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ISSN 2282-1694
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Numero 1 / 2023

Saggi

Co-progettare la Co-programmazione e la Co-progettazione: una ricognizione nel territorio toscano

Gianna Vignani

I risultati di una ricerca-intervento

Abstract

Il presente contributo sintetizza i risultati del percorso progettuale denominato “Co-progettare la Co programmazione e la Co-progettazione: una ricognizione nel territorio toscano” realizzato nel 2022 da Rete UP Umanapersone, Legacoop sociali Toscana (Dipartimento area welfare) e Confcooperative Federsolidarietà Toscana. A partire dalla ricerca-intervento realizzata, nelle conclusioni vengono presentate alcune proposte finalizzate a supportare il percorso di attuazione degli istituti dell’amministrazione condivisa, sperando così di contribuire in maniera utile e costruttiva ad un percorso di crescita che richiede l’impegno di tutti gli stakeholders coinvolti, in particolare le PP.AA., gli ETS, e tra questi la cooperazione sociale.

Keywords: co-progettazione, co-programmazione, amministrazione condivisa, ricerca-intervento.

DOI: 10.7425/IS.2023.01.06

L’iniziativa: perché una ricerca-intervento

L’entrata in vigore della riforma del Terzo Settore, la sua preparazione-implementazione regionale, la giurisprudenza intervenuta sugli istituti di cui all’art. 55 del Codice del Terzo settore (CTS), l’allargamento-estensione del metodo a modalità di rapporto privato-privato, fanno della co-programmazione e co-progettazione elementi chiave del futuro delle relazioni tra le Pubbliche Amministrazioni (PP.AA.) e Enti di Terzo settore (ETS), nonché tra attori finanziatori di varia natura e gli stessi.

È piuttosto intuitivo che ciò debba rappresentare un punto prioritario nell’agenda degli enti che a vario titolo si rapportano con imprese sociali, ma come affrontare i temi in modo da offrire effettivamente un contributo utile?

Su questo interrogativo si sono ampiamente confrontati i promotori dell’iniziativa in oggetto: Rete UP Umanapersone[1], Legacoop sociali Dipartimento area welfare della Regione Toscana[2] e Confcooperative- Federsolidarietà Toscana[3].

È quindi emersa l’idea di approfondire l’evoluzione delle pratiche realizzate, o in fase di realizzazione, all’interno della Regione Toscana, con i seguenti obiettivi:

  • favorire la conoscenza e diffusione delle prassi virtuose e/o delle esperienze problematiche, al fine di far crescere una maggior consapevolezza nella comunità dei soggetti interessati;
  • fare sintesi rispetto a ciò che avviene nelle diverse aree territoriali regionali, per colmare quel vuoto comunicativo che nella gestione delle incombenze quotidiane talvolta non consente di attivare sinergie efficaci a fare “massa critica”;
  • offrire un contributo integrativo e complementare rispetto alle numerose iniziative istituzionali già attivate o in procinto di attivazione;
  • accompagnare il percorso di maturazione regionale per l’attuazione efficace degli istituti dell’amministrazione condivisa (in tale senso “co-progettare la co-programmazione e co-progettazione”).

In termini di output ciò ha portato ad elaborare, al termine del percorso, un documento programmatico contenente indicazioni e suggerimenti per supportare le future politiche sia della Regione Toscana che a livello nazionale.

Dal punto di vista metodologico si è trattato di una ricerca-intervento. Partendo dall’analisi delle tendenze emergenti dagli avvisi di bandi raccolti, ovvero dall’attuale concretezza applicativa degli istituti di cui all’art. 55 CTS, si è strutturato un percorso di indagine attraverso un questionario semi strutturato e auto somministrato ai rappresentanti di otto enti partecipanti, i cui risultati sono confluiti in due workshop dedicati alla loro restituzione, allo scambio delle esperienze campionate per rappresentare i diversi territori di intervento, al confronto fortemente radicato nella effettività delle stesse, con la partecipazione di esperti e stakeholder a diverso titolo coinvolti[4].

I principali elementi distintivi della proposta possono essere riassunti ne:

  • l’utilizzare un approccio multi-stakeholder, coinvolgendo non solo esponenti della cooperazione sociale ma anche altri enti di secondo e terzo livello appartenenti al mondo del Terzo settore e della ricerca accademica;
  • l’adottare un approccio di conoscenza- animazione finalizzato ad offrire una “spinta gentile”[5] alla discussione pubblica sulla comprensione dell’applicazione degli istituti giuridici sopra richiamati da parte dei soggetti direttamente o indirettamente coinvolti.

Così, nell’ambito del primo dei due workshop organizzati, larga parte è stata dedicata proprio all’ascolto, all’analisi e alla sistematizzazione di tali esperienze. Mentre nel secondo si sono approfondite alcune delle soluzioni tecnico giuridiche ai problemi evidenziati.

Il percorso fatto: dall’iniziativa interna di UP Umanapersone al coinvolgimento delle Centrali cooperative toscane

Il percorso sui temi dell’amministrazione condivisa è iniziato all’interno della Rete UP Umanapersone intorno alla seconda metà del 2020. Tra le varie aree di intervento della Rete, denominate Cantieri, una delle più importanti riguarda senz’altro la Riforma del Terzo Settore e lo studio dell’evoluzione dei rapporti con le PP.AA.

In un contesto caratterizzato da cambiamenti sociodemografici complessi, dalla contrazione delle risorse disponibili e da un quadro normativo estremamente incerto e variegato, la finalità di questa linea di attività è quella di fornire i driver fondamentali per orientare l’azione strategica delle imprese sociali verso la ricerca di soluzioni pubblico-private innovative ed integrate. Ciò assume particolare centralità nella prospettiva del ripensamento dei sistemi di welfare che la pandemia da Covid-19 ha imposto come primaria sfida per i policy makers.

Nel definire le specifiche attività da svolgere si è cercato di considerare tre requisiti:

  • complementarietà, rispetto a quanto già è stato fatto e stanno facendo i vari Osservatori, sia a livello regionale che nazionale;
  • territorialità, da intendersi come adozione di un approccio bottom-up, che parta “dal basso” per individuare soluzioni nella cornice normativa di riferimento;
  • specificità, nell’ottica di approfondire problematiche anche molto particolari, perché legate ad un determinato territorio o perché altrove scarsamente approfondite.

Le attività intraprese sono di vario tipo. La prima, riguarda la creazione ed implementazione di un database regionale di bandi-avvisi (relativi tanto a servizi di assistenza domiciliare, quanto a servizi residenziali/semiresidenziali e educativi) creato per consentire nel medio-lungo periodo l’analisi comparata degli stessi, nonché la promozione, sulla base delle evidenze disponibili, di soluzioni che contribuiscano al miglioramento del sistema di affidamenti alle imprese sociali. Nell’ottica della valorizzazione del patrimonio umano ed esperienziale a disposizione, il lavoro ha visto il pieno coinvolgimento degli Uffici Progetto delle cooperative afferenti alla Rete UP Umanapersone.

La seconda riguarda l’emersione e lo studio di criticità e/o best practices a livello locale.

Terza e rilevante linea di lavoro riguarda l’organizzazione di una serie di momenti di approfondimento tematico.

L’ultima linea rappresenta la messa a sistema di tutto ciò che emerge dalle precedenti e consiste nella individuazione dei trend dell’evoluzione del sistema delle esternalizzazioni ed affidamenti.

Tenuto conto delle molteplici variabili in gioco e delle sfide socioeconomiche che la crisi sanitaria ha reso evidenti e davvero urgenti da affrontare, il compito è risultato alquanto complesso.

A partire dai primi mesi del 2021 l’iniziativa del database regionale dei bandi-avvisi è stata orientata pressoché in via esclusiva al monitoraggio di quelli regionali o locali che facessero ricorso agli istituti dell’amministrazione condivisa. Al contempo, sono stati organizzati vari momenti di approfondimento dedicati a capire l’evoluzione giurisprudenziale e del dibattito pubblico a livello nazionale.

A seguito della sentenza della Corte Costituzionale, n. 131/2020, infatti, si è registrato, quantomeno in Regione Toscana, un timido ma progressivo superamento delle sacche di resistenza rispetto agli istituti della co-programmazione e co-progettazione che si erano consolidate nei mesi precedenti, essenzialmente per il clima di incertezza che il dibattito aveva sollevato[6].

Pur continuando a permanere dubbi, si era osservato che alcune PP.AA. avevano ricominciato[7] effettivamente a far ricorso, anche se per finalità differenti, all’istituto della co-progettazione attuando altresì procedure spesso molto diverse le une dalle altre.

Da qui l’interesse e l’utilità del monitoraggio e dell’analisi delle prassi applicative, in un’ottica di supporto ed integrazione rispetto ad altre iniziative promosse sul tema.

In prima battuta sono stati raccolti una quindicina di avvisi pubblicati in diversi territori della regione. L’ analisi dei primi risultati del percorso ha fatto maturare l’idea di condividerli con le Centrali di rappresentanza della cooperazione sociale e questa sinergia ha reso possibile l’attuazione di un progetto più strutturato di sviluppo di tale lavoro.

Il contesto dell’implementazione della co-programmazione e co-progettazione

Framework normativo regionale

L’attuale assetto normativo regionale in materia di amministrazione condivisa risulta piuttosto articolato e variegato[8], ma in estrema sintesi e per quello che maggiormente è funzionale alla presente trattazione, possiamo dire che si fonda su due fonti principali, declinazione regionale della cornice-quadro costituita dalla normativa nazionale.

La prima è la Legge Regionale 31 ottobre 2018, n. 58/2018, recante “Norme per la cooperazione sociale in Toscana[9], che va ad abrogare la precedente L.R. n. 87/1997. Tale legge recepisce gli istituti in questione. Non ci soffermeremo nella trattazione puntuale delle disposizioni normative dedicate all’amministrazione condivisa, ma ci limiteremo a due brevissimi cenni. In relazione alla co-programmazione, citata all’art. 14, la norma statuisce un impegno della Regione a favorire il coinvolgimento degli ETS anche attraverso la stessa. Statuisce altresì un principio di effettività della partecipazione e chiarisce che la co-programmazione, oltre a quanto previsto dall’art. 55 comma 2 CTS deve mirare a rilevare i bisogni della comunità di riferimento, le possibili azioni da intraprendere, le risorse disponibili, nonché tempi e modalità di coinvolgimento degli ETS. Dal testo non emergono indicazioni aggiuntive in ordine al rapporto tra co-programmazione e programmazione regionale o locale, ma attraverso il rinvio all’art. 2 della medesima legge, sembra che l’orientamento sia nel senso dell’integrazione dei processi.

Riguardo alla co-progettazione, poi, c’è un sostanziale recepimento di quanto indicato all’art.55 CTS, con le seguenti precisazioni: (i) si chiarisce che la procedura di co-progettazione può essere intrapresa su iniziativa dei soggetti di Terzo settore, conformemente a quanto prevede la legge generale sul procedimento amministrativo (ossia la L. n. 241/1990); (ii) si accenna al fatto che la procedura di co-progettazione si concluderà con la stipula di una convenzione, che vede l’ente pubblico ed il privato in rapporto di partnership con responsabilità e risorse condivise e non in rapporto di committente- aggiudicatario.

Al di là della specifica tecnica normativa, è importante ribadire il peso politico che tale legge regionale ha assunto anche a livello nazionale. Infatti, la sua adozione ha coinciso proprio col periodo di massima tensione del dibattito sollevato da ANAC in relazione ai rapporti tra Codice del Terzo settore e Codice dei Contratti Pubblici (CCP) ed ha rappresentato una chiara presa di posizione del riconoscimento del ruolo del Terzo settore, in specie della cooperazione sociale, nei processi di definizione e costruzione delle politiche pubbliche di welfare sociale[10].

Il secondo pilastro normativo regionale è costituito dalla Legge Regionale 22 luglio 2020, n. 65, recante “Norme di sostegno e promozione degli Enti del Terzo settore toscano[11]. Questo corpus normativo si pone sostanzialmente in continuità, anche sotto il profilo del valore politico che assume, con la riforma della legge regionale sulla cooperazione. Il Capo IV è dedicato ai rapporti tra ETS e PP.AA. e l’art. 9, che apre tale Capo, così recita: “Fatte salve le discipline regionali di settore in materia di programmazione e pianificazione e l’autonomia regolamentare degli enti locali, le amministrazioni di cui all’art. 3 comma 1, assicurano il coinvolgimento degli Enti del Terzo settore anche mediante l’attivazione di procedimenti di co-programmazione, ai sensi dell’art. 55 del d.lgs. 117/2017, in relazione alle attività di interesse generale, motivando le esigenze che eventualmente impediscono l’attivazione di tale istituto”.

