo significato. Esso richiama forme di collaborazione più flessibili (ma spesso anche meno stabili) che seguono modelli contrattuali, convenzionali e organizzativi atipici. In questa logica, è talvolta utilizzato anche a livello europeo per definire, per esempio, alcuni dei criteri di operatività del Fondo Sociale Europeo per sostenere l’occupazione e l’inclusione sociale.

L’obiettivo del paper è analizzare due tra le diverse modalità di interazione tra pubbliche amministrazioni e privato sociale per l’organizzazione e la gestione dei servizi sociali: il partenariato per l’innovazione e gli accordi pre-commerciali. Si tratta di istituti che valorizzano una dinamica potenzialmente molto sinergica tra sfera pubblica e sfera privata in vista del raggiungimento di risultati condivisi e innovativi. Il loro ruolo nel settore dei servizi sociali può divenire strategico, considerato che le recenti proposte di riforma e modernizzazione degli appalti pubblici e dei contratti di concessione pubblicate dalla Commissione europea nel dicembre 2011 - e approvate dal Parlamento europeo il 15 gennaio scorso - modificano il quadro giuridico di riferimento per l’organizzazione e l’affidamento dei servizi sociali, riconoscendo una maggior discrezionalità in capo agli Stati membri e alle amministrazioni nazionali.


This paper aims to analyze the development of social enterprise in Italy in relation to the partnerships between public and private sectors (PPPs). A legal perspective is used in order to consider the integration between the national law and the European Union law.

The concept of “partnership” has a double meaning. First of all, a set of various tools can be considered, all of them coming from the general framework defined by the dispositions on public contracts, as provided at European and national level. In this case the PPPs pertain various performances (e.g. the planning, construction and management of a public works or the provision of services) which always suggest a total or partial private forms of financing; in this framework we differentiate contractual PPPs (e.g. concessions of services) and institutional PPPs (e.g. where public and private partners share the ownership of a firm). The concept of partnership has also a second meaning, concerning more flexible forms of collaborations - even if less stable – which follow atypical contractual, conventional and organizational models. According to this interpretation, PPPs are used by the European Union to define some of the operative criteria set for the implementation of the European Social Fund for employment and social inclusion.

The aim of this paper is to analyze two different models of partnership between public administrations and the third sector in relation to the organization and management of social services: i) the innovation partnerships and ii) the pre-commercial agreements. They imply a potentially strong connection between public and private sector, towards the achievement of shared and innovative results. This partnership can be strategic, if considering the most recent attempts to reform the EU rules on public procurement –published by the European Commission in December 2011 and recently approved by the European Parliament (January 2014) - which modify the legal framework for public procurements in the sector of social services, giving more discretion to the member States and national administrations.


Introduzione: politiche di innovazione, ruolo delle amministrazioni e procedure ad evidenza pubblica nel contesto dell’Unione europea

L’evoluzione della disciplina dell’Unione europea in materia di contratti pubblici - di cui le direttive n. 23, 24 e 25 del 2014 costituiscono l’ultima tappa significativa[1] - ha espresso progressivamente molteplici interessi a rilevanza pubblicistica funzionali all’adeguamento dell’attività contrattuale dell’amministrazione alle dinamiche sociali ed economiche in cui questa si inserisce. Accanto ai principi di efficienza ed economicità nell’uso delle risorse pubbliche, l’integrazione tra diritto nazionale e diritto dell’Unione europea ha promosso l’affermazione, nelle procedure ad evidenza pubblica, della necessaria concorrenzialità e parità di trattamento tra gli aspiranti aggiudicatari. In altre parole, le scelte amministrative sono divenute un elemento determinate per l’identificazione di un potenziale mercato in cui va garantita la libertà delle imprese di svolgere la propria attività secondo regole chiare, comuni e non discriminatorie.

Negli anni più recenti, il processo di individuazione, definizione e adattamento dei valori sottesi alle procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici si è intensificato: per un verso, sono intervenute valutazioni dirette a garantire interessi di natura ambientale e sociale; dall’altro il ricorso al mercato per esternalizzare parte delle funzioni pubbliche è stato via via interpretato come un fattore decisivo per stimolare l’innovazione[2] in particolari settori e realtà economico-imprenditoriali, tale da giustificare, quindi, un uso strategico delle commesse pubbliche.

Considerato che gli interessi espressi dalle norme attributive dei poteri pubblici ne dirigono la traduzione in concreto e costituiscono il parametro per il loro eventuale sindacato ex post, i valori sociali e la ricerca di soluzioni innovative completano oggi la cornice entro cui collocare le iniziative di collaborazione giuridico-istituzionale tra amministrazioni e imprese sociali. Il legame fra obiettivi sociali e istanze di innovazione, infatti, è accentuato in vista della realizzazione di un’economia sociale di mercato che deve mirare alla piena occupazione e al progresso sociale, come previsto dall’art. 3 paragrafo 2 del Trattato sull’Unione europea[3]. Del resto, proprio il tema dell’innovazione[4] ha assunto un ruolo fondamentale nelle politiche europee della strategia Europa 2020 per una crescita intelligente sostenibile ed inclusiva e ha ispirato alcuni istituti giuridici, che rinviano al più generale schema del partenariato pubblico-privato (PPPs) nell’ottica di una maggior sinergia tra soggetti pubblici e privati.

Due gli istituti che appaiono particolarmente significativi e che saranno oggetto di analisi nei prossimi paragrafi: da un lato gli appalti pre-commerciali oggetto della Comunicazione della Commissione UE del 14 dicembre 2007 (Commissione Europea, COM(2007) 799 def.) per la promozione dell’innovazione e la garanzia di servizi pubblici sostenibili e di elevata qualità; dall’altro i partenariati per l’innovazione introdotti dalla recente Direttiva 2014/24/UE che ha modificato le precedenti disposizioni sovranazionali in materia di appalti pubblici.

