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ISSN 2282-1694
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Numero 1 / 2023

Casi studio

WISE in Italia. Sei case studies

Lucio Cimarelli, Piera Lepore

Lucio Cimarelli ha realizzato gli studi di caso relativi alle cooperative La Formica di Rimini, Centro Papa Giovanni XXIII di Ancona, Undicesimaora di Senigallia, Il Veliero, La Libellula. Piera Lepore ha realizzato lo studio di caso relativo alla cooperativa Agridea / Stranaidea di Torino. Gli studi di caso sono stati realizzati nell’ambito del Progetto B-WISE. Nella loro forma originale comprendono anche una SWOT Analysis e una classificazione di alcuni profili tipici delle persone che operano nelle WISE studiate, qui omessi per brevità.

Introduzione

Gli studi di caso di seguito presentati costituiscono uno spaccato delle WISE italiane in cui emergono molti dei temi trattati nell’articolo di questo numero di Impresa Sociale “Molte delle cose che credevamo sull’inserimento lavorativo sono false”, a cura di Gianfranco Marocchi. In prima battuta, non è difficile individuare i modelli di WISE: Formica, Stranaidea / Agridea e La Libellula sono WISE produttive “classiche” – le prime due in buona salute, la terza in condizioni al momento più difficili, ancorché determinata a risollevarsi – Undicesimaora è anch’essa una WISE produttiva seppure con caratteristiche non standard, Centro Papa Giovanni XXIII è una WISE Sociale, Il Veliero è una WISE Formativa.

Tanto il percorso, quanto le caratteristiche di queste WISE ben marcano i diversi modelli: nel caso delle WISE produttive il lavoro come leva di autonomia e integrazione; nelle WISE sociali e formative il lavoro come completamento di un percorso sociale o formativo; nelle WISE produttive caratteristiche di impresa assai marcate, fatturati elevati e un buon numero di lavoratori, negli altri casi un equilibrio economico che si fonda o sulla relazione simbiotica con un’organizzazione di tipo sociale o, nel caso de Il Veliero, sul volontariato degli insegnanti.

Tutte le imprese studiate hanno alle spalle storie intense, un forte impegno da parte del gruppo dei promotori, mossi da idealità religiose o sociali, tutte hanno percorsi di sviluppo che meritano di essere conosciuti e studiati; ma d’altra parte non sono state scelte con il criterio di individuare storie anomale, eccellenti ed esemplari. Al contrario, è facile che un lettore che conosce il mondo delle WISE non faccia fatica a individuare molti altri casi con percorsi simili. Percorsi spesso non lineari, fatti di tentativi abbandonati e di periodi di crisi superati, di riorganizzazioni e di rilanci.

Si intravede inoltre l’esito della relazione con le politiche pubbliche, ampiamente discussa nella seconda parte dell’articolo “Molte delle cose che credevamo sull’inserimento lavorativo sono false”. Non a caso, la cooperativa che incontra maggiori difficoltà assomma criticità contingenti con il ritiro dei partenariati con la pubblica amministrazione, che comunque in tutti i casi ha un ruolo piuttosto defilato e sicuramente meno significativo di quello che ha rivestito negli scorsi decenni.

Caso 1. La Formica, Rimini

A cura di Lucio Cimarelli

Descrizione

La Formica è stata costituita a Rimini nel 1996 in forma di Cooperativa Sociale ed è senza dubbio una WISE produttiva. Opera principalmente nel settore della raccolta differenziata di rifiuti, ha dimensioni medio grandi ed ha sede nel Centro Italia. È sorta grazie all’iniziativa di alcuni giovani che nei primi anni Novanta del Novecento svolsero Servizio Civile presso la locale Caritas diocesana, in seguito alla dichiarazione di Obiezione di Coscienza al Servizio Militare. Sono anni in cui la scelta di condividere percorsi di prossimità con persone che vivono situazioni di disagio caratterizza i percorsi di vita di una generazione, talvolta segnandoli in maniera indelebile e connotandoli l’intero arco dell’esistenza. Durante il servizio civile il contatto con la marginalità fu molto profondo e coinvolgente e maturò in quei giovani l’idea che quell’esperienza così difficile, bella e appassionante non potesse rappresentare solo una parentesi nella propria vita. Così emerse l’idea di costituire una cooperativa sociale, coniugando la necessità di trovare un’occupazione con la voglia di dare continuità all’esperienza di condivisione a fianco delle persone più fragili, offrendo loro un'opportunità di riscatto attraverso il lavoro.

