La Dispensa Sociale nasce a Brescia nel 1995, per abbattere gli sprechi lungo tutta la filiera agro-alimentare e ottimizzare il recupero e la donazione delle eccedenze alimentari ed è gestita da CAUTO[1] cooperativa sociale di inserimento lavorativo e dall’Organizzazione di volontariato MAREMOSSO[2]. Questo articolo ne illustra il modello organizzativo, i circuiti della raccolta, stoccaggio e distribuzione, l’evoluzione del servizio negli anni e durante la pandemia e la sua diffusione a livello provinciale. Si analizzano, infine, gli impatti diretti ed indiretti a livello di individui, reti del terzo settore, imprese agricole e circuito della grande distribuzione e ambiente. La Dispensa Sociale (DS) è stata selezionata come caso studio nell’ambito della valutazione di impatto del progetto interregionale Ecologia Integrale per i diritti dell’infanzia[3], realizzato nel periodo 2018-2022, che mirava all’abbattimento della povertà minorile[4].
Questo caso evidenzia le possibili e numerose interconnessioni tra azioni riguardanti policy spesso trattate in termini di silos segmentati e specialistici. L’articolo descrive in che modo e tramite quali meccanismi si realizzano le sinergie tra sostenibilità ambientale e sociale e quali impatti diretti e indiretti. Gli impatti sono stati stimati in più modi: numero di pasti e calorie recuperate, benefici economici per i diversi attori, riduzione di gas serra, rafforzamento di network collaborativi dell’economia sociale, inserimenti lavorativi e altre ricadute sociali (es. educazione alimentare, volontariato protetto, ecc.).
Negli ultimi anni sono stati circa 300 gli enti che hanno prelevato gli alimenti dalla Dispensa Sociale con scadenza variabile, da bisettimanale ad una volta al mese, al bisogno una tantum. Tra i principali impatti del 2020 si segnalano: 1) circa 2.000 tonnellate di cibo annue distribuite che corrispondono a 938.000 pasti completi all’anno destinati a 8.200 nuclei familiari in condizioni di indigenza con il 27% di persone di minore età; 2) si realizzano percorsi di inclusione socio-lavorativa, di promozione di processi di attivazione di circa 30 persone segnalate per l’inserimento in attività di volontariato protetto da un ente pubblico inviante, oltre a 2/3 tirocini formativo di inserimento che interessano nuclei con minori a carico; 3) il valore economico del cibo recuperato corrisponde a 2,2 milioni di euro annui e il risparmio per la grande distribuzione dovuto alla riduzione dei costi per il solo smaltimento di rifiuti è stimabile essere di 150.000 euro; 4) si riducono di 3.667 tonnellate le emissioni di CO2 equivalente: per intrappolare ogni anno lo stesso quantitativo di CO2 equivalente occorrerebbe una foresta di oltre 73 mila alberi. Si realizza, infine, una crescita del capitale sociale inteso come: a) reti di relazione e reti fiduciarie tra soggetti del privato sociale e istituzioni, b) capacità di autorganizzazione e coordinamento tra attori territoriali, c) crescita di competenze e conoscenze diffuse sui temi dello spreco alimentare e della sostenibilità ambientale.
Si segnala, a termine dell’articolo, un effetto moltiplicatore con la nascita di microprogetti ispirati alla Dispensa Sociale in altre province e l’ampliamento del modello che include diverse tipologie di riduzione dello spreco.
Dal caso di studio emergono importanti strategie di sostenibilità integrata utili a promuovere sinergie tra azioni mirate all’abbattimento degli sprechi (non solo alimentari), economia circolare e sostenibilità ambientale, e al contempo azioni per coniugare l’attenzione per l’ambiente e per le persone con l'obiettivo di integrare, attraverso il lavoro, persone socialmente svantaggiate.
DOI: 10.7425/IS.2022.03.05
La Dispensa Sociale è uno degli strumenti di lotta allo spreco alimentare che influenza le ultime tre fasi del ciclo di vita del cibo indicate nella Tabella 1. Lo spreco alimentare in senso stretto (food waste) (FAO, 2019)[5] si riferisce al decremento nella quantità o qualità del cibo che deriva da azioni o decisioni dei rivenditori e dei fornitori del settore alimentare e dei consumatori (SOFA, 2019). La perdita di cibo riguarda, invece, la diminuzione della quantità o della qualità risultante dalle decisioni e dalle azioni dei fornitori di cibo che viene scartato o distrutto nella prima parte della catena, dal raccolto/macello/cattura, e che non rientra in nessun altro utilizzo produttivo.
Tabella 1. Fonti di perdita spreco alimentare e fonti di impatto ambientale nel ciclo di vita del cibo. Fonte: FAO, 2013:10 (si veda Nota 13).
La metodologia adottata per il calcolo dei costi dovuti al solo spreco alimentare fa riferimento agli studi e alle stime più recenti della FAO – Food and Agricolture Organization – delle Nazioni Unite (FAO, 2013, 2014)[6]. Per quanto riguarda possibili approfondimenti sulla emissione e sull’assorbimento dei gas serra in Italia connessi alla catena alimentare si rimanda il lettore ai rapporti della FAO già citati e a recenti rapporti dell’ISPRA (2021)[7].
La riduzione della perdita e dello spreco di alimenti è considerata dalle Nazioni Unite come una delle principali strade per procedere verso la tutela dell'ambiente e il benessere dell’umanità, come anche indicato dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) dall’Agenda 2030 dell’ONU. Per quanto riguarda la dimensione ambientale, lo spreco di cibo è responsabile di circa il 7-8% delle emissioni di gas serra globali (ISPRA, 2018:7)[8].
