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ISSN 2282-1694
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Editoriale

L’inserimento lavorativo, malgrado le politiche

Carlo Borzaga, Gianfranco Marocchi

Saggi

Quello strano istituto dell’art. 112

Luigi Gili

L’economia sociale in Italia: dimensioni ed evoluzione

Carlo Borzaga, Manlio Calzaroni, Eddi Fontanari, Massimo Lori

Il terzo settore dei servizi sociali nella crisi sanitaria

Annalisa Turchini

Coproduzione nei servizi per l'infanzia

Agostino Cortesi, Maria Sangiuliano, Nicole Traini, Massimo Zancanaro

Il contributo del terzo settore contro la dispersione scolastica

Grazia Falzarano, Melania Verde

Il ruolo delle imprese sociali nell'agricoltura sociale

Francesco Amati, Italo Santangelo

Una buona valutazione nella cooperazione allo sviluppo

Maura Viezzoli

Saggi brevi

Comunità energetiche rinnovabili

Andrea Bernardoni, Carlo Borzaga, Jacopo Sforzi

Casi studio

Rigenerazione urbana e approccio alle capacitazioni

Gaetano Giunta, Liliana Leone

Numero 2 / 2022

Saggi

Quello strano istituto dell’art. 112, agli occhi del Giudice

Luigi Gili

Premessa

In base all’art. 112 del decreto legislativo n. 50 del 2016, meglio noto come Codice dei contratti pubblici, le stazioni appaltanti possono riservare la partecipazione alle procedure di appalto ed a quelle di concessione o possono riservarne l’esecuzione ad operatori economici ed a cooperative sociali e loro consorzi, il cui scopo principale sia l’integrazione sociale e professionale delle persone con disabilità o svantaggiate o possono riservarne l’esecuzione nel contesto di programmi di lavoro protetti, quando almeno il 30 per cento dei lavoratori dei suddetti operatori economici sia composto da lavoratori con disabilità o da lavoratori svantaggiati.

Sempre l’art. 112 prevede che le persone da coinvolgere debbano essere lavoratori svantaggiati così come da norme consolidate: disabili di cui all’art. 1 della legge n. 68 del 1999 o svantaggiati ai sensi dell’art. 4 della legge n. 381 del 1991, e dunque non gli svantaggiati nella definizione più ampia, comprensiva anche del disagio occupazionale, così come previsto dal regolamento (UE) n. 651/2014 ed ulteriori disposizioni comunitarie.

Mutuando una terminologia tipica delle gare per la scelta del socio privato nelle società miste, le procedure riservate di appalti o di concessioni sono gare “a doppio oggetto” (Moro et al. 2022), in quanto chi partecipa deve prevalere sia per l’offerta prestazionale ed il prezzo offerto, sia per la qualità del progetto di inserimento lavorativo. La valutazione di questo secondo aspetto potrebbe riguardare anche persone ulteriori, disabili o svantaggiate anche non certificate, oppure persone con altre tipologie di difficoltà rispetto a quelle previste dall’art. 4 della l. n. 381/1991, qualora la stazione appaltante abbia ritenuto di valorizzare questi inserimenti ulteriori con un punteggio, all’interno di criteri premiali ed ai fini dell’aggiudicazione della gara.

L’art. 112 – attuativo delle previsioni a livello comunitario contenute negli artt. 24 della direttiva 2014/23/UE (concessioni), 20 della direttiva 2014/24/UE (appalti) e 38 della direttiva 2014/24/UE (settori speciali) –, non nasce dal nulla, ma in Italia è l’evoluzione dell’art. 52 del decreto legislativo n. 163 del 2006 (il precedente Codice dei contratti pubblici) (Balestreri, 2009) ed ancor più dell’esperienza maturata con le convenzioni ai sensi dell’art. 5 della l. n. 381/1991.

Rispetto al passato, l’istituto dell’art. 112 ha 1) una maggiore estensione e possibilità applicativa rispetto all’art. 52 d.lgs. n. 163/2006 e 2) un respiro più ampio rispetto alle convenzioni ex art. 5. Rispetto al primo punto, se le direttive del 2004 avevano permesso di passare da misure di inserimento sociale, costruite come condizioni di esecuzione, a quella di appalto riservato, pur se ancora da raffinare, le direttive del 2014 hanno portato maggior chiarezza ed un ampliamento soggettivo, che si è riversato nella normativa nazionale qui oggetto di analisi: oltre ai laboratori protetti, infatti, possono ora espressamente partecipare le imprese sociali e, come beneficiari, sono previsti non solo i disabili ma anche le persone svantaggiate (Cavallo, Parachini, 2019; Emmolo, 2015). Rispetto al secondo punto, va notato che la convenzione ai sensi dell’art. 5 l. n. 381/1991 “è applicabile alla sola fornitura di beni e servizi strumentali alla pubblica amministrazione e non anche, a contrariis, ai servizi pubblici destinati a soddisfare la collettività” (cfr. Cons. Stato, V, 16 aprile 2014 n. 1863; 11 maggio 2010 n. 2829)”, cosa che diventa invece possibile ai sensi del citato art. 112 del d.lgs. 50/2016[1].

