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ISSN 2282-1694
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Numero 1 / 2023

Saggi

Modelli organizzativi per le comunità energetiche. Riflessioni dalla ricerca ‘Community Energy Map’

Lorenzo De Vidovich , Luca Tricarico, Matteo Zulianello

Abstract

Le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) sono iniziative ‘socio-tecniche’ di transizione energetica a livello locale finalizzate al coinvolgimento di diversi attori e organizzazioni in progetti di comunità dell’energia. In Italia, sono state introdotte nel 2020 grazie al recepimento anticipato delle direttive europee nell’ambito del Clean Energy for All Europeans package. In questa cornice, nel 2021 è stata svolta la ricerca qualitativa dal titolo Community Energy Map, finalizzata a identificare i principali modelli operativi e le strutture organizzative adottate nelle CER di più recente nascita, convogliati in una tripartizione di tre modelli: public lead, pluralista, e modello dei community energy builder. Il presente articolo presenta i principali risultati della ricerca, citando tre dei nove casi studio condotti attraverso un lavoro di analisi qualitativa, con riferimento alle implicazioni sociali e locali generate da tali iniziative. L’articolo sottolinea inoltre l’importanza delle iniziative a livello locale o di comunità, che hanno un ruolo centrale nel percorso verso una transizione energetica più equa e giusta.

Keywords: comunità energetiche rinnovabili, comunità energetiche, coinvolgimento della comunità, energia distribuita, Italia.

DOI: 10.7425/IS.2023.01.09

 

Ringraziamenti

Questo articolo è stato finanziato dal Fondo di Ricerca per il Sistema Elettrico Italiano in base all’Accordo tra RSE S.p.A. e il Ministero dello Sviluppo Economico - Direzione Generale per il Mercato dell’Elettricità, Energia Rinnovabile e Efficienza Energetica, Energia Nucleare, in ottemperanza con il Decreto del 16 aprile 2018. Siamo inoltre riconoscenti a Ilaria Leonardi per il suo supporto nell’organizzare la struttura generale dell’articolo.

Introduzione

La transizione energetica dai combustibili fossili alle fonti rinnovabili è una priorità dell’Agenda Climatica e della politica energetica europea e degli Stati Membri. Questo tema sta anche acquisendo una certa risonanza nel dibattito pubblico, ed è ancora più sentito quando si tratta di scegliere i modelli che rappresenteranno il futuro del sistema energetico europeo (basti pensare alle recenti discussioni sulla definizione tassonomica delle fonti energetiche rinnovabili che supporteranno il processo di transizione secondo il quadro operativo stabilito dal Green Deal Europeo[1]). In questo contesto, la necessità di sviluppare una struttura esaustiva di analisi organizzativa, così come presentata in questo articolo, si rivela essere un passaggio chiave per sostenere i processi di sviluppo imprenditoriale che si legano allo scenario di innovazione tecnologica della produzione distribuita di e della transizione energetica. Un’opportunità per le imprese che va contestualizzata in un’ampia comprensione del concetto di sostenibilità, con la consapevolezza che i fattori ambientali, sociali e di governance giocano un ruolo sempre più importante per decisori politici, aziende e soprattutto per gli investitori (vedi finanza ESG). Con la consapevolezza che le precedenti politiche energetiche sostenute negli scorsi decenni pur essendo finalizzate alla diffusione di tecnologie basate su fonti rinnovabili, hanno spesso promosso iniziative e progetti orientati unicamente alla sostenibilità economica, lasciando in secondo piano un reale coinvolgimento delle comunità locali (Altavilla, 2016). È pertanto importante concentrarsi sul ruolo dei processi di sviluppo organizzativo di condivisione e aggregazione di risorse e conoscenze locali, mutuando approcci di riflessione e pratica da quello che in Italia è definito come settore delle “imprese di comunità” (Euricse, 2022; Tricarico, 2016). Questi progetti sono dunque osservabili con le lenti dell’innovazione sociale e sono facilitati dalle opportunità che si sviluppano in contesti di policy locali e nazionali (Tricarico et al., 2022).

La diffusione di questi modelli di gestione e/o proprietà collettiva può cambiare in base alle risorse economiche a disposizione delle entità richiedenti. La ricerca (di cui questo articolo ne riporta i contenuti principali[2]) analizza come questi aspetti si formalizzano in relazione alla governance locale delle iniziative, al coinvolgimento dei cittadini, allo sviluppo di attività di impresa, allo sviluppo tecnologico e alla volontà di consumare e scambiare energia a livello locale. In Italia, la transizione energetica verso le fonti rinnovabili è un fenomeno tutt’altro che nuovo, nonostante il duplice processo di decentralizzazione e localizzazione di co-produzione e consumo di energia abbia raggiunto una rilevanza politica solo recentemente. Il settore delle comunità energetiche in Italia è ancora di nicchia, caratterizzato da piccole iniziative ampiamente dipendenti dal supporto della politica nazionale al settore del fotovoltaico (Candelise, Ruggieri 2021).

Tuttavia, lo sviluppo delle imprese di comunità nel settore energetico non è recente, risale infatti ai primi del Novecento, quando vennero sviluppate nell’area alpina alcune esperienze storiche di cooperazione[3]. Tuttavia, dai primi anni 2000, anche grazie all’introduzione di incentivi dedicati all’implementazione del fotovoltaico, le comunità energetiche hanno iniziato a emergere come un nuovo paradigma in grado di incentivare la partecipazione degli utenti finali (singoli cittadini, ma anche pubbliche amministrazioni e piccole-medie imprese) nel processo di transizione energetica internazionale. L’importanza e la scelta di indagare il contesto italiano è collegata alla storia di iniziative che, negli anni, hanno testimoniato un’evoluzione di tipologie organizzative molto diverse tra loro, ma accomunate dagli stessi obiettivi delle esperienze internazionali delle comunità energetiche (De Vidovich et al., 2021) in aggiunta a un acceso dibattito sul contesto normativo e politico che supporterà i futuri sviluppi. Dai risultati di queste esperienze e di quelle che sono state sviluppate negli anni successivi, sono nate le due domande di ricerca a cui la ricerca ha provato a rispondere:

Quali “lenti organizzative” possiamo utilizzare per analizzare i progetti di comunità energetiche rinnovabili nel contesto italiano? 

Considerando i diversi profili organizzativi, è possibile definire modelli che delineano forme specifiche di coinvolgimento e gli obiettivi sociali che stanno alla base di tali tentativi? 

L’obiettivo è dunque duplice:

  • Da un lato schematizzare gli strumenti di analisi dei processi su cui sono costruite le comunità energetiche e i progetti di comunità energetiche, identificando i rapporti tra approcci di sviluppo e i profili legali adottati, osservando allo stesso tempo le relazioni tra i diversi attori che conducono alla gestione di questi progetti;
  • Dall’altro identificare regole e modalità di coinvolgimento, le tipologie di attori coinvolti, e le relazioni con altri soggetti (incluso il settore industriale) non direttamente coinvolti nei processi di comunità per l’energia rinnovabile, ma che ciononostante possono contribuire al raggiungimento degli obiettivi identificati dai partner o dai membri.