La Formica nasce come sintesi tra queste diverse esigenze, iniziando con mezzi di fortuna (la Caritas paga le spese di costituzione, la base sociale è inizialmente costituita da sorelle e fidanzate, ecc.), ma diventando in pochi anni un punto di riferimento. I primi servizi riguardano la raccolta di carta, cartone e abiti usati, per poi estendersi alla gestione dei rifiuti, dell’igiene ambientale, fino a diventare la realtà di oggi.

Il lavoro è generalmente molto strutturato ed organizzato anche in ragione delle procedure sviluppate nell’ambito delle certificazioni conseguite dalla Formica: ISO 9001, ISO 14.001, ISO 45.001, Rating di Legalità e Organismo di Vigilanza 231. Anche il percorso di inserimento lavorativo appare altrettanto strutturato ed organizzato anche se non si è persa la dimensione del rapporto individuale.

Fatturato annuo e sostenibilità

Il fatturato oscilla tra i 6 e i 7 milioni annui, mentre il patrimonio supera i 3 milioni di euro. Negli ultimi 10 anni il bilancio si è chiuso sempre con forti utili, anche al netto della redistribuzione tra i lavoratori, attuata attraverso l’istituto dei ristorni, per un valore pari a circa due mensilità. Il patrimonio è costituito, per la gran parte, da liquidità immediatamente disponibile, riducendo in tal modo la necessità di indebitamento bancario e azzerando i costi derivanti dagli oneri finanziari. Nel 2021 si è registrata una perdita di circa 150.000 euro che però non sembra rappresentare un’inversione di tendenza rispetto al flusso favorevole del decennio precedente, ma piuttosto una congiuntura sfavorevole presumibilmente e auspicabilmente dovuta al sommarsi di una pluralità di fattori negativi, contingenti. La Formica si presenta pertanto come un’organizzazione molto solida.

Persone

La Formica è composta da 83 soci e un numero di dipendenti che oscilla tra i 140 e oltre 200 sulla base della stagionalità. I lavoratori svantaggiati si attestano attorno al 32-33% nei mesi di massima occupazione (circa 50 lavoratori) ed attorno al 40% nei mesi invernali (circa 40 lavoratori svantaggiati). Le tipologie prevalenti di svantaggio sono costituite da persone ammesse alle misure alternative alla detenzione, persone con problemi di dipendenza da sostanze psicotrope ed invalidi civili. Le Pubbliche Amministrazioni di riferimento sono pertanto le Amministrazioni Carcerarie, i SERT ed i Centri per l’Impiego.

Organizzazione

Il fatturato deriva esclusivamente dalla vendita di servizi rivolti alla Pubblica Amministrazione. I settori operativi vanno dall’igiene ambientale, ai servizi cimiteriali, alle pulizie, alla segnaletica e manutenzione stradale, alle affissioni, alla raccolta indumenti usati, fino alla costruzione e rigenerazione di spazzole industriali. La cooperativa dispone di una flotta di circa 100 automezzi. Tutte le persone svantaggiate sono retribuite regolarmente rispettando il CCNL e per 10 anni consecutivi (bilancio 2010-2020), ogni anno sono stati erogati ristorni per un valore pari a circa due mensilità.

Per quanto riguarda la qualificazione professionale si evidenzia una netta distinzione tra il comparto amministrativo/organizzativo composto da circa 20 persone con qualifica medio-alta (Diploma di Istruzione Secondaria Superiore, Laurea, ecc.) ed il resto del personale, prevalentemente operai, che oscilla tra le 120-180 unità, tutti con carriere formative medio-basse, sia tra gli italiani, sia tra i cittadini migranti. I lavoratori svantaggiati sono distribuiti anche tra il personale con ruoli amministrativo-organizzativi.

Nello sviluppo de La Formica e nel mantenimento e crescita del fatturato hanno avuto un ruolo determinante le gare riservate, attraverso le quali l’ente pubblico mira a fine di favorire l'integrazione sociale e professionale di persone svantaggiate. Pochi competitor hanno la struttura organizzativa in grado di coniugare l’esigenza di offrire servizi ineccepibili sul piano qualitativo impiegando almeno il 30% di lavoratori svantaggiati, con una ridotta capacità lavorativa. Aver sviluppato una tale competenza rappresenta un risultato tutt’altro che scontato e richiede una capacità non banale di organizzare risorse e persone e costituisce un vantaggio competitivo di grande rilievo, posizionando La Formica come un effettivo leader di settore.