Si noti che quest’ultimo obbligo motivazionale manca nella disposizione di cui all’art. 55 CTS. Oltre ad una migliore definizione dei principi operanti sia nel caso di procedimento di co-programmazione che in quello di co-progettazione (artt. 10 e 13), balza all’occhio l’art. 12 che è rubricato “Affidamento di servizi” e che recita: “Qualora i soggetti di cui all’art. 3 c.1 (le PP.AA.) intendano procedere all’affidamento dei servizi mediante esternalizzazione e con riconoscimento di un corrispettivo, si applica la disciplina in materia di contratti pubblici di cui al d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50”.

In questo senso la Legge 65/2020 si pone pienamente in linea con l’impostazione sancita dalla pressoché coincidente sentenza n. 131/2020 della Corte Costituzionale, per cui il sistema degli affidamenti regolato dal Codice dei Contratti Pubblici è diverso e alternativo rispetto agli istituti dell’amministrazione condivisa.

Dal punto di vista pratico-operativo la L. 65/2020 ha individuato i principi (art. 10 e 13) che devono conformare le procedure di co-programmazione e co-progettazione, definendone una prima scansione in fasi. Tale scansione è coerente con quanto definito in sede ministeriale nel decreto recante le Linee Guida sul rapporto tra PP.AA. ed ETS del 31 marzo 2021, n. 72.

La giurisprudenza costituzionale rilevante

Altri due tasselli fondamentali che non possono essere tralasciati ai fini della definizione della normativa regionale di riferimento sono costituiti da almeno due pronunce della Corte costituzionale: le sentenze n. 131/2020 e n. 255/2020[12], che ci limitiamo in questa sede solo a citare.

Queste pronunce in qualche modo sortiscono l’effetto di placare lo scontro sul fronte del coordinamento tra CCP e CTS, quantomeno sul piano teorico, superando le posizioni sostenute da altra parte della giurisprudenza, quella amministrativa del Consiglio di Stato (CDS), cristallizzata all’interno del parere n. 1382/2018.

In effetti, proprio a seguito di tali ultimi eventi, non può non cogliersi un generale allineamento da parte dello stesso Consiglio di Stato che, prima nel 2019 e poi nel 2022, viene chiamato nuovamente a pronunciarsi in vista della pubblicazione delle nuove Linee Guida ANAC per l’affidamento dei servizi sociali. Ebbene, nel parere n. 1655/2019 i giudici di Palazzo Spada affermano che le Linee Guida in materia di affidamenti sociali non devono prevedere la disciplina degli istituti del CTS, perché appunto non rientranti nell’ambito del CCP[13]; e successivamente, con parere n. 802/2022, sottolineano come sia ormai conclamata l’emersione “… sia in sede legislativa che in sede di interpretazione giurisprudenziale … di una linea evolutiva della disciplina degli affidamenti dei servizi sociali che, rispetto a una fase iniziale di forte attrazione nel sistema della concorrenza e del mercato, sembra ormai chiaramente orientata nella direzione del riconoscimento di ampi spazi di sottrazione a quell’ambito di disciplina” (Pgf. 10.1).

La situazione della cooperazione sociale toscana

Il contesto in cui è maturata l’idea di promuovere il progetto è quello in cui, a fronte di un quadro normativo a tratti ancora incerto, ma che aveva acquistato nel tempo maggior coerenza[14], si cominciavano a registrare le problematiche di carattere attuativo. Queste hanno mostrato quanto ancora sia lungo il cammino per l’interiorizzazione di una riforma che non si gioca solo sul piano tecnico-giuridico, ma soprattutto su quello relazionale e culturale.

Il vero nodo stava e continua a stare nel dare attuazione e consistenza effettiva al ruolo che le normative nazionale e regionale assegnano agli ETS e quindi anche alle cooperative sociali, ossia di soggetti deputati alla ideazione, costruzione e attuazione, in affiancamento alle istituzioni locali, di politiche pubbliche e progettualità innovative per il welfare sociale.

Alcune evidenze mostrano come effettivamente il raggiungimento dell’obiettivo richieda ancora del tempo. Un primo dato significativo è che a dicembre 2021 Legacoop Toscana area welfare, Confcooperative- Federsolidarietà Toscana e AGCI Toscana hanno inviato una “Lettera sulle priorità della cooperazione sociale” all’Assessorato regionale per le politiche sociali, dal quale riportiamo il seguente passaggio: “… Ciò premesso, le cooperative sociali continuano a trovarsi ad affrontare un sistema che presenta significative differenze nei comportamenti, negli approcci, nonché nelle modalità di affidamento dei servizi da parte delle stazioni appaltanti toscane (EE.PP.,ESTAR/AASSLL/SSddSS[15]). Un’inadeguatezza del sistema delle regole concernente non solo le modalità di affidamento dei servizi, ma anche il ruolo assegnato alla cooperazione sociale (gare al “max ribasso” o con previsione di formule di aggiudicazione tali da eludere o sminuire la valenza degli elementi qualitativi rispetto al “prezzo” e conferire rilievo decisivo e determinante a quest’ultimo; compressione dei costi declinabile in basi d’asta incapienti che non tengono in debita considerazione i costi orari come da tabelle ministeriali del costo del lavoro; mancato riconoscimento degli incrementi tariffari conseguenti all’adeguamento ISTAT o al recupero dei costi contrattuali; richieste di cosiddette ‘migliorie’ che anziché incidere sugli aspetti qualitativi producono ribassi surrettizi; ecc. ecc.).”

Il passaggio è riferito specificatamente alla attuazione di una previsione contenuta all’interno della L.R. n. 58/2018 sulla cooperazione sociale toscana, ma le difficoltà ivi espresse sono rappresentative del ruolo che allo stato attuale viene riconosciuto ad essa sul fronte della implementazione dei sistemi di welfare locali.

Un’altra serie di dati si possono trarre dal report sulla situazione della cooperazione sociale regionale recentemente pubblicato dal Cesvot, Centro Servizi per il Volontariato della Toscana[16]. Da un lato, emerge come solo il 20% del campione selezionato (ossia 115 su 574 cooperative sociali toscane) abbia risposto alla domanda volta ad esplorare l’impegno della co­operazione nella funzione di advocacy nei tavoli regionali e territoriali in cui si definiscono le linee progettuali di intervento. Tutti i rispondenti hanno dichiarato di non aver partecipato, negli ultimi anni, a iniziative di definizione delle politiche territoriali.

Dall’altro, risulta che le difficoltà legate all’attuazione della legge regionale sulla cooperazione sono essenzialmente causate dalle resistenze che impediscono alle cooperative di essere riconosciute, da parte delle amministrazioni, come un soggetto essenziale nella realizzazione del welfare territo­riale. Da tale scarso riconoscimento deriva anche una notevo­le 'fatica' ad essere coinvolti all’interno dei luoghi deputati al confronto e al dialogo comune e condiviso con le istituzioni pubbliche, criticità segnalata da molte coo­perative rispondenti.

Sul fronte della co-progettazione la situazione risulta leggermente migliore, nel senso che al­cune cooperative sono molto attive e partecipano a molte iniziative, come quelle volte al contra­sto della povertà educativa, ai tavoli sulla marginalità sociale, sull’integrazione sociale dei migranti e dei minori non accom­pagnati. Tuttavia, non può dirsi prassi diffusa e consolidata, in quanto persistono significative disomogeneità a livello regionale. Di seguito si riporta la tabella di riepilogo relativa alle difficoltà riscontrate in merito all’attuazione della sopra citata legge regionale sulla cooperazione sociale, da cui si evince che la quota di cooperative che riscontrano criticità negli istituti dell’amministrazione condivisa è pari a quella delle cooperative che evidenziano criticità nell’affidamento di servizi[17].

Tabella 1. Frequenze di difficoltà attuazione LR.

Se si combinano insieme co–programmazione con co–proget­tazione, esse sono segnalate come ambiti di difficoltà realizza­tive da quasi il 40% delle cooperative, in particolare tra quelle della Toscana Sud-Est e quella della Toscana Nord-Ovest. Dal report emerge che il fattore critico di attuazione della suddetta legge regionale riguarda proprio il fronte della collaborazione tra ETS ed istituzioni; in particolare, si segnalano “scarsa collaborazione” e “scarso coinvolgimento”, così come la difficoltà di definire chiaramente il ruolo e le condizioni di coinvolgimento dei diversi soggetti impegnati nei processi di co–progettazione. Su questo riportiamo un estratto particolarmente significativo del Report: “Più in generale, dalle risposte alla domanda aperta, viene se­gnalato come gli enti pubblici non abbiano ancora del tutto compreso quale sia lo spirito della co–progettazione che risie­de nella definizione comune dei bisogni e degli interventi. Alla base di questa incomprensione, c’è l’idea diffusa nelle istituzio­ni, secondo alcuni rispondenti, che le cooperative rappresentino unicamente dei meri soggetti erogatori di servizi e non come soggetti capaci di sviluppare – anche e soprattutto – un orientamento di pensiero progettuale sul welfare locale. Nel contempo, si segnala una rilevante difficoltà sia nello spiegare sia nel far comprendere la specificità delle cooperative e del loro ruolo nel sistema di welfare.

Altri ancora indicano aspetti tecnici, come il gap esistente tra la necessità di dare risposte effettive ai bisogni dei cittadini e i temi necessari per la costruzione di interventi e soprattut­to il loro finanziamento. Inoltre, alcuni denunciano l’esistenza di processi di tipo preferenziale e clientelare nei rapporti tra cooperazione e amministrazioni pubbliche, nei quali spesso i consorzi agiscono come veri e propri “monopoli”[18].

Un ultimo dato, del tutto coerente con il quadro già delineato, emerge anche dall’analisi del campione raccolto nel database degli avvisi realizzato dalla Rete UP Umanapersone. Si tratta di un panorama di esperienze altamente frammentario, vario e a tratti addirittura confusionario. Talvolta, infatti, la portata cogente di alcune delle disposizioni sopra richiamate rimane del tutto inapplicata, talaltra addirittura si traduce in una serie di iniziative del tutto eccentriche e fuori contesto[19]. In questo senso “è possibile rintracciare taluni bandi di gara competitivi che “ibridano” disposizioni tipiche delle procedure concorrenziali con gli istituti della co-progettazione e della co-programmazione. Sebbene i giudici amministrativi abbiano riconosciuto, da un lato, la legittimità di clausole che contemplano anche forme di apporto di risorse aggiuntive da parte dei concorrenti e, dall’altro, la possibilità che la co-progettazione sia individuata nella partecipazione degli operatori ammessi a un sistema dinamico di acquisizione e che, quindi, sia l’esito di una procedura selettiva finalizzata a valutare il progetto che presenta la migliore qualità”[20].

Il percorso di ricerca-intervento

Raccolta e ascolto delle esperienze come spunto principale di riflessione

Come anticipato, il percorso di ricerca-intervento ha inteso mettere al centro le esperienze concrete. Per orientare la presentazione delle stesse in funzione degli obiettivi indicati nei paragrafi precedenti, è stato predisposto un questionario all’interno di un modulo standard finalizzato a mettere in evidenza alcuni punti considerati particolarmente rilevanti per l’inquadramento e la comprensione di ciascun caso.

I moduli autonomamente compilati dagli enti partecipanti sono stati quindi raccolti e trasmessi con anticipo ai Discussant[21] che hanno preso parte ai due workshop. Nella Tabella 2 è riportata la sinottica di tali esperienze. Per chi fosse interessato/a, esse possono essere approfondite all’interno del Dossier che raccoglie tutti gli atti del percorso fatto[22].

Tabella 2. Sinottica delle esperienze.

Breve analisi del questionario elaborato per la raccolta e l’esposizione delle esperienze

Da un punto di vista generale, si è inteso rilevare informazioni in relazioni ad aspetti o questioni che:

  • sottendono problematiche tecnico-giuridiche non ancora giunte a maturazione; 
  • sottendono problematiche interpretative ancora aperte, anche alla luce della giurisprudenza in parte scarsa e non ancora uniforme sul tema; 
  • emergono dall’osservazione di applicazioni differenziate da zona a zona, le quali paiono celare una differente cultura o sensibilità da parte delle PP.AA.;
  • valorizzano i punti di forza delle esperienze per favorirne la diffusione e, in qualche modo, la trasformazione in best practices.