Incidentalmente, non vi sono poi ragioni per ipotizzare che l’istituto dell’art. 112 subisca stravolgimenti peggiorativi nei prossimi mesi, in occasione delle attese modifiche al Codice dei contratti pubblici[2], tenuto anche conto delle novità e spinte in avanti che, in termini di utilizzo strategico degli appalti pubblici (Gili, 2021), sono recentemente giunte a fronte dell’art. 47 del DL 77 del 2021 (cd. decreto Semplificazioni), convertito con modificazioni nella legge n. 108 del 2021[3], e tenuto inoltre conto dell’importanza del Social Economy Action Plan adottato a dicembre 2021 dalla Commissione UE, a cui la Rivista Impresa Sociale ha dedicato particolare attenzione nel numero 1/2022.

Se queste, sommariamente, sono le coordinate e le correlazioni normative dell’istituto in esame, la domanda a cui si tenterà di fornire una risposta, con il presente contributo, è come il Giudice – con la sua necessaria formazione da giurista ed una tendenziale insofferenza verso limitazioni imposte alla partecipazione ad una competizione pubblica, mutuata in particolar modo dalla materia della concorrenza e dei contratti pubblici – veda questo strumento di politica attiva del lavoro, innestato in una commessa pubblica e che passa tramite un accordo contrattuale tra il pubblico e solo alcune tipologie di operatori privati, per così dire “geneticamente” attente al sociale.

A questa domanda si può dare una risposta abbastanza puntuale, a fronte del fatto che la giustizia amministrativa italiana, a differenza di quella civile o penale, è completamente conoscibile, almeno per gli ultimi decenni, in quanto le decisioni dei Tribunali amministrativi regionali, del Consiglio di Stato e del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, sono tutte reperibili tramite il motore di ricerca del sito istituzionale di Giustizia amministrativa[4].

Poco o nulla si è invece rinvenuto circa le sentenze del Giudice civile inerenti a contenziosi relativi all’art. 112, in una delle banche dati giuridiche a pagamento maggiormente diffuse in Italia[5]; ad esempio, in merito ad eventuali risoluzioni del contratto, inadempimenti o penali contrattuali per inosservanza agli obblighi di inserimento lavorativo.

Qui si apre un altro tema, riguardante tutti i contratti pubblici: la pubblica amministrazione ed i privati, ed a seguire la giurisprudenza amministrativa e civile – altro discorso per quella penale – di regola prestano maggiore attenzione alla fase di scelta del contraente rispetto a quella dell’esecuzione del contratto, a scapito dell’effettività dell’adempimento e della verifica circa la qualità delle prestazioni rese. Ed anche il contenzioso, di conseguenza, risente di questo minore interesse per così dire “di sistema”, in relazione a quanto accade dopo che la fase dell’aggiudicazione.

Ancor prima di esaminare la giurisprudenza, quella esistente e conoscibile, è da richiamare una recente decisione della Corte di Giustizia europea in tema di appalti riservati. Va da sé che le decisioni della Corte di Giustizia interessano in quanto l’Unione europea ha rilevanti competenze in materia di contratti pubblici e perché, a livello comunitario, esse hanno valore di fonte di diritto in relazione all’interpretazione così data alle disposizioni UE.

La decisione della Corte di giustizia UE, 6 ottobre 2021, n. C-598/19

La questione, posta all’attenzione della Corte di giustizia, riguardava la portata dell’art. 20 della direttiva appalti 2014/24, dedicato agli appalti riservati. Il dubbio interpretativo è se fosse conforme alla normativa comunitaria la limitazione di partecipazione agli appalti riservati, prevista da una stazione appaltante della comunità autonoma dei Paesi Baschi, solo a “centri speciali per l’impiego di iniziativa sociale”[6], escludendo altre realtà presenti in Spagna, quali “i centri speciali per l’impiego”, di iniziativa imprenditoriale[7]; si tratta in sostanza di due forme giuridiche che nell’ordinamento spagnolo hanno entrambe una peculiare vocazione all’inserimento lavorativo, ancorché con caratteristiche specifiche diverse. Nella sostanza, si è dibattuto se fosse possibile, per una stazione appaltante, stabilire requisiti aggiuntivi rispetto a quelli previsti dall’art. 20 della direttiva, e dunque restringere le tipologie dei soggetti che si occupano di inserimento lavorativo, titolati a partecipare alla procedura riservata.

La conclusione cui giunge alla Corte è che la direttiva non prevede propriamente un diritto di tutti i soggetti – laboratori protetti ed operatori economici, il cui scopo principale sia l’integrazione sociale e professionale delle persone con disabilità o svantaggiate – a partecipare agli appalti riservati, sicché gli Stati membri hanno un margine di manovra, potendo stabilire condizioni supplementari.

