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ISSN 2282-1694
Tempo di lettura:  6 minuti
Argomento:  Attualità
data:  07 luglio 2020

Governo e filantropia: due modi diversi di considerare il Terzo settore

Carlo Borzaga, Gianfranco Marocchi

Governo e filantropia: due sguardi molto diversi sul Terzo settore colpito dalla crisi Covid. Alla disattenzione del Governo fa fronte un atteggiamento della filantropia sempre più incline a vedere nel Terzo settore un partner di alleanze strategiche e non solo soggetto da finanziare su progetti specifici.


La crisi che ha fatto seguito alla comparsa del Covid 19 e le misure per contrastarne la diffusione hanno colpito in modo particolare i settori in cui operano gran parte delle organizzazioni di Terzo settore, mettendone molte in grave difficoltà. Poiché i servizi erogati da queste organizzazioni sono in larghissima parte di interesse generale e sono destinati ala sostegno delle persone e delle comunità più fragili, in teoria il settore avrebbe dovuto esse tra i primi beneficiari delle misure pubbliche di sostegno e in particolare del DL Rilancio con cui si è chiusa la prima fase delle risposte all’emergenza: una sequenza di decreti-legge – il “Cura Italia”, il “Liquidità” e il “Rilancio” – che mobilitano risorse imponenti e che ha interessato tanto gli aspetti emergenziali, quanto le prime misure tese a favorire la ripresa.

Cosa ne è stato, in questi provvedimenti, del Terzo settore e dell’Impresa sociale? In che misura sono stati considerati soggetti strategici per la tenuta prima e il rilancio poi del nostro Paese?

La risposta potrebbe essere così riassunta: non solo il settore non è stato al centro di questi provvedimenti ma ci sì è dovuti impegnare in ripetute battaglie per evitare che le misure adottate discriminassero parte o tutti gli Enti di Terzo settore (esito che ad un certo punto pareva per nulla scontato). Se le imprese sociali sono beneficiarie delle misure di sostegno di cui godono la generalità delle imprese, c’è voluta molta fatica per ottenere che almeno una parte di questi interventi fossero allargati anche ad Enti di Terzo settore non imprenditoriali, ma altrettanto coinvolti nella crisi Covid (si pensi ad Enti religiosi che gestiscono strutture sociosanitarie per anziani o alle associazioni culturali e sportive), oltre ad alcune misure specifiche di limitata entità.

Di più non si è riusciti ad ottenere e non pare che Governo e Parlamento siano consapevoli della necessità di ulteriori interventi. Altre misure, che pure non comporterebbero spesa, come quelle proposte su Impresa Sociale relative ai rapporti con gli enti pubblici, per ora non sembrano riuscire a farsi strada nel dibattito politico. Non solo: anche da un punto di vista culturale, il Terzo settore è stato ignorato dalla narrazione prevalente che ha dipinto come eroi altre categorie (i medici, gli infermieri, certo, ma anche poliziotti e cassiere dei supermercati), ma non certo i volontari o gli operatori di residenze per anziani tra cui si sono verificate quote di contagio altissime. Mentre se ci si pone dal punto di vista delle strategie e delle prospettive, i richiami al Terzo settore risultano confusi e contraddittori (vedi articoli su Piano Colao 1 e 2) e non a caso un gruppo di studiosi chiede oggi a gran voce di aprire il cantiere per un Action Plan per il Terzo settore.

Insomma, ci si è limitati a rimuovere alcune discriminazioni esplicite e incomprensibili, senza però né porsi il problema della tenuta del settore – e dei servizi che esso eroga – nel breve periodo, né avvertire la necessità di sviluppare una politica chiara che faccia perno sul Terzo settore per il rilancio del Paese.

Era inevitabile che andasse così? Era inevitabile che, nell’emergenza, la maggior sensibilità su temi sociali che ha accompagnato la pandemia fosse indirizzata a questioni senz’altro importanti, come il rafforzamento del sistema sanitario o la disponibilità di strumenti diagnostici e di dispositivi di protezione ma, sia a livello di governo centrale, sia a livello locale, tralasciando o collocando in un futuro indefinito, quando ci sarà tempo per questioni secondarie, azioni che riguardino specificamente il Terzo settore e l’Impresa sociale, pur così indispensabili nel garantire il sistema dei servizi?