Secondo la FAO (2011)[9] il peso dello spreco alimentare corrisponde annualmente a livello mondiale a 1/3 della produzione globale, cioè a 1,3 miliardi di tonnellate edibili, corrispondenti nel 2012 a un valore di mercato di 936 miliardi di dollari, che vanno perdute o sprecate lungo l'intera filiera (IFPRI, 2016). La FAO stimava che in Europa ed in Nord America lo spreco pro capite da parte del consumatore fosse intorno ai 95-115 kg all'anno. Il Parlamento Europeo ha stimato lo speco alimentare per ciascuno stato membro e lo spreco alimentare nel 2010 in Italia sarebbe stato pari a 179 chili annui di alimenti pro capite[10].
Parallelamente, secondo un recente studio pubblicato dall’Unione Europea e dalla rivista Nature Food[11], i sistemi alimentari di tutto il mondo sono responsabili di oltre un terzo (il 34%) delle emissioni mondiali di gas a effetto serra di origine antropica. Lo spreco alimentare in senso stretto – food waste – riguarda lo spreco in fase di trasformazione industriale, distribuzione e consumo finale ed è più elevato nei paesi industrializzati, mentre la perdita di alimenti – food loss – si riferisce alle perdite lungo la filiera imputabili a fattori agronomici, alle condizioni di conservazione, alla prima trasformazione agraria. Una parte della produzione alimentare diventa come visto spreco alimentare che da solo contribuisce all’8% dell’emissione globale dei gas serra di origine antropica e che in Europa corrisponde a 680 kg di CO2 equivalente pro capite all’anno (FAO, 2013:23)[12][13].
Negli ultimi 25 anni il sistema alimentare globale ha subito notevoli trasformazioni e le disparità tra paesi sono aumentate: nel 2015 i consumi alimentari hanno causato l’emissione in media di 2,4 tonnellate pro capite di CO2 equivalente nelle regioni più ricche tale valore è stato di quasi 5 volte più elevato e pari a 10,6 tonnellate (Crippa et al., 2021)[14].
Ricordiamo che l'impronta di carbonio di un prodotto – carbon footprint – è la quantità totale di gas serra (GHG GreenHouse Gas) che emette durante il suo ciclo di vita espressa in chilogrammi di emissioni CO2 equivalenti che rappresentano l'unità di misura utilizzata per pesare l’insieme delle emissioni di diversi gas serra, tra cui è compreso anche il metano, e contabilizzarli come CO2[15]. In tale computo sono incluse la fase di produzione agricola, che comporta l'uso di energia in azienda e le emissioni non legate all'energia come (CH4 e N2O) metano e protossido d’azoto provenienti dal suolo e dal bestiame, ma non le emissioni dovute al cambiamento dell'uso del suolo (FAO, 2014:70)[16].
Solo per l’Europa si stima una perdita dovuta allo spreco alimentare di circa 190 miliardi di dollari (n.b. sono compresi nel calcolo il valore economico degli alimenti e le emissioni di gas serra).
In un mondo con risorse limitate, problemi di sostenibilità ambientale dovuti alla necessità di smaltimento e allo sfruttamento intensivo dei territori e con un problema di povertà alimentare, che interessa nel 2016 il 14,3% della popolazione italiana, livelli così elevati di sprechi alimentari sono davvero inaccettabili[17].
La Dispensa Sociale (DS) ha una lunga storia e nasce nel 1995 da un accordo tra la cooperativa sociale CAUTO e l’Azienda Servizi Municipalizzata ASM di Brescia, che ha operato sino al 2007, per la gestione di un centro di raccolta degli scarti alimentari e per intercettare quanto era edibile nel mercato ortofrutticolo di Brescia. La legge ha aperto a nuove possibilità, ma al contempo ha posto regole e processi che non premetterebbero di utilizzare il vecchio modello. Nel 2001 nasce MAREMOSSO, espressione associativa di CAUTO che esprime sin dall’inizio “la volontà di effettuare attività non economicamente sostenibili ma di alto valore etico, sociale ed ambientale”. MAREMOSSO ha permesso di coinvolgere un ampio numero di volontari necessari a svolgere tutte le attività riguardanti le azioni di recupero, selezione e distribuzione degli alimenti nel rispetto dei vincoli normativi (L. 381/1991) che regolano la proporzione tra numero di dipendenti e soci volontari che non possono superare la metà del numero complessivo dei soci.
Con il progetto NOW Life, finanziato dall’Unione Europea nel 2013[18], si sperimenta un modello innovativo che genera risorse dai rifiuti della grande distribuzione.
La legge n. 166/2016, la cosiddetta Legge Gadda sullo spreco alimentare, ha successivamente posto una serie di regolamentazioni circa i diversi processi di raccolta e distribuzione del cibo che ha profondamente modificato l’originale modello di intervento.
Nel corso della pandemia da Covid-19 il modello organizzativo della DS si è ulteriormente raffinato ed è stato integrato con il Settore Officina Sociale di CAUTO che nell’ambito del progetto Ecologia Integrale (anni 2018-2022) si occupa di contrasto alla povertà educativa dei bambini di 0-6 anni.
Nel corso dell’anno 2020, CAUTO realizza un percorso partecipato per rimettere a fuoco gli aspetti identitari della Dispensa Sociale (DS) impegnando in tale riflessione il proprio ufficio commerciale, la stessa direzione generale, l’ufficio comunicazione, l’ufficio progetti, il settore operativo di Officina Sociale. “Uno degli aspetti interessanti dei percorsi partecipati è partire da punti di vista differenti per costruire una visione che possa integrare le evoluzioni del contesto e dell’organizzazione... Proprio grazie ad un percorso partecipato il nostro punto di vista è cambiato. Prima eravamo nella posizione di soggetti che ‘chiedevano’ alla grande distribuzione, i buoni che distribuivano il cibo; oggi la volontà è di svolgere il ruolo di tramite tecnico dell’azienda che può avere dei benefici se ha rapporti diretti con il territorio. Se un supermercato agisce in modo integrato con il territorio questa azione rappresenta un intervento di responsabilità sociale di impresa che può essere valorizzato” (L. Romanenghi).
