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ISSN 2282-1694
impresa-sociale-1-2023-le-comunita-energetiche-rinnovabili-e-solidali

Numero 1 / 2023

Echi

Le comunità energetiche rinnovabili (e solidali)

Katiuscia Eroe

Abstract

Le Comunità Energetiche Rinnovabili, nelle sue diverse forme, sono uno straordinario strumento di welfare strutturale e sociale per famiglie e imprese. Grazie alle Direttive europee, anche in Italia da marzo 2020 è infatti possibile costituire nuovi soggetti giuridici energetici in grado di portare, attraverso l’autoproduzione di energia pulita e la sua condivisione, benefici ambientali, sociali ed economici. Nonostante la lentezza dell’iter burocratico e le tante criticità ancora da risolvere, sono sempre di più i territori che si stanno muovendo nella costituzione di queste nuove configurazioni. Tantissimi i cittadini e le cittadine, le Amministrazioni comunali, le imprese e i soggetti del terzo settore che si stanno muovendo in questa direzione. Centinaia in tutto il Paese, da nord a sud. In questo saggio breve verrà descritto nel dettaglio non soltanto cosa siano e come si costruiscano le comunità energetiche nelle loro diverse configurazioni, ma verranno approfonditi anche gli aspetti normativi e tecnici che ne regolano le attività, mettendo in evidenza, anche attraverso le storie già nate in Italia, i vantaggi che queste nuove configurazioni energetiche possono portare, non solo dal punto di vista ambientale, ma anche sociale ed economico, su scala locale e nazionale.

DOI: 10.7425/IS.2023.01.10

L’autoconsumo energetico in Italia

Le esperienze di autoconsumo energetico, attraverso le configurazioni di Comunità Energetica Rinnovabile (CER) e Autoconsumo Collettivo (AUC) sono state introdotte, a livello europeo, grazie alla Direttiva UE 2001/2018, meglio conosciuta come RED II: una norma comunitaria nata con l’obiettivo non solo di stimolare gli Stati Membri verso un crescente sviluppo delle fonti rinnovabili, fondamentali per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al 2050, ma anche di combattere lo spreco energetico e la povertà energetica che in Italia, secondo alcune stime, coinvolge oltre 4 milioni di famiglie. Ma l’elemento caratterizzante questa Direttiva è che per la prima volta pone al centro della rivoluzione energetica e del sistema energetico il cittadino, che diventa parte attiva del sistema, sia in termini produttivi sia nella scelta dei modelli di gestione. La RED II nasce quindi come strumento innovativo e fondamentale per cambiare profondamente il sistema energetico europeo mirando a creare un mercato dell’energia equo, democratico, sostenibile e portatore di pace, in grado di promuovere l’innovazione del settore energetico nei territori, una migliore qualità di vita e la nascita di nuovi posti di lavoro.

In Italia, le comunità energetiche rinnovabili e le configurazioni di autoconsumo collettivo, dopo una prima sperimentazione durata più di un anno grazie alla Legge Milleproroghe 2020, sono regolamentate, da novembre 2021, attraverso il recepimento della RED II avvenuto con il Decreto Legislativo 199/2021, a cui è collegato il TAID, Testo Integrato per l’Auto Consumo Diffuso, ovvero un documento tecnico attraverso il quale l’Autorità di Regolamentazione per Energia, Reti e Ambiente regola le modalità per valorizzare l'autoconsumo diffuso e un Decreto per la definizione degli incentivi da parte del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica di cui però siamo ancora in attesa.