Per rispondere a queste domande e raggiungere gli obiettivi menzionati, l’articolo è suddiviso in più sezioni. La prima fornisce una configurazione teorica ed analitica del campo di ricerca. La sezione è corredata da una descrizione del contesto normativo italiano per lo sviluppo delle CER, riassumendo l’iter che ha preso forma dal 2020 ai primi mesi del 2023. La seconda sezione delinea i metodi e le tecniche di ricerca adottate per condurre l’attività empirica ed esplorativa, e descrive i passaggi attuati dal team di ricerca. Gli step sono un’analisi desk, l’identificazione e la delineazione di tre cluster analitici finalizzati a categorizzare i modelli di sviluppo delle CER, lo svolgimento di tre focus group, e attività di approfondimento con nove casi studio. Successivamente, approfondendo le specifiche delle analisi empiriche, la terza sezione del paper offre tre esempi particolarmente paradigmatici e rappresentativi dei tre modelli identificati: quello attuato dal settore pubblico, quello pluralistico, e quello dei community energy builder. Infine, ancora a livello di analisi generale, l’articolo tratta i principali temi emersi dalle attività di ricerca, individuando alcune traiettorie di ricerca ancora aperte. In questo senso, la sezione conclusiva cerca di descrivere gli impatti sociali e territoriali delle CER, le implicazioni (e relative innovazioni) in termini di competenze organizzative, e gli impatti istituzionali, utili per mantenere un ecosistema pluralistico e condiviso per lo sviluppo proficuo di queste nuove sperimentazioni. 

Il dibattito sulle comunità energetiche: un potenziale in cerca di replicabilità

Le trasformazioni nel sistema energetico, insieme ai cambiamenti tecnologici, hanno rivelato l’esistenza di un “campo organizzativo” (Powell, DiMaggio, 1991) caratterizzato da nuovi interessi e opportunità per la co-produzione e la fornitura di energia. In tal senso, la transizione energetica si presta a varie analisi sociali, in quanto rappresenta una dinamica di cambiamento sociale dove le innovazioni tecniche e il cambiamento sociale si alimentano a vicenda (Carrosio, Scotti, 2019). Ad oggi, si può argomentare che la co-fornitura di prodotti e servizi energetici preveda varie forme di cooperazione tra istituzioni pubbliche e cittadini, ma anche tra multiutility private, imprese locali e consumatori (Osti 2010). I nuovi approcci dedicano particolare attenzione all’inclusione e al coinvolgimento degli utenti e degli abitanti, permettendo loro di sviluppare e gestire insieme i servizi energetici attraverso un modello di comproprietà che differisce dalle organizzazioni tradizionali di fornitura energetica (Kalkbrenner, Roosen, 2016; Becker et al., 2017; Moroni, Tricarico, 2018; Tricarico, 2018).

In termini di policy, negli ultimi anni le CER hanno rappresentato un oggetto privilegiato per molte attività di studio in sede europea (JRC – Commissione Europea 2020, IEA, 2020; Rossetto et al., 2022). Sono molti i Paesi europei che negli ultimi anni si sono adoperati per lo studio e lo sviluppo di modelli innovativi per la co-produzione di energia da fonti rinnovabili: dalla Spagna (Pérez-Suárez et al., 2021), al Belgio (Bauwens, 2019), dalla Germania (Kalkbrenner, Roosen, 2016) al Regno Unito (Seyfang et al., 2013) e Paesi Bassi (Dóci, Vasileiadou, 2015). Il minimo comune denominatore di queste iniziative territorialmente e geograficamente eterogenee riconduce ad un percorso in cui le persone adottano "tecnologie e strategie per l’energia sostenibile in gruppi e/o proprietà condivise, anziché attraverso un’adozione tradizionale individualistica" (Klein, Coffey, 2016 – p. 868). Dopo essersi affermati nel contesto anglosassone (Walker, Devine-Wright, 2008), il tema delle comunità energetiche ha progressivamente trovato spazio anche in Italia, attraverso diversi studi (Candelise, Ruggieri, 2021; Magnani, Patrucco, 2018; Bolognesi, Magnaghi, 2020; Benini et al., 2021), alimentati, più di recente, da un’intensa attività di reportistica, che ha trasmesso l’argomento ai policy makers (AIEE & Federmanager, 2021; AWARE, 2021; Barroco et al., 2021). In questo contesto, ha preso forma la convinzione che il successo dell’attuale percorso di transizione energetica sarà possibile solo attraverso l’inclusione e il supporto della cittadinanza (Soeiro, Ferreira Dias, 2020a) nel trasformare questa opportunità in possibilità di stabilire imprese sociali a matrice comunitaria (Tricarico, 2015). Secondo molti commentatori, le iniziative di ‘comunità energetica rinnovabile’ (CER) sono considerabili ‘un fenomeno emergente che nella fase attuale rappresenta un utile approccio dal basso per coinvolgere molti cittadini nella transizione verso un futuro energetico sostenibile’ (van der Schoor, Scholtens, 2015 – p. 674), dove si concretizza la partecipazione attiva al sistema energetico da parte degli utenti finali e le comunità locali (Soeiro, Ferreira Dias, 2020a). Un importante punto di riferimento in campo europeo che ha descritto nel dettaglio il potenziale delle CER è contenuto nel report prodotto dalla Federazione Europea delle Cooperative Energetiche REScoop.eu e le organizzazioni non-governative Friends of the Earth Europe e Energy Cities (REScoop.eu, 2020). Il documento presenta un’analisi di ventisette casi studio dal contesto europeo, focalizzati sull’analisi delle dinamiche di gestione nella pianificazione di partnership, fornendo inoltre una serie di pratiche utili con riferimento alle tecnologie da utilizzare.

Contesto normativo 

Le innovazioni per lo sviluppo dei progetti di CER sono state regolate da due direttive contenute nel pacchetto Clean Energy for All Europeans: la Direttiva 2018/2001 (RED II), e la Direttiva 2019/944, sul mercato interno dell’elettricità (IEM). Queste direttive definiscono il contesto legislativo e normativo per la partecipazione dei cittadini, mobilitando capitale privato e assicurando l’accettazione di nuove iniziative sperimentali per l’energia rinnovabile a livello locale (Bauwens, 2019).

Secondo la definizione adottata nella Direttiva RED II 2018/2001, il termine comunità energetiche rinnovabili (CER) si riferisce a una coalizione di utenti che, attraverso la costituzione di un’entità legale, decide di collaborare allo scopo di soddisfare le esigenze identificate dai membri per produrre, consumare e gestire l’energia attraverso uno o più impianti locali alimentati da fonti rinnovabili. L’ampliamento del numero degli attori, contribuendo all’obiettivo globale della decarbonizzazione e alla realizzazione della transizione energetica, non può non considerare la diffusione di nuovi approcci sostenibili basati sul coinvolgimento delle comunità territoriali.

In tal senso, le CER hanno perseguito il raggiungimento di fabbisogni ambientali, economici e sociali identificati dai loro membri, anteposti agli obiettivi economici. La produzione di energia da fonti rinnovabili dovrebbe essere compresa non solo come un mero fenomeno economico e finanziario, bensì come uno strumento per stimolare le relazioni sociali e generare ricadute tangibili nell’organizzazione delle strutture locali che implementano e coinvolgono gli impianti. All’interno di un contesto di progressiva liberalizzazione del mercato dell’energia e di decentralizzazione dell’attività di produzione, negli ultimi anni l’importanza dei consumatori finali è aumentata. Questi sono infatti diventati “prosumer”, cioè consumatori che partecipano attivamente alle fasi di produzione energetica come proprietari del loro impianto di produzione di energia rinnovabile, della quale consumano una parte e alimentano il resto nella rete, rendendo possibile l’avvicinamento fisico dei consumatori, o immagazzinandola per il consumo nel momento appropriato.

Nel raggiungimento di questo obiettivo, il pacchetto Clean Energy for All Europeans ha introdotto una serie di linee guida molto chiare per definire una nuova fase di sperimentazione innovativa capace di costruire forme di comunità per l’accesso e il consumo dell’energia, identificata come servizio di prima necessità attorno ai quali stanno emergendo forme complesse di governance pubblico-private.

Il contesto delle CER in Italia: stato dell’arte

Tra marzo e dicembre 2020, si è definito il contesto legislativo-normativo, e i meccanismi di incentivazione da applicare alle CER e agli schemi di auto-consumo collettivo (Legge 8/2020, convertita nell’Articolo 42/bis DL 162/19 - Decreto Milleproroghe, Risoluzione di ARERA 318/2020 e Decreto Ministeriale del 16 settembre 2020 del Ministero per lo Sviluppo Economico). Il recepimento anticipato delle direttive europee ha permesso di stabilire formalmente e per la prima volta le CER in Italia, seppur con numerosi vincoli legati alla capacità massima dei singoli impianti.

