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ISSN 2282-1694
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Numero 3 / 2022

Saggi brevi

Come integrare la formazione dei futuri dirigenti delle imprese sociali

Valeria Cavotta, Chiara Menini

Proposte per scoraggiare approcci semplicistici alla risoluzione di problemi complessi

Abstract

I programmi di studio sull’imprenditorialità sociale mirano a preparare i futuri imprenditori a creare valore sociale ed economico. Con questo saggio si intende contribuire al dibattito accademico internazionale circa l’importanza di sensibilizzare gli studenti a investire tempo ed energie per comprendere approfonditamente le problematiche sociali a cui si vuole porre rimedio prima di iniziare a pensare a come commercializzare un prodotto o un servizio sul mercato. Per fare ciò, si passerà in rassegna la letteratura manageriale in tema di formazione all’imprenditorialità sociale che ha specificamente trattato l’importanza di formare i futuri manager delle imprese sociali all’approfondimento e alla comprensione dei problemi sociali. Successivamente, si propongono tre integrazioni attraverso le quali i docenti possono sensibilizzare gli studenti – o gli attuali o aspiranti manager nel caso si tratti di una formazione post-universitaria – all’importanza di non giungere precocemente a proporre soluzioni che potrebbero essere inefficaci o potenzialmente dannose. A tal fine, si propone di integrare i curricula sull’imprenditorialità sociale con prospettive basate sulla interdisciplinarità, sul cambiamento sistemico, senza tralasciare la discussione di casi di insuccesso di imprese sociali. In questo modo, si intende apportare un contributo alla ricerca riguardante le competenze e sensibilità necessarie ai fini di avviare e gestire con successo un’impresa sociale.

Il saggio è stato ideato e scritto da Valeria Cavotta. Chiara Menini ha contribuito alla revisione della letteratura.

Keywords: imprenditorialità sociale, problemi sociali, competenze, curriculum design.

DOI: 10.7425/IS.2022.03.03

ISBN paper: 978-88-946932-4-9

Introduzione

L’imprenditorialità sociale ha come protagoniste organizzazioni il cui scopo principale è mitigare o risolvere un problema sociale (Tracey, Stott, 2017). Pertanto, le imprese sociali non si devono solo preoccupare di generare profitti affrontando le sfide tipiche dell’imprenditoria, come trovare investitori e commercializzare le loro offerte; la ragion d’essere di una impresa sociale è quella di alleviare i problemi sociali ed ottenere dei risultati positivi per i beneficiari e le comunità in cui operano (Tracey, Phillips, 2007). Il loro tratto distintivo consiste quindi nel comprendere e promuovere i processi finalizzati alla creazione di valore sociale (Dacin et al., 2010; 2011).

Nell’ultimo decennio, il contributo delle imprese sociali alla mitigazione dei problemi sociali è aumentato in modo significativo (Bacq, Janssen, 2011; Defourny, Nyssens, 2006; Stephan et al., 2016). Le aree di intervento sociale variano, ma possono essere generalmente ricondotte alle diverse categorie degli obiettivi di sviluppo sostenibile definiti dalle Nazioni Unite. Parallelamente, sono state messe in atto diverse iniziative volte a promuovere l’imprenditorialità sociale tra cui premi, classifiche dei migliori imprenditori sociali pubblicate su riviste come Forbes, finanziamenti per la ricerca concessi da governi nazionali e organizzazioni sovranazionali, conferenze sul tema tenute al World Economic Forum (Chliova et al., 2020) e un numero crescente di corsi di imprenditorialità sociale offerti da università di tutto il mondo (Kwong et al., 2012; Miller et al., 2012). In aggiunta alle istituzioni accademiche, che hanno quindi aumentato il numero di corsi e programmi di formazione in tema di imprenditorialità sociale, altri importanti soggetti che hanno promosso iniziative nel campo dell’imprenditorialità sociale, come Ashoka, hanno ampliato la propria offerta creando divisioni educative e producendo pubblicazioni atte a sostenere i docenti di tutto il mondo. Tali fermenti dimostrano il ruolo significativo che le business school e le facoltà di economia stanno giocando per la promozione di società più inclusive e sostenibili (Bodolica et al., 2021; Warwick et al., 2017).