Avere dei numeri su questo fenomeno, ancora in fase iniziale, è abbastanza difficile. In Italia, la Legge Milleproroghe prima e il d.lgs. 199/2021 dopo hanno dato il via ad un grande fermento dal basso, che non è certo rappresentato solo dalle 40 Comunità Energetiche Rinnovabili che fino a pochi mesi fa erano riuscite a completare la registrazione sul portale del GSE per diventare operative a tutti gli effetti. Solo Legambiente a giugno 2022 contava almeno 100 realtà in movimento, numeri che sono cresciuti in pochi mesi in modo esponenziale. Basta pensare al fermento messo in moto dalle risorse che arriveranno attraverso il PNRR dedicate alla nascita di Comunità Energetiche nei Piccoli Comuni, o ai 68 milioni a fondo perduto messi a disposizione dal Commissario del Sisma per i territori colpiti dal terremoto o, ancora, ai numeri della campagna attivata dalla Regione Lazio che in pochi mesi ha visto 665 adesioni tra cittadini, Enti locali e imprese. Sono sette, inoltre, le Regioni che sono già intervenute con norme ad hoc per sostenere la nascita di questi nuovi soggetti giuridici di diritto privato. Secondo una stima del Politecnico di Milano, entro 5 anni, con le giuste politiche e scelte, si potrebbe arrivare a contare circa 40mila nuovi soggetti energetici di autoconsumo diffuso con il coinvolgimento di 1,2 milioni di famiglie, 200mila uffici e 10mila Pmi e una crescita di posti di lavoro di circa 10.500 unità – 19mila secondo lo studio condotto da Elemens per Legambiente al 2030.

In concreto, le Comunità di Energia Rinnovabile sono soggetti giuridici di diritto privato – come associazioni, cooperative o imprese sociali – che, all’interno di un perimetro definito dalle cabine di trasformazione, permettono a persone fisiche, piccole e medie imprese, enti territoriali e autorità locali, incluse le amministrazioni comunali e locali, gli enti di ricerca e formazione, gli enti religiosi, del terzo settore e di protezione ambientale, di raggrupparsi su base volontaria e agire collettivamente secondo regole stabilite fra i partecipanti stessi, allo scopo di usufruire dei benefici ambientali e sociali, dati dalla condivisione di energia elettrica autoprodotta da fonti rinnovabili.

La partecipazione a tali forme comunitarie è aperta e i rapporti di condivisione dell’energia tra i partecipanti sono regolamentati da un contratto di diritto privato concordato all’interno della comunità energetica stessa dagli stessi partecipanti. Una vera e propria rivoluzione per cittadini, famiglie, imprese ed Enti locali che diventano soggetti attivi di un pezzo del sistema energetico.

Ogni partecipante ad una CER o AUC mantiene inalterati i suoi diritti di consumatore finale, continuando a pagare la bolletta. Ai facenti parte della configurazione di autoconsumo diffuso spetterà però anche il riconoscimento economico dato dalla valorizzazione dell’energia condivisa e dagli incentivi statali. E, cosa importante, è che la condivisione dell’energia può avvenire attraverso la rete di distribuzione esistente.

Tutte le tecnologie da fonti rinnovabili possono essere utilizzate per produrre energia pulita, dal solare fotovoltaico all’eolico, dall’idroelettrico alla geotermia. Infatti, le Comunità Energetiche possono nascere sia per condividere energia elettrica sia termica, sebbene quest’ultima non sia stata ancora regolamentata, purché gli impianti per la produzione di energia non siano superiori ad un MW.

Come detto, le Comunità energetiche possono essere di due tipi: quelle che si sviluppano all’interno di un contesto territoriale, definito nel suo perimetro dalla cabina primaria di trasformazione, e le configurazioni di Autoconsumo Collettivo, che sono comunità che nascono all’interno di un edificio residenziale come i condomini. Diversi i ruoli con i quali si può entrare a far parte di queste configurazioni: il produttore, ovvero il proprietario dell’impianto di energia rinnovabile, inserito nella comunità, che produce energia condivisa con i consumatori, ovvero coloro i quali consumano l’energia prodotta dagli impianti. La terza figura sono gli autoproduttori, ovvero chi produce, attraverso i loro impianti, consumando parte di questa energia per soddisfare i propri fabbisogni e condividendo con la comunità l’energia in eccesso.

In queste configurazioni energetiche uno degli aspetti certamente più importanti e interessanti è quello costituito dall’essere una comunità che nella sociologia contemporanea è in genere sinonimo di comunità locale. Il sociologo americano Talcott Parsons ne definisce come funzione principale l’integrazione tra i membri e individua obblighi di lealtà nei confronti di tutta la collettività, nonché il rispetto incondizionato dell’interesse collettivo e la promozione della solidarietà. Una comunità è, però, anche il luogo in cui le identità individuali e collettive si rafforzano, un contesto che fa sviluppare, nelle persone, una condivisione dei bisogni di ognuno, eguali diritti e simmetrici doveri, collegati e coordinati in un vincolo solidale volto a promuovere la costruzione del bene comune.