Questo sempre, ha precisato la Corte, nel rispetto delle norme fondamentali del Trattato FUE (libera circolazione delle merci, libertà di stabilimento, libera prestazione di servizi) e dei principi di parità di trattamento e di proporzionalità.

Il Giudice comunitario ha inoltre ricordato che il principio di parità di trattamento, in materia di contratti pubblici, impone che situazioni analoghe siano trattate in maniera uguale, a meno che un trattamento diverso sia obiettivamente giustificato, ed ha rimesso al Giudice interno di verificare in concreto se la riserva prevista a favore dei centri per l’impiego di iniziativa sociale abbia una giustificazione, ovvero se sia proporzionata ed ancor prima fondata la principale motivazione addotta dal Governo spagnolo, che queste tipologie di centri, a differenza di quelli imprenditoriali, siano in grado di attuare in modo più efficace l’obiettivo di inserimento sociale, in quanto, letteralmente, “massimizzano il valore sociale e non economico, dato che, in primo luogo, non hanno scopo di lucro e reinvestono tutti i loro utili nei loro obiettivi sociali, in secondo luogo, sono caratterizzati dall’adozione di principi democratici e partecipativi nella loro gestione e, in terzo luogo, in tal modo ottengono che la loro attività abbia un maggiore impatto sociale fornendo posti di lavoro di migliore qualità e migliori opportunità di integrazione e reintegrazione sociale e professione di persone disabili e svantaggiate”.

La decisione della Corte di Giustizia è di interesse in quanto afferma l’esistenza di una discrezionalità dello Stato, nel determinare le tipologie di soggetti più idonei a perseguire le finalità sociali che caratterizzano gli appalti riservati, anche in giustificata deroga del principio di parità di trattamento. Quanto affermato dal Giudice comunitario, a livello italiano, pare rafforzare la vocazione dell’art. 112 ad avere quali operatori di riferimento le imprese sociali, prestando esse attenzione non solo al lavoratore ma alla persona nel suo complesso[8].

Prendendo ora spunto dalle sentenze reperite del Giudice amministrativo, di seguito si tratteranno i seguenti argomenti, in relazione all’art. 112: i) le differenze con le convenzioni ex art. 5 l. n. 381/1991; ii) la programmazione; iii) gli spazi di applicazione dell’avvalimento e del subappalto; iv) l’applicazione ed in che termini della clausola sociale.

Le differenze con le convenzioni ex art. 5 l. n. 381/1991

Gli appalti ex art. 112 convivono con le convenzioni dell’art. 5 della l. n. 381/1991, le quali non sono venute meno con il sopraggiungere del nuovo istituto. L’incipit dello stesso art. 112 lo conferma, nel momento in cui precisa che sono fatte salve le disposizioni vigenti in materia di cooperative ed imprese sociali.

Si apre il tema di un actio finium regundorum tra i due istituti, tema che più volte ha richiamato l’attenzione della giurisprudenza.

Di riferimento è la recente sentenza del Consiglio di Stato, Sezione IV, 24 febbraio 2022, n. 1300.

La tesi del ricorrente era che l’affidamento di servizi ambientali, effettuato ai sensi dell’art. 112 del Codice dei contratti pubblici, risentisse delle stesse limitazioni delle convenzioni ai sensi dell’art. 5 l. n. 381/1991, ovvero principalmente obbligo di motivazione ed applicazione ‒ a fronte della già ricordata lettura restrittiva ‒ solo ai servizi ed alle forniture prestate direttamente a favore delle pubbliche amministrazioni, con esclusione, dunque, dei servizi pubblici et similia in quanto rivolti alla cittadinanza.

Il Consiglio di Stato, in linea con quanto deciso dal Giudice di primo grado, ha delineato le differenze dei due istituti, rimarcando che l’art. 112 non soffre limiti di importo o tipologia di prestazioni.

Non mancano, peraltro, isolate decisioni del Giudice amministrativo che risultano limitare lo spazio di azione dell’art. 112, andando ingiustificatamente a riutilizzare argomenti spesi dalla giurisprudenza per perimetrare l’ambito di applicazione delle convenzioni ai sensi dell’art. 5 l. n. 381/1991.

Tra le decisioni più recenti, in tale scia interpretativa, si segnala la sentenza del Tar Campania, Napoli, Sez. II, 7 febbraio 2022, n. 853.

La controversia era stata promossa da una società di capitali, avverso la gestione di un parcheggio pubblico oggetto di appalto riservato. Il Tar ha annullato gli atti della procedura in quanto il Comune non avrebbe curato l’aspetto della motivazione del perché procedere con l’appalto riservato.

L’osservazione al riguardo è che il Giudice ha rinvenuto un aggravio motivazionale invero non previsto dalla legge, con l’aggiunta riportata nella sentenza che l’annullamento sarebbe oltremodo giustificato in quanto si tratterebbe di servizi pubblici, e dunque con riutilizzo dei limiti di operatività applicati dalla giurisprudenza maggioritaria alle convenzioni ex art. 5.

Si segnala anche la recente sentenza del Tar Lombardia, Brescia, Sez. I, 31 marzo 2022, n. 310.