Oggi la Dispensa Sociale è un HUB provinciale per il recupero e la redistribuzione di cibo a scopo sociale. La relazione sinergica tra CAUTO e l’organizzazione di volontariato MAREMOSSO è un elemento chiave del modello organizzativo perché ne amplifica gli impatti mettendo a disposizione dell’associazione di volontariato una molteplicità di competenze e risorse trasversali: logistiche (pianificazione/programmazione, mezzi e attrezzature), educative (connesse ai numerosi percorsi di volontariato protetto attivi), tecnico/legali e di comunicazione. Viceversa, MAREMOSSO rappresenta per CAUTO un’importante risorsa per saldare e rafforzare i rapporti con il mondo delle associazioni, degli enti del territorio e del terzo settore, per intercettare bisogni e opportunità di collaborazione con il territorio in modo più puntuale e completo.
I principi e valori, denominati da CAUTO gli imprescindibili alla base del modello sono:
Esistono due circuiti di raccolta degli alimenti. Nel primo, i prodotti alimentari prossimi al raggiungimento della data di scadenza, ortofrutta in avanzato stato di maturazione, prodotti da forno del giorno precedente, non idonei alla commercializzazione per alterazioni dell'imballaggio, non conformi ai requisiti aziendali di vendita o invenduti per altre ragioni, vengono donati dalla grande distribuzione.
Tali alimenti vengono prelevati con appositi mezzi frigoriferi del settore DS presso una rete di circa 50 supermercati in prevalenza collocati nella provincia di Brescia e in misura ridotta anche nelle province di Mantova, Bergamo e Verona.
Gli imballi delle confezioni della frutta e verdura sono rimossi da gruppi di volontari a rotazione e i prodotti vengono selezionati e smistati. I pallet sono recuperati o smaltiti.
Il secondo circuito di raccolta degli alimenti è quello che proviene dalla ‘sovraproduzione agricola’, anche detta eccedenza alimentare; una parte delle organizzazioni dei produttori (centri di ritiro) porta direttamente nei magazzini di CAUTO - Dispensa Sociale grossi quantitativi di singoli prodotti (es. otto quintali di cetrioli, in foto). MAREMOSSO – in quanto ente accreditato per il ritiro sul mercato – gestisce tale processo tramite il portale SIAN Sistema Informativo Agricolo Nazionale gestito dall’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura AGEA (Circ. 1916/2021). Le sovvenzioni dell’Unione Europea, nell’ambito della Politica Agricola Comunitaria tramite l’Organismo Pagatore AGEA (v. normativa comunitaria Reg. (UE) 807/10 già Reg. (CE) 3149/92), compensano i produttori che forniscono i prodotti destinati alla popolazione indigente che si trova sul territorio nazionale e che entrano nel circuito delle donazioni a fini sociali. La Regione Emilia Romagna ha un portale estremamente funzionale per gestire l’eccedenza della produzione che in Italia è pari al 30% della produzione agricola e del settore caseario.
Gli alimenti recuperati presso la grande distribuzione e l’eccedenza alimentare sono pari a circa 2.000 tonnellate annue con una variazione quantitativa e qualitativa nel corso dell’ultimo biennio dovuta ad una ottimizzazione del processo di raccolta e una parallela riduzione di scarti e imballaggi.
Figura 1. Automezzi e officina utilizzati dalla Dispensa Sociale.
Tutte le attività operative sono descritte e gestite attraverso un manuale igienico sanitario Haccp. I prodotti reputati idonei al consumo in sicurezza dopo la selezione, vengono distribuiti ad Enti Beneficiari che assistono persone in difficoltà attraverso un calendario d’accesso al ritiro.
I prodotti dell’ortofrutta e da forno non idonei al consumo umano vengono valorizzati attraverso l’alimentazione animale d’affezione secondo la Legge Gadda N. 166/2016 all’art. 3 comma 3. Una piccola percentuale di altri prodotti non idonei (es. fresco scaduti) vengono smaltiti come rifiuto specifico. Non devono comunque presentare muffe o corpi estranei.
Figura 2. Foto degli spazi interni di Dispensa Sociale.
Molti alimenti recano in etichetta la dicitura “consumare preferibilmente entro...”, si tratta del Termine Minimo di Conservazione (TMC): ciò significa che l’alimento nel periodo immediatamente successivo alla scadenza può essere del tutto edibile dal punto di vista igienico sanitario e idoneo al consumo, ma che dal punto di vista commerciale va scartato in quanto il consumatore non accetta di acquistare un prodotto “vecchio”. Come prevede la Legge Gadda (L. 166/2016) tale alimento può essere ancora consumato per un periodo che va da alcuni giorni ad alcuni mesi in base a tabelle specifiche per ogni referenza.
Tali processi vengono realizzati con appositi mezzi e per quanto riguarda l’ortofrutta e il fresco (es. latticini, salumi confezionati, yogurt) mantenendo la catena del freddo; gli alimenti vengono scaricati e posti in un grande locale dedicato esclusivamente allo stoccaggio di prodotti alimentari, e quindi smistati per un brevissimo periodo di tempo in celle di lavorazione, in stanze refrigerate, in cui la temperatura rimane costante intorno ai 12-14 gradi e poi riposti in celle di stoccaggio a 4°C per mantenere la catena del freddo. Consci della responsabilità del consumo soprattutto da parte di persone in difficoltà, l’attività di controllo della qualità e delle scadenze è ritenuta da MAREMOSSO di massima priorità.
Gli alimenti vengono infine donati a fini di solidarietà sociale e prelevati a rotazione con scadenza settimanale da associazioni, parrocchie, comunità residenziali dopo essere stati riassemblati in carrelli in funzione delle specifiche esigenze di ogni organizzazione. Se un ente non è in grado di curare la relazione diretta con il beneficiario in fase di consegna si preferisce consegnare prodotti che non richiedono una veloce azione di trasformazione per allungare la vita dell’alimento (es. cottura di cespi di insalata o preparazione di marmellate). Occorre sempre mantenere una temperatura controllata dal furgone adoperato nel trasporto, ai magazzini dove viene stoccato il prodotto fresco sino alla distribuzione finale al beneficiario.