Fornire una definizione esaustiva dei fenomeni di partenariato pubblico-privato è pressoché impossibile. Si tratta infatti di un modello astratto che si manifesta attraverso differenti forme e istituti giuridici caratterizzati da alcune caratteristiche comuni. Dal punto di vista funzionale, si può dire che lo schema originario del PPP rinvia ad una modalità di realizzazione o gestione di un’opera pubblica o di un servizio pubblico di cui l’organizzazione amministrativa è responsabile. In questo senso esso si collega, storicamente, all’affermazione dei principi del new public management e al ricorso a pratiche di privatizzazione ed esternalizzazione delle funzioni pubbliche dirette a garantire l’efficienza ed efficacia della spesa pubblica. Dal punto di vista giuridico, la struttura di riferimento è quella del contratto - o comunque della convenzione di durata - tra una parte pubblica e una parte privata a cui sono riferibili differenti funzioni: il soggetto pubblico è chiamato a regolare, organizzare e controllare l’attività oggetto dell’accordo la cui esecuzione e gestione spettano all’operatore economico privato. Ciò determina, da un lato, che la causa del contratto può richiamare un paradigma sinallagmatico puro (PPP contrattuali) o istituzionale/societario (PPP istituzionali), dall’altro che il contesto in cui manifestano questi accordi è il mercato. Non stupisce quindi l’importanza che tali fenomeni hanno assunto anche nell’ambito dell’ordinamento dell’Unione europea che vi ha dedicato un apposito libro verde già nel 2004. L’obiettivo era la verifica della compatibilità di queste pratiche convenzionali con i principi fondamentali del mercato interno e, in particolare, con le norme del Trattato e del diritto derivato poste a garanzia delle libertà di circolazione e della tutela della concorrenza. In questo senso si afferma la sottoposizione dei partenariati alla disciplina sovranazionale per le procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici e, più in generale, al rispetto dei principi di trasparenza, non discriminazione e proporzionalità. Sul tema la letteratura giuridica è molto vasta: (Bottino et al., 2013; Mastragostino, 2011; Chiti, 2009).

Forme di intervento pubblico, imprese sociali e contesti collaborativi

Già nel 2005 la Commissione europea (COM (2005) 569 def.) aveva sottolineato l’importanza degli strumenti di partenariato pubblico-privato e il potenziale progettuale ad essi sotteso. Ciò ha agevolato la diffusione del modello convenzionale in differenti settori dell’attività amministrativa, tanto a livello nazionale, quanto europeo, come nel caso dei meccanismi per l’attuazione del Fondo Sociale Europeo per il sostegno dell’occupazione e dell’inclusione sociale[5].

Le premesse politiche contenute, da ultimo, negli obiettivi della strategia Europa 2020 sulla sinergia tra innovazione e interessi sociali hanno richiesto una riflessione puntuale in tema di social innovation (Borzaga, 2013; Busacca, 2013) e avviato un processo di ripensamento dei rapporti tra sfera pubblica e sfera privata, affiancando alle misure di sostegno finanziario ed economico diretto un uso strategico degli strumenti contrattuali.

Sull’innovazione sociale e la promozione dell’imprenditorialità sociale, la Commissione europea - e in particolare la Direzione generale Impresa ed industria - ha avviato già nel 2011 una politica che prevede diverse misure per la promozione di nuovi prodotti e servizi che rispondano più adeguatamente ai bisogni sociali e creino un miglioramento qualitativo e quantitativo nelle relazioni sociali. In questo senso, l’innovazione sociale non deve riguardare solo le finalità e gli obiettivi, ma anche i mezzi e gli strumenti giuridici cui ricorrere per la loro attuazione. Il programma comprende molti interventi di sostegno diretto, tra cui l’Employment and Social Innovation Programme e la Social Business Initiative. Si prevedono fondi ad hoc - come nel caso degli European Social Enterpreneurship Funds (EuSEFs) - o l’adeguamento alle nuove esigenze dei fondi strutturali esistenti[6]. Tuttavia, l’intervento pubblico europeo intende stimolare soluzioni innovative da parte delle imprese intervenendo sulla domanda di servizi e beni che le amministrazioni manifestano ogniqualvolta decidano di procedere alla conclusione di un contratto pubblico di appalto o di concessione[7].

Dell’importanza dell’innovazione nell’ambito degli affidamenti dei servizi sociali si era, del resto, avveduto anche il legislatore italiano che già nella Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali (Legge 328/2000) assegnava alle Regioni proprio la funzione di promozione della sperimentazione di modelli innovativi di servizi in grado di coordinare le risorse umane e finanziarie presenti a livello locale e di collegarsi altresì alle esperienze effettuate a livello europeo (art. 8 co. 3 lett. d). Tale prospettiva era stata accolta e sviluppata a livello regionale, seppure con esiti non sempre stabili e omogenei.

In quest’ottica proprio le recenti direttive in materia di contratti pubblici contribuiscono a creare un contesto piuttosto favorevole sia con riferimento al valore assegnato all’innovazione sociale, sia riguardo al ruolo strategico riconosciuto all’impresa sociale anche in vista di una maggior collaborazione tra settore pubblico e privato.

Per un verso, infatti, nel Considerando 47 della Direttiva 2014/24/UE si afferma che “la ricerca e l’innovazione, comprese l’eco-innovazione e l’innovazione sociale, sono uno dei principali motori della crescita futura”. Le autorità pubbliche sono quindi chiamate ad “utilizzare gli appalti pubblici strategicamente nel miglior modo possibile per stimolare l’innovazione. L’acquisto di prodotti, lavori e servizi innovativi svolge un ruolo fondamentale per migliorare l’efficienza e la qualità dei servizi pubblici e nello stesso tempo per affrontare le principali sfide a valenza sociale”.