Lo sviluppo delle prime esperienze di CER è stato fortemente condizionato da un lato dalla definizione di procedure per avere accesso a una regolamentazione e a incentivi dedicati, e dall’altro dal fatto che i vincoli introdotti in fase sperimentale sarebbero cambiati durante la trasposizione complessiva delle direttive. Molti degli attori che avrebbero potuto partecipare allo sviluppo di queste iniziative hanno pertanto deciso di aspettare l’evoluzione della legislazione e il suo impatto sull’implementazione delle CER.

La legge 8/2020 definisce uno specifico ambito di sperimentazione, specificando che le CER potrebbero sviluppare impianti di energia rinnovabile fino a una potenza massima di 200 kW, collegati alla rete di distribuzione locale a basso voltaggio. Un ulteriore vincolo da rispettare è che gli impianti di proprietà delle CER devono essere sottesi alla medesima cabina secondaria per la trasformazione dell’energia, o far parte degli stessi edifici residenziali nel caso di schemi di autoconsumo collettivo. In piena coerenza con la Direttiva RED II, la legge specifica che l’obiettivo delle CER è offrire benefici ambientali, economici e sociali ai membri della comunità o alle aree in cui operano, piuttosto che profitti finanziari, garantendo una ‘partecipazione aperta e volontaria’, e facendo leva su impianti localizzati in prossimità delle aree di consumo. I membri possono essere persone fisiche, piccole e medie imprese (PMI), autorità territoriali o autorità locali, inclusi i Comuni, e aziende private, a condizione che, per la partecipazione alle CER, la produzione e distribuzione di energia non costituisca la principale attività commerciale e/o industriale.

La Risoluzione di ARERA 318/2020/R/eel del 4 agosto 2020 definisce il modello normativo da applicare alle CER, identifica i vantaggi che queste entità apportano alla rete e le componenti della tariffa che di conseguenza non dovranno essere applicate ad esse. Alla fine, il 16 settembre 2020, il Ministero per lo Sviluppo Economico ha introdotto un sistema di incentivi per le CER e per l’auto-consumo collettivo. L’energia condivisa dalle CER riceve una tariffa incentivata di 110 €/MWh, mentre quella immessa dai partecipanti a schemi di auto-consumo ammonta a 100 €/MWh. Pertanto, ci spostiamo da un incentivo che premia la produzione massima di un impianto a un incentivo che premia la produzione massima di energia che può essere consumata allo stesso tempo (o meglio, nello stesso periodo di tempo) dai membri della CER.

Oltre alla legislazione nazionale, l’istituzionalizzazione di comunità energetiche nel contesto italiano ha generato lo sviluppo di numerose leggi di iniziativa regionale, con l’obiettivo di promuovere localmente lo sviluppo di CER più in linea con le peculiarità del territorio. La prima regione italiana ad avere adottato una legge regionale sulle modalità per lo stabilimento di una comunità energetica è il Piemonte con la legge regionale del 3 agosto 2018 n° 12 sulla ‘Promozione delle comunità energetiche’. Questa legge stabilisce gli obiettivi, le competenze e il supporto finanziario per la costituzione delle CER. Il coordinamento delle leggi regionali con il contesto normativo nazionale è cruciale per evitare l’introduzione di definizioni diverse a diversi livelli istituzionali. Un primo aggiornamento del processo normativo risale agli ultimi mesi del 2021, con la promulgazione del D.Lgs. 199/2021 (unitamente al D.Lgs. 200/2021 relativa all'apertura dei dati e al riutilizzo dell'informazione del settore pubblico) che contiene nuove indicazioni sulla promozione dell’uso di energia da fonti rinnovabili, aumentando il bacino di possibili stakeholders che possono fondare una CER, e ridefinendo la potenza massima degli impianti, che aumenta da 200 kW a 1 MW. Ad un anno di distanza da questi decreti, la Delibera di ARERA 727/2022, risalente a fine dicembre 2022, di definizione del TIAD (Testo Integrato Autoconsumo Diffuso) ha recepito i contenuti dei decreti definendo le nuove regole tecniche per CER e schemi di autoconsumo collettivo. In seguito all’intervento di ARERA il nuovo Ministero per l’Ambiente e la Sicurezza Energetica (MASE) a fine febbraio 2023 ha inoltrato alla Commissione Europea la nuova bozza di decreto sugli incentivi per i progetti di autoconsumo, aggiornando così l’iter di definizione dei criteri operativi per lo sviluppo di iniziative comunitarie di energia condivisa. Il percorso normativo e legislativo per la regolazione delle CER, dalle prime direttive europee alla recente bozza di decreto MASE, includendo anche i contenuti del PNRR relativi all’oggetto di ricerca, è riportato in Figura 1.

Figura 1. Iter dell’evoluzione del quadro normativo per lo sviluppo di CER in Italia. Fonte: ©Elaborazione degli autori.

Guardare la metodologia per comprendere la pratica: dall’analisi degli stakeholders al business model canvas

La ricerca Community Energy Map ha fatto leva su un approccio metodologico di tipo qualitativo ed esplorativo, volto a comprendere un tema o un problema analizzandone il contesto, gli attori, i meccanismi con cui prende forma, e le interazioni sociali che lo contraddistinguono. Questo approccio comporta lo sviluppo di un quadro analitico aggiornato e ragionato sul campo specifico di indagine proponendo infine una lettura del modello di business. In questa cornice sono stati utilizzati tre metodi principali di indagine: analisi desk, focus group e studi di caso.

La prima attività si è caratterizzata per la definizione di alcuni cluster analitici al fine di riassumere i modelli generali di modus operandi per l’avviamento delle CER. A tal fine sono stati analizzati 58 casi di comunità energetiche (Figura 2) e sperimentazioni collettive di energia di comunità in Italia, divisi in tre categorie: 23 imprese comunitarie energetiche che non rispettano la legislazione attuale, 8 community energy builder e 27 CER conformi alla legge 8/2020 (Figura 3). Il primo passo ha previsto un'analisi secondaria di fonti, dati e informazioni fornite dai principali organismi di diffusione in materia di energia, oltre a basarsi sulla conoscenza di casi specifici da parte dei singoli membri del gruppo di ricerca. L'analisi desk ha incluso iniziative congiunte di natura storica risalenti all'inizio del secolo scorso; questo tipo di esperienze si sono sviluppate nel corso delle decadi precedenti, utilizzando gli strumenti di incentivo disponibili all'epoca, come i "Conti Energia". Infine, si sono prese in considerazione le CER che stanno prendendo forma o sono state lanciate negli ultimi due anni, in conformità con la L. 8/2020.

Il secondo metodo ha previsto lo svolgimento di quattro focus group svolti online che hanno coinvolto diversi stakeholders appropriatamente suddivisi. Il confronto con questi tre gruppi di stakeholder ha reso possibile raccogliere numerosi e utili punti di vista per le successive attività di reporting, per un ritorno completo delle attività di ricerca svolte di diversi punti di vista, esperienze esplicite, reazioni e osservazioni ai commenti di altri partecipanti, così da permettere un raffronto continuo tra gli attori coinvolti, raccogliendo interpretazioni e punti di vista eterogenei. Una prima sessione è stata svolta con alcuni esperti practitioner e accademici, durante il primo step della ricerca durante la quale si è discussa la metodologia d’indagine con un panel di sei persone specializzate nei campi transizione energetica e sull’imprenditorialità sociale. Il secondo focus group è stato finalizzato a interagire con i membri della pubblica amministrazione (con un interesse particolare per gli amministratori locali di piccoli Comuni che hanno attivato o stanno attivando delle CER). Il terzo focus group è stato dedicato alla discussione tra attori privati e associazioni d’impresa. Il quarto si è focalizzato invece sul Terzo Settore e sul mondo delle fondazioni.