Il prodotto alimentare che viene raccolto è nella maggior parte dei casi sofferente a 1-2 giorni dalla scadenza e per tale ragione la capacità di integrazione è fondamentale per garantire la gestione dei processi in tempi ridotti. C’è una organizzazione logistica su ritiro e sulla distribuzione molto efficiente e solitamente il ciclo di raccolta e distribuzione si conclude in giornata.
Il prodotto che viene ritirato la mattina dai volontari di MAREMOSSO, viene lavorato con una verifica di tutte le scadenze, viene riassemblato e distribuito a una serie di associazioni nel pomeriggio con la distribuzione nel tardo pomeriggio ai beneficiari finali.
Tutti gli enti a cui vengono affidati gli alimenti devono avere nei propri statuti una esplicita voce in cui si dichiara che si distribuiscono le donazioni a persone indigenti, oppure avere un Comune che faccia da garante. Gli statuti degli enti che si occupano di distribuzione vengono per tale ragione controllati.
MAREMOSSO ha prodotto e distribuito agli Enti Beneficiari un piccolo manuale specifico per la gestione, il trasporto, la cura e la distribuzione degli alimenti ritirati. Ha inoltre creato un opuscolo per l’utilizzatore finale con consigli per il consumo in sicurezza.
Negli ultimi anni sono stati circa 300 gli enti che hanno prelevato gli alimenti dalla DS con scadenza variabile, da bisettimanale a 1 volta al mese, a chiamata quando vi erano eccessive eccedenze o saltuariamente per proprie iniziative solidali. Tra questi sono compresi gli enti inviati dal Comune Brescia durante pandemia ed enti delegati da MAREMOSSO a ritirare sulla base dell’accordo base con la catena di supermercati.
Nel Comune di Brescia durante il periodo di pandemia da Covid-19, da febbraio 2020 fino ad aprile 2021, la DS ha distribuito gli alimenti a:
Il numero complessivo di enti che nella provincia di Brescia afferisce nei primi sei mesi del 2021 in DS è stato pari a 188.
Vi è un rapporto più intenso con 120 di questi enti, che accedono settimanalmente con un accordo formale codificato e a cui MAREMOSSO indica anche come trattare i prodotti alimentari per allungare il ciclo di vita (es. cuocere e congelare verdure, fare marmellate, ecc.). In base a tali accordi MAREMOSSO è stata riconosciuta dalla Regione Lombardia come Ente di secondo Livello e può accedere dal 2019 a fondi dedicati.
Figura 3. Volontaria della Dispensa Sociale.
Si registrano una trentina di persone all’anno che vengono segnalate da un ente pubblico inviate per realizzare delle attività di volontariato protetto e 2-3 tirocini formativo di inserimento sociale.
Il 25% delle persone segnalate da servizi sociali dei Comuni secondo CAUTO non sono pronte per il mercato del lavoro; per tale ragione l’esperienza di volontario di MAREMOSSO viene utilizzata per promuovere processi di attivazione. La DS di MAREMOSSO è gestita da volontari, come anticipato, e alcuni di essi sono “volontari protetti”. Con il termine volontariato protetto si indica l’accoglienza in percorsi di inserimento socio lavorativo di persone particolarmente fragili che debbono sviluppare alcune competenze di base e socialità. Nel volontariato protetto la persona in genere fa un turno di 4 ore nell’arco della settimana (con alcune eccezioni) e può portare a casa una cassetta di ortofrutta e una di materiale secco. In tal modo si moltiplicano alcuni benefici connessi alle ricadute positive per i volontari “protetti”, con difficoltà di inserimento lavorativo, che vengono inseriti nel gruppo in un’ottica di recupero di soft skill e avvicinamento al lavoro[20]. Questi aspetti sono oggetto di verifica insieme all’ente pubblico inviante due volte all’anno. Sei nuclei familiari con bambini di 0-6 anni beneficiari del progetto Ecologia Integrale sono transitati o hanno lavorato come volontari presso la DS che in alcuni casi viene utilizzata come “trampolino di lancio” per favorire l’inserimento socio lavorativo[21]. Si evita di impegnare per troppe ore le persone fragili in volontariato protetto per evitare che tale attività vada a scapito della possibilità di trovare altra occupazione retribuita o che si creino delle aspettative di inserimento lavorativo in CAUTO.
Il settore DS, oltre ad accogliere una trentina di progetti di volontariato protetto, ha quindi un capitale umano di almeno altri 50 volontari che svolgono la propria attività sulla base dell’intento altruistico di donare il proprio tempo, energie e competenze.
C’è un equilibrio nelle risorse su volontari e volontari protetti, e CAUTO mette a disposizione un operatore-educatore con funzione di facilitatore dei processi di inserimento lavorativo e di tutoraggio di persone con difficoltà perché il fine è sempre duplice e non è mai solo quello della riduzione dello spreco alimentare, ma anche quello di offrire un percorso utile alle persone che operano in dispensa. Proprio perché gli operatori sono concentrati sulla logistica, l’operatore-educatore di supporto al processo di inclusione lavorativa ha come compito il monitoraggio del percorso delle persone.
Il responsabile di settore potrebbe essere spinto a non privarsi di una risorsa valida e trattenere in DS un volontario efficiente: per tale ragione, secondo CAUTO, occorre un meccanismo che mantenga e tuteli la dualità di obiettivi. La duplicità di figure e funzioni diverse, la parte educativa e il responsabile tecnico, genera un conflitto positivo e il volontario che ha possibilità di trovare lavoro è stimolato a lasciare l’attività di volontariato presso DS. Talvolta, dopo avere appreso le competenze chiave necessarie a inserirsi in un ambiente di lavoro – le soft skills –, si chiude il percorso e si avvia la fase di match con la ricerca di una attività lavorativa. Alcuni percorsi di volontariato protetto hanno anche obiettivi di reinserimento sociale che vengono concordati con il servizio inviante.