Per altro verso, si sottolinea l’ampliamento, rispetto al passato, delle ipotesi in cui è consentito riservare le procedure di appalto a particolari tipologie di impresa in virtù delle finalità sociali da queste perseguite e dei loro caratteri strutturali e organizzativi. Così l’art. 20 della Direttiva 2014/24/UE[8] consente oggi di riservare il diritto di partecipare alle procedure di appalto - o l’esecuzione di un appalto nel contesto di programmi di lavoro protetti - a laboratori protetti o ad operatori economici il cui scopo principale sia l’integrazione sociale e professionale delle persone con disabilità o svantaggiate, a patto che questi impieghino almeno il 30% di lavoratori con disabilità o in situazione di svantaggio. Circa l’ambito soggettivo di applicazione della disposizione, la parte motivazionale della direttiva è ancora più esplicita, definendo i soggetti destinatari della riserva come imprese sociali (Considerando 36 della Direttiva 2014/24/UE). Ancora, nell’ambito della categoria generale dei servizi sociali, l’art. 77 della direttiva n. 24 individua alcuni particolari servizi sanitari, sociali e culturali[9] per i quali è consentito riservare le procedure di aggiudicazione ad organizzazioni che perseguano una missione di servizio pubblico legata alla prestazione oggetto di gara, reinvestano i propri profitti in vista del conseguimento dell’obiettivo dell’organizzazione (o li distribuiscano sulla base di condizioni partecipative) e presentino una struttura di gestione (management) o di proprietà (ownership) fondata sul principio di partecipazione dei dipendenti, degli utenti o dei soggetti interessati.

Le potenzialità di queste norme per lo sviluppo dell’impresa sociale sono di tutta evidenza. Si consideri, inoltre, che la limitata dimensione transfrontaliera di molti servizi sociali ha indotto il legislatore comunitario a riconoscere una maggior discrezionalità in capo agli Stati membri per l’attuazione della disciplina sovranazionale, il che può senz’altro costituire un presupposto ideale per la sperimentazione di forme di partenariato dirette all’individuazione e alla progettazione di servizi e beni a carattere innovativo rispetto ai bisogni espressi dai contesti sociali ed economici locali.

Gli strumenti: struttura e disciplina dell’appalto pre-commerciale (PCP)

Tra gli istituti giuridici individuati a livello sovranazionale per rispondere alle nuove esigenze in materia di innovazione, efficienza e qualità dei servizi pubblici si colloca l’appalto pre-commerciale[10], introdotto dalla Comunicazione della Commissione del 14 dicembre 2007 (Commissione Europea, COM(2007) 799 def.). Analogamente a quanto avviene nello schema più generale di partenariato pubblico-privato questo modello procedimentale e contrattuale rinvia essenzialmente ad una forma di finanziamento di particolari attività di impresa, con conseguente regolazione dell’allocazione dei rischi e dei benefici tra amministrazione e operatori economici. Tuttavia, la particolarità e complessità giuridica della figura sta nella modalità di selezione dei contraenti e nella regolazione dei loro rapporti con l’amministrazione procedente.

In linea generale, si tratta di un istituto previsto da un atto di soft law dell’Unione europea che intende disciplinare un’area del diritto apparentemente esclusa dall’applicazione delle direttive di armonizzazione in materia di contratti pubblici, con particolare riferimento ad una specifica tipologia di servizi, vale a dire quelli di ricerca e sviluppo (R&S) che anticipano la fase di commercializzazione dei prodotti.

Già l’art. 16 lett. f) della Direttiva 2004/18/CE prevedeva che le disposizioni comuni in materia di appalti pubblici si applicassero ai servizi di ricerca e sviluppo nel caso in cui i risultati dell’attività appartenessero esclusivamente all’amministrazione aggiudicatrice per utilizzarli nell’esercizio della propria attività. Per questo, la prestazione del servizio doveva essere interamente retribuita dall’amministrazione procedente[11]. La direttiva n. 24 del 2014 - che, come visto, ha abrogato la precedente direttiva n. 18 del 2004 - conferma questa impostazione all’art. 14.

Chiaramente le attività di ricerca e sviluppo possono riguardare diversi settori economici che, nel caso degli appalti pre-commerciali, paiono collegarsi all’organizzazione e gestione di un servizio pubblico già di competenza di una pubblica amministrazione. Si può trattare di servizi sanitari, sociali o ambientali, rispetto ai quali l’esigenza di innovazione è sempre più avvertita, come si ricava, per esempio, dalle più recenti tendenze nel campo dei servizi sociali di istruzione che necessitano di strumenti e supporti per l’e-learning oggi molto sofisticati. L’appalto pre-commerciale copre un primo bisogno di innovazione diretto ad accrescere e divulgare la conoscenza e la progettualità di soluzioni innovative su problemi specifici - individuati dall’amministrazione - attraverso l’elaborazione di prototipi sperimentali da cui poter ricavare - eventualmente e in un secondo momento - prodotti o servizi commercializzabili. L’iniziativa della Commissione del 2007 intende, da un lato, proporre delle linee di indirizzo agli Stati membri, che sono chiamati a declinare nei loro ordinamenti i principi del mercato unico e, dall’altro, consentire di valutare, con maggior certezza, la compatibilità dell’intervento pubblico rispetto alla disciplina sugli aiuti di Stato.

Date queste premesse, la logica sottesa agli appalti pre-commerciali è, dunque, piuttosto peculiare. In virtù di quanto previsto dalla Comunicazione, essi si basano, infatti, su quattro caratteristiche fondamentali:

  • la condivisione dei rischi e dei benefici tra il soggetto pubblico e quello privato alle condizioni del mercato;
  • il rispetto di un modello procedimentale competitivo e concorrenziale strutturato in più fasi;
  • la separazione tra l’attività di ricerca e sviluppo e la successiva commercializzazione dei prodotti o dei servizi finali;
  • la presunta compatibilità dell’operazione con la disciplina degli aiuti di Stato.