Il terzo metodo di ricerca ha riguardato la realizzazione di un’indagine sul campo di una serie studi di caso, effettuati con interviste semi-strutturate ad attori locali essenziali nel processo cognitivo di ogni esperienza presa in considerazione[4].

I nove studi di caso sono stati quindi suddivisi secondo una triplice modellizzazione tassonomica riguardante la tipologia di comunità e stakeholders coinvolti, i benefici generati e la qualità dei processi di ingaggio e partecipazione durante le fasi di sviluppo tecnologico e organizzativo dei casi in esame (Tabella 1): ossia il modello “public lead", il modello “pluralista", il modello di "community energy builder" (CEB).

 

CLUSTER 1

Modello Public Lead

CLUSTER 2
Modello Pluralista

CLUSTER 3
Community energy builders

Tipo di comunità e di stakeholders

Proponenti locali pubblico-privati; forte ruolo dell’attore pubblico

Applicazione di modelli orizzontali di comunità

Intermediazione tra progetti locali e consumatori individuali

Benefici generati

Commistione pubblico-privata per creazione di benefici collettivi e locali

Cittadini soci e prosumer; coalizioni di attori locali

Modelli di consumo energetico alternativi; azione su risparmio per i consumatori

Processi di ingaggio e partecipazione

Processo e modus operandi prevalentemente
top-down

Processo e modus operandi prevalentemente
bottom-up

Eterogeneità di approcci tra top-down e bottom-up

Tabella 1. Clustering analitico dei tre modelli interpretativi delle CER.

Figura 2. Distribuzione geografica in Italia delle imprese energetiche non in linea con l’attuale legislazione. Include progetti pilota di RSE, ed esclude le iniziative cooperative storiche dell’area alpina. Fonte: ©Autori

Figura 3. Distribuzione geografica in Italia delle prime CER approvate o in corso di accreditamento, in linea con la Legge Nazionale 8/2020. Fonte: ©Autori, basata sul database di RSE. NB: Nuove CER sono, ad oggi, in corso di accreditamento.

Per completezza, i nove casi studio sono stati suddivisi come segue, in base alla tripartizione adottata:

  • Casi per il modello public lead: progetto CommOn Light a Ferla (Sicilia); Kennedy S.r.l. a Inzago (Città Metropolitana di Milano); progetto Energy City Hall a Magliano Alpi (Piemonte).
  • Casi per il modello pluralista: Comunità Energetica e Solidale di Napoli Est a Napoli (Campania); Comunità Energetica Alpina di Tirano a Tirano (Lombardia); progetto GECO (Green Economy COmmunity); quartiere Pilastro (Emilia-Romagna).
  • Casi per il modello dei Community Energy Builders (CEB): progetto della comunità per l’energia rinnovabile di Biccari (Puglia), dove Ènostra è stata identificata come CEB; Condominio agricolo di Ragusa (Sicilia) dove Enel X è stata identificata come CEB; progetto RECOCER (Friuli Venezia Giulia), dove l’Energy Center del Politecnico di Torino è stato identificato come CEB.

Per la raccolta dei dati tramite le interviste i contenuti sono stati organizzati secondo un framework analitico del business use canvas (Osterwalder e Pigneur, 2019), cosi da descrivere accuratamente e mettere a confronto le principali dimensioni dei modelli di business dei progetti di CER, fra possibili repliche ed implementazioni (cfr. Reis et al. 2021). lo schema che ne risulta (Figura 4) fornisce una macro-suddivisione degli elementi da analizzare, distinguendo una dimensione di input e una di output, ossia separando l’organizzazione del progetto dai risultati, a prescindere da che siano attesi o già realizzati. Per quanto riguarda gli input, l’attenzione è principalmente su cinque elementi: gli obiettivi del progetto hanno sfumature diverse, inclusi elementi multipli, dalla lotta contro la povertà energetica all’autoconsumo collettivo; gli attori coinvolti, inclusi gli stakeholders, gli attori pubblici, i fornitori di esperienza tecnica e gli investitori; le risorse a disposizione da un punto di vista economico (investimento monetario e costi per l’avvio del progetto) e da un punto di vista tecnico (riguardante l’installazione dei sistemi); l’aspetto tecnologico, per identificare le fonti energetiche prese in considerazione, con un’enfasi sull’energia solare e l’uso dei sistemi fotovoltaici; la struttura normativa e di policy all’interno del progetto viene stabilita. Per quanto riguarda gli output, osserviamo elementi che diventano tangibili e osservabili una volta che il progetto è stato avviato: prima di tutto, i processi per stabilire la CER, categorizzare i meccanismi di impegno e coinvolgimento dei partecipanti (tracciando il dualismo tra modelli dall’alto e dal basso; le caratteristiche della comunità coinvolta tra prosumer e cooperazione individuale, per capire se è una comunità configurata sul perimetro territoriale locale, o se preferisce piuttosto una logica di aderenza al progetto a prescindere dalla prossimità territoriale, distinguendosi come una comunità ‘intenzionale’; la partecipazione, il grado di pluralismo e il modello giuridico adottato, identificando i fattori che influenzano la partecipazione. A questo proposito, Soeiro e Ferreira Dias (2020b) hanno identificato quattro elementi sottostanti le forme di comunità energetica: la fiducia, gli standard sociali ai fini di regolamentazione delle forme di collaborazione in una CER, l’identità di comunità, con riferimento agli interessi che accomunano la mobilizzazione collettiva e individuale, le preoccupazioni ambientali, e il desiderio di collaborare alla transizione ecologica ed energetica. L’ultimo output riguarda i benefici generati dal progetto delle CER, con una distribuzione tra i benefici economici individuali che, in questo caso, diventano risparmi economici per i consumatori contro le spese per l’energia, i benefici collettivi che riguardano il reinvestimento in attività o miglioramenti utili all’intera popolazione, e forme di guadagno ampiamente comprese. I benefici possono anche includere il valore aggiunto di condividere gli obiettivi di decarbonizzazione.

Figura 4. L’interpretazione del business model canvas delle caratteristiche delle CER esplorate nei casi studio. Fonte: Elaborazione degli autori con un riadattamento di Reis et al. (2021).

Tre casi significativi

Progetto CommOn Light

Figura 5. Informazioni sul progetto CommOn Light.

 

Breve descrizione e obiettivi del progetto

CommOn Light (Figura 5) è il primo progetto di comunità energetica realizzato in Sicilia, grazie alla collaborazione tra il Comune di Ferla (Provincia di Siracusa) e l’Università di Catania, all’interno del progetto di ricerca interdipartimentale TREPESL (Transizione energetica e nuovi modelli di partecipazione e sviluppo locale). La CER fa leva sull’installazione di un piccolo impianto fotovoltaico da 20 kW ubicato sul tetto del Comune di Ferla, realizzato a seguito di un confronto con la Sovraintendenza dei Beni Culturali per trovare una soluzione di design che permettesse la migliore integrazione possibile dell’impianto nel paesaggio. Il progetto adotta la forma di un’associazione non riconosciuta, di cui al momento fanno parte il Comune di Ferla e quattro cittadini (due persone fisiche e due persone giuridiche). Da un punto di vista tecnico-operativo, lo scopo del progetto è raggiungere una fornitura di energia elettrica limitata, focalizzandosi sull’accumulo in loco. Questo obiettivo verrà raggiunto grazie alla capacità della comunità di produrre e immagazzinare energia e al fabbisogno energetico della comunità stessa, verso una progressiva elettrificazione del consumo. In questo modo, la CER di Ferla intende offrire ai suoi membri benefici ambientali, economici e sociali, con uno sforzo omnicomprensivo su numerosi obiettivi come l’accumulo e l’immagazzinamento di energia, la produzione di energia da fonti rinnovabili e l’allocazione di risorse specifiche nel budget per gli investimenti nelle fonti rinnovabili, promuovendo allo stesso tempo una cultura di riferimento attraverso la formazione, la partecipazione a conferenze e attività di pubblicazione, educazione civica sulla sostenibilità ambientale, mantenendo una struttura aperta che favorisce l’inclusione di chiunque ne faccia richiesta .La squadra è composta da due player istituzionali (l’Università e il Comune) in un contesto già abituato a prestare attenzione a questioni ambientali e legate alla sostenibilità. Non è previsto un ruolo per la Regione, pertanto gli attori coinvolti possono essere riassunti in tre categorie: il Comune di Ferla, con riferimento alle competenze politiche, di comunicazione e di engagement; l’Ufficio Tecnico del Comune per quanto attiene alla costruzione dell’impianto, e l’Università di Catania per la competenza legale e amministrativa.