In generale, i corsi sull’imprenditorialità sociale mirano a formare individui preparati e sensibili rispetto alla creazione di valore sociale oltreché economico. La ricerca in tema di formazione all’imprenditorialità sociale ha studiato come le offerte formative possano plasmare le propensioni imprenditoriali negli studenti, aiutarli ad acquisire fiducia nella propria capacità di apportare un cambiamento sociale positivo e di gestire un’organizzazione (Hockerts, 2018; Smith, Woodworth, 2012). Inoltre sono stati indagati il tipo di competenze e gli strumenti pedagogici necessari per educare i futuri imprenditori sociali alla creazione di valore sociale ed economico (Kickul et al., 2012; Pache, Chowdhury, 2012; Smith et al., 2012; per una rassegna recente, si veda anche Shahid, Alarifi, 2021).

Per quanto riguarda la creazione di valore sociale, è opinione comune che gli imprenditori sociali debbano comprendere approfonditamente i problemi sociali che intendono mitigare. A tal fine, alcuni ricercatori hanno suggerito l’utilità di avere conversazioni empatiche con i beneficiari che si intende aiutare in aggiunta alla raccolta di dati secondari (Murray et al., 2010); altri ricercatori hanno invece sostenuto l’utilità dei metodi di insegnamento esperienziali che consentirebbero riflessioni e apprendimenti approfonditi ai fini dello sviluppo di soluzioni efficaci (Kummitha, Majumda, 2015; Ortiz, Huber-Heim, 2017). Alla base vi è la consapevolezza diffusa che la mitigazione dei problemi sociali sia un’impresa complessa che rifugge facili soluzioni. La ricerca sulla formazione in tema di imprenditorialità sociale ha tuttavia rilevato che, nonostante la complessità dei problemi sociali, la maggior parte dei programmi di studio tende a discutere in prevalenza casi di successo (Pache, Chowdhury, 2012; Zietsma, Tuck, 2012); altri ricercatori hanno inoltre evidenziato, in uno studio su 150 imprenditori sociali, che molti di loro non solo non fossero disposti a mettere in discussione la propria comprensione dei problemi sociali a fronte di prospettive più complesse, ma anche che una conoscenza approfondita dei problemi sociali non fosse una competenza che consideravano importante (Miller et al., 2012). Nella nostra esperienza, e in quella di altri docenti (Papi-Thornton, 2016), notiamo che gli stessi studenti preferiscono discutere precocemente di eventuali soluzioni prima di essersi impegnati in una comprensione profonda di problemi sociali che, nella maggior parte dei casi, non hanno vissuto e che si verificano in contesti con cui non sono mai venuti in contatto.

Con questo saggio si intende contribuire al dibattito accademico in merito alla necessità di sensibilizzare gli studenti ad una maggiore comprensione dei problemi sociali. A tal fine, si propongono tre approcci attraverso i quali incoraggiarla. Ci si chiede quindi come sia possibile costruire programmi di studio di imprenditorialità sociale che scoraggino un approccio semplicistico ai problemi sociali. Nel farlo, si considereranno precedenti ricerche sulle numerose competenze e sensibilità richieste per avviare e gestire un’impresa sociale (Ashoka, 2019; Kummitha, Majumdar, 2015; Miller et al., 2012; Ortiz, Huber-Heim, 2017; Smith et al., 2012; Tracey, Phillips, 2007).

L’articolo è strutturato come segue: in primo luogo, si proporrà una disamina della letteratura scientifica sullo sviluppo dei curricula nell’ambito dell’imprenditorialità sociale. Successivamente, si esamineranno le recenti analisi sull’importanza di dedicare tempo ed energie a comprendere i problemi sociali piuttosto che agire sulla base di assunzioni non verificate. Infine, si discuteranno tre approcci che riteniamo atti a scoraggiare un modo semplicistico di considerare i problemi sociali, che richiedono al contrario criteri basati sulla interdisciplinarità, sul pensiero sistemico, senza tralasciare la discussione di casi di insuccesso di imprese sociali.

Ricerca sulla formazione in tema di imprenditorialità sociale

Nell’ultimo decennio, una parte della ricerca sulla formazione in tema di imprenditorialità sociale si è concentrata, tra le altre cose, sui contenuti da includere nei curricula, sull’insieme delle competenze da promuovere, oltre che discutere i diversi approcci pedagogici (Awaysheh, Bonfiglio, 2017; Howorth et al., 2012; Kickul et al., 2012; Kummitha, Majumdar, 2015; Mitra et al., 2019; Ortiz, Huber-Heim, 2017; Pache, Chowdhury, 2012; Shahid, Alarifi, 2021; Smith, Woodworth, 2012).