Sul piano procedimentale, ci si trova di fronte a uno schema atipico - che ricorda parzialmente le procedure negoziate - in cui, dopo una fase preliminare di individuazione da parte dell’amministrazione dei problemi connessi ai servizi di cui è responsabile e delle carenze in termini di innovazione e di mercato, si avvia una selezione tra operatori economici articolata in fasi, all’esito delle quali si pongono differenti momenti valutativi da parte dell’autorità, che potrebbe decidere di concludere la gara anche anticipatamente.

Rinviando al paragrafo successivo l’approfondimento di alcuni dei profili problematici più rilevanti dell’istituto, la fase di selezione del contraente presenta una struttura per stadi progressivi. La Comunicazione della Commissione parla in questo senso di “sviluppo competitivo in fasi” che dovrebbero consentire un confronto concorrenziale tra imprese (sebbene in numero via via decrescente) a partire dalla elaborazione degli studi di fattibilità (fase 1), alla messa a punto dei prototipi (fase 2), allo sviluppo iniziale di una quantità limitata di prodotti (fase 3). L’auspicio sarebbe quello di mantenere almeno due imprese partecipanti fino alla fase finale (fase 3) per garantire le migliori condizioni di concorrenza sul futuro mercato. Nel caso in cui sia stata sviluppata una soluzione innovativa suscettibile di sfruttamento commerciale - mediante brevetti o tutela negoziale - l’amministrazione provvederà a concludere con l’impresa un contratto di gestione dei diritti di proprietà intellettuale, sulla base delle condizioni previste già nell’avviso di gara. L’avviso deve indicare l’importo complessivo impegnato dalla stazione appaltante per l’intera procedura e i singoli importi che si intendono corrispondere alle imprese risultate aggiudicatarie delle diverse fasi. In particolare, per la fase caratterizzata dallo sviluppo dei prototipi e della sperimentazione finale, occorre prevedere un prezzo a base d’asta rispetto al quale valutare le offerte secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Caratteri peculiari del modello: un’analisi critica

La struttura e la disciplina dell’appalto pre-commerciale ne sottolineano la forte complessità sul piano giuridico.

In primo luogo, occorre inquadrare la portata del documento pubblicato dalla Commissione rispetto al diritto nazionale. Come anticipato, l’intento dichiarato dalla Comunicazione del 2007 è quello di individuare uno schema procedimentale e contrattuale particolare, cui gli Stati membri possono fare riferimento per commissionare attività di ricerca sviluppo rispetto alle quali ritengono non conveniente riservare a se stesse un diritto di esclusiva sui risultati raggiunti. Affinché l’istituto diventi pienamente vincolante a livello nazionale e locale occorrerebbe, quindi, un esplicito riconoscimento legislativo il quale, tuttavia, non avrebbe al momento carattere obbligatorio. In ogni caso, la declinazione normativa dell’istituto determinerebbe alcuni profili di incertezza, dovuti, inevitabilmente, ai criteri di riparto delle competenze legislative stabiliti dalla Carta costituzionale. Non può escludersi, infatti, il rischio di contrasti interpretativi circa la riconducibilità dell’istituto alla materia della tutela della concorrenza - di competenza esclusiva statale - o alla ricerca scientifica e tecnologica e al sostegno all’innovazione per i settori produttivi rientranti nelle ipotesi di competenza concorrente tra lo Stato e le Regioni. Tuttavia, indipendentemente da un recepimento puntuale, le singole amministrazioni potrebbero pur sempre richiamare direttamente negli atti di gara quanto previsto dalla Comunicazione della Commissione, agevolate dalla presunzione di compatibilità dell’operazione con la disciplina sugli aiuti di Stato.

In secondo luogo, sono necessarie alcune considerazioni in merito all’ambito di applicazione dell’istituto. Come anticipato, l’appalto pre-commerciale si applica allo specifico mercato dei servizi di ricerca e sviluppo. Considerata la natura di questi ultimi, si potrebbero porre una questione già emersa con riferimento ai contratti analoghi oggetto della disciplina armonizzata che riguarda, in particolare, la natura degli operatori economici destinatari della procedura. Come è noto, infatti, la giurisprudenza comunitaria accoglie una nozione piuttosto ampia del concetto di operatore economico, riconoscendo di fatto tale qualificazione a ogni soggetto che offra servizi sul mercato a prescindere dalla forma giuridica e indipendentemente dal perseguimento o meno dello scopo di lucro. In questo senso, operatore economico potrebbe essere anche un’Università (o forse, più correttamente, l’articolazione interna che si occupa delle attività di trasferimento tecnologico) o un istituto di ricerca stante il vantaggio economico che questi organismi potrebbero trarre dallo sfruttamento nel mercato dei risultati dell’attività svolta[12].

In terzo luogo, può apparire problematico definire cosa debba intendersi per condivisione dei rischi e dei benefici alle condizioni del mercato tra l’acquirente pubblico e gli operatori economici coinvolti. Si tratta, infatti, di un’espressione complessa che si compone, a propria volta, di una serie di concetti giuridici indeterminati i quali impongono all’amministrazione di svolgere una puntuale attività giuridico-valutativa fin dalla stesura dell’avviso di gara.