Investimenti economici e tecnologici

Lo schema di finanziamenti per il progetto è parte del piano operativo FESR per la Sicilia 2014-2020, al quale sono state aggiunte risorse aggiuntive da fondi comunali ‘sottosoglia’ per lavorare sul profilo comunicativo. L’Università si è occupata degli aspetti amministrativi e di conformità, mentre il Comune ha creato la campagna di comunicazione rivolta agli abitanti. Come afferma il sindaco, le somme allocate ai Comuni del centro-sud per l’efficienza energetica spesso vengono incluse alle risorse comunali, senza necessariamente considerare gli obiettivi legati alla transizione ecologica ed energetica. Invece, le somme nel PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) saranno usate esclusivamente per finanziare le installazioni. Tuttavia, rispetto alla stima iniziale di 2.2 miliardi previsti dal PNRR per i piccoli Comuni, non c’è nulla di nuovo per i piccoli impianti come quello di Ferla, e questo lascia un vuoto normativo per le aree soggette a vincoli paesaggistici, come è il caso degli edifici su cui verranno installati gli impianti fotovoltaici di CommOn Light.

 
Forme di gestione e coinvolgimento della comunità

Le risoluzioni comunali, quando la CER è stata avviata, hanno preso forma dai primi atti formulati nei mesi di marzo, aprile e maggio 2021. Tuttavia, il processo di installazione dell’impianto nell’edificio del municipio risale al 2017-2018. L’atto è stato promulgato a marzo 2021, seguito dall’espressione di interesse per gli utenti esterni interessati al progetto. Nel maggio 2021, gli articoli dello Statuto dell’Associazione, gli articoli dell’Associazione CommOn Light e le regole di procedura, firmate dai membri per la distribuzione degli incentivi (si veda la sezione sui benefici) sono stati approvati. Per l’implementazione dell’impianto fotovoltaico, il Comune ha dovuto aspettare, come già detto, l’autorizzazione della Sovrintendenza ai Beni Culturali con riferimento ai vincoli paesaggistici, a seguito di un lavoro di persuasione. In questo senso, colorare l’impianto di marrone chiaro ha permesso di ridurre l’impatto sul paesaggio, al netto di costi più alti e di una prevedibile riduzione del rendimento dell’impianto. Per la gestione dei servizi, il Comune ha reso l’impianto disponibile alla comunità attraverso un accordo di prestito a tempo indeterminato, mantenendo la proprietà e accordandosi per un termine collegato alla durata della CER. Le pratiche di coinvolgimento della cittadinanza sono iniziate a gennaio 2021 in modo graduale, con una campagna di comunicazione lanciata a marzo 2021, il giorno dopo la pubblicazione dell’avviso di manifestazione di interesse sulla bacheca del Comune di Ferla. Il 28 marzo 2021, la costituzione della comunità energetica è stata ufficializzata. Da quel momento, attraverso i canali social del Comune, l’invito a partecipare a un bando è stato formalizzato raccogliendo le prime adesioni, inclusi profili eterogenei di persone fisiche e proprietari di piccole-medie imprese commerciali. Il bando ha raccolto circa 9-10 manifestazioni di interesse. Ulteriori accesi sono stati temporaneamente bloccati a causa di problemi di collegamento alla cabina di basso voltaggio della CER, allo scopo di evitare il sovraccarico.

 
Benefici

I benefici previsti si possono conteggiare come la differenza tra flusso di rendimento economico e servizio di incentivo. Per quest’ultimo, il 20% della quota pagato a tutti i membri della comunità è riferito solo all’incoraggiamento dell’adesione a un progetto di utilizzo di energie rinnovabili, con un beneficio a cascata garantito a tutti i membri. Un 30% della quota è pagato in proporzione alla percentuale di energia condivisa da ogni membro, con questa percentuale intesa come un incentivo a concentrare il consumo durante le ore diurne quando il sistema fotovoltaico è a piena capacità. Il restante 50% invece è pagato a quei membri che sono anche produttori di energia. Finora, soltanto il Comune di Ferla ha partecipato all’iniziativa, ma questa configurazione può cambiare se si uniscono nuovi membri. Su questo assunto, c’è uno studio fiscale condotto sui flussi di ricavo. Il gruppo di lavoro ha considerato pertinente con gli obiettivi della CER allocare un po’ di guadagno a un fondo per i costi operativi: il 50% destinato ai produttori di energia è inviato a un fondo, ma con due terzi dei voti dell’assemblea questa percentuale potrà essere allocata a potenziali nuovi membri produttori. Ad oggi, il Comune di Ferla non ha raccolto queste risorse, ma le ha allocate per altre iniziative in ambito green o per investirle su altri impianti, generando benefici collettivi nel percorso verso la transizione ecologica.

Comunità Energetica e Solidale di Napoli Est 

Figura 6. Informazioni sul progetto di Comunità Energetica e Solidale di Napoli Est.

 
Breve descrizione e obiettivi del progetto

La Comunità Energetica e Solidale di Napoli Est (Figura 6) è una delle prime a essere state stabilite in conformità con la Legge 8/2020, grazie a un accordo a livello locale tra attori radicati nel tessuto sociale del quartiere di San Giovanni a Teduccio e nella città di Napoli. L’organizzazione filantropica di origine religiosa, ora fondazione privata, Fondazione Famiglia di Maria, che gestisce un centro socio-culturale a San Giovanni a Teduccio e che opera nel settore dei servizi sociali concentrandosi in particolare sui minori, e Fondazione con il Sud, un ente con un’antica e radicata vocazione sociale nella regione Campania. Queste due fondazioni sono state affiancate da Legambiente Campania, che ha fornito la competenza tecnica per lo sviluppo della CER, insieme a 3E e Italia Solare per la fornitura di pannelli fotovoltaici installati sul tetto della sede di Fondazione Famiglia di Maria. Secondo gli attori intervistati, il progetto non ha avuto il supporto economico e organizzativo delle amministrazioni locali e regionali. L’atto di incorporazione della Comunità Energetica e Solidale di Napoli Est identifica un duplice obiettivo, che definisce le attività svolte dalla comunità. Da un punto di vista culturale, il progetto è finalizzato a percorsi di educazione energetica, con attività formative sulla transizione ecologica per famiglie in difficoltà socio-economica, in un quartiere con un passato operaio e afflitto dalla presenza del crimine organizzato. In secondo luogo, dal punto di vista operativo, l’obiettivo è la produzione di energia rinnovabile in una logica di condivisione, superando quando possibile l’uso di energia fossile e operando una sostituzione di fornitura nelle case che hanno condizioni strutturali non facili per soluzioni di efficienza energetica. Il progetto prevede il coinvolgimento dei nuclei famigliari in campagne di consapevolezza per un consumo energetico sostenibile e virtuoso. Per raggiungere questi obiettivi, è stata fondata la comunità energetica installando un impianto fotovoltaico sul tetto dell’edificio della Fondazione Famiglia di Maria.