In tema di affidamento di appalto riservato relativo a servizi di gestione integrata di rifiuti urbani e di igiene ambientale, il Giudice ha rimarcato che l’art. 112 del d.lgs. n. 50/2016 non prevede alcun limite, né di valore né di oggetto, entro cui contenere la riserva di partecipazione. La limitazione prevista dalla legge n. 381/1991, sempre secondo il Tar, non è contemplata né dalla normativa comunitaria né dal Codice dei contratti pubblici, perché perseguirebbe una finalità esattamente antitetica rispetto a quella dell’art. 20 della direttiva 2014/24, in quanto avvantaggerebbe gli operatori economici diversi da quelli che tutelano le categorie di lavoratori svantaggiati.

Da richiamare ‒ pur se non direttamente inerente l’art. 112 ‒, è anche la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, 7 maggio 2021, n. 3586.

I Giudici di Palazzo Spada si sono trovati a valutare la correttezza di sentenza del Tar Lazio del 2020, che era giunta alla conclusione che vi fosse l’impossibilità delle cooperative sociali di svolgere attività di trasporto, raccolta, riciclaggio, lavorazione e trattamento dei rifiuti. Questo perché, secondo il ragionamento del Giudice di primo grado, rispetto all’ampia previsione di operatività dell’art. 1, lett. b), l. n. 381/1991, dovrebbero trovare invece applicazione le norme successive e speciali, di cui all’art. 2, lett. e) del d.lgs. n. 112/2017 (disciplina in materia di impresa sociale) ed art. 2, lett. e) d.lgs. n. 117/2017 (Codice del Terzo settore), che escludono i servizi ambientali dall’ambito di operatività degli ETS. Se così fosse – essendo le cooperative sociali di tipo B di diritto imprese sociali, e a loro volta automaticamente ETS –, l’ambito di applicazione degli appalti ex art. 112 si restringerebbe non poco, in quanto tutti i servizi e le prestazioni legati ai rifiuti urbani (e tutti i correlati servizi declinati in termini di economia circolare) ne sarebbero esclusi.

Il Consiglio di Stato, con la richiamata sentenza, ha giustamente riformato la sentenza del Tar Lazio, affermando il principio che, per le attività esercitabili dalle cooperative sociali, rimane di riferimento la l. n. 381/1991 a prescindere dalle successive previsioni normative, le quali, letteralmente, “si limitano a disciplinare le macro categorie (nelle quali sono incluse anche le cooperative sociali) relative rispettivamente alle imprese sociali e agli enti del terzo settore, definendone i relativi presupposti[9].

Tirando le fila di quanto sinora detto, si deve convenire che i contratti ex art. 112 d.lgs. n. 50/2016 e le convenzioni ai sensi dell’art. 5 della legge n. 381/1991 sono istituti distinti, similari ma non identici, avendo essi una portata applicativa differente, principalmente in base ai diversi importi di riferimento ed alle tipologie di prestazioni pubbliche che possono essere interessate dal loro utilizzo strategico.

Il quadro emerso porta ad indugiare anche sul tema sostanziale se gli appalti e le concessioni riservate possano avere un’applicazione maggiore, in termini di tipologia di prestazioni interessate.

Il dato certo è che i contratti riservati di cui all’art. 112 non hanno di per sé un limite prestazionale o merceologico, pur se è vero che nei fatti la loro maggiore applicazione è nell’ambito di servizi, principalmente di pulizia di locali interni, di carattere ambientale esterno e di manutenzione in genere del verde pubblico. Non è peraltro detto che non si possa abbinare gli appalti riservati anche ad altre tipologie di prestazioni; anzi questo sarebbe auspicabile, per fare crescere e diversificare l’esperienza che possono acquisire le persone con disabilità e svantaggiate, nell’ottica di fornire loro una capacità ed esperienza lavorativa il più possibile spendibile anche al di fuori di ambiti protetti e partendo dal presupposto, non secondario, che lo svantaggio non è tutto uguale in termini di compatibilità con le prestazioni lavorative.

L’ambito di applicazione dell’art. 112 è dunque aperto, rimesso anche alla disponibilità e capacità delle amministrazioni pubbliche di pensare e progettare un utilizzo più diffuso dell’istituto, oltre le “frontiere” (pur importanti e dignitose) delle sopra richiamate attività usuali di applicazione.

Il tema della programmazione

Un altro tema importante è quello della programmazione. Questo è un passaggio fondamentale per la conformazione dell’art. 112 come strumento di politica attiva del lavoro in quanto, prima della sua messa a terra, è necessario che la pubblica amministrazione effettui una valutazione di quali appalti e concessioni possano essere compatibili con l’inserimento di persone disabili e svantaggiate, valutazione che va svolta nell’ambito della programmazione di cui all’art. 21 del Codice dei contratti pubblici (triennale per i lavori e biennale per forniture e servizi).