In relazione a questo aspetto, il documento della Commissione è piuttosto laconico, limitandosi a specificare cosa senz’altro non rientra in una logica di risk-benefit sharing, ovvero la riserva in via esclusiva all’amministrazione dei risultati dell’attività di ricerca e sviluppo. Tuttavia, non vengono affrontate in maniera puntuale le tipologie dei rischi e dei benefici rilevanti, né si forniscono indicazioni utili ai fini della loro previsione negli atti generali della procedura e, poi, nelle condizioni contrattuali. Alcune opportune indicazioni si possono trarre dal documento operativo che accompagna la Comunicazione (Commissione Europea, SEC(2007) 1668) e che ne completa i contenuti sul piano applicativo e interpretativo. I rischi e i benefici condivisi riguardano in parte la fase di ricerca e sviluppo oggetto del contratto e in parte la successiva attività di commercializzazione che ne è, invece, esclusa. Si tratta di rischi e benefici essenzialmente di natura finanziaria legati, per lo più, alla regolazione dei diritti di proprietà intellettuale sui risultati dell’attività commissionata.

In entrambi i casi, la pubblica amministrazione è chiamata a compiere una attività di valutazione ex ante - al fine di evitare successive rinegoziazioni - e di inserire nell’avviso di gara le condizioni contrattuali, i diritti e gli obblighi delle parti in vista della commercializzazione e l’indicazione di uno spettro di prezzi e di criteri minimi di qualità rispetto ai quali le imprese saranno invitate a proporre un’offerta. Quest’ultima dovrà indicare un prezzo fisso in modo tale che l’amministrazione sia chiamata a coprire solo i costi preventivamente pianificati e non le variazioni impreviste. Circa la fase di commercializzazione dei risultati, esclusa la possibilità per l’amministrazione acquirente di riservarsi in via esclusiva i diritti di proprietà intellettuale, si consente all’impresa di sfruttare gli esiti della propria attività. Quest’ultima sarà responsabile anche di quanto necessario per la protezione e la tutela dei diritti acquisiti. Tuttavia, la pubblica amministrazione potrà riservarsi una licenza per l’uso gratuito delle nuove soluzioni e tecnologie, imponendo altresì alcune limitazioni all’autonomia privata. In questo senso, si può prevedere la necessità che l’amministrazione autorizzi la concessione delle licenze d’uso o il trasferimento dei diritti di proprietà a terzi e che possa acquisirne coattivamente la proprietà, nel caso in cui l’impresa non riesca a sfruttarli pienamente.

Un ulteriore beneficio per le autorità pubbliche potrebbe essere garantito dalla possibilità di condividere - a determinate condizioni - i risultati delle attività di ricerca e sviluppo con altre amministrazioni e imprese attraverso la pubblicazione dei risultati e la loro eventuale standardizzazione.

Come anticipato, la condivisione dei rischi e dei benefici dovrà avvenire alle condizioni di mercato. Tale precisazione è fondamentale per inquadrare il tema della compatibilità dell’istituto con la disciplina degli aiuti di stato[13]. Sul piano sostanziale il documento della Commissione avverte che il prezzo corrisposto all’amministrazione acquirente deve essere inferiore a quello che sarebbe dovuto in caso di acquisizione dei diritti di sfruttamento esclusivo dei risultati sviluppati. La riduzione del prezzo dovrebbe conseguire ad una valutazione complessiva dei benefici e dei rischi assunti dall’impresa. Sul piano formale, la distribuzione dei diritti e degli obblighi tra le parti e la loro regolazione deve essere determinata fin dall’avviso di gara attraverso una valutazione prognostica dei benefici economico-finanziari derivanti dallo sfruttamento dei diritti di proprietà intellettuale, una volta individuato il futuro mercato potenziale e i possibili concorrenti.

Nonostante l’elevata competitività della procedura, non passa, infine, inosservato l’ampia discrezionalità che tale regolamentazione assegna alle amministrazioni procedenti, tanto nella fase che precede l’avviso di gara, quanto in quello della valutazione dei singoli stadi in cui essa si articola. Diventa, quindi, fondamentale regolare l’attività di confronto con il mondo imprenditoriale, gli utenti e i soggetti interessati, decisiva per l’individuazione dei problemi, dei bisogni sociali e delle esigenze in termini di innovazione.

Struttura e disciplina del partenariato per l’innovazione

L’istituto del partenariato per l’innovazione è stato introdotto dall’art. 31 della Direttiva 2014/24/UE la quale dovrà essere recepita negli ordinamenti nazionali entro aprile 2016.

Il Considerando 49 precisa che questa specifica procedura di appalto risponde ad esigenze che non possono essere soddisfatte ricorrendo a soluzioni già disponibili sul mercato, ed è in particolare diretta a “sviluppare prodotti, servizi e lavori innovativi” e ad “acquistare successivamente le forniture, i servizi o i lavori che ne risultano”[14]. Già da queste poche righe si avverte, quindi, una distinzione tra il partenariato per l’innovazione e l’appalto pre-commerciale. Mentre quest’ultimo organizza l’attività di ricerca e conoscenza per individuare possibili soluzioni rispetto a problemi complessi attraverso l’eventuale elaborazione, in via sperimentale, di prototipi, il primo ha un ambito di applicazione più definito e si ispira ad un’idea di innovazione maggiormente ancorata ai beni e servizi che hanno una prospettiva più solida in termini di futura commercializzazione.

Inoltre, la procedura riguarda tanto lo sviluppo quanto il successivo acquisto dei prodotti, dei servizi e dei lavori innovativi da parte dell’amministrazione. A questo riguardo l’art. 2, paragrafo 1, lett. 22) della direttiva fornisce una definizione piuttosto ampia di innovazione che viene considerata come “attuazione di un prodotto, servizio o processo nuovo o significativamente migliorato” allo scopo di contribuire ad affrontare le sfide sociali secondo gli obiettivi della strategia Europa 2020.