 
Investimenti economici e tecnologici

L’implementazione dell’impianto fotovoltaico è stata resa possibile da un investimento complessivo di € 100.000 equamente distribuito tra due fonti di finanziamento: 50% dell’investimento è stato sostenuto dalla Fondazione con il Sud per operazioni sociali, comprendente una quota compresa tra € 10.000 e € 15.000 per il lancio di workshop formativi su temi energetici e ambientali. Il restante 50% dell’ammontare previsto è stato finanziato da un eco-bonus attraverso uno sconto in fattura e il trasferimento del credito alle imprese coinvolte. L’impianto fotovoltaico ha una potenza di 55 kW e si prevede che produca e distribuisca l’energia prodotta tra quaranta famiglie, i cui punti di collegamento sono sottesi dalla rete di distribuzione a cui il sistema è collegato tramite la stessa cabina elettrica. La Fondazione Famiglia di Maria ha un ruolo chiave nell’organizzazione e divulgazione del progetto nel tessuto sociale del quartiere, in quanto è un’organizzazione ampiamente riconosciuta per la sua inclusione sociale e attività di coesione. Tuttavia, il progetto è stato il risultato di uno sforzo condiviso da parte di numerosi attori nell’affrontare innanzitutto le questioni legali per la creazione della CER.

 
Forme di gestione e coinvolgimento della comunità

L’idea di lanciare questo progetto ha preso forma principalmente grazie a dei workshop sul significato e lo scopo di una ‘comunità energetica’, oltre che a corsi di educazione ambientale sul tema dei rifiuti urbani. L’intreccio con problemi tipici del territorio come la decadenza e la fragilità caratterizza fortemente l’impatto sociale del progetto, in un contesto dove lo sviluppo delle CER è ancora lento e complicato. A queste sfide, il progetto risponde con l’obiettivo di generare ‘energia condivisa’ prodotta da fonti rinnovabili, oltre che con la diffusione di una cultura della eco-sostenibilità. La CER è stata fondata il 17 marzo 2021, come un’associazione non riconosciuta e non come ente del Terzo Settore, per perseguire attività di welfare no profit, solidali e socialmente inclusive, in conformità con le leggi europee e nazionali in materia. Da un punto di vista legale, la realizzazione della CER ha dovuto affrontare alcune complicazioni tecniche e di pianificazione urbana, legate all’installazione dell’impianto fotovoltaico, poiché il comune richiedeva un’autorizzazione ambientale di livello regionale sui vincoli paesaggistici. Tuttavia, la legislazione prevede che tali controlli e autorizzazioni vengano concessi dalla Regione per impianti superiori a certe dimensioni, e non è il caso dell’impianto di San Giovanni a Teduccio. Inoltre, secondo il punto A6 del Decreto Presidenziale 31/2017 sull’autorizzazione semplificata in tema di paesaggio, l’installazione di pannelli fotovoltaici senza autorizzazione paesaggistica è possibile su tetti piatti e non spioventi, poiché questi risulterebbero non visibili dall’esterno, come è il caso dell’edificio che ospita la Fondazione Famiglia di Maria. Tuttavia, nonostante questo, si è verificata una complicazione con il Comune di Napoli sull’autorizzazione all’intervento, che ha portato a riconsiderare la richiesta, che è stata solo recentemente accettata dopo un lungo procedimento. Per quanto riguarda la coesione sociale e il coinvolgimento della cittadinanza, le attività sociali di supporto alle famiglie in difficoltà hanno giocato un ruolo chiave, trovando un impatto nella collaborazione tra Fondazione Famiglia di Maria, in quanto promotore, e la Fondazione con il Sud, in quanto co-finanziatore. Il processo di coinvolgimento della comunità ha visto la partecipazione di singoli e famiglie che si sono interessati al progetto, attivando meccanismi di fiducia e passaparola tra i visitatori del centro Fondazione Famiglia di Maria. Un ultimo accenno alla provvisorietà del progetto: il consiglio direttivo della Fondazione dovrà essere rinnovato nel 2024. L’obiettivo è di raggiungere altre venti famiglie entro quella data, in aggiunta a quelle già coinvolte, e sarà importante continuare il lavoro iniziato dalla Presidente Ricciardi, nel caso in cui la direzione della Fondazione dovesse cambiare.

 
Benefici

I vantaggi riguardano soprattutto gli aspetti di consolidamento della comunità: prima ancora dei possibili risparmi sulle bollette delle famiglie, la partecipazione a una CER implica un interesse personale in termini di sostenibilità ambientale, alimentata in questo caso dal percorso innovativo intrapreso dalla Fondazione Famiglia di Maria, in grado di mettere insieme le attività formative ed educative con azioni tangibili finalizzate alla transizione energetica, andando oltre il suo tradizionale campo d’azione. In secondo luogo, è stato identificato un vantaggio economico concreto per le famiglie, con un risparmio annuale atteso di circa € 300 sulle spese per l’energia di ogni famiglia.

Progetto RECOCER

Figura 7. Informazioni sul progetto RECOCER

 
Breve descrizione e obiettivi del progetto

Il progetto RECOCER (Regia Coordinata dei Processi di Costituzione di Comunità Energetiche Rinnovabili sul Territorio, 2021-2023) (Figura 7) rappresenta il primo caso di una strategia pluriennale per fondare una CER nella Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. Da un punto di vista amministrativo, coinvolge la Comunità Collinare del Friuli (un’autorità locale comprendente 15 Comuni), mentre dal punto di vista tecnico e scientifico si avvale del supporto dell’Energy Center del Politecnico di Torino. L’idea è nata con l’intenzione di riprodurre, con una governance inter-comunale, l’approccio già testato dal gruppo di ricerca dell’università piemontese con la CER di Magliano Alpi, inaugurata in Piemonte nel dicembre 2020. Nell’area coinvolta vivono circa 50.000 persone ed è già stato individuato un primo contesto di operatività nel comune di San Daniele del Friuli, dove una scuola ha un impianto fotovoltaico da 55 kW. La Comunità Collinare del Friuli ha lanciato un processo di transizione energetica con finalità prodromiche per l’intera regione. Da quanto riportato sui documenti ufficiali, il progetto RECOCER intende dare una base organizzativa per implementare la governance energetica del territorio, grazie all’uso di fonti energetiche rinnovabili, con vantaggi sistematici per tutti i comuni aderenti. Al 2022, l’obiettivo è di rendere disponibili a tutti i Comuni del Friuli Venezia Giulia le capacità di coordinamento e gestione testate con il progetto della Comunità Collinare del Friuli, che storicamente ha giocato un ruolo essenziale come interfaccia tra i Comuni e la rete di fornitura dell’energia, in particolare per il gas, con il fine ultimo di offrire supporto e negoziare un prezzo dell’energia più conveniente. Quando il progetto è stato avviato, l’Energy Center ha preparato un business plan per le varie fasi di sviluppo, e costruito un centro di controllo e formazione per la Comunità Collinare. L’obiettivo era costruire modelli di business innovativi finalizzati allo sviluppo locale sostenibile, regolato anche da un ‘manifesto’ per lo sviluppo delle comunità energetiche, sviluppato dall’Energy Center del Politecnico di Torino per accrescere la consapevolezza sul supporto attivo per i progetti di comunità energetica, per catalizzare le competenze di diversi attori del settore pubblico e privato (comuni, università, aziende, cittadini), e per attivare un dialogo costante con i sistemi di standardizzazione nazionale e le autorità di regolazione.