L’attività di programmazione delle procedure ex art. 112 ‒ oltre alle ragioni organizzative e contabilistiche tipiche di ogni contratto pubblico ‒, deve tenere anche conto delle previsioni programmatorie di matrice socio-assistenziale, secondo una logica di raccordo prevista anche dall’art. 142, comma 5 quater del Codice dei contratti pubblici, ad avviso del quale le stazioni appalti approvano gli strumenti di programmazione degli acquisti dei servizi alla persona, nel rispetto di quanto previsto dalla legislazione statale e regionale di settore (Antonini et al., 2019).

Detta attività di programmazione va necessariamente calata in uno scenario temporale a medio termine e deve avere copertura di risorse, anche specificate in termini di quote percentuali destinate rispetto all’importo complessivo delle commesse di quel determinato ente, a fronte di decisioni condivise dall’ente medesimo. Di riferimento è l’esperienza maturata da alcuni enti locali come il Comune di Torino, con anche la previsione a monte di un regolamento specifico in tema di procedure contrattuali per l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate e disabili (Gili, Dutto, 2015).

L’Autorità Anticorruzione - ANAC, nel documento di consultazione di ottobre del 2021 relativo alle Linee guida in tema di “Indicazioni in materia di affidamenti di servizi sociali[10], pur se è da attendersi oggetto di future modifiche in diversi punti, a fronte del parere interlocutorio 3 maggio 2022 n. 802 del Consiglio di Stato[11], ha anche essa rilevato l’importanza della programmazione per quanto riguarda le procedure ai sensi dell’art. 112.

Ponendo al centro le esigenze della persona, non è inoltre da dimenticare che l’attività di programmazione delle procedure ex art. 112, oltre a rispondere alle previsioni del Codice dei contratti pubblici ed alla normativa di settore, è oggi chiamata a raccordarsi anche con le attività di interesse generale svolte dagli enti del Terzo Settore, così come fotografate da un eventuale procedimento di co-programmazione, strumento di amministrazione condivisa particolarmente importante (Fazzi, 2021; Marocchi, 2021; Bongini et al., 2021). Le Linee guida di cui al d.m. n. 72/2021 ‒ ad oggetto il rapporto tra pubbliche amministrazioni ed enti del Terzo settore, agli artt. 55-57 del d.lgs. n. 117/2017 ‒, confermano le considerazioni svolte: è previsto, al paragrafo 1, punto 2.1, che nell’ambito del procedimento di co-programmazione è da fare preliminarmente riferimento alla disciplina di settore e, al paragrafo 2, che gli enti pubblici tengono conto degli esiti delle attività di co-programmazione ai fini dell’aggiornamento degli strumenti e degli atti di programmazione e di pianificazione generali e settoriali.

In merito alla programmazione, tema già in generale poco indagato dal Giudice, si segnala la sentenza del Tar Trento, 2 marzo 2022, n. 45.

La controversia riguardava la doglianza sollevata da una società a responsabilità limitata avverso una gara di servizi di pulizie ex art. 112, riservata alle cooperative sociali e agli operatori economici aventi a prevalente oggetto sociale l’integrazione dei lavoratori svantaggiati. Quello che la ricorrente ha tra l’altro contestato è la predeterminazione a monte ‒ in base a legge provinciale e successiva delibera di Giunta provinciale ‒, della quota da aggiudicare come appalti riservati per un periodo di tre anni da parte di altra amministrazione pubblica, rimessa alle decisioni della Provincia. Il Giudice ha ritenuto la previsione programmatoria provinciale distorsiva delle regole di mercato e lesiva della discrezionalità dell’altra amministrazione pubblica, non ritenendo dirimente la già richiamata decisione della Corte di Giustizia 6 ottobre 2021 n. C 598/2019 in quanto, nel caso specifico, vi sarebbe stata un’ingiustificata e/o sproporzionata distorsione della concorrenza.

L’osservazione è che la sentenza in oggetto pare essere molto legata alle specificità del caso, non essendo in dubbio, per le ragioni di cui sopra, l’obbligatorietà e l’importanza dell’attività di programmazione delle procedure ex art. 112 ai sensi del Codice dei contratti pubblici.

Avvalimento e subappalto

Altro tema, giunto all’attenzione del Giudice, è se l’avvalimento e il subappalto siano compatibili con le logiche degli appalti riservati.

L’avvalimento, previsto dall’art. 89 del Codice dei contratti pubblici, permette all’offerente di soddisfare la richiesta del bando di gara di avere un determinato requisito di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale, avvalendosi della capacità di altri soggetti. Nel nostro caso è da chiedersi se un’impresa che abbia i requisiti soggettivi per partecipare alle procedure riservate ex art. 112, ma sprovvista di requisiti per la partecipazione ad una determinata gara riservata, possa acquisirli attraverso l’avvalimento da parte di un’impresa terza, anche se non cooperativa od impresa sociale.

Il subappalto, disciplinato dall’art. 105 del d.lgs. n 50/2016 e di ampia applicazione secondo l’orientamento comunitario, è il contratto con il quale l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto. Anche per questo istituto è da chiedersi se il subappalto debba o meno rimanere nel contesto ristretto delle imprese abilitate a partecipare alle gare riservate di nostro interesse.