Le regole di procedura dei partenariati per l’innovazione richiamano quelle previste per la procedura competitiva con negoziazione (art. 29), in virtù delle quali qualsiasi operatore economico può presentare una domanda di partecipazione in risposta ad un bando in cui l’amministrazione identifica l’esigenza di prodotti, servizi o lavori innovativi che non può essere soddisfatta ricorrendo a quanto è disponibile sul mercato e indica, parimenti, i requisiti minimi che tutti i potenziali concorrenti sono tenuti a assolvere[15].

In parziale difformità a quanto previsto nello schema dell’appalto pre-commerciale il partenariato per l’innovazione può essere instaurato con un solo partner o con più operatori economici che condurranno separatamente le proprie attività di ricerca e sviluppo. In questo caso, le amministrazioni sono tenute a garantire la parità di trattamento tra gli offerenti, a non dare in maniera discriminatoria informazioni che possono avvantaggiare determinati partecipanti rispetto ad altri e a non rivelare informazioni riservate fornite da un concorrente senza il suo consenso. Ricevute le domande di partecipazione e valutate le informazioni presentate, l’amministrazione invita a partecipare gli operatori che può selezionare anche sulla base delle loro particolari qualifiche (art. 65).

Il partenariato si struttura poi in fasi[16], che rispondono a quelle tipiche del processo di ricerca e innovazione (i.e. ideazione, implementazione e commercializzazione), accompagnate dalla fissazione di obiettivi intermedi e dalla previsione di pagamenti rateizzati per le prestazioni svolte. Le fasi consentono all’amministrazione di valutare in itinere le proposte, presentando eventuali istanze per migliorare il contenuto delle offerte[17]. In ogni caso, nel corso della procedura e in base a quanto precedentemente stabilito nei documenti di gara, l’autorità procedente può decidere di risolvere il partenariato per l’innovazione prima della sua conclusione o di ridurre il numero degli offerenti.

L’unico criterio di aggiudicazione previsto dovrebbe essere quello del miglior rapporto qualità- prezzo (art. 67) applicando, in particolare, i canoni relativi alle capacità dei candidati nel settore della ricerca e dello sviluppo e nella messa a punto di soluzioni innovative.

Infine, anche in questo caso, si specifica che, nei documenti di gara, l’amministrazione aggiudicatrice definisce il regime applicabile ai diritti di proprietà intellettuale.

Caratteri peculiari del modello: un’analisi critica

Alcuni profili critici dell’istituto del partenariato per l’innovazione sono assimilabili a quelli già evidenziati con riferimento all’appalto pre-commerciale, basti pensare al problema delle competenze, alla complessa articolazione del procedimento, alla latitudine dei poteri amministrativi connessi e all’articolata regolazione dei rapporti contrattuali tra amministrazione e operatori economici. Tuttavia, l’oggetto della procedura e la sua collocazione nell’ambito delle disposizioni armonizzate in materia di contratti pubblici contribuiscono a definire una disciplina più strutturata e all’apparenza maggiormente funzionale alle istanze di innovazione.

In primo luogo, la tipologia di partenariato si riferisce ad una domanda di innovazione più circoscritta rispetto agli appalti pre-commerciali, legata a beni, servizi o lavori di cui si prevede fin dall’inizio una possibilità più concreta in termini di realizzazione e commercializzazione sul mercato. Ciò semplifica, da un lato, l’iniziativa dell’amministrazione e la sua formalizzazione nei documenti di gara e dall’altro, la posizione delle imprese che saranno in grado di formulare le offerte sulla base di contenuti tecnico-qualitativi in parte già esplicitati nell’atto di indizione della procedura comparativa. In questo senso la dottrina straniera ha messo in luce che gli appalti pre-commerciali si rivelano spesso uno strumento fuorviante per le esigenze delle amministrazioni pubbliche; essi non andrebbero neppure qualificati tra i demand - side instruments, dal momento che le autorità si limitano a individuare un problema rispetto al quale stimolano l’attività di ricerca e sviluppo dei privati che dovrebbe auspicabilmente portare ad esiti sostenibili sul mercato[18]. Il partenariato per l’innovazione consentirebbe, invece, una maggior sinergia tra parte pubblica e parte privata, dove la prima può anche porsi come agente catalizzatore di beni innovativi o migliorativi per i soggetti interessati o gli utenti finali.

In secondo luogo, la previsione dell’istituto nell’ambito delle nuove disposizioni in materia di appalti pubblici - e quindi in un atto di hard law - non contribuisce solo a qualificare la forza normativa della previsione, ma consente altresì un’interpretazione sistematica dell’istituto alla luce di ulteriori disposizioni che contribuiscono a chiarirne meglio la portata. Si pensi, per esempio, a quanto previsto dall’art. 40 in tema di “Consultazioni preliminari di mercato” secondo cui, prima di avviare una procedura d’appalto, le amministrazioni procedenti possono consultare il mercato in modo tale da preparare la procedura e informare gli operatori delle iniziative programmate e dei requisiti richiesti. Per questo, le amministrazioni aggiudicatrici possono, inoltre, sollecitare o accettare consulenze da parte di esperti, autorità indipendenti o partecipanti al mercato da utilizzare nella pianificazione e nello svolgimento delle procedure. Esse non devono, in ogni caso, falsare la concorrenza o violare i principi di non discriminazione e di trasparenza.

Il confronto preliminare con i differenti attori del mercato - siano essi imprese, consumatori o utenti - rappresenta un elemento molto utile per definire i contenuti preliminari della procedura di partenariato, così come la motivazione che ne deve accompagnare l’avvio. Stimolare l’innovazione attraverso un dialogo stabile con gli operatori, infatti, appare a maggior ragione essenziale nel caso dei servizi sociali per l’emersione dei nuovi bisogni di inclusione sociale.