Il modulo è stato suddiviso in quattro sezioni, rispettivamente dedicate a:

  1. dati identificativi dell’avviso, con particolare attenzione alla tipologia di ETS ammissibili e alle motivazioni, ove espresse, che hanno mosso la scelta della PPAA di ricorrere alla co-programmazione o co-progettazione;
  2. contenuti rilevanti dell’avviso;
  3. aspetti procedurali rilevanti;
  4. elenco dei punti di forza e delle criticità che hanno contraddistinto l’esperienza.

In ordine ai contenuti dell’avviso, è stato chiesto ai partecipanti di esporre sinteticamente la descrizione delle attività previste e, per le co-progettazioni, di precisare i punti fondamentali dello schema di progetto che normalmente le PP.AA. pubblicano unitamente all’avviso. Inoltre, è stato chiesto di evidenziare entità e natura della compartecipazione richiesta.

In relazione poi agli aspetti procedurali, di particolare interesse è risultata la verifica in ordine ai passaggi effettivamente posti in essere, da confrontare con lo schema di procedimento-tipo descritto nell’ambito delle Linee Guida Ministeriali del marzo 2021, nonché l’organizzazione e le concrete modalità di gestione dei tavoli di co-programmazione e co-progettazione (es: titolarità del coordinamento dei tavoli, modalità di individuazione dei partecipanti, mezzi per la gestione dei conflitti, ecc.).

In ordine ai punti di forza e di debolezza, la Tabella 3 riassume gli aspetti più significativi emersi, con la precisazione che le criticità indicano una tendenza e non sono ascrivibili a tutte le esperienze analizzate. 

Tabella 3. Punti di forza e di debolezza

La discussione nei due workshop ed i risultati emersi

La presentazione delle esperienze ha così costituito la base per la riflessione svolta nei due workshop tenuti il 19 aprile e 25 maggio 2022. Essi avevano lo scopo di:

  • mappare ed offrire un quadro quanto più possibile completo dei fattori che allo stato, in base all’opinione delle imprese sociali che sono state parte attiva di esperienze di amministrazione condivisa, sembrano condizionarne una piena e corretta attuazione;
  • evidenziare le correlazioni interne tra i suddetti fattori per supportare la comprensione di fenomeni complessi, che risentono inevitabilmente di una serie di variabili e contingenze legate al contesto di riferimento (maggiori dettagli nelle Conclusioni);
  • individuare, considerate le dovute precauzioni, le più opportune iniziative da intraprendere nella direzione della piena attuazione degli istituti dell’amministrazione condivisa, evidenziando in particolare quali possano essere assunte attivamente dalle imprese sociali e dalle relative centrali di rappresentanza.

Di seguito, si dà schematicamente conto delle questioni emerse.

 

I) Difficoltà di ricondurre, o ricondurre compiutamente, alcuni concetti agli istituti dell’amministrazione condivisa 

In questa sezione si intende dar conto di alcune problematiche legate al fatto che certi concetti consolidati nel diritto amministrativo e nel diritto civile risultano, allo stato, difficilmente compatibili con gli schemi di realizzazione degli istituti dell’amministrazione condivisa, con la particolare natura giuridica degli ETS imprenditoriali ed il contesto in cui questi si trovano ad operare. In particolare, due nozioni, tra loro strettamente connesse, continuano a risultare di difficile inquadramento, comprensione e attuazione:

  • concetto di “gratuità”;
  • concetto di “compartecipazione” dell’Ente di Terzo Settore.

In entrambi i casi si ha a che fare con la ostica questione del trasferimento di risorse, economiche e non, che si traduce all’atto pratico in una serie di difficoltà.

Un profilo di criticità che è emerso in alcune esperienze, che presentano invero delle peculiarità, è quello della resistenza a remunerare alcune voci di costo rispetto alle quali l’impresa sociale si aspetta una copertura da parte dell’ente pubblico, mentre quest’ultimo ritiene di non doversene fare carico.

Un esempio per chiarezza: affitto e costi di gestione e manutenzione degli immobili di proprietà della cooperativa, espressamente richiesti – questi ultimi- a titolo di cofinanziamento.

Altra esperienza che ha evidenziato un problema sotto il profilo delle risorse è quella sperimentata nella zona aretina e relativa all’attuazione dei progetti finanziabili nell’ambito della legge sul “Dopo di Noi” (L. n. 112/2016); ebbene, nel quinquennio 2017-2022 si sono succedute tre edizioni e la quota cofinanziata da parte dell’ente privato è passata dal 5% al 20%, a fronte di una progressiva riduzione della quota parte di cofinanziamento riferibile all’ente pubblico.

Da tali esempi molto concreti sorgono alcune riflessioni che sintetizziamo senza pretesa alcuna di esaustività.

In primo luogo, è d’obbligo precisare che si tratta di casistiche non generalizzabili, spesso dipendenti dalle scelte soggettive delle singole amministrazioni pubbliche/dirigenti incaricati, per ragioni – a quanto sembra dai riscontri raccolti - più legate ai limiti di risorse che a vincoli di carattere normativo.

Ciò nondimeno, la barriera dell’interpretazione giuridica è sicuramente un fattore su cui è possibile e doveroso continuare a lavorare. Talvolta continua infatti a riproporsi la questione legata al concetto di gratuità, sul quale la dottrina ha aperto la strada a posizioni meno restrittive[23] fatte proprie anche dalla prevalente prassi applicativa; tuttavia, si registra qualche sporadica pronuncia in cui i Giudici ritornano a sostenere le posizioni assunte dal Consiglio di Stato (CDS) nel 2018[24].

Degna di nota sul punto è anche la posizione recentemente assunta da ANAC nell’ambito delle Linee Guida n. 17/2022 sull’affidamento dei servizi sociali, laddove viene precisato che co-programmazione e co-progettazione sono “estranee all’applicazione del codice medesimo, anche se realizzate a titolo oneroso”[25], e dalla quale si evince un’apertura nel senso di non considerare necessariamente ogni trasferimento di risorse un corrispettivo automaticamente indice dell’esistenza di un rapporto sinallagmatico, ma di qualificarlo in base alla logica sottesa a tale rapporto, alla causa di scambio o meno, che lo caratterizza.

In generale però, si diceva sopra, oltre al problema giuridico si registra una certa urgenza da parte delle imprese sociali di risolvere con chiarezza la questione relativa a quali costi possono essere coperti con la quota di risorse messe a disposizione dall’ente pubblico in una procedura di co-progettazione. Su tale questione, che a livello pratico ha un peso specifico notevole in quanto influisce sulle determinazioni che l’impresa assumerà, nessuno degli interventi normativi succedutisi dal 2017 era entrato nel merito; oggi però, nell’ambito del D. Lgs. 121/2022, recante “Riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica”, l’art. 18 comma 3 fa espressamente riferimento al “rimborso dei costi variabili, fissi e durevoli previsti ai fini dell'esecuzione del rapporto di partenariato”, con ciò riconducendo ufficialmente al novero dei costi rimborsabili quelli fissi (e quindi le spese come l’affitto o le utenze di eventuali immobili come nel caso sopra citato) ed anche quelli durevoli (compresi gli investimenti, segnando con ciò un’ apertura che non si era mai registrata prima). È inoltre importante, per non incorrere in problematiche che potrebbe aprire le porte di qualche Tribunale, fare chiarezza sui criteri di quantificazione delle voci di spesa, soprattutto per quelle indirette[26].

Una seconda riflessione è la seguente. È stato osservato[27] che in virtù di un principio di corresponsabilità le imprese sociali sarebbero chiamate ad agire nell’ambito della co-progettazione quali vere e proprie imprese che si adoperano per reperire risorse e finanziare gli interventi e che l’attivazione di queste sinergie dovrebbe consentire di superare la logica del co-finanziamento inteso come mero conferimento risorse fine a se stesso. Ebbene, guardando alle esperienze raccontate, probabilmente questa sinergia si è realizzata solo nell’ambito della campagna vaccinale in cui è stata coinvolta ANPAS nell’Area fiorentina durante la pandemia, nella quale la situazione di eccezionale urgenza pare abbia suscitato un grande coinvolgimento della collettività, in qualche modo aiutato a ridurre i conflitti tra i vari attori ed attivato iniziative spontanee di donazione di risorse.

Normalmente però le imprese, tutte, non investono o non reperiscono risorse da investire in un progetto senza accertarsi con un sufficiente grado di attendibilità che l’investimento possa andare a buon fine e sia in grado di generare un valore.

Lo stesso accade anche quando un’impresa sociale deve decidere se rispondere o meno ad un avviso per una procedura di co-progettazione o deve interrogarsi su quali risorse possa concretamente mettere a disposizione: tale scelta, anche se mossa dal fine alto di perseguire un’utilità sociale, dipende nei fatti da una serie di valutazioni e fattori condizionanti, legati alla necessità molto concreta di trarne un’utilità, in quanto tempo, e di mantenere l’equilibrio economico-finanziario.

Tutto ciò conferma che i vincoli di risorse costituiscono un problema strutturale, ma al netto di questo, quando le pubbliche amministrazioni interpretano e attuano il concetto di co-finanziamento come una sorta di diritto ad ottenere dal privato le risorse mancanti, si finisce per alimentare la percezione che la co-progettazione, ed in generale la Riforma, siano un escamotage per ovviare a questo problema a discapito del Terzo settore.

Questa percezione, seppure non espressa in termini generali e netti, tuttavia è emersa dai riscontri offerti dalle esperienze raccontate.

Inoltre, la più che condivisibile finalità di responsabilizzazione degli ETS quali attori protagonisti e non meri attuatori delle politiche pubbliche, alla luce della quale dovrebbe essere reinterpretata la compartecipazione del privato imprenditoriale, non deve tradursi nell’aspettativa, irrealizzabile, che quest’ultimo impieghi risorse in progettualità percepite come incerte sotto più profili e quindi poco vantaggiose.

Questo perché le cooperative sociali sono prima di tutto imprese con una finalità particolare, ma non pubbliche amministrazioni tenute ad anteporre il perseguimento dell’interesse pubblico anche ai vincoli di carattere economico.

In questo senso, abbandonata la retorica della tutela dell’interesse pubblico “ad ogni costo”, anche di depauperarsi (che va a braccetto con la “gratuità” intesa in senso restrittivo)[28], da parte degli ETS, sarebbe davvero importante che tutti gli attori coinvolti, in primis le PP.AA., interiorizzassero la logica del saper dar conto del valore degli impatti che ci si attende, di quelli che con il proprio apporto si è in grado di generare e di quelli effettivamente generati, per giustificare e dimostrare quando e quanto l’amministrazione condivisa convenga.

Infatti, quanto più la co-progettazione sarà in grado di generare nuovo valore e nuove risorse, tanto più potrà risultare di interesse per l’impresa e attrarre anche risorse esterne.

E ancora prima: quanto più la co-progettazione farà parte di un piano strategico preventivamente programmato in accordo con gli ETS, tanto più quest’ultimo tenderà ad interiorizzare quegli interventi come parte integrante della propria strategia di impresa, vincendo in ultima istanza molte delle resistenze attualmente esistenti.

In questo contesto, la valorizzazione economica delle risorse ideative, del know how, della rete di relazioni messi a disposizione dal partner privato, passa attraverso il riconoscimento degli stessi quali asset strategici essenziali per l’attuazione di certe progettualità; ciò potrebbe costituire una delle leve in grado di mitigare le resistenze e, in generale, risulta coerente con un approccio più attento all’outcome che all’output.

Incidentalmente, e sempre in riferimento al concetto di compartecipazione/cofinanziamento, è opportuno dar brevemente conto di come questo possa assumere rilevanza anche nell’ottica del criterio di selezione del partner con cui avviare la co-progettazione; talvolta può infatti essere strumentalmente utilizzato per mascherare un criterio di scelta del contraente non basato esclusivamente sull’offerta tecnica, ma anche sull’offerta economica.

C’è da puntualizzare in tutta onestà che ciò è accaduto esclusivamente nell’ambito di una sola delle esperienze raccontate, da estendere però a tutte quelle realtà interessate da un filone di avvisi inaugurato nell’Area Vasta Sud Est della Regione Toscana dalla centrale unica di committenza e che sulla base di una recente delibera potrebbero rappresentare il modello di riferimento per tutte le istituzioni sanitarie della Regione.

Essa ha inteso sperimentare un modello cosiddetto innovativo di affidamento, che inserisce all’interno della procedura ad evidenza pubblica definita dal CCP una o più parentesi dedicate alla co-pianificazione e alla co-progettazione.