Come si costruisce una Comunità Energetica Rinnovabile

Costituire una Comunità Energetica Rinnovabile o una configurazione di Autoconsumo Collettivo è un processo sociale, tecnico e burocratico e, per questo, porta con sé alcune complessità che possono essere riassunte in 7 fasi principali.

La prima è sicuramente legata ad un’idea progettuale precisa, individuando, in condivisione con un primo gruppo di soggetti interessati gli obiettivi sociali, economici e ambientali che si vogliono raggiungere. Non c’è una regola che impone una modalità o quali soggetti possono farsi promotori della Comunità Energetica, la proposta, infatti, può partire da un gruppo di cittadini, da un’Amministrazione o da una PMI, o dal mix di tutti questi soggetti. Il primo passo da fare, quindi, è quello di lanciare la sfida ad un gruppo di amici o possibili soggetti interessati.

Definito il primo gruppo di soggetti interessati, minimo due, si passa alla definizione di un progetto preliminare, che deve contenere le finalità del progetto, l’area di sviluppo, il possibile modello economico, le ricadute sociali, solidali, ambientali ed economiche portate dalla comunità energetica. In questa fase, è importante iniziare anche a individuare le possibili superfici per la realizzazione degli impianti. Questa rappresenta sicuramente una delle fasi più importanti, perché solamente partendo da una corretta pianificazione partecipata è possibile ottenere i benefici che ci si è posti. A tale scopo è fondamentale analizzare il contesto sociodemografico in cui si vuole sviluppare l’esperienza energetica. Un passaggio fondamentale che permette di avere un primo quadro complessivo della comunità nella quale andremo ad operare.

Concluso il progetto preliminare si può passare alla campagna di comunicazione, finalizzata alla raccolta delle possibili prime adesioni, ossia i soggetti possibilmente interessati a partecipare, identificando il ruolo per ciascun potenziale partecipante. Importante ricordare, nella definizione di una comunità energetica è che questo sono obbligatoriamente soggetti no profit aperti, dove i partecipanti possono entrare ed uscire liberamente secondo le regole previste all’atto della costituzione.

Raccolte le prime adesioni e i ruoli di ciascun partecipante, studiate le possibili superfici idonee alla realizzazione degli impianti, si passa alla stesura dello Studio di fattibilità, ovvero l’analisi preliminare, fatta da esperti del settore in collaborazione con i partecipanti, necessaria a verificare la piena sostenibilità economica e sociale del progetto. A tal fine è necessario, nel caso delle Comunità Energetica Rinnovabile, verificare, attraverso le mappe che ogni distributore dovrebbe pubblicare sul proprio portale a partire dal 28 febbraio, il perimetro entro cui ci si può muovere. Lo studio di fattibilità è un documento fondamentale finalizzato alla verifica della sostenibilità economica e tecnica. Oltre alla stima sulla producibilità dell’impianto scelto si prendono, infatti, in esame anche i profili di consumo dei diversi partecipanti. Per meglio massimizzare il consumo e la condivisione dell’energia, e ottenere il massimo in termini di incentivi è fondamentale aggregare utenze con profili diversi – famiglie, aziende, scuole, ecc.

Va ricordato, infatti, in queste esperienze, gli incentivi sono legati alla valorizzazione dell’energia condivisa. Ovvero quella consumata dalla comunità nel momento stesso in cui viene prodotta. Un aspetto fondamentale e da tenere presente nel momento in cui viene definito il modello economico, parametro fondamentale per il successo di una comunità energetica.

La quinta fase è quella legata alla costituzione della Comunità energetica vera e propria che, in base alle normative italiane può essere un’associazione, riconosciuta o no, ma anche una fondazione, una cooperativa, una società benefit o un’impresa sociali. Ognuno di questi soggetti ha un suo specifico iter e generalmente si potrà aver bisogno di figure professionali come commercialisti e/o notai.