In termini di contenuti forniti, i programmi di studio sull’imprenditorialità sociale includono tipicamente argomenti quali l’identificazione dei bisogni sociali, l’acquisizione di risorse materiali e immateriali anche attraverso collaborazioni con altri stakeholder, i diversi tipi di modelli di business sociale attraverso cui si può creare valore, le modalità per accrescere l’impatto sociale e le metriche per valutarlo (Brock, Steiner, 2009). Alcuni ricercatori hanno inoltre sottolineato l’importanza di formare gli studenti nel gestire organizzazioni che devono raggiungere sia risultati sociali che obiettivi di sostenibilità economica. Per esempio, Tracey e Phillips (2007) sostengono che gli imprenditori sociali sono tenuti ad acquisire, oltre alle tradizionali competenze imprenditoriali, anche la capacità di gestire e interagire con una varietà di stakeholder diversi e di bilanciare gli obiettivi sociali con quelli commerciali. Similmente, Pache e Chowdhury (2012) ritengono che gli studenti di imprenditorialità sociale dovrebbero essere sensibilizzati ad agire in conformità e combinare logiche multiple, incluse quelle del settore pubblico. Ad esempio, molte imprese sociali si avvalgono di fondi erogati da enti pubblici e possono anche essere coinvolte in sforzi atti a cambiare la legislazione.

Sul tema di come sensibilizzare gli studenti di imprenditorialità sociale all’importanza di acquisire una conoscenza approfondita di una problematica sociale, Kickul e colleghi (2018) discutono l’utilità dell’approccio del design-thinking, in quanto questo fornisce un quadro di riferimento per affrontare problemi poco definiti e complessi. Kummitha e Majumdar (2015), invece, sottolineano l’importanza di studiare l’imprenditorialità sociale nel contesto in cui essa avviene. Attraverso l’esempio del loro programma formativo in India, sostengono l’importanza di offrire agli studenti corsi sul contesto indiano – oltre a insegnare come avviare e gestire un’impresa – combinando le tipiche lezioni frontali con la sperimentazione di un test pilota di alcuni mesi durante i quali gli studenti familiarizzano con la comunità e si impegnano ad interagire attivamente con i suoi membri.

Si discuteranno ora le ragioni per cui è necessario promuovere negli studenti la volontà di comprendere in modo approfondito i problemi sociali che si intende mitigare. Elemento importante non solo per chi vuole avviare e gestire un’impresa sociale, ma anche per coloro che vengono tipicamente in contatto con le imprese sociali, ad esempio i finanziatori che devono decidere come e quale organizzazione sostenere.

Sulla necessità di una comprensione approfondita dei problemi sociali

Recentemente, il Journal of Business Venturing Insights ha lanciato un numero speciale (digitale) sul tema della formulazione di problemi e dell’impatto dell’imprenditorialità nella risoluzione di problemi sociali. I redattori, specificamente, hanno invitato i ricercatori a studiare due tipi di contributi: (1) fornire descrizioni approfondite dei problemi e (2) attivare nuovi processi di formulazione degli stessi. Questo sforzo è essenziale per la risoluzione di sfide sociali e ambientali sempre più impegnative e che chiamano tutte le discipline ad essere veicoli di progresso.