Rispetto ad una tale soluzione, è interessante dar conto che i giudici toscani del TAR hanno fatto rilevare una strutturale incompatibilità tra la pratica di apportare delle migliorie al servizio offerto in una logica di co-finanziamento -tipica della co-progettazione e con conseguenti oneri in capo al concorrente - ed il dichiarato criterio di aggiudicazione basato esclusivamente sulla sola rilevanza dell’offerta tecnica[29].

 

II) Problema del coordinamento “di sistema” e tra procedure di co-programmazione e di co-progettazione

Le esperienze raccontate in occasione del primo incontro svolto hanno lambito solo marginalmente l’istituto della co-programmazione, di cui si è parlato esclusivamente nell’ambito dell’esperienza fiorentina della campagna vaccinale durante l’emergenza pandemica e nell’esperienza della Misericordia di Lido di Camaiore riguardo gli interventi in ambito emergenza abitativa per i comuni della provincia di Lucca.

In quest’ultimo caso la problematica legata alla poca conoscenza dell’istituto da parte dei Comuni è stata individuata come un fattore frenante l’adesione ad una pratica che invece in molte occasioni si è rivelata davvero positiva.

Il deficit di chiarezza sullo statuto procedimentale della co-programmazione deriva anche da una sua difficile collocazione ed integrazione nel quadro degli strumenti programmatori, non solo generali, ma anche specifici per il settore sociosanitario.

La necessità avvertita, sicuramente dagli operatori economici ma presumibilmente da tutti gli stakeholder coinvolti, è quindi quella di raggiungere una coerenza di sistema.

A livello locale, questa esigenza è percepita soprattutto sotto il profilo della strategia e della visione che gli enti pubblici dovrebbero avere per definire sostanza e forma degli interventi da attuare.

Tale chiarezza di intenti, da collocarsi specificatamente nell’ambito degli strumenti di programmazione, è una necessità che sembra essere enfatizzata ed auspicata non solo tra gli ETS ma anche da una recentissima previsione normativa come quella contenuta all’art.18 comma 2 del D.Lgs. 201/2022 in materia di servizi pubblici di rilevanza economica. La norma infatti, pur ammettendo che gli enti pubblici locali possano attivare con gli ETS rapporti di partenariato per la realizzazione di specifici progetti di servizio o di intervento funzionalmente riconducibili al servizio pubblico locale di rilevanza economica, precisa che una tale scelta deve essere motivata nell’ambito degli strumenti di programmazione, in relazione alla sussistenza delle circostanze che nel caso concreto determinano la natura effettivamente collaborativa del rapporto e agli effettivi benefici che tale soluzione comporta.

Sotto altro versante, la necessità di una coerenza di sistema continua a porsi sul fronte del coordinamento tra i due sistemi normativi di riferimento: Codice del Terzo settore (CTS), da un lato, e Codice dei Contratti Pubblici (CCP), dall’altro.

Se non si erra rispetto al senso più profondo della co-programmazione, questa dovrebbe rappresentare la sede naturale nella quale eseguire o quantomeno orientare questa scelta, delineando obiettivi da realizzare ed azioni da intraprendere a tal fine.

La scelta di ricorrere all’esternalizzazione piuttosto che a forme di partenariato, che dalle Linee Guida Ministeriali viene definita come esclusivamente politica, in verità dovrebbe essere orientata da valutazioni concrete e da oggettivi dati di contesto, da una comparazione di costi-benefici di ciascuna opzione, oltre che dalla natura del tipo di servizio o intervento da realizzare[30].

La chiarezza degli obiettivi per la Pubblica Amministrazione è il presupposto logico delle scelte da effettuare. Al contrario, l’errore di inversione logica in cui si rischia di incorrere è quello di anteporre la scelta di un’opzione che riflette la maggiore o minore sensibilità per le istanze concorrenziali piuttosto che per quelle cooperativistiche alla definizione degli obiettivi da raggiungere. Avendo infatti chiaro il quadro dei servizi è possibile compiutamente declinare il programma degli acquisti, blindando poi “a valle” le scelte della pubblica amministrazione.

Davvero significativa in tal senso è stata l’esperienza condotta nella zona di Pistoia nell’ambito degli interventi finalizzati al sostegno all’inclusione attiva, iniziata prima della Riforma del Terzo settore e protrattasi per circa un triennio.

Da quanto riportato si è trattato di un’esperienza davvero positiva in ordine ai risultati raggiunti, in primo luogo sotto il profilo della qualità del servizio, obiettivo per il quale era stato fatto un enorme sforzo di personalizzazione dei percorsi di inclusione e che era dipeso dalla dichiarata volontà di abbandonare la logica della fornitura del servizio standardizzato e di aderire ad un modello di costruzione dell’offerta case by case.

Oltre a ciò, erano emerse anche altre buone pratiche, quali l’aver costruito un modello organizzativo e di governance condiviso, l’aver promosso congiuntamente tra pubblico e privato la fase di accompagnamento e cura della fase di cogestione e l’aver interiorizzato e aderito all’idea di partenariato e di corresponsabilità.

Ciò che ha colpito ad esito di un percorso così virtuoso è stato che col tempo, venendo meno le persone che avevano promosso e creduto in questo tipo di progettualità, lo strumento dell’amministrazione condivisa è stato abbandonato per tornare all’affidamento mediante gara d’appalto. Da quanto riferito pare che la ragione debba ricercarsi prevalentemente nelle intenzioni e nella volontà delle persone subentrate nella gestione di questo progetto, le quali hanno ritenuto che la PA non potesse più farsi carico di così tanta complessità.

Il fatto che alla base di tale scelta non sia stato offerto alcun dato oggettivo, misurabile e quindi idoneo a giustificare un cambio di rotta così radicale, per di più a fronte di un’opinione estremamente positiva circa l’esito dell’esperienza pregressa, finisce in qualche modo per confermare come effettivamente si possa incorrere nel rischio di scelte dettate dalle percezioni o attitudini personali.

  

III) Carenza di cultura della co-progettazione e più in generale della collaborazione

L’architettura complessiva degli istituti costruita dal CTS e dalla Legge regionale toscana n. 65/2018 (art. 9 e ss.) poggia sulla strutturazione di una robusta strategia di analisi del bisogno, perché logicamente, giuridicamente e metodologicamente presupposto indefettibile del sistema, volto a scongiurare interventi inefficaci ed allocazioni inadeguate di risorse.

In occasione di una delle esperienze restituite, relativa alla co-progettazione svolta nell’ambito degli interventi sul “Dopo di Noi” nella zona del Valdarno, è emblematico come l’indirizzo progettuale, piuttosto perentorio indicato dalla PA in apertura della procedura si sia rivelato poi in itinere assolutamente inadeguato, in quanto fondato su un’analisi del bisogno fatta unilateralmente e non corrispondente a realtà. Incidentalmente è stato precisato – ed è importante riportarlo - come peculiare elemento di forza della co-progettazione sia stato proprio quello di consentire nel caso specifico, grazie alla flessibilità operativa e progettuale che la caratterizza, di riallineare l’operato all’effettivo bisogno.

Ciò è sintomo della difficoltà della Pubblica Amministrazione di comprendere che gli istituti dell’amministrazione condivisa rappresentano la risposta ad un problema strutturale e connaturato tradizionalmente al ruolo stesso del potere pubblico, ossia quello della asimmetria informativa. Se è vero che, storicamente, nel rapporto tra privati e pubblica amministrazione, il privato è sempre stato considerato il soggetto debole, è altresì vero che la progressiva complessità dei contesti sociali e la proliferazione dei bisogni sui territori ha di fatto messo in luce come la PP.AA. versi in una condizione di “debolezza”, in quanto non collocata in posizione utile per intercettare e decodificare autonomamente i bisogni dei cittadini e della collettività. In questo senso è ormai chiaro che la PP.AA. in non pochi casi si possa trovare in posizione di debolezza conoscitiva rispetto al mercato e alla sfera sociale e che abbia bisogno del contributo dei soggetti che operano attivamente in quel settore e a contatto con la base sociale per poter ricostruire lo spettro dei bisogni e degli interessi in gioco e analizzarli.

La comprensione di questa ratio profonda sottesa agli istituti dell’amministrazione condivisa equivale a modificare l’apertura mentale richiesta alle PP.AA., che devono poter accogliere istanze provenienti da voci diverse, altrimenti ridotte molto probabilmente al silenzio in altri tipi di procedure, e talvolta anche capaci di rompere una certa “autoreferenzialità”, nonché l’approccio con i soggetti del Terzo Settore, partner equiordinati portatori di competenze e conoscenze specifiche che partecipano attivamente alla costruzione delle azioni della PP.AA. offrendo risorse informative ed esperienziali che arricchiscono il panorama conoscitivo del partner pubblico.

In questa direzione è fondamentale ricondurre a chiarezza le reciproche sfere di influenza e di azione della PP.AA. e del TS affinché possano, in maniera equilibrata, essere composte e giustapposte nell’ottica della migliore integrazione. Occorre un programma di crescita culturale organico che coinvolga tutti gli attori interessati a tutti i livelli, e che contribuisca a costruire le molte condizioni, anche di carattere immateriale, che favoriscono l’instaurarsi di rapporti collaborativi[31]. Se infatti c’è un diffuso clima di sfiducia e di mancanza di disponibilità all’ascolto, è molto probabile che i portatori di interesse tenderanno a non assumere un atteggiamento proattivo.

Le risposte aperte ottenute dalle imprese che hanno aderito alla survey promossa da Cesvot in merito a quale tipo di supporto chiedere alle istituzioni pubbliche mostrano che “c’è un evidente problema che riguarda il mismatch tra la rappresenta­zione che le istituzioni hanno delle cooperative e le aspirazioni di queste ultime ad essere considerate non solo come “fornitrici in outsourcing”, ma anche come “soggetti pensanti”. La questio­ne è eminentemente politica, ma, colta sul versante della coo­perazione, riguarda più in generale le visioni che sottendono la natura dei soggetti che contribuiscono alla costruzione del welfare territoriale. Usiamo qui il termine costruzione e non realizzazione, poiché proprio in questa diversità terminologica risiede la contraddi­zione. Infatti, la cooperazione lamenta un consistente difetto di riconoscimento da parte delle istituzioni, non tanto in ordi­ne alla propria capacità di erogare (realizzare) servizi, quanto implicitamente nella loro capacità di contribuire a orientare le scelte politiche (ovviamente negli specifici campi di applicazio­ne). Questo mancato riconoscimento – dovuto a una rappre­sentazione se non distorta, almeno non adeguata della natu­ra della cooperazione – genera uno scarso coinvolgimento nei luoghi deputati al dialogo, al confronto, tra i diversi soggetti implicati”[32].

Altro dato interessante che emerge da questa indagine riguarda la valutazione sull’auto posizionamento delle cooperative sociali toscane post pandemia rispetto ai bisogni emergenti e alla necessità di introdurre elementi innovativi[33].

La tabella riepiloga la risposta alla domanda n. 31 che chiedeva: “A suo parere, come si posizionerà la sua cooperativa/con­sorzio nel post-pandemia rispetto i nuovi bisogni emergenti e alla necessità di innovazione?”.

Tabella 4. Frequenze di posizionamento post pandemia.

Dalla Tabella 4 emerge come la coopera­zione tenda a reiterare la cultura ad essa connaturata, ossia quella di struttura organizzativa che opera al servi­zio delle amministrazioni e da esse trae le principali fonti di sostentamento (come dimostrato dalle voci “Diventerà sempre più strumento delle Istituzioni Pubbliche per la realizzazione del welfare territoriale” e “Parteciperà con più frequenza ai bandi di enti pubblici”).

Peraltro, la prospettiva relativa al divenire sempre più uno strumento delle istituzioni pubbliche per la realizzazione del welfare ter­ritoriale è generalmente condiviso da tutte le cooperative, indipendentemente dalla loro anzianità, segno che ormai si tratta di un carattere consolidato, un tratto culturale distintivo.