Considerazioni conclusive

Tanto l’appalto pre-commerciale, quanto il partenariato per l’innovazione rappresentano strumenti molto significativi per l’interazione tra pubbliche amministrazioni e privato sociale in vista dell’organizzazione e gestione dei servizi. In linea generale, si tratta di istituti che valorizzano una dinamica potenzialmente molto sinergica tra sfera pubblica e sfera privata che intende giungere a risultati condivisi e innovativi.

Proprio nell’ambito delle politiche europee, il legame fra obiettivi sociali e istanze di innovazione è accentuato dalla necessità di realizzare un’economia sociale di mercato per la piena occupazione e il progresso sociale di cui all’art. 3 paragrafo 2 del Trattato sull’Unione europea. In questo contesto, gli obiettivi della strategia Europa 2020 richiedono una riflessione puntuale sulla social innovation, affiancando alle misure pubbliche di sostegno finanziario diretto un uso strategico degli strumenti giuridici contrattuali. Si interviene così sulla domanda di servizi e beni che le amministrazioni esprimono quando procedono alla conclusione di un contratto pubblico di appalto o di concessione. L’innovazione sociale riguarda, quindi, non solo le finalità e gli obiettivi, ma anche i mezzi e gli strumenti giuridici cui si ricorre per attuarli. In quest’ottica, come visto, le recenti direttive in materia di contratti pubblici contribuiscono a creare un contesto favorevole all’innovazione sociale e al ruolo strategico riconosciuto all’impresa sociale per una maggior collaborazione tra settore pubblico e settore privato.

Tuttavia, l’analisi dei due istituti convenzionali ha dimostrato che le loro forti potenzialità si accompagnano spesso ad elementi di indubbia complessità che riguardano molti e differenti profili della disciplina giuridica e che rischiano, per questo, di renderne piuttosto macchinoso il loro recepimento da parte degli Stati membri[19].

A livello nazionale sarebbe, quindi, auspicabile, anche in vista del recepimento delle nuove direttive in materia di contratti pubblici, un coordinamento tra livello legislativo statale e regionale per addivenire ad una normativa uniforme delle procedure di appalto nel settore dell’innovazione. Occorre, infatti, definire precisamente gli ambiti di applicazione degli procedure, gli obiettivi ad esse sottesi e le strutture procedimentali essenziali da declinare sulla base delle differenti esigenze, tenendo conto delle peculiarità dei settori e degli operatori economici coinvolti, in termini di finalità perseguite e di caratteristiche organizzative prescelte. Ciò consentirebbe l’adattamento degli istituti ai contesti locali e, nella materia dei servizi sociali, ai caratteri peculiari delle singole prestazioni.

Circoscritti i presupposti degli istituti non sarebbe, per esempio, da escludere una loro possibile combinazione, in modo tale che all’attività di ricerca e sviluppo e alla individuazione dei possibili prototipi segua - in virtù di una diversa procedura, anche promossa da una diversa amministrazione - l’implementazione di prodotti innovativi da inserire, quindi, nel mercato.