Investimenti economici e tecnologici

Da un punto di vista economico, la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia ha stanziato un finanziamento alla Comunità Collinare, rendendo disponibili € 5.400.000 da spendere entro il 2023. Il Progetto RECOCER è stato definito grazie a uno studio di fattibilità commissionato dalla Comunità Collinare all’Energy Centre nel periodo 2019-2020. Da un punto di vista tecnologico, come già anticipato nella prima sezione, la prima attività di RECOCER è avvenuta nel Comune di San Daniele del Friuli, dove il 14/10/2021 è stato installato un impianto fotovoltaico da 55 kW in un edificio scolastico, che ora ha un ruolo di prosumer.


Il ruolo del “community energy builder”

L’Energy Center del Politecnico di Torino ha un ruolo di fornitore di energia per la comunità che va oltre la mera attività di consulenza tecnico-scientifica per l’avvio della CER, in quanto ha a che fare con il coinvolgimento di tutti gli stakeholder territoriali per stabilire una governance sostenibile e inclusiva finalizzata all’implementazione della CER. La fondazione dell’Energy Center risale al 2016, quando il Politecnico di Torino ha lanciato la Energy Center Initiative (ECI) allo scopo di avviare una serie di azioni e progetti di supporto scientifico e strategico rivolti alle autorità locali, a enti nazionali e transnazionali, sulle politiche e le tecnologie energetiche da adottare per raggiungere l’obiettivo della decarbonizzazione. Più in generale, l’Energy Centre intende costruire le reti nazionali ed europee come un incentivo per lo sviluppo di nuove iniziative di business nel settore energetico attraverso le opportunità offerte dalla ricerca, dall’innovazione e da altre partnership. Grazie al confronto con le autorità locali, vengono sviluppati business plan, studi di fattibilità, e viene offerto supporto nella trasposizione di direttive e standard di riferimento, si identificano poi contesti pilota territoriali. Il progetto del Friuli ha preso forma per riprodurre il contesto di attività già utilizzato nell’esperienza di Magliano Alpi. Oggi, come partner fondatore del Forum sulle Comunità Energetiche (IFEC), l’Energy Center collabora con diversi comuni che hanno firmato un accordo di collaborazione con il Comune di Magliano Alpi ai sensi dell’Art. 15 della Legge 241/1990 per facilitare la realizzazione di altre Comunità Energetiche con lo stesso approccio metodologico e di business su misura delle specifiche caratteristiche del territorio.


Forme di gestione e coinvolgimento della comunità

Nonostante il primo riconoscimento ufficiale di una CER in Friuli Venezia Giulia risalga al 2018, i primi studi di fattibilità che hanno portato al progetto RECOCER risalgono all’estate 2019, e sono caratterizzati da una serie di incontri con le amministrazioni locali. A seguire, ha avuto luogo l’intervento dell’Energy Center, supportato da un lavoro di persuasione e creazione di consapevolezza sui benefici e il potenziale delle CER. Il processo organizzativo è stato avviato sulla falsariga dell’esperienza di Magliano Alpi, poi la fase organizzativa è iniziata nel 2021, grazie ai fondi regionali, con la creazione del TTC (Team Tecnico di Comunità) volto a garantire un controllo efficace nelle fasi di avvio. A supporto della rete di Comuni, è stato fondato GO-CER, un network di Gruppi Operativi di Comunità Energetiche finalizzato a costruire catene di approvvigionamento locali per la pianificazione, l’implementazione e la gestione delle CER, massimizzando il valore aggiunto locale per lo sviluppo sostenibile. Menzionare questo asset collaborativo ci permette di delineare i benefici attesi dalle CER, per quanto siano comunque da considerare in potenza.


Benefici

Il sito ufficiale di RECOCER riporta i cinque obiettivi del progetto, che coincidono con i risultati attesi: (1) la creazione di valore attraverso l’innovazione nel modo di generare, consumare e gestire l’energia, da reinvestire sul territorio; (2) la riduzione delle bollette elettriche, per creare risparmi in funzione della capacità di utilizzare l’energia autoprodotta da fonti rinnovabili; (3) la condivisione di standard di progettazione, installazione e gestione degli impianti e infrastrutture elettriche ed energetiche, per assicurare l’interoperabilità fra i nodi pubblici e privati del sistema territoriale che producono e consumano energia; (4) lo sviluppo di filiere locali attraverso sinergie tra i costruttori, gli installatori, i manutentori, i progettisti per fornire servizi di alta qualità ai cittadini, con creazione di posti di lavoro e lo stimolo all’economia in fase post pandemica; (5) l’acquisizione coordinata di beni e servizi, creando economie di scala, evitando i doppioni per favorire le buone pratiche e le esperienze, senza moltiplicare i costi. Alla luce di questi obiettivi, l’Energy Center del Politecnico di Torino intende sistematizzare un approccio tecnico-scientifico che assicuri una stabilità di lungo termine ai modelli di business.

 

Elementi di innovazione organizzativa

Lo sviluppo delle CER richiede una serie di precondizioni in termini di competenze, risorse e capacità, create con soluzioni ad hoc in base alle specificità dei contesti locali. In questo ambito, emergono due principali ostacoli.

Da un lato, la ricerca della sostenibilità economica di queste iniziative e, dall'altro, l'inclusività in termini di accessibilità di queste iniziative all'interno di diversi territori. Secondo casi come RECOCER e la CER di Ferla, il ruolo svolto dagli attori pubblici nella co-produzione delle iniziative si è dimostrato sicuramente un fattore fondamentale dell'innovazione organizzativa. La governance ampliata con le competenze tecniche e la conoscenza del territorio portate dalle università è diventata un fattore chiave per la sostenibilità delle iniziative.

In molti dei casi, le CER sono gestite quasi come imprese sociali, dichiarando esplicitamente l'obiettivo di promuovere l'inclusione, la coesione e di contrastare situazioni di marginalità, utilizzando così la produzione di energia da fonti rinnovabili e i relativi benefici economici in modo strumentale. Il tema del contrasto alla povertà energetica, ad esempio, è stato costantemente menzionato sia nei gruppi di discussione (in particolare quello che coinvolge fondazioni e organizzazioni del terzo settore) che nei casi pratici. Questo nonostante il fatto che nel contesto italiano attuale non esista un quadro di riferimento chiaro per la misurazione dell'impatto sociale delle CER e non ci siano organizzazioni di dimensioni significative in grado di adottare sistematicamente questo approccio ispirato ai principi delle imprese sociali. Questo aspetto è stato un fattore chiave nell'innovazione organizzativa di iniziative come quella della Comunità Energetica di Napoli Est, poiché consente di affrontare non solo questioni legate alla povertà energetica e alla vulnerabilità, ma anche di concentrarsi sulle implicazioni in termini di inclusione e coesione sociale. Questa problematica richiede ulteriori riflessioni riguardo agli "impatti sociali" delle iniziative e alla "quantità" di output sociali (e risultati) che le iniziative di CER producono.