Il penultimo passaggio necessario è quello legato alla realizzazione dell’impianto di energia rinnovabile, che deve essere della giusta dimensione rispetto ai primi obiettivi che si vogliono raggiungere e al numero di utenti che si vogliono coinvolgere.

Realizzato l’impianto, l’ultimo passo è la registrazione della configurazione di autoconsumo diffuso sul portale del GSE che entro 90 giorni valuta la richiesta di registrazione e quindi l’accesso alla valorizzazione dell’energia.

Uno degli aspetti sicuramente più interessanti delle comunità energetiche è quello solidale, promosso dalla Rete delle Comunità Energetiche Rinnovabili e Solidali, nata grazie all’esperienza della CER di Napoli Est e del Piccolo Comune di Ferla e promossa da Legambiente. Queste rappresentano una speciale categoria di comunità energetiche, che possono essere sviluppate in qualsiasi realtà, dai piccoli comuni ai super condomini, dalle periferie urbane ai parchi, con lo specifico obiettivo di portare oltre ai benefici ambientali anche quelli sociali. Le C.E.R.S.®, infatti, sono realtà dedicate ai soggetti e ai territori più in difficoltà: famiglie, imprese, scuole, periferie, piccoli comuni, territori rurali. Convinzione degli appartenenti a questa rete è, infatti, quella che la produzione, la condivisione e il consumo di energia da fonti rinnovabili in forme comunitarie, possano non solo essere occasione di innovazione tecnologica e di lotta all’emergenza climatica, ma rappresentare anche una chiave per combattere disuguaglianze, povertà energetica e per offrire occasioni di sviluppo grazie ad interventi strutturali non assistenziali che favoriscano l’agire collettivo, le realtà locali e la nascita di nuove figure professionali.

Il caso della Comunità energetica solidale di Napoli Est a San Giovanni a Teduccio, racconta, infatti, una storia di riscatto sociale grazie all’energia rinnovabile prodotta da un impianto solare fotovoltaico da 53 kW. Un progetto che ha richiesto un investimento di circa 100mila euro, finanziato da Fondazione con il Sud e promosso da Legambiente e dalla comunità locale Fondazione Famiglia di Maria. Grazie ai circa 65mila kWh di energia elettrica prodotta dall’impianto, di cui il 18% andrà in autoconsumo alla Fondazione che vedrà ridurre il peso economico della bolletta elettrica, la parte restante viene condivisa con le 40 famiglie locali (attualmente 20 in attesa dello sblocco di alcune criticità burocratiche recentemente avvenute) e che vivono in un contesto di grave disagio sociale. Un progetto che oltre a portare un beneficio economico di circa 200 euro l’anno, vede le famiglie coinvolte in un percorso di sensibilizzazione e di maggiore consapevolezza dei temi energetici, al fine di efficientare i benefici della comunità. Un territorio noto generalmente alle cronache certamente per altre ragioni, ma che in questi anni ha non solo visto grande attenzione finendo su giornali e tv di tutto il mondo. Ma ha visto anche uno dei bambini coinvolti nella comunità Energetica diventare Alfiere della Repubblica.

Il punto sull’iter normativo

Le Comunità Energetiche Rinnovabili rappresentano una straordinaria occasione di innovazione e riduzione dei costi energetici per imprese e famiglie. Un valore riconosciuto in tutto il mondo politico ma che purtroppo sconta grazi ritardi. Infatti, sebbene siano stati fatti alcuni passi avanti importanti nel momento in cui scriviamo, ancora tante le criticità aperte, a partire da uno degli elementi più importanti: gli incentivi. Dopo le consultazioni aperte dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica a fine novembre dello scorso anno, ad oggi ancora un nulla di fatto. Anzi, il Ministro Gilberto Pichetto Fratin in un recente evento pubblico ha dichiarato la volontà di rivedere il meccanismo proposto basato su tariffe premio calcolate in base alle aree geografiche (quindi sulla capacità produttività degli impianti) e sulla percentuale di energia condivisa, il 70%, che determinava, in base alla proposta, se l’energia dovesse essere venduta sul mercato o ritirata dal GSE. Un tema apparentemente banale, ma che determina la salvaguardia dello spirito delle comunità energetiche, nate non solo per contribuire agli obiettivi climatici, ma anche e soprattutto per portare benefici sociali ed economici nei territori. Una marcia indietro che rischia di allungare ancora di più i tempi di attesa per chiudere l’iter normativo, in ritardo ormai di otto lunghi mesi, in cui si sono rimandate opportunità di sviluppo in grado di portare benefici immediati alle famiglie e alle imprese costrette invece a pagare bollette salate.