Si sono creati dei legami molto forti tra gruppi di volontari, che continuano a frequentarsi al di fuori dell’esperienza della DS favorendo in tal modo processi di integrazione dei volontari protetti.
La DS si basa su processi di lavoro trasversali in cui sono coinvolti più comparti di CAUTO che lavorano tra loro orizzontalmente:
Il modello organizzativo della DS prevede una forte interazione tra diversi settori impegnati in modo sinergico a contrastare ogni forma si spreco in una logica di sostenibilità umana e ambientale. A titolo esemplificativo, viene citato il caso dell’eliminazione dell’olio di palma dai prodotti dolciari a causa della denuncia circa la deforestazione che portò nel 2018 al ritiro dal mercato di bancali di prodotti finiti ancora edibili. “Noi (n.d.r. Settore Cernita di CAUTO) vedevamo passare quantità enormi di pacchi di biscotti XXX; un giorno arrivarono 24 bancali per lo smaltimento. Sebbene il core business fosse la gestione dei rifiuti, il responsabile dell’Ufficio commerciale chiamò l’azienda e gli chiese se fosse possibile fare una donazione (da destinare a DS) anziché lo smaltimento. La risposta in questo caso fu negativa perché avrebbe ridotto le vendite. L’esito fu quindi che un prodotto distante mesi dalla scadenza venne eliminato, senza possibilità di essere donato...” (LR).
La realtà bresciana rappresenta un contesto virtuoso per quanto riguarda le politiche di riduzione dello spreco alimentare. A Brescia vi è una pluralità di flussi di donazioni da parte delle aziende gestiti da più enti che si occupano di raccolta e distribuzione. Ottavo Giorno di Caritas Diocesana rappresenta la base logistico-alimentare presso cui si riforniscono le Caritas parrocchiali che si occupano di distribuzione di pacchi viveri. Tali alimenti provengono da acquisti, da donazioni o dalle cessioni di prodotti finanziati dal FEAD (Fondo di Aiuti Europei agli Indigenti). Opera su Brescia uno dei 21 Banchi Alimentari della Regione Lombardia che rappresenta l’ente con il maggior numero di tonnellate di cibo recuperate e distribuite.
Da una prima analisi è emerso che nella gestione dell’eccedenza alimentare si realizza uno spreco di risorse logistiche e che vi sono opportunità da valorizzare. Per tale ragione i diversi enti di secondo livello[22] hanno costituito una cabina di regia con cui si interfacciano per ottimizzare tali flussi, definire standard comuni, per mappare le associazioni che lavorano sui territori e per condividere i dati sulla distribuzione. L’Area Povertà alimentare di Caritas Ambrosiana[23] – che opera prevalentemente nella Diocesi di Milano ma ha diramazioni e progetti su altri territori della Regione Lombardia – ha creato una centrale di acquisto (una sorta di imponente gruppo di acquisto centralizzato realizzato grazie alle offerte e al Fondo 8 x Mille) sostenendo, grazie ad economie di scala, gli acquisti all’ingrosso e cofinanziando, inoltre, il 50% di tali acquisti. Le singole realtà parrocchiali della Caritas Diocesana bresciana in genere si rivolgono prima alla DS di MAREMOSSO e poi acquistano la rimanenza dalla Centrale di acquisti della Caritas Ambrosiana, realizzando in tal modo una sinergia tra sistemi che operano a livello micro e macro (Regionale e Provinciale).
Grazie alle relazioni sviluppate con il progetto Ecologia Integrale, CAUTO e MAREMOSSO con la DS negli ultimi anni sono stati ulteriormente riconosciuti sul territorio bresciano e in territori limitrofi (dalla Fondazione di comunità Bresciana, dal Comune di Brescia etc.) come attori rilevanti per:
Nell’ultimo anno il settore di CAUTO denominato Officina Sociale ha avviato una stretta collaborazione con la DS. Grazie a Officina Sociale si realizza ora un lavoro accurato di mappatura dei bisogni territoriali basati sulla conoscenza delle caratteristiche e dei fabbisogni delle specifiche associazioni che si rivolgono a DS. Oggi tengono maggiormente in considerazione le “variabili” del territorio, dell’ATS Ambito Territoriale Sociale (unità territoriale responsabile della programmazione e gestione dei servizi socio-sanitari come da L. 328/00) e dell’ente pubblico.
La DS sta modificando e razionalizzando il modello organizzativo: si stanno rafforzando i processi di coordinamento per ottimizzare la fase della raccolta degli alimenti presso la grande distribuzione anche tramite il coinvolgimento diretto degli enti del terzo settore beneficiari e la creazione di sinergie e scambi tra associazioni.
Durante il periodo della pandemia da Covid-19, MAREMOSSO e CAUTO si sono resi conto che la crescente domanda di aiuti alimentari era generata dal fabbisogno alimentare di nuclei caduti in povertà a seguito dell’emergenza sanitaria; per tale ragione l’offerta si è differenziata modificando anche i criteri di ritiro degli alimenti per garantire un’alimentazione più completa ed equilibrata dal punto di vista nutrizionale, inserendo quantitativi maggiori di frutta e verdura fresca ed alimenti ad elevato contenuto proteico. Tale scelta ha ovviamente comportato dei cambiamenti e ha interessato tutto il ciclo a partire da accordi circa il conferimento e la raccolta degli alimenti presso la grande distribuzione (ad esempio, riducendo la frazione del “secco”, come biscotti e prodotti da forno, che comporta introiti calorici spesso elevati a scapito di altri nutrienti), alla processazione e distribuzione degli stessi. Si è favorito, viceversa, il ritiro di salumi e formaggi per garantire un apporto proteico.