Alla base di queste richieste vi è la consapevolezza che i problemi sociali sono complessi e rifuggono soluzioni semplicistiche; tendono, infatti, ad avere molteplici cause afferenti a sfere diverse, tra cui sociali, economiche, relazionali, culturali e politiche. Come educatori, potremmo correre il rischio di incentivare l’azione, prima della comprensione del problema, generando così un eccessivo entusiasmo sul potenziale dell’imprenditorialità sociale di produrre un cambiamento sociale duraturo (Zietsma, Tuck, 2012). Ad esempio, il mantra del fallire velocemente (failing fast), spesso celebrato nell’imprenditoria, non sarebbe problematico se il fallimento riguardasse, ad esempio, il prototipo di un’applicazione per pagare beni e servizi. Tuttavia potrebbe diventare molto critico nel caso di comunità svantaggiate (Papi-Thornton, 2016), dove la preoccupazione maggiore non sarebbe quella di aver perso tempo o capitale, ma di aver danneggiato segmenti della popolazione già vulnerabili. Infatti, se da un lato celebriamo, giustamente, i molti esempi di successo delle imprese sociali, dall’altro dovremmo anche discutere i casi in cui le attività perseguite sono risultate inefficaci, orientate perlopiù al breve periodo, o addirittura dannose, in quanto hanno portato a conseguenze indesiderate (Stroh, 2015; Zietsma, Tuck, 2012). Ad esempio, alcuni ricercatori hanno rilevato come i programmi di microcredito miranti a fornire opportunità ed emancipazione a donne svantaggiate abbiano portato ad un aumento della violenza domestica (Schuler et al., 1998) per le conseguenze indesiderate sulle donne a seguito di programmi sociali (Mena, Cavotta, 2022).

Dedicare tempo ed energie a comprendere i problemi sociali invece di procedere con soluzioni semplicistiche e spesso basate su assunzioni non validate è essenziale non solo per evitare di causare danno a soggetti vulnerabili (Zietsma, Tuck, 2012), ma anche per trovare soluzioni efficaci e per identificare i soggetti con cui è preferibile collaborare. Per esempio, gli studenti di una scuola di design che offre corsi sullo sviluppo della comunità hanno scoperto che il bisogno principale delle persone senzatetto da loro intervistate era di natura relazionale, ed afferiva alla necessità di smettere di sentirsi “invisibili” per gli altri (Liedtka et al., 2013), e non riguardava tanto il bisogno di un riparo fisico. Di conseguenza, gli studenti hanno pensato ad un progetto che impegnasse le persone senzatetto in lavori di pubblica utilità per farli sentire apprezzati e utili nella propria comunità.

Nella nostra esperienza, quando abbiamo chiesto di validare le assunzioni che gli studenti hanno in merito alla natura di un problema sociale, abbiamo osservato vari tipi di criticità. Tra queste, la difficoltà di esplicitare chiaramente ipotesi e assunzioni, la complessità nel far sì che tali ipotesi e assunzioni siano rilevanti per la natura del problema, oltre alla riluttanza ad assumere una posizione critica rispetto alla propria comprensione del problema dopo la raccolta dei dati con le parti interessate. Ad esempio, quest’ultima difficoltà è stata riscontrata negli aspiranti imprenditori sociali che, dopo aver intervistato potenziali beneficiari, sono stati portati principalmente a confermare le proprie ipotesi piuttosto che a metterle in discussione, oppure hanno ignorato le risposte fortemente in contraddizione con le proprie assunzioni.

Una comprensione approfondita di un problema sociale è inoltre importante per guidare gli aspiranti imprenditori sociali a concentrarsi su quegli aspetti di un problema che essi possano realisticamente gestire. Ad esempio, le Equal Opportunity Schools negli Stati Uniti lavorano per ridurre il divario formativo degli studenti provenienti da contesti a basso reddito o da minoranze, i quali spesso non accedono alla formazione universitaria. Le cause di questo divario sono molteplici – economiche, politiche e sociali – e sarebbe impossibile per un’organizzazione sociale agire su tutte. Equal Opportunity Schools, invece, ha adottato un approccio pragmatico, concentrandosi sul fatto che gli studenti in questione solitamente non prendono parte a corsi specifici finalizzati ad aumentare le possibilità di ammissione all’università. Pertanto, mentre il divario educativo di questi studenti avrebbe potuto essere affrontato in molteplici modi, l’approccio delle Equal Opportunity Schools si concentra su un unico aspetto del problema su cui poter effettivamente incidere. È quindi essenziale prevedere soluzioni praticabili e fissare obiettivi realistici che possano essere raggiunti con il tempo e le risorse a disposizione di un’organizzazione. Nei nostri corsi, sensibilizziamo gli studenti a puntare all’impatto più ambizioso possibile, considerando però le capacità dell’organizzazione e una finestra temporale realistica, e di render conto di ciò su cui una organizzazione può avere effettivamente controllo (Ebrahim, 2020). Ciò è rilevante quando si tratta di monitorare le operazioni e di rendere conto ai finanziatori e ai beneficiari dei risultati ottenuti (Ebrahim, Rangan, 2014) – anche se la letteratura sulla governance delle imprese sociali ha spesso rilevato come l’accountability si riduca spesso ad un atto di mera ottemperanza verso donatori e finanziatori (Benjamin, 2013; Hug, Jäger, 2014; Kennedy, 2019) piuttosto che ad un processo di apprendimento ai fini di migliorare i risultati sociali (Ebrahim, 2020).