Concluso, in parte e non senza criticità, invece il lavoro di Arera – L'Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, che svolge attività di regolazione e controllo nei settori dell'energia elettrica, del gas naturale, dei servizi idrici, del ciclo dei rifiuti e del telecalore promuovendo la concorrenza e l'efficienza nei servizi di pubblica utilità – che a fine 2022, con ben nove mesi di ritardo, ha pubblicato la tanto attesa Delibera 27 dicembre 2022 727/2022/R/eel attraverso la quale vengono definite le ultime regole e formule di autoconsumo di energia da fonti rinnovabili. Tra le novità più interessanti, l’introduzione di una nuova figura di autoconsumo collettivo a distanza che si affianca alle formule più tradizionali di autoconsumo – singolo a distanza fisico o virtuale –. Grazie a questa delibera, infatti, sarà possibile organizzarsi come "gruppo di clienti attivi che agiscono collettivamente" ma con la possibilità di localizzare l'impianto da fonti rinnovabile al di fuori dell'area di pertinenza del condominio. Una novità importante soprattutto per quei contesti in cui ancora oggi è vietata l’installazione di pannelli solari, vedi gli edifici direttamente tutelati o quelli che si trovano in aree di pregio. O dove la copertura non sarebbe sufficiente a garantire una buona produzione rispetto ai consumi collettivi o per ragioni legate allo spazio disponibile o di esposizione. Uno strumento importante che allarga le maglie delle opportunità per gli autoconsumatori.

Un passo avanti importante, ma da tenere sotto osservazione nel suo iter, è la semplificazione introdotta dell'individuazione dei perimetri delle cabine primarie. Tema su cui, fin dall’inizio, sono nate tante criticità proprio per la difficoltà ad avere informazioni necessarie alla costituzione delle comunità energetiche rinnovabili mettendo sotto accusa i diversi distributori per lentezza, e su cui, finalmente, sono state definite alcune importanti scadenze. Infatti, entro il 28 febbraio 2023 i distributori dovranno pubblicare sui rispettivi portali una mappa liberamente consultabile dei perimetri necessari ad identificare le comunità energetiche. Su tale perimetri sarà possibile mandare osservazioni entro il 31 maggio dello stesso anno. Ulteriori tappe sono il 30 luglio 2023 data entro la quale i distributori dovranno inviare al GSE i layer definitivi delle loro mappe, fino poi ad arrivare alla scadenza del 30 settembre 2023 quando il GSE dovrà pubblicare sul proprio portale la mappa integrata nazionale con tutti i perimetri delle cabine primarie. Sebbene il percorso della mappatura si concluderà in ulteriore nove mesi, importante che Arera abbia dato trovato una modalità intermedia che consentisse ai territori di potersi muovere fin da subito e far nascere tante nuove realtà di autoconsumo. Ma in questi mesi sarà fondamentale anche monitore i parametri che verranno presi in considerazione per la loro definizione. Per meglio sviluppare le potenzialità di queste realtà non bisognerà prendere in considerazione solo la configurazione della rete, infrastruttura che nei prossimi anni dovrà necessariamente essere implementata, su grande e piccola scala, per il raggiungimento degli stessi obiettivi climatici, ma anche di come sono fatte città, quartieri e territori.