Da questa elen­cazione di orientamenti e prospettive, che forse potrebbero essere anche non reciprocamente escludenti segnando quindi confini meno netti di quelli che emergono semplicemente dai dati numerici, possiamo cogliere queste informazioni di tendenza rispetto allo sviluppo del “campo” in cui opereran­no le cooperative: quasi il 36% delle risposte propendo­no decisamente verso un rapporto più stretto con l’istituzione pubblica; circa il 20% delle risposte sembra orientato verso l’in­vestimento in attività di costruzione di reti di collaborazione con altri soggetti del Terzo settore, orientamento che segna­la il bisogno di condividere con le realtà associative e le im­prese sociali un percorso di progettazione comune, in relativa autonomia dalle amministrazioni, ma non necessariamente in alternativa; infine, il 44% delle risposte va verso: l’attivazione di processi di miglioramento interno dell’ef­ficacia della propria azione e della organizzazione, investendo nel miglioramento delle competenze progettuali; il ri-orientamento delle attività (verso l’ambito sanitario, ad esempio) e la promozione di collaborazioni con enti di ricerca per migliorare la propria capacità di monitoraggio dei bisogni del territorio.

Questo dato ci sembra particolarmente significativo nell’ottica di indagare i fattori che possano rappresentare potenziale ostacolo alla “messa a regime” degli istituti dell’amministrazione condivisa. È un dato rilevante perché co-programmare e co-progettare sono operazioni che richiedono che gli ETS si dotino di risorse, capacità e strumenti idonei a tal fine e non è scontato che ne siano già in possesso.

Il fatto che le cooperative sociali siano a stretto contatto con i territori non equivale automaticamente a renderle capaci di analizzare, sistematizzare le informazioni che acquisiscono per poi contribuire con idee compiute alla costruzione dei sistemi di welfare locali davvero rispondenti ai bisogni.

Ebbene la necessità e l’urgenza di investire nel miglioramento interno si pongono in questo senso quali passaggi propedeutici ed ineludibili per il raggiungimento dell’auspicato obiettivo di rafforzare il rapporto con le PP.AA. attraverso l’attivazione degli istituti dell’amministrazione condivisa[34].

 

IV) Deficit dello statuto procedimentale della co-progettazione

Il problema che è stato posto e di cui si dà conto in questo paragrafo riguarda l’assenza di adeguate garanzie per gli operatori del Terzo Settore, in particolare per le imprese sociali, condizionate dalla mancanza di un sufficiente grado di prevedibilità e verificabilità dell’operato della PA. E questo per la paura che senza una procedimentalizzazione chiara e verificabile si possa far ricorso alla co-progettazione come strumento di elusione delle garanzie proprie della procedura ad evidenza pubblica. In effetti, per quanto sovra normata e a tratti estremamente rigida, la procedura descritta dal CCP gode di un elevato livello di prevedibilità in ordine agli esiti e possibili rimedi esperibili in caso di anomalie o patologie della procedura.

Da questo punto di vista, la legge sul procedimento amministrativo non offre spunti ulteriori se non quelli legati alle garanzie partecipative tradizionali le quali, tuttavia, non garantiscono una tutela in itinere ma solo una tutela ex post, in sede giurisdizionale previa demolizione del provvedimento amministrativo.

Alcuni esempi: può l’ETS che partecipa alla procedura di co-progettazione abbandonarla in itinere, perché magari non più interessato o perché divenuta non più sostenibile? Oppure, può la PP.AA. tornare sulle proprie determinazioni e ritirarsi dalla procedura di co-progettazione?

In caso di indizione di procedure di co-progettazione anomale, che in taluni casi mascherano un intendo elusivo o anche semplicemente uno uso della co-progettazione non coerente con la ratio che lo caratterizza – ciò si è registrato in regione Toscana ma non è da escludere che possa avvenire anche altrove- il privato può rivolgersi a qualche pubblica autorità diversa dall’autorità giudiziaria?

Raccogliendo il parere dei Discussant che hanno partecipato alla discussione e alla riflessione su questi temi, è stata avanzata l’ipotesi di valorizzare ai fini sopra indicati l’istituto del Dibattito Pubblico, introdotto con L. R. Toscana n. 46/2013 (DM attuativo n. 76/208) ed il ruolo dell’Autorità regionale per la partecipazione da essa istituita. In altri termini, l’ipotesi è quella di verificare, sotto il profilo della effettiva utilità oltre che della fattibilità giuridica, se a tutela e valorizzazione dell’istituto della co-progettazione possa farsi leva anche su altri istituti e strumenti già esistenti.

Entrambi i quesiti evidenziano il già richiamato problema di definizione della natura giuridica della co-progettazione. Al fine di dissipare le incertezze e superare la diffidenza che spesso si registrano da ambo le parti – PP.AA. ed ETS – bisogna infatti riconoscere il legame tra la necessità di definire la natura giuridica della co-progettazione e dell’accordo di partenariato, e, a cascata, lo statuto procedimentale che lo caratterizza[35]. In tale direzione potrebbe essere certamente auspicabile una attenta ricostruzione del procedimento di co-progettazione alla luce dei principi e degli istituti già previsti dalla già citata legge generale sul procedimento amministrativo (L. 241/’90).

Per fare alcuni esempi molto concreti: qualora si aderisca alla tesi -allo stato prevalente- secondo cui l’accordo di partenariato è qualificabile come accordo sostitutivo di provvedimento ex art. 11 della L. 241/90, dovrebbe per esso valere la disciplina di cui al medesimo articolo, ivi compreso l’obbligo di motivazione dell’accordo stesso (comma 4) che dovrebbe riflettere la determinazione assunta a monte dalla pubblica amministrazione (obbligatoria ai sensi del comma 4 bis), nonché la disciplina che prevede un indennizzo in caso di recesso unilaterale della PA seguito della stipula oltre alla giurisprudenza relativa ad una eventuale configurabilità di una responsabilità precontrattuale in caso di ritiro ingiustificato dalle trattative ex art. 1337 Codice Civile.

  

V) Problema di responsabilità politica

Nell’ottica della definizione delle politiche e degli interventi da realizzare, co-programmazione e co-progettazione pongono PP.AA. ed ETS in posizione equiordinata.

Questo modello non altera la circostanza che la PP.AA. mantenga il suo ruolo di titolare della funzione amministrativa. Ciò nondimeno, l’apertura a soggetti non deputati a tale scopo per la PP.AA. equivale – quantomeno agli occhi dell’opinione pubblica - a cedere una quota di responsabilità e a condividerla con un soggetto che la stessa ha scelto. A fronte di questo, gli ETS faticano a comprendere come la logica del partenariato abbia ricadute ed implicazioni politiche significative per le PP.AA., comunque sottoposte al tradizionale meccanismo di controllo elettorale, al contrario degli ETS stessi, il cui operato è rimesso a meccanismi di controllo differenziati. Pertanto, l’auspicato passaggio dalla c.d. logica della rendicontazione a quella della contitolarità e della corresponsabilità deve fare i conti con tale circostanza.

La sensazione emersa dopo aver raccolto le esperienze, anche se non espressa da nessuno in termini così netti, ma percepita e sottolineata anche dai Discussant, è che anche su questo fronte continuino ad annidarsi sacche di resistenza potenzialmente in grado di ostacolare il percorso di attuazione dell’amministrazione condivisa.

Ampliando lo sguardo al dibattito teorico su come gli istituti dell’amministrazione condivisa contribuiscano a modificare il rapporto tra PA ed ETS si nota che alcuni sostengono la tesi per cui l’esercizio ultimo della funzione amministrativa sarà sempre riferibile alla PP.AA., altri invece posizioni di segno diametralmente opposto[36], che lasciano intendere la volontà di investire gli stessi ETS della medesima funzione amministrativa di cui sono investite le PP.AA.

Ci permettiamo di esprimere qualche perplessità in ordine a questa ultima posizione, in quanto ciò finirebbe per alterare in maniera sostanziale lo stesso ordine di rapporti e di equilibri che la stessa Riforma del Terzo Settore ha contribuito a creare, dando luogo paradossalmente ad una sostanziale incorporazione del Terzo Settore all’interno della Pubblica Amministrazione, che equivale alla negazione stessa di un ruolo autonomo del Terzo settore.

Invero, tale circostanza non sembra essere percepita con preoccupazione dagli Enti del Terzo settore, ma sicuramente lo è molto di più da parte delle PP.AA. ed è proprio per questa ragione che risulta essenziale definire con chiarezza i reciproci ruoli, perché a ruoli chiari corrispondono normalmente responsabilità chiare e un agire chiaro.

 

VI) Sviluppo professionalità idonee al coordinamento e alla gestione dei tavoli di co-progettazione

In questa direzione si parta dall’assunto che riunire più persone attorno ad un tavolo è solo il primo passo per attuare realmente un obiettivo di collaborazione.

“Le aspettative della ricostruzione di una comunicazione maggiormente paritaria e collaborativa, tuttavia, rischiano di essere infrante se non si prende atto che di per sé il tavolo di lavoro non garantisce alcuna forma di collaborazione e partecipazione[37].

Senza voler affrontare puntualmente le problematiche che affliggono questa fase[38], ci limitiamo a dar conto del fatto che durante i workshop è emersa con forza l’importanza di definire e individuare le competenze e lo statuto della figura del facilitatore dei tavoli di co-progettazione.

Questo perché la co-progettazione, ove proficuamente realizzata, ha dimostrato di essere non la mera sommatoria dei contributi di più soggetti, ma contesto per la creazione di sinergie virtuose, capaci di generare valore in maniera esponenziale.

La comprensione delle possibili ricadute e delle sorti che tali procedure possono determinare è prioritaria per comprendere competenze e capacità personali che questa figura deve possedere. Dall’esperienza emerge con forza che il facilitatore deve porsi prima di tutto come possibile solutore al problema della gestione dei conflitti, come figura cardine della governance del processo di co-progettazione e talvolta anche come mediatore culturale. Emerge poi la necessità/opportunità che si tratti di una figura istituzionalmente riconosciuta, esterna alle parti e quindi capace di collocarsi in posizione di neutralità, oltre che stabile durante tutto il corso della procedura.

Conclusioni. Le proposte maturate nei due workshop

A conclusione del lavoro, i promotori ed organizzatori dell’iniziativa si sono riuniti per discutere su come dare continuità alle importanti risultanze emerse. È così stata condivisa e sintetizzata un’agenda di lavoro contenente alcune proposte per la discussione pubblica e per i vari policy maker. L’agenda è suddivisa sostanzialmente in quattro punti, che orientano anche nella individuazione dei soggetti maggiormente idonei all’interlocuzione per le rispettive linee di azione.

Iniziative a livello nazionale

A livello nazionale, la fase di produzione normativa apertasi nel 2017 è sostanzialmente in via di completamento, salvo per ciò che riguarderà il nuovo Codice dei Contratti Pubblici che rappresenta in una visione di sistema un importante tassello da tenere in considerazione. Pertanto, la citata implementazione deve intendersi sotto il profilo non della produzione, ma della rifinitura e miglioramento della normativa già esistente, in termini di coerenza sistematica degli interventi ai fini di una migliore armonizzazione complessiva.

In particolare, è auspicabile che tale sforzo di perfezionamento si attui:

  • Per consolidare e rafforzare la definizione delle reciproche sfere di influenza tra Codice dei Contratti Pubblici e Codice del Terzo Settore;
  • Per giungere ad una qualificazione della natura giuridica della co-progettazione, in quanto supporterebbe gli interpreti nella ricostruzione della disciplina ad esso applicabile; ciò sarebbe astrattamente possibile con uno strumento normativo ma c’è da osservare come molto più plausibile sia la prospettiva che ciò avvenga in via interpretativa.
  • Per ripensare il concetto di concorrenza: esistono dei fattori di contesto, ovvero fattori legati al target di riferimento o agli obiettivi di qualità del servizio che si intende raggiungere che giustificano l’eccezionale depotenziamento delle istanze di tutela transfrontaliera e che quindi, in ultima istanza, sono in grado di limitare la portata espansiva del principio di tutela della concorrenza? Molto interessante in questo senso è la proposta di declinare in maniera innovativa il concetto di concorrenza: non più come capacità di ridurre i costi dei fattori di produzione ma come capacità di generare valore[39].
  • Il tempo è maturo per ridefinire il concetto di concorrenza alla luce di un principio di sussidiarietà orizzontale che negli ultimi anni è andato lentamente rafforzandosi ed è auspicabile che ciò avvenga sulla base di evidenze concrete: posto che non solo la contendibilità del mercato garantisce miglior qualità del servizio, produttività e trasparenza, come si fa a capire quando il ricorso ad istituti collaborativi consente di raggiungere il medesimo risultato o risultati addirittura migliori? E quali sono i requisiti di contesto, le condizioni procedurali e la disciplina necessari affinché tale risultato sia effettivamente realizzabile?
  • Per regolamentare-sistematizzare il “ciclo di vita” dell’amministrazione condivisa, garantendo la piena attuazione dell’iter co-programmazione, co-progettazione, accordi di partenariato, così come definito dalla Consulta quando parla di “fasi di un procedimento complesso”.