No, non era inevitabile, come emerge chiaramente se non ci si limita a guardare solo a ciò che hanno fatto il Governo e le amministrazioni locali ma si considerano altri soggetti come le Fondazioni, attori "interni" al Terzo settore che hanno messo in atto nuove modalità di intervento. Non ci si riferisce alle donazioni per il potenziamento delle strutture sanitarie che hanno consentito di colmarne in tempi brevi le carenze più macroscopiche, ma a quanto stanno facendo in queste settimane a sostegno del Terzo settore in quanto tale, come infrastruttura sociale importante e da preservare nell’interesse del Paese.

Consapevoli dell’incompletezza dell’elenco, possiamo ricordare ad esempio che ACRI ha promosso “Iniziativa Sollievo”, con una dotazione di 5 milioni di euro direttamente stanziati dall’associazione, cui si aggiungono altre risorse da parte di fondazioni che hanno aderito all’iniziativa (tra i primi, Compagnia di San Paolo e Fondazione con il Sud con un milione di Euro ciascuna e Fondazione Carispezia e Fondazione CR Fermo con cifra minori); si tratta di un fondo di garanzia finalizzato ad assicurare da parte degli istituti di credito “un’offerta di finanziamenti dedicati alle organizzazioni del Terzo settore (Onlus, organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, cooperative e imprese sociali). Una modalità simile e parallela a quella messa in campo dallo Stato, attraverso SACE, per il sistema imprenditoriale del paese ma a cui gli enti non imprenditoriali del terzo settore non hanno accesso.

La Compagnia di San Paolo ha rivisto e riorganizzato il bando SEED, dedicato al rafforzamento delle imprese sociali e aperto durante la fase calda dell’emergenza Covid, modificandone parzialmente le regole “per sostenere la resilienza e la ripartenza delle imprese sociali: aumento dell’importo del contributo, del numero di possibili beneficiari e della velocità di selezione.” Tale azione si aggiunge a quella di carattere più emergenziale realizzata con il Bando “Insieme andrà tutto bene” che ha finanziato le attività degli Enti di Terzo settore a supporto delle rispettive comunità e delle situazioni di fragilità connesse alla pandemia.

Cariplo da parte sua sta promuovendo proprio in questi giorni Lets Go!, una misura specificamente dedicata al Terzo settore, realizzata in collaborazione alla fondazione Vismara e a 16 fondazioni di comunità e che mette a disposizione ben 15 milioni di Euro per sostenere l’operatività degli Enti di Terzo settore in sofferenza economica. I presupposti di questa iniziativa sono chiari: “nella nostra società esiste un sistema diffuso capace di generare promozione sociale e intervenire a sostegno delle persone all’interno delle comunità. Questo sistema di intervento è oggi messo a rischio dalla crisi generata dalla pandemia, che sta minacciando la sopravvivenza di quegli attori fondamentali per la creazione di opportunità e valore sociale, culturale e ambientale. Si tratta di Enti del Terzo Settore che operano in modo trasversale sul territorio e che svolgono una funzione di aggregatore e promotore di comunità.” Chiari sono anche gli obiettivi: arginare le conseguenze della pandemia sulla coesione sociale delle comunità attraverso il sostegno diretto degli enti di terzo settore operanti nei territori di riferimento (Lombardia, Province di Novara e Verbano-Cusio-Ossola). Intervenendo attraverso la concessione di contributi a fondo perduto (in conto esercizio 2020) con la specifica finalità di dare continuità all’attività ordinaria degli enti garantendo così l’adeguamento e la prosecuzione di servizi messi a rischio dall’emergenza Covid-19. Esattamente quello che il Governo e la maggior parte delle amministrazioni locali non hanno saputo o voluto fare.

Al di là della loro concreta rilevanza – da non sottovalutare - questi interventi segnalano anche un cambiamento della cultura del sistema delle Fondazioni in linea con quanto Assifero attraverso il proprio Segretario Carola Carazzone sostiene ormai da tempo: la necessità di superare l’approccio “per progetti” e perseguire invece partenariati stabili e di lungo periodo tra Enti Filantropici e altri Enti del Terzo settore: partenariati in cui il sostegno economico mira in primo luogo al rafforzamento organizzativo degli enti e non a singole azioni, nella consapevolezza che ciò costituisce l’investimento che meglio tutela nel medio periodo l’interesse generale.