Parimenti in tema di avvalimento ed art. 112, la giurisprudenza non è numerosa: di interesse la sentenza Tar Campania, Napoli, Sez. V, 3 aprile 2018, n. 2144.

Con essa il Giudice ha affermato che l’avvalimento ‒ essendo un istituto di carattere generale le cui limitazioni vanno interpretate restrittivamente ‒, si applica anche ai contratti riservati.

Tale conclusione può far sorgere qualche perplessità in quanto, così facendo, si rende meno riservata questa tipologia di contratti pubblici, con potenziali rischi di comportamenti opportunistici del soggetto che dispone tanto di un’impresa for profit quanto di un’impresa o cooperativa sociale avente ad oggetto l’inserimento lavorativo, non propriamente autonoma, che viene utilizzata come una sorta di società di scopo per il settore degli appalti riservati e che viene sostenuta, da un punto di vista tecnico organizzativo, principalmente con i requisiti prestati dall’impresa for profit. Le perplessità muovono dal presupposto che tra le finalità sottese all’art. 112, oltre all’inserimento di lavoratori disabili e svantaggiati, vi è anche quella di sostenere un certo modo di fare impresa – cooperative sociali ed imprese sociali in generale –, in linea con quanto affermato dall’art. 45 Cost. in tema di modello cooperativo, abbinato all’importanza del lavoro e agli obblighi di solidarietà sociale (artt. 1 e 2 Cost.).

Il timore del manifestarsi di tali comportamenti opportunistici non è di certo teorico, ma dall’altro l’istituto dell’avvalimento, come si è detto, è molto forte a livello comunitario. Nel contempo, è da considerare che, qualora il bando richieda all’operatore di avere maturato un fatturato di settore e svolto servizi analoghi se non specifici rispetto a quelli di inserimento lavorativo, i timori di cooperative sociali spurie potrebbero se non altro depotenziarsi. In alcuni casi, inoltre, l’avvalimento potrebbe essere anche un’opportunità per le imprese e le cooperative sociali tali a tutti gli effetti, qualora manchino loro o non siano ancora maturati requisiti tecnici difficilmente reperibili nel circuito “chiuso” delle tipologie di imprese e di soggetti che possono partecipare alle procedure ai sensi dell’art. 112.

Il tema del subappalto ed art. 112 è ancor meno trattato in giurisprudenza: vi è un accenno in diverse sentenze, tra cui la già richiamata sentenza del Consiglio di Stato, Sezione IV, 24 febbraio 2022, n. 1300.

Con la suddetta decisione, il Consiglio di Stato, partendo dal capitolato di gara che riconosceva l’operatività del subappalto, ha svolto ragionamenti muovendo da regole consolidate in materia, ovvero che il subappalto deve essere dichiarato in sede di gara, che non si può configurare un subappalto integrale perché altrimenti sarebbe una cessione del contratto vietata dalla legge, che comunque il subappaltatore deve possedere i requisiti soggettivi richiesti dal bando per le prestazioni oggetto di subappalto.

Clausola sociale

Altro tema interessante riguarda il rapporto tra gli appalti riservati e l’art. 50 del Codice dei contratti pubblici, il quale prevede che i bandi dei contratti pubblici, con particolare riguardo a quelli ad alta intensità di manodopera, devono prevedere, nel rispetto dei principi dell’Unione europea, specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato dall’operatore uscente, prevedendo l’applicazione da parte dell’aggiudicatario dei contratti collettivi di settore.

Va anche ricordato che il decreto legge n. 76 del 2020, convertito in legge n. 120 del 2020, ha previsto che la clausola sociale operi anche nelle gare sottosoglia comunitaria, sicché l’istituto ha oggi portata generale fermi i suoi necessari limiti, dato che, come più volte affermato dalla giurisprudenza, l’obbligo di mantenimento dei livelli occupazionali del precedente appalto va contemperato con la libertà d’impresa e con la facoltà in essa insita a che il vincente organizzi il servizio in modo coerente con la propria organizzazione produttiva.

Venendo al perimetro di nostro interesse, la clausola sociale trova applicazione anche in caso di appalti e concessioni riservate, anche se con alcune peculiarità.

Non si è reperita giurisprudenza al riguardo, ma si è trovata traccia di res controversa avanti l’ANAC, la quale ha adottato parere precontenzioso 15 settembre 2021, n. 633[12].

La questione riguardava la clausola di salvaguardia relativa al servizio di ristorazione scolastica, in cui il gestore uscente non era impresa o cooperativa sociale. Nella specie, il gestore uscente prospettava l’illegittimità della nuova procedura di gara per il servizio in questione, ora strutturato come concessione ai sensi dell’art. 112, in quanto i partecipanti riservati non erano in grado di osservare sia l’inserimento almeno per il 30% di disabili e di persone svantaggiate, sia di adempiere alla clausola sociale assorbendo il personale “ordinario” del gestore uscente.