Un ulteriore elemento di discussione riguarda la condizione di prossimità territoriale come una caratteristica necessaria all’adozione di approcci place-based per lo sviluppo di tali iniziative (Tricarico, De Vidovich, 2021; Parkhill et al., 2015): ossia un approccio fortemente improntato all'interazione tra una comunità di utenti/investitori, gli attori locali e le tecnologie nello scambio di beni tangibili (risorse finanziarie e asset fisici, come le superfici dei tetti) e intangibili (fiducia, capitale sociale, conoscenze di contesto). Questa dimensione emerge dall'osservazione del processo di sviluppo, che si basa su una complessa combinazione di risorse e partenariati che ne determinano l'attuazione. Le iniziative sono sviluppate anche grazie al coinvolgimento di attori come i Community Energy Builder, attori intermediari (Blasutig, 2017) che facilitano l'azione delle comunità locali. In questo contesto, diventa molto difficile immaginare una produzione di valore generata da CER che si basano su relazioni di comunità virtuali, come le piattaforme di scambio peer-to-peer tra varie unità di consumo e produzione, dove quest'ultime sono solo nelle mani di singoli attori. Uno scenario di “alta scalabilità” di queste soluzioni potrebbe ridurre l’eterogeneità degli effetti di spillover positivi sulle economie locali, legati alle opportunità di generare reddito e occupazione nei territori in cui sono lanciate iniziative di CER fortemente legate ad una pluralità di attori locali. Guardando ai casi e immaginando una graduale diffusione di queste iniziative, sembra probabile che si verificheranno pressioni e tensioni per quanto riguarda il modello di business e il ritorno sull'investimento. Da un lato, ci saranno iniziative con un approcci place-based, capaci di valorizzare le risorse locali e di generare risultati per le comunità. Dall'altro, gli investimenti di tipo industriale ottimizzeranno le risorse per consentire la partecipazione di attori non locali che possiedono determinate competenze che altrimenti non sarebbero attivate. Guardando agli obiettivi di decarbonizzazione a livello nazionale, lo sviluppo delle CER potrebbe beneficiare entrambi gli approcci. Se il primo sembra a prima vista più legato al coinvolgimento della comunità locale, il secondo sembra più connesso alla questione delle aree adatte in cui posizionare le grandi centrali energetiche a fonti rinnovabili. Per massimizzare gli elementi di valore di entrambi gli approcci, le regioni e le autorità locali svolgeranno un ruolo cruciale nel declinare adeguatamente lo sviluppo delle iniziative.

Conclusioni: sfide per valutare e disegnare policy

 La discussione proposta nella sezione precedente ci ha permesso di rispondere alle due domande di ricerca poste all’inizio sui modelli organizzativi delle CER in Italia. Come considerazione conclusiva, proponiamo alcune riflessioni aggiuntive sulle possibili raccomandazioni di policy per i decisori interessati a supportare la diffusione delle CER in Italia attraverso l’implementazione delle linee guida del PNRR e nel più vasto ambito delle politiche energetiche europee, nazionali e regionali future[5].

Per sviluppare una valutazione adeguata delle pratiche di transizione energetica, sarà necessario andare oltre gli approcci tradizionali basati solo sull'aspetto economico e finanziario e concentrarsi sulla dimensione sociale e di governance delle iniziative. Se le nuove iniziative di ricerca nel settore riusciranno a lavorare su metodologie comuni per misurare gli impatti, potranno agevolare lo sviluppo di soluzioni finanziarie con l’obiettivo dichiarato di produrre un impatto sociale misurabile generando al contempo un ritorno finanziario. A questo proposito, iniziative di ricerca su questa tipologia di metriche potranno rivelarsi come determinante per convincere investitori istituzionali nel dirigere fondi a impatto (es. Finanza ESG) verso queste iniziative. Tale sfida implica l'identificazione di valori parametrici e la valutazione di possibili "effetti di sostituzione" con il costo degli output prodotti da altre politiche economiche, sociali ed energetiche, promosse sia a livello locale che nazionale. Questo è fondamentale quando gli incentivi devono essere utilizzati per premiare le iniziative che portano a benefici positivi per la comunità a livello locale e comunitario.

Queste riflessioni acquisiscono ancora più importanza nel contesto italiano, se guardiamo alla necessità di ottenere il massimo dal potenziale offerto dalla recente trasposizione della Direttiva RED II attraverso il Decreto Legislativo 199/2021. L’allargamento del perimetro in cui le CER possono insistere in cabina di regia e l’aumento della taglia degli impianti soggetti a incentivi a 1 MW dovrebbe essere sfruttata per spostare il focus dagli impianti piccoli, promossi dai primi attuatori di queste iniziative, all’aumento del modello CER sul territorio nazionale. In aggiunta alla possibilità di coinvolgere comunità più vaste, i regolamenti lavorano a promuovere un aumento progressivo della complessità delle CER, che nei prossimi anni saranno impegnate nel settore termico, nello spostamento dei carichi verso vettori meno inquinanti (iniziando dalla possibile elettrificazione dei sistemi di mobilità e riscaldamento, dove possibile e conveniente), nella partecipazione a mercati energetici come quello della flessibilità e nella definizione di politiche energetiche fortemente coerenti con le politiche di sviluppo locale.

Nel dettaglio, le sfide da affrontare per definire meglio gli impatti delle pratiche di transizione energetica sono collegate alle seguenti dimensioni:

  • Dimensione spaziale e ambientale: identificare la scala e la natura degli impatti ambientali in base ai risultati prodotti a livello micro, meso e macro come variabili influenzate da caratteristiche strategiche con cui sono implementate le iniziative. Identificare la dimensione sociale dei progetti, considerando sia il fabbisogno energetico locale che le diverse capacità e sovvenzioni che soggetti e territori marginalizzati hanno nell’implementare progetti di “transizione equa”.
  • Dimensione politica di queste pratiche. Riguardo questo aspetto, le comunità energetiche rappresentano una struttura di iniziative particolarmente attente alla questione della transizione equa, nella quale, tuttavia, è importante osservare il ruolo di politiche (piani, partnership, politiche energetiche), organizzazioni e stakeholder con interessi diversi che, di conseguenza, dirigono la mobilizzazione di risorse finanziarie e intangibili.

Innanzitutto, sarà necessario rafforzare le competenze interne delle amministrazioni pubbliche insieme alle misure di supporto finanziario. Molti comuni che hanno ricevuto i finanziamenti del PNRR difficilmente saranno in grado di fare fronte alle esigenze in termini di pianificazione delle competenze, con il rischio che le organizzazioni al di fuori delle dinamiche locali promuoveranno “modelli prefabbricati” che possono condurre a un isomorfismo organizzativo (Carrosio 2012), senza un vero coinvolgimento delle comunità locali, senza effetti spillover in termini di esternalità positive e con soluzioni tecnologiche non capaci di produrre un valore aggiunto sulle economie locali.

Un elemento chiave è pertanto la possibilità di sviluppare condizioni di valore della sostenibilità organizzativa / finanziaria per i progetti che necessariamente devono implicare investitori (più o meno istituzionali) e allo stesso tempo sviluppare collaborazioni tra diversi attori privati (ad es. le ESCO) o attori pubblici (ad es. la Pubblica Amministrazione, agenzie di edilizia residenziale pubblica, gruppi di Comuni). A questo scopo, le cooperative, le fondazioni e le imprese di capitale basato sulla comunità (ossia di proprietà collettiva) emergono come modelli applicabili per supportare il potenziale di queste innovazioni locali dove le competenze richieste includono la pianificazione pubblica, l’istituzione di partnership e il coinvolgimento della comunità.

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Note

  1. ^ European Green Deal: https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024/european-green-deal_en
  2. ^ Il report completo della ricerca Community Energy Map è disponibile in open access al seguente link: http://ojs.francoangeli.it/_omp/index.php/oa/catalog/book/740
  3. ^ ARERA, Registro delle cooperative storiche e dei consorzi storici dotati di rete propria: https://www.arera.it/allegati/docs/20/233-20.pdf
  4. ^ Il confronto con questi tre gruppi di stakeholder ha reso possibile la raccolta di numerosi e utili punti di vista per le successive attività di reporting, per un ritorno completo delle attività di ricerca svolte di diversi punti di vista, esperienze esplicite, reazioni e osservazioni ai commenti di altri partecipanti, così da permettere un raffronto continuo tra gli attori coinvolti, raccogliendo interpretazioni e punti di vista eterogenei.
  5. ^ Piani Climatici Regionali delle diverse regioni italiane e allocazione di finanziamenti del Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale - ERDF - per la promozione delle CER in linea con le ipotesi di sviluppo regionale), le politiche nazionali, all’interno della versione aggiornata del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima - PNIEC, sono chiamate a implementare il Green Deal Europeo, integrando la legislazione di vari piani e programmi europei come InvestEU, Connecting Europe Facility (CEF), il Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale (ERDF), il Fondo di Coesione (CF) e il Fondo per la Transizione Equa (JTF).
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