 Tra le iniziative di questi mesi volte a sostenere questa prospettiva si segnala il Rapporto promosso da Assifero con Ashoka ItaliaAccogliere la complessità. Verso una comprensione condivisa del finanziamento e supporto al cambiamento sistemico” e lo sforzo per promuovere la petizione “We stand together” che ha coinvolto su questi contenuti 186 fondazioni europee. Questi stimoli sono stati raccolti, pur con sfumature diverse, da altri soggetti nel mondo delle fondazioni, come evidenzia il contributo di Elena Bottasso e Andrea Silvestri della Fondazione CRC in un articolo in cui si auspica il superamento dei tradizionali bandi.

Se mettiamo a confronto le modalità di intervento del Governo e delle fondazioni appare chiaro come, ancora una volta, ci troviamo di fronte a due soggetti che, nonostante i comuni obiettivi, seguono logiche nettamente diverse, praticamente alternative. Da una parte interventi guidati da una visione emergenziale e limitata al sollo settore produttivo, dall’altra il tentativo di alllungare lo sguardo e cercare di garantire al paese il mantenimento di un portafoglio più articolato di soggetti altrettanto essenziali per il suo futuro.

Le istituzioni pubbliche non solo non hanno aiutato, ma hanno adottato – salvo modificarli dopo varie pressioni - provvedimenti discriminanti rispetto al Terzo settore o a parti di esso. Ciò che colpisce è che sembra permanere una sorta di pudore ogni qualvolta si tenti di proporre misure, anche prive di costi, che si fondino sul riconoscimento – non inventato ex novo, ma già contenuto nella Riforma del Terzo settore – di un ruolo specifico delle organizzazioni che al pari delle istituzioni pubbliche perseguono l’interesse generale. Ogni misura indirizzata specificamente al Terzo settore viene accettata con mille riserve, quasi fosse necessario scusarsi e giustificarsi nel chiedere di riconoscere ciò che è nella legge e nei fatti; quello che infine è accettato pare quasi il risultato di complicati bilanciamenti a fronte delle richieste che i diversi gruppi di interesse hanno fatto al Governo. Da un punto di vista culturale, gli eventuali riconoscimenti pubblici riguardano quasi solo le funzioni caritative più tradizionali del Terzo settore: quelle che aiutano i cittadini senza impegnare risorse pubbliche

Dall’altra, i soggetti privati filantropici – insieme a molte altre azioni attraverso cui in questi mesi hanno tentato di dare una risposta all’emergenza Covid – hanno invece scelto di indirizzare parte delle risorse di cui dispongono al sostegno del Terzo settore in quanto tale: non più solo finanziando specifici progetti o l’erogazione di determinati servizi, ma attraverso interventi che riconoscendo il ruolo del Terzo settore si propongono di preservarlo e sostenerlo, nelle sue diverse forme, da quelle imprenditoriali a quelle basate sul volontariato, senza indirizzarne o condizionarne scelte e modalità gestionali.

La crisi da questo punto di vista sembra rappresentare uno spartiacque e lascia, tra le tante cose, una doppia eredità. Da una parte delinea un’alleanza strategica tra Terzo settore operativo e filantropia, che dovrà essere ora riempita di contenuti, di obiettivi di medio periodo da perseguire comunemente grazie alla consapevolezza maturata. Dall’altra evidenzia un cammino ancora lungo da compiere con le istituzioni, a partire dal recupero della consapevolezza del ruolo sociale - ma anche economico e occupazionale, anche maggiore di quello di altri soggetti spesso citati come quelli su cui puntare per uscire dalla crisi - del senso della Riforma del Terzo settore (e quindi, tra le altre cose, del suo completamento) e dalla definizione di stili di relazione coerenti.

Rivista-impresa-sociale-Carlo Borzaga Euricse - Università degli Studi di Trento

Carlo Borzaga

Euricse - Università degli Studi di Trento

Già professore ordinario di Politica economica presso l’Università degli Studi di Trento, dal 2008 al 2022 è stato presidente di Euricse, di cui ora è presidente emerito. È stato tra i fondatori di EMES e di Iris Network, che ha presieduto per dieci anni. I suoi interessi di ricerca spaziano dal mercato del lavoro all’analisi economica delle cooperative, delle organizzazioni non profit e delle imprese sociali, dai sistemi di welfare all’organizzazione dell’offerta di servizi sociali e sanitari.

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Gianfranco Marocchi

Impresa Sociale

Nel gruppo di direzione di Impresa sociale, è anche vicedirettore di Welforum.it. Cooperatore sociale e ricercatore, si occupa di welfare, impresa sociale, collaborazione tra enti pubblici e Terzo settore.

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