Una novità interessante introdotta da Arera è la possibilità di creare configurazioni di comunità energetiche su più cabine primarie tutte sotto lo stesso soggetto giuridico. Una possibilità che nasce da una delle esperienze territoriali più interessanti sviluppate nel nostro Paese quella della CER Nuove Energie Alpine delle Valli Maira e Grana, ovvero la prima la comunità energetica di area vasta per lo sviluppo delle rinnovabili in montagna nata nel cuneese grazie al progetto Smart Land e Comunità Energetica portato avanti dalle due Unioni montane e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo che nel 2021 hanno dato vita all’associazione a gestione interamente pubblica “Comunità Energetica Valli Maira e Grana – CEVMG” che gestisce il settore energia per i 22 Comuni aderenti alle Unioni montane. Con l’approvazione della Legge sperimentale inserita nel Milleproroghe 2020 la CEVMG ha deciso di attivarsi per promuoverle la diffusione delle rinnovabili all’interno del proprio territorio dando vita, insieme ad altri quattro co–fondatori (i Comuni di Busca, Villar San Costanzo, Macra e Pradleves), all’associazione “CER Nuove Energie Alpine”. La grande novità di questa esperienza risiede proprio nel fatto che questa Comunità Energetica Rinnovabile riunisce sotto di sé diverse configurazioni di energia condivisa, che in condizioni “normali” sarebbero state comunità energetiche gestite separatamente in Comuni serviti da cabine primarie differenti. Dal punto di vista tecnico, le due configurazioni di energia condivisa si trovano a Busca e a Villar San Costanzo e sono gestite attraverso un'unica piattaforma Cloud e IoT. In particolare, la configurazione di Busca vede tre soggetti partecipanti serviti da un impianto fotovoltaico da 20 kW di potenza installato sulla bocciofila e accoppiato ad un sistema di accumulo da 15 kWh per la fornitura serale della struttura e di una colonnina di ricarica per veicoli elettrici. Da 20 kW anche l’impianto solare con accumulo che alimenta la linea di illuminazione pubblica, una piccola attività commerciale e il magazzino del Comune di Villar San Costanzo.

Uno dei temi più delicati e che ha portato a grandi e importanti discussioni e critiche nei confronti del Governo è quello legato all’accesso agli incentivi. O meglio a quali impianti hanno diritto di accesso al sistema incentivante che il Decreto Legislativo 199/2021 stabiliva, all’articolo otto, come gli impianti che “entrano in esercizio in data successiva a quella di entrata in vigore del presente decreto” e che il MASE nella proposta portata in consultazione spostava invece a quegli impianti i cui lavori di realizzazione fossero iniziati solo dopo la pubblicazione del decreto incentivi, mettendo fin da subito in ginocchio il settore delle comunità energetiche rinnovabili. Tante, infatti, sono le esperienze che si sono portate avanti nella nascita delle nuove realtà in attesa del decreto incentivi. Una criticità che l’Arera dovrebbe aver sistemato ribadendo come ad aver diritto agli incentivi siano tutti gli impianti i cui lavori di realizzazione sono iniziato dopo il Decreto 199 del 2021. Fondamentale che il MASE prosegua su questa indicazione, infatti, non si può non tenere conto che gli incentivi sono in ritardo di nove mesi, e che il decreto 199 dava indicazioni specifiche su questo punto, su cui non si può tornare indietro senza mettere in difficoltà Amministrazioni, cittadini e imprese, stimolati dal valore che queste nuove realtà energetiche possono portare in termini di vantaggi sociali e ambientali ma anche dal contributo allo sviluppo arrivato dagli strumenti già introdotti da Regioni, Comuni e bandi, come PNRR e Aree del Sisma del Centro Italia, che hanno ulteriormente stimolato numerose comunità locali a sviluppare le CER in questi mesi di attesa. Senza dimenticare la necessità di normare gli incentivi anche per il revamping degli impianti da fonti rinnovabili fino a 1 MW.