L’organizzazione di volontariato MAREMOSSO è cresciuta durante la fase della pandemia anche in termini di risorse umane impegnate e nel 2021 impegna circa 90 volontari.
CAUTO nel 2020 ha risposto alle richieste crescenti connesse al periodo pandemico in sinergia con l’iniziativa SOStieni Brescia a cura del Comune di Brescia.
A seconda del periodo la distribuzione varia e si modifica la richiesta di alimenti anche se il montante intercettabile teoricamente rimane lo stesso. L’intercettazione degli scarti alimentari dipende sia dalla disponibilità di risorse umane, sia dalle risorse economiche investite da CAUTO.
L’investimento medio annuo per sostenere i costi di gestione della DS è pari a circa 200.000 euro e, nel triennio 2019-2021, il 75% dei costi di gestione sono stati parzialmente coperti da finanziamenti pubblici della Regione Lombardia[24] e da donazioni di enti pubblici e privati (bandi di fondazioni, contributi di associazioni locali, donazioni di comuni a cui viene offerta attività formativa, ecc.). Inoltre è possibile accedere a finanziamenti della Regione Lombardia - Direzione Generale Ambiente, che mette a disposizione dei contributi a fondo perduto per l'acquisto di attrezzature strumentali funzionali al recupero e alla distribuzione delle eccedenze alimentari ai fini di solidarietà sociale.
Di seguito descriviamo in sintesi gli impatti diretti e indiretti della DS misurati nel periodo 2020-2021, distinti a seconda del livello di impatto: per le persone, per gli enti del terzo settore, per le aziende, per la comunità, per l’ambiente.
Dall’analisi dei dati riportati nel Bilancio di CAUTO anno 2020[25] (Bilancio 2020, p. 24) si evince che nel biennio 2018-2019 sono state 3.000 le tonnellate di cibo recuperato e oltre 10.000 le persone che hanno ricevuto settimanalmente il cibo recuperato.
Nel corso del 2020-2021 sono diminuite le tonnellate di alimenti raccolti, si è ridotta la frazione di scarto, riducendo le attività di smaltimento degli scarti alimentari dei grandi magazzini, ed è aumenta la qualità nutrizionale.
Il 38% degli alimenti proviene dalla grande distribuzione e circa il 27% arrivano da organizzazioni di produzione emiliane (materiale di ortofrutta con costo irrisorio che scarica direttamente).
Tali volumi corrispondono teoricamente a 938.000 pasti completi annui (di circa 900 Kcal) o altrimenti a un introito complessivo quotidiano di 2.200 Kcal, per un periodo di 12 mesi per 1.100 persone[26].
Un secondo impatto da segnalare a favore delle persone in condizione di svantaggio è legato alle attività di inserimento sociale e/o lavorativo. In MAREMOSSO sono stati inseriti come volontari 6 adulti beneficiati del progetto di Ecologia Integrale per realizzare attività propedeutiche a successivi inserimenti lavorativi o per rafforzare processi di inserimento sociale.
Se analizziamo le sinergie tra il Progetto per il contrasto della povertà minorile “Ecologia Integrale” e il caso DS osserviamo almeno quattro tipi di ricadute positive sui nuclei familiari con minori di 0-6 anni in condizioni di disagio economico e lavorativo:
Le azioni sinergiche che mirano al contrasto della povertà educativa si realizzano attraverso ricadute dirette e indirette della DS. Tra le ricadute dirette citiamo di seguito i dati di monitoraggio citati nella rendicontazione finale di MAREMOSSO alla Regione Lombardia - Direzione Generale Famiglia in merito al progetto “Diritto al cibo” (ID 2 Biennio 2019-2020 - DGR 891/2018) avviato nel maggio 2019 e concluso il 15 dicembre 2020.
Il numero di famiglie raggiunte dal progetto e beneficiarie delle attività della DS nel corso del progetto sono state 8.179 per un totale di 20.726 persone di cui 6.063 di minore età. La distribuzione per fascia di età indica una significativa presenza, il 29,3%, di persone di minore età a fronte di una presenza ridotta di perone anziane (9,5% ultra 65enni). La cittadinanza dei beneficiari è stata rilevata per circa il 60% dei beneficiari: tra questi un quarto (25,6%) proviene da Paesi Terzi.
Tra gli impatti indiretti a titolo esemplificativo ricordiamo:
La prima è la campagna promossa dalle librerie Giunti al Punto in tutta Italia che si propone di portare il sorriso attraverso i libri. La DS è stata individua come punto di smistamento dei libri alle diverse associazioni e grazie al progetto Ecologia Integrale si è realizzata una distribuzione diretta dei libri ai bambini delle famiglie beneficiarie. Dei 1.385 libri arrivati in DS, nell’arco di 12 mesi, da agosto 2020 a luglio 2021, 262 testi sono stati destinati alle famiglie del progetto Ecologia Integrale.
Il numero delle onlus e associazioni di volontariato settimanalmente destinatari dei prodotti alimentari è salito nel periodo della pandemia a 120 unità con un prelievo almeno mensile; di questi 90 hanno operato sul solo Comune di Brescia.
Tali enti destinano i prodotti alimentari a nuclei familiari in difficoltà ed a strutture residenziali. In termini di valore economico della spesa per alimenti la DS produce un importo di 2,21 milioni di euro annui di risparmio (stima su primo semestre 2021: euro 6,55 costo medio giornaliero per beni alimentari). Si liberano in tal modo risorse economiche che gli Enti del Terzo Settore fruitori della DS possono destinare ad altre spese.