Infine, come ricorda Papi-Thornton (2016), la mancata comprensione dei problemi è spesso associata all’effetto Dunning Kruger, per il quale ignorare la complessità di un problema lo fa sembrare più facile da risolvere. Come conseguenza, ciò potrebbe portare ad un eccesso di fiducia, un tratto che Hietschold e Voegtlin (2021) hanno trovato caratteristico di molti imprenditori sociali quando messi a confronto con gli imprenditori delle imprese for profit.

In conclusione, la riluttanza degli studenti e degli aspiranti imprenditori sociali a dedicare tempo ed energie alla comprensione dei problemi sociali e a voler passare velocemente all’azione, chiama i formatori nei campi dell’imprenditorialità sociale a riconnettere l’apprendimento all’azione, andando oltre l’enfasi sulla creazione di una impresa – sicuramente rilevante, ma non sufficiente quando si vuole mitigare un problema sociale (Papi-Thornton, 2016; Worsham, 2012). La volontà di esaminare e comprendere il più possibile un problema sociale dovrebbe quindi essere un punto di partenza necessario per concepire soluzioni efficaci.

Tre modi per costruire i curricula scoraggiando approcci semplicistici alla risoluzione dei problemi sociali

Alla luce di quanto premesso, si propongono tre strategie per costruire programmi di studio – e quindi integrare i curricula sull’imprenditorialità sociale – al fine di sensibilizzare gli studenti sulla necessità di comprendere approfonditamente un problema sociale, scoraggiando quindi approcci semplicistici.

In primo luogo, se l’imprenditorialità commerciale è un campo che abbraccia più discipline (Shane, 2003), questo vale particolarmente per l’imprenditorialità sociale. È stato osservato che per realizzare un cambiamento sociale, le competenze di antropologi e sociologi sono importanti quanto le capacità imprenditoriali necessarie per costruire imprese profittevoli (Zietsma, Tuck, 2012) e che gli aspetti relazionali devono affiancare soluzioni tecniche affinché si verifichi un cambiamento sociale duraturo (Cavotta, Mena, 2022; Mair et al., 2016). Ad esempio, il successo di una impresa dipende da una serie di fattori, tra cui la collaborazione con un insieme di soggetti diversi (Light, 2006), alcuni dei quali potrebbero anche opporsi al tentativo di un cambiamento sociale. Mair e colleghi (2016) hanno studiato il caso di un’organizzazione che ha dovuto nascondere l’obiettivo di volere ridurre la disuguaglianza sociale in India per assicurarsi il coinvolgimento dei membri delle caste nobili al fine di poter fornire acqua potabile e servizi sanitari ad individui considerati “impuri”. I programmi di studio sull’imprenditorialità sociale trarrebbero quindi beneficio da un’enfasi sull’interdisciplinarità. La capacità di agire come connettore in una comunità locale (Chahine, 2016), la sensibilità ai contesti locali e la conoscenza della realtà di coloro che devono, in modi diversi, partecipare all’attuazione delle soluzioni sono essenziali (Banerjee, Duflo, 2011; Zietsma, Tuck, 2012). Queste competenze sono importanti per garantire il coinvolgimento di una serie di soggetti interessati, compresi, in particolar modo, i beneficiari. Nell’esempio citato, nello sforzo di combattere la defecazione all’aperto, molte delle imprese sociali studiate hanno riferito di dover mirare ad ottenere il cento per cento di partecipazione da parte degli abitanti dei villaggi e che questo richiede sensibilità locali su come assicurarselo. Allo stesso modo, la fornitura di farmaci in zone molto povere può venire rifiutata se non gestita da persone fidate in una comunità (Mair, Seelos, 2021). L’aiuto di persone estranee alla comunità può talvolta essere visto con grande sospetto (Dees, 2012). Ne consegue che un’efficace formazione all’imprenditorialità sociale non dovrebbe rimanere agnostica rispetto a questi aspetti e che le università dovrebbero quindi sforzarsi di integrare nozioni tipicamente imprenditoriali con sensibilità di altro tipo (Kickul et al., 2012). Il punto non è che un singolo imprenditore sociale debba acquisire tutte queste abilità e competenze, ma di sensibilizzare gli aspiranti imprenditori sociali alla complessità dei problemi sociali oltre alle varie competenze necessarie per realizzare il cambiamento sociale, e organizzare le loro iniziative imprenditoriali di conseguenza.