L’Autorità ha risolto l’apparente dilemma conciliando i due impegni in base alla loro diversa intensità: l’impiego di personale disabile o svantaggiato, nella percentuale di legge, è doveroso perché è elemento che caratterizza la concessione ai sensi dell’art. 112, mentre l’obbligo di assorbimento dei lavoratori del precedente affidatario è subordinato alla previa valutazione di compatibilità con l’organizzazione di impresa dell’operatore economico subentrante, a cui va aggiunta la verifica di compatibilità con l’obbligo di assorbimento del personale svantaggiato.

Ne esce una clausola sociale legittimamente “indebolita”, a favore della prevalenza data all’assorbimento ed alla continuità lavorativa del personale disabile e svantaggiato.

Il ragionare sull’inserimento obbligatorio e clausola sociale fa emergere anche un dubbio sostanziale di fondo, ovvero se gli appalti riservati siano un’occasione di lavoro per molti, pur se a termine, oppure un sistema pubblico-privato che garantisce una sostanziale continuità di lavoro ad una comunità relativamente definita di persone in difficoltà, che si trovano, in un certo momento storico, come lavoratori tutelati in un appalto o concessione ai sensi dell’art. 112 e così continuano ad esserlo negli anni successivi, finché l’appalto e la concessione vengono rinnovate da parte della pubblica amministrazione.

Anche a fronte di quanto affermato dall’ANAC, in termini di rapporto tra l’obbligo di inserimento lavorativo e la clausola sociale, pare difficile che alla persona disabile e svantaggiata, se vuole, non venga garantita la continuità del lavoro con il gestore subentrante. Per il lavoratore questo dovrebbe essere un fattore positivo, specialmente se deve ancora completare il progetto di inserimento nel suo complesso.

Dall’altro, specialmente in sede di programmazione, è da considerare l’ipotesi che una gestione, ripetuta e continuata di servizi ex art. 112, tendenzialmente possa generare un impatto ad una comunità definita di persone (comunque, altrimenti in difficoltà perché impossibilitate a trovare un lavoro dignitoso). Al che, quando questo si verifica, se si vogliono fornire risposte di inclusione ulteriori, usando l’occasione dei contratti pubblici, probabilmente la strada è quella di aumentare le procedure ai sensi dell’art. 112 ed anche di implementare quanto possibile le premialità nelle gare, a favore degli operatori economici che si impegnino ad assumere persone svantaggiate, anche per ragioni ulteriori da quelle tipizzate dall’art. 4 l. n. 381/1991. Lo scenario dello Stato banditore che premi l’impresa non solo per quello che andrà a fare, ma anche per come lo farà, coinvolgendo persone in difficoltà a trovare occupazione, non è d’altronde una mera prospettiva de iure condendo, in quanto è già alla base delle convenzioni ai sensi della l. n. 381/1991, degli appalti e concessioni ex art. 112 del Codice dei contratti pubblici e, più in generale, dell’utilizzo strategico degli appalti pubblici.

Conclusioni

Vista la giurisprudenza amministrativa che si è occupata del nostro istituto, la conclusione a cui può giungersi è che il Giudice tendenzialmente “comprende” le forti finalità sociali sottese agli appalti e concessioni ai sensi dell’art. 112 d.lgs. n. 50/2016, si direbbe, di più rispetto alle valutazioni svolte negli anni passati in relazione alle convenzioni ex art. 5 della l. n. 381/1991, alla fine relegate, a fronte di una penalizzante interpretazione restrittiva, nel mondo delle prestazioni a favore delle pubbliche amministrazioni. Circostanza questa che non ha permesso, forse, una maggiore sperimentazione di detti strumenti di inserimento in settori merceologici diversi da quelli più consueti quali le pulizie e le manutenzioni del verde.

Quello che le sentenze analizzate non dicono ‒ anche perché, come si è detto, mancano decisioni del Giudice civile relative alla fase dell’esecuzione ‒ è sulla capacità effettiva di queste misure di migliorare la vita alle persone lavorativamente coinvolte, e di permettere a queste di maturare esperienze apprezzate anche nel mercato del lavoro non protetto. Ma su questo non mancano testimonianze, ben più esaurienti, ivi inclusi di cooperatori, educatori e di assistenti sociali, che confermano l’efficacia di questo strumento, che sfrutta l’occasione del contratto pubblico e che ricerca e valorizza chi fa impresa accettando la “scommessa solidaristica” dell’obbligo di inserimento lavorativo (Vaccari et al., 2021; Cavotta, Rossini, 2021; Chiaf, 2013).