È possibile parlare del ruolo della DS anche come strumento identitario utile a destinare benefit sociali agli stessi dipendenti di CAUTO. Il diritto al prelievo settimanale di una cassetta da parte del lavoratore produce una serie di ricadute positive o impatti che vanno oltre al vantaggio economico per lo stesso lavoratore: consente di conoscere meglio e socializzare le attività realizzate da diversi settori di CAUTO, di superare il concetto di scarto alimentare come bene destinato esclusivamente ai poveri in un’ottica assistenziale e innesca ulteriori relazioni virtuose. Gli spazi destinati alla distribuzione sono anche luoghi di connessione e scambio anche con l’area limitrofa in cui vengono esposti i beni invenduti provenienti dall’invenduto dei due negozi dell’usato e che garantiscono un introito che nel 2020 è stato pari a 35.000 euro, sufficiente a coprire parte dei costi della DS.
La rete della grande distribuzione presso cui si effettuano i ritiri è composta da 48 supermercati (circa 10 in Comune di Brescia) di 5 insegne diverse, distribuiti in un raggio di 80 km. Altri dieci supermercati sono formalmente delegati, esiste cioè un documento di delega ad una onlus che va per conto della DS a ritirare alimenti.
Con altri 60 punti vendita la DS svolge funzione di supporto indiretto tra donatore ed Ente che ritira, (delega non formalizzata). Esistono anche altri rapporti non formalizzati con gli Enti del Terzo Settore in cui la DS gioca un ruolo di facilitatore favorendo l’interlocuzione con la rete di distribuzione e offrendo attività di supporto e consulenza.
I vantaggi economici e di ricaduta in termini di azioni di responsabilità sociale di impresa per le aziende della grande distribuzione coinvolte e per i produttori agricoli che hanno conferito il cibo (v. Piattaforma agroalimentari Regione Emilia-Romagna) sono rilevanti.
Per smaltire/distruggere i prodotti non più commercializzabili come rifiuto (codice CER 020304 per la maggior parte dei casi) un’impresa spende dai 100 ai 150 euro a tonnellata. Quindi il vantaggio più tangibile in termini economici per le aziende che può motivare la devoluzione è dato da un risparmio. Il valore economico in termini risparmio per attività di smaltimento per le aziende della grande distribuzione fornitrici della DS è stato nel 2020 pari a circa 150.000 euro per 1.000 tonnellate annue[27]. Inoltre, il prodotto dovrebbe essere scartato e sconfezionato (per differenziare il rifiuto) dal personale e sarebbe quindi necessario valutare e includere a tale cifra anche il costo di questa attività.
Sul versante degli impatti sociali a livello di comunità si segnala l’ampliamento e il rafforzamento delle reti di relazione tra servivi pubblici e soggetti dell’economia sociale.
I rapporti con i servizi sociali della zona est di Brescia si sono molto intensificati e sono nate nuove progettualità mirate all’inserimento lavorativo e al diritto all’abitare oltre che al supporto di nuclei familiari con minori.
Anche le relazioni con l’associazionismo locale (Casa per le donne vittime di violenza, Associazione di mamme e papà separati, ecc.) si sono intensificate e in alcuni casi si sono create delle sinergie tra obiettivi diversi: le associazioni interessate alla distribuzione dei beni alimentari forniti dalla DS sono a loro volta state informate degli obiettivi del progetto Ecologia Integrale e spesso sono diventate esse stesse enti segnalanti.
La rete attivata attorno alla DS si è tradotta in crescita dei processi di networking e collaborazioni tra soggetti del terzo settore ed enti locali anche grazie all’istituzione di un tavolo di coordinamento tra CAUTO, la Croce Rossa, la Caritas Diocesana e l’ente locale.
Il know how della DS si è ulteriormente raffinato e nel sistema di monitoraggio delle azioni della DS oggi ritroviamo non solo gli impatti in termini di abbattimento dello spreco alimentare e della produzione di CO2, ma anche informazioni accurate circa il numero di pasti teoricamente erogati e recuperati, il valore calorico ed anche il valore nutrizionale. A campione si analizzano i nutrienti presenti negli alimenti distribuiti e il prezzo o valore economico corrispondente per il prodotto edibile. Questo tipo di dati può rappresentare una miniera di informazioni rilevanti per grandi aziende che intraprendono azioni di RSI.
Sotto il profilo degli impatti ambientali si segnala un recupero di 1.000 tonnellate annue di cibo edibile recuperato e quindi non trattato come scarto e di altre 1.000 tonnellate di frutta e verdura provenienti dal circuito della sovrapproduzione che comunque non sarebbero destinate a scopi alimentari umani.
In premessa occorre ricordare che lo spreco di cibo si realizza lungo la catena di approvvigionamento alimentare e ha una varietà di cause, come la fuoriuscita o la rottura, la degradazione durante la manipolazione o il trasporto e lo spreco che si verifica durante la fase di distribuzione. Gli studi dimostrano «che più tardi un prodotto viene perso o sprecato lungo la catena di approvvigionamento, maggiore è il costo ambientale, poiché gli impatti che si verificano, per esempio, durante la lavorazione, il trasporto o la cottura, si aggiungono all'impatto iniziale della produzione» (FAO, 2013, trad. nostra).
Esistono varie metodologie per calcolare gli impatti ambientali dovuti allo spreco alimentare che variano in funzione del paese di produzione, del tipo di prodotto, del tipo di impatto considerato[28]. Nella nostra sommaria analisi ci soffermiamo solo sull’emissione dei gas serra espressi con la sigla CO2 equivalente (CO2 eq) e non su quella di specifiche sostanze inquinanti.
Basandoci sulle stime del rapporto della FAO (2011, 2013)[29], prendiamo a riferimento l’impronta di carbonio (carbon footprint)[30] stimata globalmente per gli impatti ambientali dello spreco alimentare che corrisponde a 3,3 miliardi CO2 emesse per uno spreco a livello globale di 1,6 miliardi di tonnellate di cibo, con un rapporto 1:2 a livello globale. Possiamo stimare un risparmio annuo di oltre 2.000 tonnellate di emissioni di CO2 eq per la sola frazione di 1.000 tonnellate alimenti della DS recuperata presso la grande distribuzione. A tale impatto occorrerebbe aggiungere anche i costi e le emissioni nocive legate all’intero ciclo della gestione dei rifiuti.