In aggiunta, i corsi di studio sull’imprenditorialità sociale trarrebbero beneficio da una prospettiva sistemica ai problemi sociali, poiché la complessità, la necessità di mettere in discussione le proprie assunzioni e di sperimentare visioni alternative, così come la riflessione sulla possibilità che le proprie azioni causino conseguenze indesiderate, sono aspetti caratterizzanti del pensiero sistemico. Una prospettiva sistemica aiuta a specificare i problemi, le cause e le connessioni tra varie iniziative, riducendo il rischio di una patologia che altri ricercatori hanno chiamato “illusione della comprensione” (Seelos, 2020). Familiarizzare gli studenti con gli archetipi sistemici – quali ad esempio quelli che mostrano come certe scelte, fatte con le migliori intenzioni, possano esacerbare i problemi, così come con i diversi lassi temporali entro cui si avvertono segnali di cambiamento (Stroh, 2015) – è utile e stimolante. Come già osservato, questa prospettiva è utile se usata per interrogarsi e non per alimentare un’eccessiva fiducia nella propria comprensione di un problema sociale (Seelos, 2020). Ad esempio, nonostante l’utilità degli archetipi, non esiste una mappa definitiva del sistema di interconnessioni tra problemi e azioni intraprese su cui fare affidamento, perché alcuni degli aspetti che tengono saldo un sistema sociale non sono facilmente osservabili. Per questi motivi, introdurre gli studenti ad una prospettiva sistemica può far loro comprendere la dura realtà che non esistono soluzioni rapide, favorendo invece la volontà di esplorare e di rimanere umili nella propria comprensione di un problema sociale (Seelos, 2020). Una prospettiva sistemica è utile per interrogarsi sul proprio modus operandi e sollecita scelte improntate alla collaborazione piuttosto che alla competizione con altri stakeholder (Stroh, 2015). In tal senso, per esempio, qualificare un’organizzazione sociale simile alla propria come un competitor e un beneficiario come un cliente, limiterebbe il dialogo e la possibilità di immaginare soluzioni sinergiche nel primo caso, e la co-creazione ed emancipazione nel secondo. Rispetto ad organizzazioni simili, una prospettiva di cambiamento sistemico richiede che gli attori si interroghino se il proprio modus operandi, spesso permeato da logiche competitive, non faccia che mantenere lo status quo attraverso azioni di breve periodo, invece di alterarlo in modo più incisivo attraverso azioni sinergiche e improntate alla collaborazione con altri stakeholder (Stroh, 2015). Similmente, in una prospettiva sistemica i beneficiari non andrebbero serviti ma capacitati su più fronti per limitarne la dipendenza.

Con questo non intendiamo dire che un’impresa sociale non debba preoccuparsi di sviluppare una valida proposta di valore commerciale. Al contrario, la sostenibilità economica è fondamentale e ci è capitato spesso di sentire studenti e operatori sociali immaginare di finanziare la propria attività con proposte commerciali lontane dalle reali preferenze dei consumatori o dalla presenza di offerte simili sul mercato. La sfida delle imprese sociali e degli educatori, tuttavia, risiede nel sollecitare vari stakeholder a co-creare uguaglianza, giustizia e sostenibilità ambientale attraverso le comunità e nelle comunità (Ashoka, 2011).