DOI: 10.7425/IS.2022.02.02

Bibliografia

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Note

  1. ^ Si veda ad esempio quanto affermato da Cons. Stato, Sez. V, 7 ottobre 2016, n 4129, in https://www.giustizia-amministrativa.it/; si veda anche Cons. Stato, V, 16 aprile 2014 n. 1863; 11 maggio 2010 n. 2829.
  2. ^ Si veda il disegno di legge delega al Governo in materia di contratti pubblici, approvato definitivamente dal Senato in data 14 giugno 2022, in https://www.senato.it/home
  3. ^ L’art. 47 introduce misure di pari opportunità, generazionali e di genere nei contratti pubblici del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza - PNRR e del Piano Nazionale Complementare - PNC. Di particolare interesse il comma 5 dell’articolo in questione, nella parte in cui dispone che le stazioni appaltanti possano prevedere punteggi aggiuntivi, qualora l’offerente o il candidato si impegni ad assumere giovani con meno di trentasei anni e donne oltre alla percentuale minima necessaria ai fini della partecipazione. Le misure previste dall’art. 47, per la loro concreta attuazione, sono da leggere avvalendosi del d.P.C.M. 7 dicembre 2021, pubblicato sulla G.U.R.I. del 30 dicembre 2021, recante per l’appunto “Linee guida volte a favorire la pari opportunità di genere e generazionali, nonché l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità nei contratti pubblici finanziati con le risorse del PNRR e del PNC”.
  4. ^ https://www.giustizia-amministrativa.it/ - In base alla ricerca svolta tramite parole chiave ‒ non esiste nella banca dati in questione, una sezione dedicata alle decisioni relative all’art. 112 d.lgs. n. 50/2016 ‒, le sentenze sugli appalti e concessioni riservate, primo e secondo grado, a maggio 2022 risultano complessivamente meno di quaranta.
  5. ^ La banca dati consultata è quella di Leggi d’Italia, Wolter Kluwers, https://www.leggiditaliaprofessionale.it/
  6. ^ In base alla quattordicesima disposizione finale della legge spagnola n. 9 del 2017 sugli appalti pubblici, i centri per l’impiego di iniziativa sociale “sono promossi e partecipati in misura superiore al 50%, direttamente o indirettamente, da uno o più enti, pubblici o privati, senza scopo di lucro o il cui carattere sociale sia riconosciuto nei propri statuti, siano essi associazioni, fondazioni, persone giuridiche di diritto pubblico, cooperative di carattere sociale o altri enti dell’economia sociale, nonché i centri detenuti dalle predette società commerciali, il cui capitale sociale appartenga in maggioranza a uno degli enti sopra citati, direttamente o indirettamente (attraverso la nozione di società dominante disciplinata dall’articolo 42 del codice del commercio) purché nei loro statuti o in un accordo sociale si impegnino sempre a reinvestire interamente i loro utili per la creazione di opportunità di impiego per le persone con disabilità e per il miglioramento continuo della propria competitività e attività di economia sociale, conservando in ogni caso, la facoltà di scegliere di reinvestirli nel proprio centro speciale per l’impiego o in altri centri speciali per l’impiego di iniziativa sociale”.
  7. ^ Invece, secondo l’art. 43 del regio decreto legislativo n. 1 del 2013, che ha approvato la rifusione della legge generale sui diritti delle persone con disabilità e la loro integrazione sociale, “I centri speciali per l’impiego hanno come scopo principale quello di svolgere un’attività di produzione di beni o servizi, con regolare partecipazione alle operazioni del mercato, e come finalità quella di garantire un lavoro retribuito alle persone disabili; essi sono anche un mezzo per includere il maggior numero possibile di tali persone nel sistema ordinario di impiego. (...)”.
  8. ^ Sul tema è se non altro da ricordare il d.m. 7 dicembre 2021, pubblicato sulla G.U.R.I. n. 237/2021, con cui il Ministro del lavoro e delle politiche sociali ha adottato le “linee guida per l'individuazione delle modalità di coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e degli altri soggetti direttamente interessati alle attività dell'impresa sociale”, in attuazione dell’art. 11, comma 3 d.lgs. n. 112/2017.
  9. ^ Con la conseguenza che, seguendo il ragionamento del Consiglio di Stato, la cooperativa sociale di tipo B, almeno in materia ambientale, ha un ambito oggettivo di operatività più ampio rispetto a quello attributo dalla legge all’impresa sociale.
  10. ^ Consultabile in https://www.anticorruzione.it/-/schema-di-linee-guida-recanti-%C2%ABindicazioni-in-materia-di-affidamenti-di-servizi-sociali%C2%BB
  11. ^ In https://www.giustizia-amministrativa.it/ - Il Consiglio di Stato, con il predetto parere, oltre a segnalare all’Autorità di valutare l’opzione di “non intervento” a fronte del prossimo riordino del d.lgs. n. 50/2016, ha tra l’altro richiamato l’attenzione sull’opportunità ed utilità di previsioni delle linee guida in ambiti diversi da quelli del Codice dei contratti pubblici, ad esempio in materia di programmazione delle risorse e degli interventi sociali, nonché, quanto ai regimi derogatori (e dunque anche art. 112), sulla necessità di una regolamentazione secondaria rispetto a quanto già adeguatamente normato a livello di fonte primaria.
  12. ^ Consultabile in https://www.anticorruzione.it/
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