Insieme al tema degli incentivi, che ricordiamo essere un elemento fondamentale per il pieno sviluppo di queste realtà, rimangono aperte altre tre questioni importanti. La prima legata alla possibilità per i Piccoli Comuni, in cui sono presenti due o più cabine primarie, di sviluppare un’unica comunità energetica, così come consentito nelle Isole Minori. Una questione tecnica di non poco conto, considerando non solo le difficoltà di queste Amministrazioni ma anche il tessuto identitario di questi territori, dove lo sviluppo di due o più comunità rappresenterebbe solo un grande limite. Senza considerare che è davvero incomprensibile come questa possibilità sia stata data alle Piccole Isole e non ai Piccoli Comuni, e a tutte quelle realtà identitarie come Comunità montane e Parchi. La seconda questione aperta è invece legata allo scorporo in bolletta, tema importante soprattutto legato ai benefici percepibili dai diversi utenti e su cui Arera ha rimandato le soluzioni ad un Decreto ad hoc, senza però indicare tempi di esecuzione. Quello dello scorporo diretto sulla bolletta è sicuramente un tema importante soprattutto considerando, in questa fase di emergenza energetica e di prezzi alti, la differenza tra l’anergia acquistata dalla rete e quella venduta e incentivata attraverso la comunità energetica. Prendendo come esempio 1.000 kWh di energia condivisa da una delle utenze della comunità, considerando il ritiro del GSE a 80 euro a MWh, l’incentivo di 110 euro e senza scorporo in bolletta quei 1.000 kWh, seppur condivisi, verrebbero pagati lo stesso in bolletta e al prezzo attuale dell’energia (senza considerare gli oneri di sistema attualmente eliminati dalle bollette) avrebbero un costo di circa 420 euro. Kilowattora che sarebbero però valorizzati dal GSE – tra ritiro e incentivo – per 190 euro, facendo perdere un vantaggio economico di 230 euro. Svantaggio questo che si assottiglia quando le comunità condividendo più del 70% dell’energia prodotta possono venderla sul mercato, ad un prezzo sicuramente più altro di quello del ritiro del Gestore dei Servizio Energetici. Tema delicato quello scorporo, soprattutto considerando che se tutto fosse valorizzato attraverso lo sconto diretto in bolletta si rischierebbe però di toccare l’anima delle Comunità Energetiche, limitando i vantaggi a solo quelli economici e il senso stesso di Comunità in grado, attraverso il soggetto giuridico energetico, di portare anche vantaggi ambientali e sociali, magari anche attraverso investimenti nel territorio. Un tema quindi sicuramente importante ma su cui andrà trovata una formula che sappia tenere dentro i vantaggi ma anche lo spirito comunitario.

Ultima questione aperta, certamente non per importanza, riguarda la possibilità di condividere e scambiarsi energia termica. Possibilità questa inserita anche nel Decreto Legislativo ma che Arera sembra aver totalmente dimenticato, nonostante l’incidenza in bolletta e le esperienze di successo rappresentate dalle cooperative energetiche storiche come quella di Dobbiaco e Prato allo Stelvio, entrambi i Comuni in Provincia di Bolzano. Opportunità questa che dovrà essere regolamentata al più presto non solo per dare nuovi strumenti ai territori, ma anche per valorizzare fonti rinnovabili come la geotermia e le bioenergie che lato termico possono dare un importante contributo.

Conclusioni

Puntare sull’autoproduzione da fonti rinnovabili ha indubbiamente numerosi vantaggi, di cui, anche se in forme diverse, le cooperative energetiche storiche del nord Italia – da Dobbiaco a Prato allo Stelvio – sono un valido esempio. Non solo in termini di indipendenza e sicurezza energetica, ma anche in termini di gestione dell’intera filiera – dalla produzione alla distribuzione –, e dal punto di vista ambientale e climatico grazie alla riduzione delle emissioni inquinanti e climalteranti. Oltre che dal punto di vista di innovazione territoriale, di investimenti, coesione sociale e migliore qualità della vita, con una riduzione media delle bollette energetiche di circa il 30% rispetto alla media italiana. I questi territori, infatti, le cooperative energetiche locali, costituite da cittadini e cittadine, Amministrazione e imprese gestiscono l’intera filiera energetica, rete elettrica e termica compresa, alimentata da un mix di tecnologie rinnovabili: solare, idroelettrico, biomasse. Un locale vincente soprattutto per le fasce di popolazione più in difficoltà, cresciute con l’emergenza sanitaria e la crisi energetica. Lo sviluppo di politiche di autoproduzione energetica, insieme a politiche spinte di efficienza energetica, rappresentano le migliori politiche di welfare per le famiglie, in grado non solo di contribuire alla riduzione dei costi in bolletta ma anche di migliorare la vita sociale degli appartenenti.