Iniziative della Regione Toscana

Aperta è invece la partita sul fronte della normativa regionale, che per quanto ampiamente sviluppata nell’ultimo quadriennio, tuttavia non può dirsi ancora del tutto completata, quantomeno sotto il profilo degli strumenti attuativi. Vedasi ad esempio quello relativo al costituendo gruppo di lavoro per la redazione delle Linee Guida ex art. 12 comma 3 L.R. n. 58/2018.

Questo potrà certamente contribuire a mantenere aperto il confronto su alcuni temi cruciali per l’abbattimento delle barriere che rallentano il percorso di adozione dell’amministrazione condivisa a modalità operativa ordinaria nei rapporti tra ETS e PPAA, in particolare i concetti di gratuità e compartecipazione, con particolare attenzione alla natura e misura dei costi rendicontabili, a cui deve essere data piena sostanza e chiarezza in ottica di effettiva sostenibilità da parte degli operatori economici imprenditoriali.

Sotto altro profilo, merita di essere approfondita attentamente a livello regionale la questione già introdotta di come la co-programmazione si declina da un punto di vista tecnico-operativo e su come si integra con i processi programmatori ordinari.

Su questo, una delle lezioni apprese più significative di questo percorso è bene riassunta in queste poche righe: “Il punto centrale da affrontare è che co-progettare e co-programmare sono attività che non possono essere pensate al di fuori di processi che permettono di incastonare l’analisi la discussione e l’ideazione su un’architettura organizzativa amministrativa e politica coerente. Le esperienze di collaborazione più efficaci mostrano come sia la capacità di incastrare le pratiche collaborative nella gestione e nella progettazione istituzionale in modo strutturale a dare forza e continuità alle stesse. Al contrario, se la co-progettazione e la co-programmazione faticano a inserirsi nella normale macchina gestionale e organizzativa degli enti sia pubblici sia di Terzo settore, essa tende a assumere forme di pericolosa incompiutezza che portano a realizzare attività incomplete, a termine e fortemente scollegate dal resto delle politiche del welfare locale”[40].

Risuona quindi la domanda se la co-programmazione sia una parte del più generale procedimento programmatorio multilivello[41] o se piuttosto definisca una procedura amministrativa a sé stante, per così dire di livello intermedio tra programmazione di zona ed iniziative di co-progettazione.

Nella prima prospettiva, sarà certamente necessario capire in quale momento e a quale livello della procedura di programmazione è da collocare – o per usare le parole del Legislatore nazionale e regionale, assicurare - la partecipazione degli ETS.

Ciò significa uno sforzo di integrazione e aggiornamento della procedura di programmazione delle politiche, soprattutto a livello locale e con riguardo ai Piani Integrati di Salute (PIS) e dei Piani di Inclusione Zonale (PIZ), espressione della potestà programmatoria di ciascuna zona-distretto, considerata l’ambito ottimale di sviluppo e coordinamento di tale funzione[42].

Inoltre, chiarire in quale momento del procedimento è prevista la loro partecipazione significa comprendere se tale contributo dovrà essere orientato esclusivamente alla definizione del contesto di riferimento (acquisendo informazioni utili in ordine ai bisogni emergenti ed il patrimonio conoscitivo degli ETS derivante anche dall’esperienza vissuta all’interno delle comunità di riferimento) ovvero se debba estendersi anche nella successiva fase, più marcatamente politica, di selezione e prioritizzazione degli obiettivi e delle attività da programmare.

In altri termini, si tratta di capire bene che tipo di contributo è richiesto agli ETS e che funzione assuma all’interno del procedimento che verrà delineato.

Non si tratta di aspetti di poco conto, atteso che per renderli effettivi sarà necessario predisporre spazi e strumenti idonei, oltre alla necessità che gli stessi ETS partecipanti si dotino delle competenze e delle capacità necessarie.

In questa direzione le disposizioni normative lasciano profili di incertezza, data la molteplicità di termini usati[43], e sarebbe importante capire se si tratta di sinonimi o se presentino tra loro differenze che si traducono i statuti partecipativi differenziati: “coinvolgimento o coinvolgimento attivo”[44], “partecipazione attiva”[45], “collaborazione”[46], “concertazione e/o cooperazione”[47], “consultazione”[48].

Qualora invece si assumesse la prospettiva secondo cui la co-programmazione è una procedura amministrativa autonoma e non inglobata nella programmazione ordinaria, allo stesso modo sarebbe opportuno capire come si coordini con quest’ultima, nel senso di chiarire come e quando gli atti conclusivi di tali procedure possano essere recepiti nell’ambito dell’attività programmatoria e quali conseguenze giuridiche determinino.

Inoltre, sarebbe necessario approfondire se i principi e le garanzie posti dalla legge sul procedimento amministrativo (L. 241/90) sia applichino interamente anche a questa speciale procedura, soprattutto laddove l’iniziativa sia assunta dall’ente di terzo settore anziché dalla pubblica amministrazione.

Per fare alcuni esempi: a fronte di un’istanza di parte, si considera applicabile la disposizione di cui all’art. 10 bis L. 241/’90 che obbliga la PA a comunicare all’istante i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza prima della formale adozione di un provvedimento di diniego? E le altre garanzie partecipative quali quelle previste all’art. 10 consistenti nella presentazione di memorie e documenti che la PA ha l’obbligo di valutare?

Il dubbio sorge tenuto conto che l’art. 13 della medesima legge esclude dall’ambito di applicazione della predetta norma anche i procedimenti di pianificazione e di programmazione.

Altro auspicio a livello regionale: l’adozione di un Regolamento regionale sulla co-progettazione.

In questo senso la prima necessità è quella di far sì che l’istituzione regionale possa mappare cosa sta davvero accadendo a livello locale per poter riordinare e coordinare gli interventi attraverso una linea di indirizzo chiara ed uniforme dell’uso e ricorso alle procedure di co-progettazione.

Sarebbe in questo senso estremamente utile il coinvolgimento degli stakeholder, sia ex ante, attraverso il lancio di una “call to action”, una sorta di istruttoria pubblica, per acquisire spunti utili, sia ex post, ossia sottoponendo la bozza elaborata ad un’ulteriore consultazione prima di essere definitivamente emendata.

In questo percorso potrebbero essere altresì attivati gruppi multistakeholder, stabili, per favorire il costante confronto, ovvero ad hoc per l’analisi di problematiche di carattere tecnico o per vagliare la fattibilità dell’allineamento e messa in sinergia tra istituti già presenti, con eventuale possibile estensione di competenze all’Autorità regionale per la partecipazione, quantomeno nella fase transitoria di stabilizzazione delle prassi applicative.

Questa potrebbe altresì essere la sede per entrare nel merito della definizione delle competenze e delle capacità del facilitatore dei tavoli di co-progettazione, definendone un primo statuto e professionalizzando il ruolo di questa importantissima figura.

In generale l’istituzione regionale, in quanto essa stessa destinataria della normativa di cui trattasi, potrebbe “fare da apripista”, praticando la co-progettazione proprio per la messa a punto condivisa degli ultimi strumenti necessari a fissare definitivamente le “regole del gioco”.

Last but not least: ulteriore intervento fortemente auspicabile a livello regionale consiste nella formazione per i dirigenti PP.AA., da condurre auspicabilmente in maniera congiunta con gli ETS.

Formazione che miri essenzialmente a due obiettivi.

In primo luogo, quello di approfondire la conoscenza reciproca anche nei meccanismi di funzionamento delle organizzazioni di appartenenza e delle rispettive culture organizzative. Il fatto che per molto tempo le PP.AA. locali abbiano lavorato con cooperative sociali radicate sul territorio non equivale a suggellarne una vera conoscenza reciproca.

È perciò assolutamente essenziale che PP.AA. ed ETS locali comincino a elaborare un linguaggio comune che è alla base di una comunicazione efficace.

Secondo elemento che sta alla base di una comunicazione efficace, e che crea poi il collante di una fattiva collaborazione, è quello della fiducia reciproca, elemento immateriale di difficilissima realizzazione, ma assolutamente indispensabile per scardinare i meccanismi “difensivi” che spesso ricorrono da ambo i lati.

Un suggerimento in questa direzione potrebbe essere la formazione dal taglio molto pratico o addirittura on the job, così come l’istituzione di spazi di incontro-confronto per raccontarsi reciprocamente, trovare le convergenze e superare le barriere ideologiche.

Altro fondamentale obiettivo della formazione, strettamente connesso agli interventi di cui ai paragrafi precedenti, dovrebbe essere quello di fornire un quadro chiaro e uniforme degli strumenti normativi a disposizione, chiarendo cosa può essere utilizzato, quando e a che condizioni.

In sostanza, mettere ordine nella “cassetta degli attrezzi” offrendo ai dirigenti delle PPAA una formazione più tecnica o migliorando quella che già possiedono.

Iniziative delle Centrali di rappresentanza, sia a livello regionale che locale

Sempre sul solco della formazione, non vi è dubbio che su questo fronte ampio impegno dovrà essere profuso anche dagli enti di aggregazione e rappresentanza del Terzo settore.

In particolare, per gli ETS, si immagina una formazione di base sugli aspetti tecnico-amministrativi chiarificatrice del quadro normativo in cui si muovono nella loro quotidianità le PP.AA. per poter acquisire una maggior consapevolezza del modo di ragionare ed agire della PA.

Ma vi è di più.

Tra tutte le ricadute della Riforma del Terzo settore, probabilmente il fronte dei rapporti PPAA-ETS è quello maggiormente sfidante perché richiede un profondo ripensamento dei modelli organizzativi, gestionali e della capacità di una certa imprenditoria di fare strategia, emancipandosi dalla subalternità che il ruolo di fornitori della PA ha negli anni contribuito a consolidare.

Chi vive da dentro il mondo della cooperazione sa che si tratta di una sfida che richiede addirittura un cambio culturale nella dirigenza delle imprese stesse.

Tutto ciò impone agli enti di rappresentanza, alle associazioni di categoria e ai vari network territoriali di essere pronti ed attrezzati nel supportare e accompagnare adeguatamente il percorso di cambiamento, adottando opportune iniziative sul fronte dell’innovazione della governance, del management, dei processi interni e degli strumenti per mettere a valore il patrimonio, anche informativo, di cui le varie realtà sono in possesso e trasformarlo in leva di sviluppo (in tal senso mettendo a sistema strumenti già esistenti quali ad esempio le linee guida sulla valutazione di impatto – VIS).

Un fronte applicativo particolarmente interessante sarà senza dubbio quello del monitoraggio e valutazione delle modalità di amministrazione condivisa nell’ambito delle progettualità inerenti all’attuazione del PNRR.

Esso, infatti, potrà costituire un’opportunità unica in ottica di laboratorio generale di sperimentazione delle misure previste dall’art. 55 CTS, oltre che opportunità di crescita sul fronte della capacità di innovazione della PA e delle sue forme di azione[49].

Inoltre, questo fronte sembra sorprendentemente presentare interessanti profili di contatto con la proposta di valorizzare l’integrazione della co-programmazione nell’ambito degli strumenti pianificatori zonali[50]. 

Iniziative della Rete UP

Certamente il lavoro svolto ha consolidato l’orizzonte verso il quale nei prossimi mesi dovrà svilupparsi la mission della Rete Umanapersone. In questo senso, il Cantiere deputato allo studio della Riforma del Terzo Settore e dell’evoluzione dei rapporti tra PP.AA. ed ETS continuerà a portare avanti l’attività dell’Osservatorio bandi interno, attraverso le iniziative di cui al paragrafo 2 e sicuramente cercando di rafforzare la partnership tra imprenditoria sociale ed Università ed altri enti di ricerca.

Un fronte ancora su cui molto c’è da fare, ma su cui la Rete ha già cominciato a lavorare, è quello della trasformazione degli strumenti di rendicontazione (bilancio sociale, bilancio di sostenibilità) in un modello esportabile in grado di misurare gli impatti positivi generati.

Altrettanto importante sarà il fronte della elaborazione di linee guida formative per rafforzare aspetti culturali ed il clima di reciproca fiducia, non solo a livello di organizzazione ma - ove possibile - a livello ancora più capillare, di singoli individui, al fine di accrescere la consapevolezza con cui i dirigenti delle cooperative saranno chiamati, anche su questi temi, a prendere decisione in nome e per conto delle proprie organizzazioni.