Se considerassimo anche il CO2 eq prodotto dal circuito della sovraproduzione agricola destinato da DS all’alimentazione umana, la stima di CO2 eq “risparmiata” sarebbe duplicato. Teniamo tuttavia separati i diversi valori e non includiamo nelle nostre stime questa seconda componente della raccolta di alimenti derivata dalle eccedenze alimentari perché la sovrapproduzione viene generalmente ceduta ad altri scopi e non va in discarica.
Si tratta di stime per difetto perché non abbiamo preso in considerazione altri parametri che riguardano l’impatto ambientale e che sono: lo spreco di acqua (blue water footprint), l’emissione di altre emissioni nocive e gli impatti sul consumo di suolo e delle foreste. Il suolo agricolo necessario per produrre il cibo sprecato ogni anno nel mondo è pari a circa 1,4 miliardi di ettari, il 28% della superficie agricola disponibile a livello globale (FAO, 2013).
Proviamo di seguito a stimare anche la componente delle emissioni connesse alla gestione dei rifiuti tramite inceneritore “evitata” a seguito del ridotto spreco alimentare. Se le 1.000 tonnellate di alimenti recuperate dalla DS fossero deperite e fossero state trattate come rifiuti da un inceneritore, avremmo dovuto aggiungere una produzione di CO2 pari ad altre 1.667 tonnellate annue. Le emissioni nette di CO2 eq per tonnellata (KgCO2eq/t) per gli scarti organici sono state stimate pari a 1.667 tonnellate (Di Franco, 2014)[31].
In sintesi, nel 2020 il mancato spreco alimentare dovuto al recupero dei prodotti prossimi a scadenza presso la grande distribuzione, corrisponde a una riduzione di emissioni di CO2 eq di circa 3.667 tonnellate.
Sono tanti i fattori che influenzano il processo di assorbimento e sequestro di carbonio (C) nelle molecole organiche[32] ed è possibile solo stimare in modo orientativo a quanti alberi corrisponderebbe l’emissione di CO2 eq evitata dalla Dispensa Sociale[33]. Considerando una stima ottimale di circa 50-30 kg di CO2[34] assorbiti annualmente da un albero adulto ad alto fusto (essenza arborea a veloce accrescimento e collocata in un bosco), occorrerebbe una foresta di 73.300-122.000 alberi per intrappolare ogni anno il quantitativo di CO2 eq che si sarebbe prodotto se gli scarti alimentari recuperati e devoluti dalla Dispensa Sociale fossero stati mandati in discarica e trattati con un inceneritore.
Recenti sviluppi della DS hanno portato a favorire il raccordo tra associazioni che direttamente possono recuperare gli scarti alimentari dalla grande distribuzione e possono anche tra loro scambiare delle eccedenze. Ciò rappresenta un efficientamento del processo di raccolta e distribuzione e un miglioramento della logistica con abbattimento ulteriore dei tempi, dei consumi di carburante e delle emissioni di CO2 eq.
Il modello di contrasto allo spreco alimentare attuato dalla DS (anche DS), grazie al recupero e la distribuzione degli alimenti invenduti e della sovrapproduzione alimentare, produce, come abbiamo illustrato nel testo, numerosi impatti positivi per le persone in condizioni disagio, per le imprese, per l’ambiente e la società complessiva.
Figura 4. Impatti della Dispensa Sociale per le persone e l’ambiente.
Potremmo ipotizzare che nella chiusura del ciclo dalla distribuzione degli scarti alimentari e delle eccedenze ai consumi finali da parte dei beneficiari vi sia ancora un certo margine di scarto e di conseguenza di ridurre di circa il 20% le stime riguardanti il risparmio in termini di CO2 eq. Anche in tal caso gli impatti positivi sarebbero rilevanti.
Una parte degli alimenti che non si riesce a introdurre nel ciclo di raccolta e distribuzione, pari circa al 15%, viene data in termini di bonus ai volontari della DS. Tale azione rappresenta un elemento premiale ed ha un forte valore simbolico perché il consumo di cibo proveniente dal circuito da parte dei volontari toglie agli alimenti che derivano dal circuito degli scarti la connotazione usualmente negativa di cibo destinato ai poveri.
Oggi la Dispensa Sociale rappresenta un caso di eccellenza nel panorama italiano e un modello di innovazione sociale per il contrasto alla povertà in un’ottica di economia circolare e, al contempo, è uno strumento di responsabilità sociale di impresa (RSI) e supporto a reti locali di mutualità e sussidiarietà. Grazie all’attivazione di interconnessioni virtuose tra reti territoriali dell’economia sociale, grandi imprese di distribuzione e istituzioni locali, il modello si sta diffondendo anche su altri territori del Garda (v. accordo tra CAUTO Garda Sociale, Azienda Speciale Consortile per i Servizi alla persona dei 22 Comuni del Garda Bresciano). Sebbene si tratti di un modello replicabile non rispecchia una offerta appetibile o praticabile per chi è appena agli inizi del percorso e per tale ragione CAUTO ha sviluppato una specifica offerta di consulenza e formazione destinata ad Ambiti sociali o ad aziende che avviano il percorso.
Uno scopo rilevante oggi è quello aiutare le aziende della grande distribuzione, e non solo, a riconoscere i benefici che potrebbero derivare da una riduzione degli sprechi in termini di benefici fiscali, di accresciuta reputazione e di vantaggi economici in un’ottica di responsabilità sociale di impresa. Ricordiamo che la riflessione sulla riduzione degli sprechi non riguarda solo gli alimenti ma anche altre tipologie di prodotto come gli ausili medici, su cui si è già specializzata la Rete di cooperative CAUTO, destinata al recupero, riparazione e rigenerazione di attrezzature mediche, ausili e presidi sanitari.
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