Infine, l’ultima osservazione proposta riguarda la discussione di casi studio di insuccesso oltre che di successo (Pache, Chowdhury, 2012; Shepherd, 2004). Da un’analisi degli strumenti pedagogici utilizzati in varie università è emerso che nella maggior parte dei programmi di studio mancano punti di vista critici e che l’imprenditorialità sociale viene generalmente insegnata in modo uniformemente “positivo” (Zietsma, Tuck, 2012). Tuttavia, discutere dei casi di insuccesso è importante. Ad esempio, esistono esempi di imprese sociali attive nel microcredito che hanno mal gestito l’attività, finendo per approfittarsi dei loro beneficiari attraverso tassi di interesse molto alti (Ault, 2016), così come progetti (già sopra citati) a sostegno dell’imprenditorialità femminile che hanno innescato violenze domestiche (Schuler et al., 1998). Sebbene un focus sui casi di successo sia importante a livello di ispirazione, discutere solo di best practices porta a sottovalutare il difficile compito di fare imprenditorialità sociale (Dacin et al., 2010). Poiché non esistono molti casi di studio sui fallimenti delle imprese sociali, invitare gli imprenditori sociali che ne hanno sperimentati a parlarne in aula può rappresentare una valida alternativa (Pache, Chowdhury, 2012).

Conclusioni

La formazione all’imprenditorialità sociale è ancora un campo relativamente recente e molte offerte formative esistenti sono ancora di natura sperimentale (Ashoka, 2019). Ci troviamo tuttavia in un momento particolarmente stimolante per riflettere su come migliorare i curricula al fine di aiutare i nostri studenti ad attivare e gestire un cambiamento sociale (Kickul et al., 2018). In questa riflessione, si è proposto di arricchire i programmi di studio con approcci interdisciplinari, sistemici, e di discutere anche di casi di insuccesso di imprese sociali, al fine di scoraggiare una comprensione semplicistica a problemi complessi.

Con questo saggio abbiamo voluto interfacciarci con la letteratura scientifica che ha discusso le numerose competenze e sensibilità che gli imprenditori sociali devono acquisire e per poter scegliere con chi collaborare in modo proficuo (Ashoka, 2019; Howorth et al, 2012; Kickul et al., 2012; Kummitha, Majumdar, 2015; Miller et al., 2012; Ortiz, Huber-Heim, 2017; Papi-Thornton, 2016; Seelos, 2020; Smith et al., 2012; Tracey, Phillips, 2007; Zietsma, Tuck, 2012). L’obiettivo è quello di far avanzare la discussione sull’importanza di approfondire la comprensione dei problemi sociali nei corsi di imprenditorialità sociale e di sensibilizzare gli studenti sul fatto che la natura complessa dei problemi sociali impedisce di trovare soluzioni rapide, le quali potrebbero avere conseguenze anche indesiderate (Seelos, 2020; Stroh, 2015; Zietsma, Tuck, 2012).

Per questo motivo, si ritiene che dedicare tempo ed energie alla comprensione dei problemi sociali sia fondamentale. Papi-Thornton (2016), in modo interessante, suggerisce di indire competizioni per studenti incentrate sul miglioramento della comprensione dei problemi sociali, prima ancora di quelle sulla ricerca di soluzioni innovative. In questo modo, gli studenti di imprenditorialità sociale sarebbero sollecitati a produrre descrizioni corpose e contestualizzate di un problema sociale, come richiesto anche dal Journal of Business Venturing Insights. Se da un lato impegnare gli studenti a riflettere sulla descrizione del problema può richiedere molto tempo, dall’altro fornirebbe loro un punto di vista privilegiato per trovare soluzioni efficaci, soprattutto quando osservano e cercano informazioni dai beneficiari che non hanno voce (Twersky et al., 2013). Si potrebbe inoltre sollecitare gli studenti ad avere un atteggiamento proattivo rispetto ai problemi sociali vicini, ad esempio nella propria comunità universitaria o nel proprio quartiere. A tal fine, si potrebbe iniziare un corso di imprenditorialità sociale chiedendo quale sia la loro esperienza rispetto al coinvolgimento nei problemi sociali vicini (Ashoka, 2011); se la risposta fosse negativa, ne andrebbe indagato il motivo, se fosse positiva, gli studenti potrebbero essere sollecitati a descriverne le caratteristiche, le criticità ed il proprio personale apprendimento in merito.

Infine, per quanto riguarda la ricerca futura nel campo della formazione all’imprenditorialità, sarebbe molto rilevante esplorare teoricamente ed empiricamente se e come i corsi e le competizioni studentesche che pongono un’enfasi sulla comprensione approfondita dei problemi sociali, influenzino i risultati formativi auspicati nei corsi imprenditoriali, così come l’intenzione di creare un’impresa sociale, il senso di autoefficacia e, in ultima analisi, la qualità delle soluzioni proposte.

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