Infine, continuerà l’impegno per mantenere vivo il dibattito su questi temi, organizzando appositi momenti per la discussione e la diffusione della cultura del cambiamento in atto, così come, ove possibile, per la elaborazione di strumenti di regolazione specifici per la loro sperimentazione a livello locale (“kit amministrativo” per gli enti territoriali – es. regolamento comunale ed eventuali altri strumenti).

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Note

  1. ^ https://umanapersone.it
  2. ^ https://legacooptoscana.coop
  3. ^ https://www.toscana.confcooperative.it/LASSOCIAZIONE/Le-nostre-federazioni
  4. ^ Nello specifico: Gianni Autorino e Assunta Astorino, Legacoop sociali Toscana area welfare; Barsanti Claudia, Misericordia di Lido di Camaiore (LU); Botteri Daniele, Cooperativa Giovani Valdarno – Montevarchi (AR); Massimo Campedelli, Gianna Vignani e Luca Terrosi, UP Umanapersone; D’Aniello Alessio, Cooperativa Progetto 5 - Arezzo; Frediani Emiliano, Univ. Pisa; Gai Daniela, Cooperativa Il Cammino – Pistoia; Gallerini Sandra, Cesvot; Gori Luca, Scuola Superiore Sant’Anna Pisa; Grilli Alberto e Francesco Fragola, Confcooperative-Federsolidarietà Toscana; Massagli Claudio, ANPAS Firenze; Lami Matteo, Cooperativa Il Cammino - Pisa; Lucarelli Daniele, Esculapio ODV; Pasqualetti David, Cooperativa G. Di Vittorio – Firenze.
  5. ^ Vedasi concetto di “nudge” proposto da Richard Thaler - cfr. THALER R.H., SUNSTEIN C.S., Nudge. La spinta gentile. La nuova strategia per migliorare le nostre decisioni su denaro, salute, felicità. L'edizione definitiva, Milano, 2022.
  6. ^ Nel merito delle ragioni tecniche si veda GORI L., La “saga” della sussidiarietà orizzontale. La tortuosa vicenda dei rapporti fra Terzo Settore e P.A., in Federalismi.it, n. 14/2020, pag. 200 e ss.
  7. ^ Nell’immediatezza dell’entrata in vigore della riforma e nel pieno del dibattito il diffuso clima di incertezza aveva innescato atteggiamenti “difensivi” da parte delle PPAA, che hanno preferito assumere un atteggiamento di estrema cautela anche rispetto a quelle procedure di co-progettazione già dal 2001 (ex L. 328/00 e DPR 30 marzo 2001) entrate nell’ordinamento come forma di relazione tra PP.AA. ed ETS.
  8. ^ Per una trattazione completa si rinvia a ROSSI E., GORI L. (a cura di), La normativa della Regione Toscana sul Terzo Settore, Pisa, 2022.
  9. ^ Da Raccolta Normativa Consiglio Regionale Regione Toscana – http://raccoltanormativa.consiglio.regione.toscana.it/articolo?urndoc=urn:nir:regione.toscana:legge:2018-10-31;58
  10. ^ Per un commento alla normativa vedasi A. SANTUARI, Le cooperative sociali tra legislazione nazionale, riforma del terzo settore e recenti interventi normativi regionali, AICCON - Working Paper n. 171/2019, pag. 30 e ss.
  11. ^ Da Raccolta Normativa Consiglio Regionale Regione Toscana - http://raccoltanormativa.consiglio.regione.toscana.it/articolo?urndoc=urn%3Anir%3Aregione.toscana%3Alegge%3A2020-07-22%3B65
  12. ^ https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2020&numero=131; https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2020&numero=255
  13. ^ Si riporta uno stralcio del parere rilasciato e scaricabile dal sito giustizia-amministrativa.it: “La Sezione reputa necessario e opportuno restituire all’Autorità richiedente la bozza di Linee Guida al fine di: …… rivedere le linee guida con riferimento alle norme e agli istituti disciplinati dal Codice del Terzo Settore che non possono rientrare nel campo di operatività delle linee guida non vincolanti”.
  14. ^ MAROCCHI G., SANTUARI A., La co-progettazione “interpretata” dal Codice degli appalti non è utile, in Welforum.it, 2022 - https://welforum.it/la-co-progettazione-interpretata-dal-codice-degli-appalti-non-e-utile/
  15. ^ EE.PP., Enti Pubblici; ESTAR, Ente di Supporto Tecnico Amministrativo Regionale; AASSLL, Aziende Sanitarie Locali; SSddSS, Società della Salute.
  16. ^ MAGGI E., SALVINI A. (a cura di), Le Cooperative sociali. Prima indagine conoscitiva in Toscana, in I Quaderni di Cesvot, n. 90/2022.
  17. ^ Idem, pag. 100 e ss.
  18. ^ Idem, pag. 102.
  19. ^ Vedasi a tal proposito il contributo relativo all’iniziativa di Estar Toscana di MAROCCHI G., Il peggio nemico dell’amministrazione condivisa, su Impresa Sociale, 2022 - https://www.rivistaimpresasociale.it/forum/articolo/il-peggior-neminco-dell-amministrazione-condivisa
  20. ^ SANTUARI A., Co-progettazione e gare d’appalto: è una contaminazione positiva?, in Welforum.it, 2022 - https://welforum.it/co-progettazione-e-gare-dappalto-e-una-contaminazione-positiva/
  21. ^ Frediani Emiliano, Univ. Pisa; Gori Luca, Scuola Superiore Sant’Anna Pisa; Lucarelli Daniele, Esculapio ODV.
  22. ^ Scaricabile al seguente link - https://umanapersone.it/cantieri/riforma-del-terzo-settore/
  23. ^ Vedasi a tal proposito SANTUARI A., I confini nel concetto di “gratuità” e “non onerosità” nei rapporti di collaborazione tra PA ed ETS, in Welforum.it, 2022 - https://welforum.it/il-punto/amministrazione-condivisa-il-momento-delle-pratiche/i-confini-dei-concetti-di-gratuita-e-non-onerosita-nei-rapporti-di-collaborazione-tra-pa-ed-ets/ e PELLIZZARI S., La co-progettazione nelle esperienze regionali e nel Codice del Terzo Settore, in PELLIZZARI S., MAGLIARI A. (a cura di), Pubblica Amministrazione e Terzo Settore. Confini e potenzialità dei nuovi strumenti di collaborazione e sostegno pubblico, pag. 112 e ss.
  24. ^ Si riporta di seguito uno stralcio significativo tratto dalla pronuncia n. 6232/2021, pronuncia in riforma di una sentenza del TAR che sul concetto di onerosità aveva assunto una posizione di maggior apertura (TAR Campania, sez. dist. Salerno, n. 158/2021): “Il concetto di gratuità si identifica nel conseguimento di un aumento patrimoniale da parte della collettività, cui corrisponde la mera diminuzione patrimoniale di altro soggetto, ossia il prestatore del servizio. Sotto questo profilo, si precisa, «la effettiva gratuità si risolve contenutisticamente in non economicità del servizio poiché gestito, sotto un profilo di comparazione di costi e benefici, necessariamente in perdita per il prestatore» (pag. 14 del parere cit.). Il che significa che deve escludersi qualsiasi forma di remunerazione, anche indiretta, dei fattori produttivi (lavoro, capitale), potendo ammettersi unicamente il rimborso delle spese («le documentate spese vive, correnti e non di investimento, incontrate dall’ente»: pag. 21 del parere)”.
  25. ^ Linee Guida n. 17 recanti Indicazione in materia di affidamento dei servizi sociali, 2022, Pgf. 2.1, pag. 5.
  26. ^ Sentenza n. 280/2022, Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione di Latina: viene censurata la pratica utilizzata dal Comune di Latina di quantificare la quota parte di costi indiretti dell'ente attuatore partner in misura forfettaria del 14,55% dei costi diretti dichiarati e ritenuti eleggibili; tale ultimo approccio basato su criterio forfetario è vietato in quanto sintomatico della natura onerosa dell’affidamento ed è quindi necessario che il rimborso dei costi indiretti sia di per sé riferibile alle attività effettivamente svolte ed immediatamente documentabili.
  27. ^ MAROCCHI G., Co-progettazione: dal cofinanziamento alla corresponsabilità, in Welforum.it, 2021 - https://welforum.it/il-punto/amministrazione-condivisa-il-momento-delle-pratiche/coprogettazione-dal-cofinanziamento-alla-corresponsabilita/ e sul problema della sostenibilità economico-finanziaria, sempre MAROCCHI G., Co-progettazione: parliamo di soldi. Uno dei nodi per far decollare l’amministrazione condivisa, in Impresa Sociale, 2021- https://www.rivistaimpresasociale.it/forum/articolo/coprogettazione-parliamo-di-soldi
  28. ^ Vedasi parere del Consiglio di Stato n. 1382 del 2018.
  29. ^ Su questo punto si riporta la pronuncia, relativa ad un appalto per l’erogazione dei servizi SAD e SADU, originata dall’impugnazione, da parte della cooperativa seconda classificata, del provvedimento che chiude la prima fase (di c.d. co-pianificazione) contestando, tra le altre cose, la scelta della stazione appaltante di aggiudicare esclusivamente sulla base dell’offerta qualitativa, senza alcun tipo di rilevanza all’aspetto economico, in relazione alla possibilità prevista dagli atti di gara di offrire risorse economiche aggiuntive (c.d. co-finanziamento) rispetto alla base d’asta – cfr.TAR Toscana, sentenza n. 1260/2021: “Essa finisce infatti per “contaminare” il criterio del prezzo fisso sancito dall’art. 95 co. 7 d.lgs. n. 50/2016, nella misura in cui, chiamando i concorrenti a compartecipare al finanziamento del servizio al dichiarato scopo di migliorarne la qualità, produce i medesimi effetti di un ribasso sotto le mentite spoglie di risorse ulteriori messe a disposizione del servizio: che si tratti di economie di spesa o di un vero e proprio finanziamento, sono comunque oneri non coperti dal corrispettivo fisso a base d’asta, di modo che la stazione appaltante consegue un servizio migliore a parità di costo e, specularmente, la remunerazione dell’appaltatore è almeno in parte assorbita dallo sforzo compiuto per migliorare il servizio; il che equivale, in termini di complessive ricadute economiche sull’attività dell’appaltatore, a offrire un ribasso sul prezzo a base d’asta, come riconosciuto dalla stessa difesa di E.S.T.A.R. (la quale sostiene che il meccanismo consisterebbe proprio nel lasciare a disposizione del servizio il ribasso che in ipotesi il concorrente avrebbe offerto: in altre parole, anziché offrire un ribasso sulla base d’asta, il concorrente offre prestazioni migliorative per un valore/costo corrispondente a quello dell’ipotetico ribasso). In altri termini, la migliore qualità del servizio offerto dipende dall’assunzione di maggiori oneri finanziari a carico del concorrente, se del caso consistenti in economie di spesa messe a disposizione della stazione appaltante, in una logica di co-finanziamento del servizio chiaramente manifestata dal disciplinare nel passaggio che, descrivendo appunto le “economie di spesa”, le identifica con la “quota co-finanziata dall’offerente,al fine di rendere qualitativamente più competitivo il progetto offerto” e con le risorse che “esprimono inoltre la convenienza, anche economica, ad esternalizzare il servizio. Ne discende che, in contraddizione con il criterio posto a base di gara, la competizione di fatto non si svolge unicamente sulla qualità dei servizi offerti, a parità di prezzo, ma consente, ed anzi auspica, interventi sul prezzo/costo dei servizi – in aumento e a carico dei concorrenti – volti a migliorarne la qualità”.