Va infatti ricordato che le stesse finalità delle Comunità Energetiche Rinnovabili – soggetti giuridici con la finalità di portare benefici ambientali e sociali alla comunità stessa – saranno da stimolo per gli aderenti a partecipare ad una vita comunitaria, trasformandosi in cittadini sempre più consapevoli e attivi. Ma anche capaci di individuare necessità e soluzioni.

Un secondo importante impatto è quello ambientale. Sono circa 22 i potenziali nuovi gigawatt di potenza realizzabili attraverso esperienze di autoconsumo diffuso. Un contributo che vale il 26% dell’obiettivo complessivo di sviluppo di fonti rinnovabili da qui al 2030, pari a 84 GW. Numeri importanti e che si inseriscono in un settore, quello edilizio, inefficiente e responsabile di oltre il 20% delle emissioni climalteranti del nostro Paese. Fondamentale, infatti, il contributo che queste realtà potranno dare al processo di decarbonizzazione di questo settore e di elettrificazione dei consumi termici. Un processo che può portare alla riduzione delle emissioni di CO2 al 2030 di circa 47,1 milioni di tonnellate.

Un vantaggio che si aggiungerebbe, secondo lo studio Elemens – Legambiente, alla creazione di almeno 19mila nuovi posti di lavoro nel settore, che si affiancherebbero a quelli generati dallo stimolo nella formulazione di progetti a forte matrice sociale e ambientale, della tutela e valorizzazione del territorio da parte di enti locali, cittadini e PMI. Basti pensare ai numerosi edifici abbandonati e/o fatiscenti, alle necessità di rigenerazione e riqualificazione di interi quartieri, ai territori addirittura abbandonati, come purtroppo spesso avviene nelle aree rurali interne che trovano ora l’opportunità di un nuovo rilancio grazie ad opere di ristrutturazione, recupero ed efficientamento energetico, e ai nuovi sistemi energetici.

Senza considera che il completo recepimento sfruttamento del potenziale realizzabile sarebbe in grado di generare investimenti in nuova capacità rinnovabile stimati in circa 13,4 miliardi di euro entro il 2030. Investimenti che sarebbero in grado di generare ricadute economiche sulle imprese italiane attive lungo la filiera delle rinnovabili pari a circa 2,2 miliardi di euro tra costruzione gestione degli impianti, e un incremento del gettito fiscale stimato in circa 1,1 miliardi di euro.

Dal punto di vista tecnologico, numerose sono le considerazioni progettuali che possono essere fatte in questo ambito. Partendo dall’installazione di un classico impianto fotovoltaico per la produzione di energia elettrica condivisa, al quale si può abbinare un sistema a basso impatto ambientale per il riscaldamento e / o raffrescamento degli edifici, come le pompe di calore o sistemi di stoccaggio dell’energia, come gli accumulatori elettrochimici (batterie e supercondensatori).

Sitografia

Direttiva UE 2001/2018 – https://eur–lex.europa.eu/legal–content/it/LSU/?uri=CELEX%3A32018L2001

Milleproroghe 2020 – https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2021/03/01/21A01259/sg

Decreto Legislativo 199/2021 – https://cdn.qualenergia.it/wp–content/uploads/2021/12/decreto–RED–II–Gazzetta.pdf

TIAD – https://www.arera.it/allegati/docs/22/727–22alla.pdf

Il contributo delle Comunità Energetiche alla decarbonizzazione – https://www.legambiente.it/rapporti–e–osservatori/il–contributo–delle–comunita–energetiche–alla–decarbonizzazione/

Le comunità energetiche come motore di innovazione e resilienza del sistema energetico – https://www.legambiente.it/wp–content/uploads/2021/07/studio–elemens–comunita–energetiche.pdf

Ridurre le bollette accelerando la transizione ecologica – https://www.legambiente.it/wp–content/uploads/2021/11/ForumQualenergia_studio–Elemens2021_Legambiente.pdf

La Guida delle Comu8nità Energetiche Rinnovabili e Solidali – https://www.comunirinnovabili.it/wp–content/uploads/2022/03/guida–comunita%CC%80–energetiche–WEB–1.pdf

Arera Delibera 27 dicembre 2022 727/2022/R/eel – https://www.arera.it/allegati/docs/22/727–22alla.pdf

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