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Note

  1. ^ Nel dicembre del 2011 la Commissione europea ha avviato il procedimento di revisione della disciplina sostanziale in materia di procedure ad evidenza pubblica per la conclusione dei contratti pubblici di appalto di lavori, servizi e forniture e di concessione di servizi. Il processo riformatore si è concluso nel febbraio 2014 con l’approvazione dei seguenti atti normativi: Direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione; Direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici nei settori ordinari che abroga la precedente Direttiva 2004/18/CE e Direttiva 2014/25/UE sul appalti pubblici nei settori speciali che abroga la precedente Direttiva 2004/17/CE.
  2. ^ Nel corso del tempo il termine innovazione ha sostituto quello di sviluppo tecnologico nell’ambito delle politiche comunitarie le quali hanno, quindi, assegnato all’espressione una portata più ampia.
  3. ^ Sulla Costituzione economia dell’Unione europea e sui valori a essa sottesi: (Röpke, 2010; Cassese, 2013; Ferrari, 2013). Sul senso dell’espressione “economia sociale di mercato” - che rinviene la sua genesi nel dibattito tedesco avviato dalla Scuola di Friburgo circa il rapporto tra ragioni economiche e Stato sociale - e sulle conseguenze prodotte nell’ordinamento interno: (Guarino, 1992; Chiti, 1993; La Spina, Majone, 2000).
  4. ^ In tema sono piuttosto interessanti alcuni contributi delle scienze economiche e politiche tra cui in particolare si segnalano (Edler, Georghiou, 2007; Rolfstam, 2008) a cui si rinvia per ulteriori riferimenti bibliografici.
  5. ^ Come è noto, il Fondo Sociale Europeo (FSE) è il principale strumento utilizzato dall’UE per sostenere l’occupazione e aiutare i cittadini a trovare posti di lavoro migliori, assicurando opportunità lavorative più eque per tutti. Tra le linee d’intervento, particolarmente interessante è il campo di attività definito Una possibilità per tutti che richiama quattro priorità: a) lotta all’emarginazione; b) promozione dell’impresa sociale; c) partenariati locali; d) lotta alle discriminazioni. Proprio i partenariati locali trovano un rafforzamento e una valorizzazione nell’ambito delle nuove regole proposte dalla Commissione a ottobre 2011 per il prossimo periodo di programmazione 2014-2020 del Fondo Sociale Europeo. Si segnala, inoltre, l’iniziativa per la redazione del Codice europeo di condotta per il partenariato dove si prevede il coinvolgimento delle amministrazioni regionali e locali, dei partner economici e sociali e delle organizzazioni che rappresentano la società civile. In questo senso lo strumento del partenariato consente il coinvolgimento di competenze più vaste, una maggiore trasparenza e una migliore efficienza del processo di elaborazione delle politiche.
  6. ^ Attraverso il Fondo Sociale Europeo e il Fondo per lo Sviluppo Regionale, si intende infatti garantire alcune priorità di investimento dedicate all’economia sociale per il periodo 2014-2020. La Commissione europea incoraggerà, inoltre, gli Stati membri e le regioni a integrare queste nuove opportunità di finanziamento nell’elaborazione dei programmi operativi e stanzierà, nell’ambito del Programma per il cambiamento sociale e l’innovazione, 92 milioni di euro per lo sviluppo di imprese sociali attraverso il richiamo all’esperienza dell’European Progress Microfinance Facility.
  7. ^ Seguendo l’impostazione già contenuta nel Single Market Act, la Commissione ha di recente proposto l’attuazione di un piano d’azione ad ampio raggio diretto a favorire l’economia sociale e le esperienze di imprenditorialità sociale. L’intento riformatore, contenuto nella Comunicazione del 25 ottobre 2011 dal titolo “Social Business Initiative. Creating a favourable climate for social enterprises, key stakeholders in the social economy and innovation”, si articola in diverse azioni che intendono, in sintesi, perseguire tre obiettivi specifici: i) facilitare l’accesso delle imprese sociali a finanziamenti che siano strutturati in modo tale da rispondere alle peculiarità del settore; ii) promuovere e valorizzare la visibilità delle imprese sociali facilitando la comprensione reciproca e lo sviluppo di competenze specifiche; iii) semplificare il contesto legislativo e regolatorio dell’Unione per consentire alle imprese sociali di operare in condizioni di parità rispetto alle altre forme di impresa intervenendo, in particolare, sulla normativa in materia di appalti pubblici, concessioni di servizi e aiuti di stato.
  8. ^ Si veda in senso analogo l’art. 23 della Direttiva 2014/23/UE per le concessione di servizi.
  9. ^ I settori sono individuati al paragrafo 1 dell’art. 77 mediante un rinvio puntuale ai codici del Vocabolario comune per gli appalti pubblici (Commissione Euorpea, Regolamento (CE) n. 213/2008).
  10. ^ L’istituto ricorda in parte i “programmi di ricerca e sviluppo pre-competitiva” avviati nell’ordinamento comunitario negli anni ‘80 del secolo scorso, i quali dovevano veicolare la definizione di soluzioni tecnologiche sperimentali anche indipendentemente dalla realizzabilità dei successivi prodotti.
  11. ^ La disposizione è stata recepita, a livello nazionale, dall’art. 19 co. 1 lett. f) del Codice degli appalti (D.lgs. 12 aprile 2006, n. 123). Tuttavia, in quanto contratti esclusi dalle norme di armonizzazione, sarebbero comunque sottoposti a quanto disposto dall’art. art. 27 del Codice con riferimento al rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità e, se compatibile con l’oggetto del contratto, all’invito a partecipare alla selezione ad almeno cinque concorrenti.
  12. ^ Nella causa C-305/08 la Corte di giustizia dell’Unione europea ha riconosciuto la qualificazione di operatore economico ad un raggruppamento di Università.
  13. ^ Sul punto si veda, in particolare, la disciplina comunitaria in materia di aiuti di stato a favore delle attività di ricerca, sviluppo e innovazione (Commissione Europea, 2006/C 323/01) e più in generale il Regolamento generale di esenzione n. 800/2008.
  14. ^ L’acquisto delle forniture, dei servizi e dei lavori è subordinato alla corrispondenza di questi ai livelli di prestazione e ai costi massimi concordati tra le amministrazioni aggiudicatrici e i partecipanti.
  15. ^ Per indire la gara può essere utilizzato anche un avviso di pre-informazione con successivo invito a confermare l’interesse a partecipare alla selezione.
  16. ^ L’amministrazione aggiudicatrice assicura che la struttura del partenariato, la durata e il valore delle singole fasi riflettano il grado di innovazione della proposta e la sequenza di attività di ricerca e di innovazione necessarie per lo sviluppo di una soluzione innovativa non ancora disponibile sul mercato. Il valore stimato delle forniture, dei servizi e dei lavori non è sproporzionato rispetto all’investimento richiesto per il loro sviluppo.
  17. ^ Le amministrazioni negoziano con gli offerenti le offerte iniziali e tutte le offerte successive da essi presentate, tranne le offerte finali. Esse, inoltre, sono tenute ad informare per iscritto tutti gli offerenti le cui offerte non sono state escluse delle eventuali modifiche alle specifiche tecniche o ad altri documenti di gara diversi da quelli che stabiliscono i requisiti minimi. A seguito di tali modifiche, le amministrazioni aggiudicatrici concedono agli offerenti un tempo sufficiente per modificare e ripresentare, ove opportuno, le offerte modificate.
  18. ^ In questo senso, l’appalto pre-commerciale non sarebbe neppure uno strumento di innovazione vera e propria (Edquist, Zabala-Iturriagagoitia, 2014).
  19. ^ A conferma di ciò basti richiamare i casi che, a livello nazionale e locale, hanno visto un’applicazione della procedura dell’appalto pre-commerciale. Sul punto si rinvia all’analisi di Nulli (Nulli, 2013). A tal proposito particolarmente interessante appare l’iniziativa del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) e del Ministero per lo Sviluppo economico (MiSE) i quali, nell’ambito del Piano di Azione e Coesione nelle 4 regioni dell’Obiettivo Convergenza (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) hanno promosso una azione di supporto all’innovazione attraverso un bando per la rilevazione del fabbisogni di innovazione dei servizi di interesse generale rivolto alle pubbliche amministrazioni regionali e locali interessate e un dialogo tecnico con il mercato. L’obiettivo è quello di adottare azioni mirate per la promozione e valorizzazione della ricerca e sviluppo attraverso la procedura degli appalti pre-commerciali (v. Decreto Direttoriale n. 437 del 13 marzo 2013).
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