  30. ^ Interessante in tal senso la questione del “principio di risultato” previsto dall’art. 6 dello schema preliminare di Codice dei Contratti Pubblici, in attuazione della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante “Delega al Governo in materia di contratti pubblici” - https://www.giustizia-amministrativa.it/web/guest/-/schema-del-codice-dei-contratti-pubblici-elaborato-dal-consiglio-di-stato. Sul punto MAROCCHI G., SANTUARI A., “La co-progettazione “interpretata” dal Codice degli appalti non è utile”, in Welforum.it, 2022 - https://welforum.it/la-co-progettazione-interpretata-dal-codice-degli-appalti-non-e-utile/: “Un’ulteriore segnalazione riguarda la disposizione che prevede che l’attivazione dell’amministrazione condivisa avvenga in base “al principio di risultato”.Se si muove dall’assunto secondo cuila pubblica amministrazione deve sempre, quando co-programma, quando co-progetta e anche quando appalta, mirare ad ottenere risultati positivi e a non sperperare danaro pubblico e che, da un punto di vista dell’analisi delle policy, è assolutamente auspicabile investire nello studio dei risultati dell’amministrazione condivisa, non si riesce a comprendere la portata dell’inciso sopra richiamato. Si può, invece, immaginare come il “principio di risultato” potrebbe essere evocato in sede di contenzioso amministrativo. Si pensi, per esempio, al caso in cui il ricorrente, avvezzo alle logiche degli appalti e alla propensione a sgomitare che caratterizzano le procedure ad evidenza pubblica di natura competitiva, potrebbe contestare all’ente locale un avviso di co-progettazione, pubblicato senza la comprovata attestazione che esso risulti migliore rispetto all’appalto. Da un simile approccio discenderebbe un non necessario e inutile “onere della prova” a carico dei processi di amministrazione condivisa, tradendo, altresì, una mentalità che considera quest’ultima alla stregua di un’eccezione, di una via residuale rispetto alla via maestra, che, nell’intenzione di chi ha redatto l’art. 6, dovrebbe essere sempre e solo quella del Codice dei contratti pubblici”. MAROCCHI G., GORI L. (cura di), I vantaggi dell’amministrazione condivisa, in Riforma Terzo Settore. Guida all’uso, 2022, in Cantiereterzosettore.it, https://www.cantiereterzosettore.it/i-vantaggi-dellamministrazione-condivisa/ ; ivi, I rischi dell’amministrazione condivisa - https://www.cantiereterzosettore.it/i-rischi-dellamministrazione-condivisa/
  31. ^ FAZZI L., Coprogettare e Coprogrammare: i vecchi dilemmi di una nuova stagione del welfare locale, in Impresa Sociale, n. 3/2021, dice: “Per collaborare sono necessarie diverse condizioni: la capacità di dialogo e comprensione reciproca, l’allineamento degli obiettivi, un minimo di fiducia tra le parti”.
  32. ^ MAGGI E., SALVINI A., Le Cooperative sociali. Prima indagine conoscitiva in Toscana, in I Quaderni di Cesvot, n. 90/2022, pag. 116.
  33. ^ Idem, pag. 128 e ss.
  34. ^ MAROCCHI G., GORI L. (a cura di), Il rapporto tra pubblica amministrazione e terzo settore, in Riforma Terzo Settore. Guida all’uso, 2022, in www.cantiereterzosettore.it - https://www.cantiereterzosettore.it/le-sfide-per-il-terzo-settore/
  35. ^ GILI L., Il Codice del Terzo Settore ed i rapporti collaborativi con la P.A., in Urb. App., 2018, 1, pag. 4-5; FREDIANI E., La co-progettazione dei servizi sociali. Un itinerario di diritto amministrativo, Torino, 2021, pag. 200 e ss.
  36. ^ All’interno di AA.VV., Il Secondo Rapporto sul Terzo settore, (a cura di) GARVIN. P, LOMI S., Regione toscana- Direzione diritti di cittadinanza e coesione sociale - Settore welfare e sport, Osservatorio sociale regionale, Firenze, 2019, si legge a pag. 75: “Programmare con e progettare con implica una corresponsabilizzazione della titolarità di una funzione che è stata in precedenza patrimonio esclusivo dei pubblici poteri. L’evoluzione qualitativa è evidente almeno nella misura in cui il particolare status costituzionale degli ETS, e le finalità solidaristiche che ne guidano l’azione, costituiscono il presupposto per assegnare loro una vera e propria pubblica funzione condivisa con l’amministrazione. Con il Codice del Terzo settore si inaugura dunque una stagione in cui gli ETS si vedono assegnati veri e propri compiti tipici della decisione pubblica, procedimentalizzati nella co-programmazione e co-progettazione”. Sul punto si vuole solo far notare che nella sentenza n. 131/2020 la Corte Costituzionale parla di “modello di condivisione della funzione pubblica” da intendersi come espressione che enfatizza il ruolo degli ETS quali soggetti attivi del principio di sussidiarietà orizzontale ed il loro contributo per lo svolgimento di un’istruttoria più ricca e completa, che sarà in ultima analisi di rinforzo alle determinazioni che la Pubblica Amministrazione intenderà assumere. Tuttavia, in nessun passaggio la Corte afferma esplicitamente che gli ETS siano investiti della funzione pubblica da intendersi come potestà amministrativa. Questo è significativo nell’ottica del riparto delle rispettive responsabilità. Inoltre, si ritiene particolarmente calzante un passaggio che, nonostante sia tratto dalle Linee Guida ANAC per l’affidamento dei servizi ad enti del terzo settore e alle cooperative sociali n. 32/2016, pag. 9, riteniamo ancora valido: “Sul punto si ritiene importante evidenziare che l’individuazione dei bisogni da soddisfare e dei servizi da erogare resta comunque una prerogativa dell’amministrazione. Una confusione di ruoli in tali ambiti rischia, infatti, di distogliere l’azione amministrativa dalle finalità sociali cui è preposta per agevolare il soddisfacimento di interessi particolari…”.
  37. ^ FAZZI L., Coprogettare e Coprogrammare: i vecchi dilemmi di una nuova stagione del welfare locale, in Impresa Sociale n. 3/2021.
  38. ^ E che sono ben illustrate nello scritto di FAZZI L. cui alla nota precedente.
  39. ^ GUERINI G., Discussione sul tema, in PELLIZZARI S., MAGLIARI A. (a cura di), Pubblica Amministrazione e Terzo Settore. Confini e potenzialità dei nuovi strumenti di collaborazione a sostegno pubblico, Napoli, 2019, pag. 193 e ss. rileva efficacemente: “Sulla misurazione dei valori che si creano grazie alle imprese dell’economia sociale, insisto circa la necessità di sviluppare una nostra teoria della concorrenza come strumento per incentivare, in un’economia di mercato, la creazione di valore, che va misurata con indicatori e parametri che non siano soltanto quelli dei flussi monetari, ma che mettano in evidenza il valore di indicatori di coesione sociale, partecipazione dei cittadini alla produzione di beni comuni, condivisione delle conoscenze, riconoscimento del valore della solidarietà e del reciproco aiuto come beni irrinunciabili… Se portiamo questa riflessione sul territorio dobbiamo fare in modo che le regole per selezionare i migliori fornitori di servizi di welfare siano orientate alla scelta dei partner che meglio possono assicurare la creazione di valore nelle comunità locali premiando chi crea valore in un determinato territorio”.
  40. ^ FAZZI L., vedasi nota 34.
  41. ^ Vedasi a tal proposito FEDERSANITA’-ANCI (a cura di), Un percorso di programmazione territoriale integrata: gli ambiti toscani riprendono il cammino, in Welforum.it, 2018 - https://welforum.it/un-percorso-programmazione-territoriale-integrata-gli-ambiti-toscani-riprendono-cammino/?highlight=programmazione%20toscana, CATERINO L., L’evoluzione della programmazione territoriale in Toscana, in Welforum.it, 2019 - https://welforum.it/levoluzione-della-programmazione-territoriale-integrata-in-toscana/ e BONGINI A, DI RAGO P.I. SEMERARO S., ZANDRINI U., La co-programmazione ex art. 55. Connessione e coordinamento con gli istituti programmatori delle autonomie locali, in Impresa Sociale, 2021 - https://www.rivistaimpresasociale.it/rivista/articolo/coprogrammazione-articolo-55
  42. ^ Attualmente le indicazioni operative sul punto sono contenute nel DGR n. 573 del 29 maggio 2017, recante Nuove Linee guida del piano integrato di salute del piano di inclusione zonale, http://www301.regione.toscana.it/bancadati/atti/Contenuto.xml?id=5148624&nomeFile=Delibera_n.573_del_29-05-2017-Allegato-A , successivamente adeguate al nuovo Piano Socio Sanitario Integrato Regionale (PSSIR) 2018-2020 - http://www301.regione.toscana.it/bancadati/atti/Contenuto.xml?id=5233948&nomeFile=Delibera_n.1339_del_04-11-2019-Allegato-A. Il DGR n. 573/2017 dedica un paragrafo specifico ai Soggetti della programmazione e modalità di coinvolgimento, di cui riportiamo solo un breve estratto: “La Regione promuove la partecipazione attiva dei cittadini e delle loro organizzazioni ai processi di programmazione regionale e locale…. Le Leggi 40 e 41 del 2005 indicano tra i soggetti partecipanti alla programmazione sanitaria e sociale locale le realtà organizzate appartenenti al settore non profit, da coinvolgere con adeguate modalità di consultazione e di partecipazione nella progettazione, attuazione ed erogazione degli interventi e dei servizi. I soggetti del non profit ma anche gli altri settori economici del territorio, sono chiamati a condividere gli scenari locali, conoscere e comprendere potenzialità e limiti dei territori, far emergere le risorse reali della comunità locale (pubbliche e private) e collegarle tra loro in una rete di proposte e opportunità. A tal fine e necessario dunque attivare nelle Zone percorsi e strumenti atti a garantire la partecipazione dei cittadini e delle loro organizzazioni alla costruzione delle politiche locali ed e compito degli organismi pubblici governare tali processi, garantendo informazione, accessibilità, possibilità reale di partecipare a tutto il processo programmatorio a tutti i soggetti interessati. Fra le ultime modifiche alla l.r.40/2005 e stata introdotta la partecipazione, senza diritto di voto, del presidente del comitato di partecipazione e del presidente della consulta del terzo settore all'assemblea dei soci della società della salute.” A tal proposito, AA.VV., Il Quarto Rapporto sul Terzo settore, (a cura di) LOMI S., FARAONI M., Regione toscana- Direzione sanità, welfare e coesione sociale - Settore welfare e innovazione sociale, Osservatorio sociale regionale, Firenze, 2021chiarisce che: “Sul piano procedimentale, di sicuro impatto è l’istituzione della Consulta regionale del Terzo settore (artt. 6 e 7) con compiti istruttori e conoscitivi, in quanto la stessa, composta da 26 membri in maniera rappresentativa sia delle amministrazioni che degli enti del Terzo settore, costituisce un importante organo per l’elaborazione di politiche condivise. Innanzitutto essa ha sede presso l’amministrazione regionale e, in secondo luogo, favorisce un confronto attivo degli ETS con l’amministrazione perché può dialogare interattivamente con l’amministrazione regionale attraverso l’espressione di pareri e la formulazione di proposte in materia di servizi di interesse generale.”
  43. ^ Vedasi a tal proposito DE CONNO A., DOVERI A., MARCHETTI M., Sussidiarietà, Programmazione partecipata e affidamento dei servizi, in CAMPEDELLI M., CARROZZA P., PEPINO L., Diritti di Welfare. Manuale di cittadinanza e istituzioni sociali, Bologna 2010, pag. 327.
  44. ^ Art. 9 comma 1 L.R. n. 65/2020; Art. 55 comma 1 CTS; Linee Guida Ministeriali 72/2021: “Il coinvolgimento attivo significa, anzitutto, sviluppare sul piano giuridico forme di confronto, di condivisione e di co-realizzazione di interventi e servizi in cui tutte e due le parti – ETS e PP.AA. – siano messe effettivamente in grado di collaborare in tutte le attività di interesse generale”; Art. 30 CCP; Linee Guida ANAC n. 32/2016.
  45. ^ DGRT n. 573/2017; L.R. n. 75/2017.
  46. ^ Art. 19 comma 1 lett. f) L. n. 328/2000.
  47. ^ Art. 3 comma 2 L. n. 328/2000; Art. 19 comma 1 lett. g) L. n. 328/2000.
  48. ^ Art. 6 comma 3 lett. d) L. n. 328/2000; Art. 1 comma 2lett. a) DPCM 30 Marzo 2001- Ruolo dei soggetti del terzo settore nella programmazione, progettazione e gestione dei servizi alla persona; Art. 21 comma 5 e Art. 16- quater commi da 9 a 11 L.R. n. 40/2005 e s.m.i.
  49. ^ FREDIANI E., La co-progettazione dei servizi sociali. Un itinerario di diritto amministrativo, Torino, 2021, pag. 254-256.
  50. ^ Vedasi a tal riguardo l’interessante contributo di SILVESTRI E.P., ZANDONAI F., PNRR e Piani di Zona: una convergenza necessaria, in Percorsi di Secondo Welfare, 2022 - https://www.secondowelfare.it/terzo-settore/pnrr-e-piani-di-zona-una-convergenza-necessaria/
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