Clima aziendale

Grazie alle proprie risorse La Formica riesce a remunerare alcuni operatori il ci tempo lavoro è dedicato in tutto o in parte al supporto delle persone svantaggiate; in specifico, i coordinatori dei servizi affiancano e sostengono i lavoratori svantaggiati soprattutto nelle fasi esecutive, mentre esistono delle figure di ascolto – tra cui una psicologa, la responsabile dei lavoratori, il presidente e la vicepresidente – che intrattengono colloqui periodici con i lavoratori (non necessariamente ed esclusivamente svantaggiati) allo scopo di raccogliere e canalizzare critiche, disagi, lamentele, ecc.

La Formica è consapevole che quando un’organizzazione raggiunge una dimensione medio-grande, risulta tendenzialmente più difficile coltivare la dimensione del “noi”, cioè il senso di appartenenza, tendendo a prevalere l’aspetto lavorativo ed economico, piuttosto che il sentirsi parte di un progetto e di una sfida comune. Di norma, al crescere della dimensione e della complessità di un sistema sociale, tende ad instaurarsi la distinzione «noi» / «loro», dove da una parte stanno le figure esecutive (es. operai, operatori, ecc.) e dall’altra gli amministratori, le figure impiegatizie, ecc. La Formica non è immune da queste dinamiche, le ha subite, ma le ha anche gestite coltivando un clima aziendale positivo, dedicando a questo aspetto un lavoro importante. Come affermano Presidente e Vicepresidente, consapevoli di questi rischi e impegnati in prima persona a contrastarli «a livello umano si vive anche il peso dell’ingratitudine di persone prese da in mezzo alla strada, tirati fuori da percorsi di tossicodipendenza o direttamente dal carcere, a cui è stato insegnato un lavoro, accompagnate in un percorso di crescita, pagati fino all’ultimo centesimo di straordinario, fatte crescere professionalmente e con percorsi di carriera e che alla fine hanno intentato delle cause contro la cooperativa»; «siamo stati messi molto alla prova, ma aver lavorato sul senso di appartenenza, sulla motivazione e sulla coesione interna ci ha aiutato molto; se non l’avessimo fatto ci saremmo trovati molto peggio, forse avremmo già chiuso».

Direzioni di sviluppo

La Formica guarda con fiducia al futuro che non sarà comunque privo di complessità. Tra gli obiettivi per il prossimo decennio vi sono:

  • il ricambio generazionale, che rappresenta uno snodo ed una criticità importante, ma su questo tema c’è grande consapevolezza ed il percorso di preparazione è già iniziato;
  • il tema del crescente impatto delle tecnologie digitali, anche sul lavoro manuale, rappresenta una sfida non banale soprattutto in un’organizzazione che impiega personale a bassa scolarità e proveniente da percorsi di disagio che tendenzialmente mostrano maggiori difficoltà all’utilizzo delle tecnologie. Anche su questo aspetto si rileva una buona consapevolezza sulla necessità di implementare i percorsi di alfabetizzazione informatica, peraltro già intrapresi, accompagnando i lavoratori in un processo di rafforzamento delle proprie capacità nell’uso delle tecnologie;
  • la crescita della cooperativa, che passa attraverso il consolidamento delle posizioni acquisite, l’ampliamento delle competenze ed il presidio del territorio, proponendosi come un soggetto presente, visibile e riconosciuto nel contesto locale di riferimento. In altre parole, le prospettive di sviluppo de La Formica non prevedono la colonizzazione di altri territori, ma si basano sulla crescita del radicamento nel proprio contesto sociale.

Caso 2. Agridea / Stranaidea

A cura di Piera Lepore

La storia

Agridea nasce nell’ambito cooperativa di solidarietà sociale attiva a Torino già prima della Legge 381/91, la cooperativa Stranaidea che alla fine degli anni Ottana creò i primi laboratori prelavorativi per seguire i giovani del carcere minorile torinese, e iniziò a realizzare sia attività di welfare, sia con attività produttive in diversi settori. Nel 1992 la cooperativa Stranaidea realizzò uno spin off generando una cooperativa operante nei servizi di welfare e tre cooperative sociali di inserimento lavorativo, una delle quali – Agridea, quella di esaminata – operante nel settore della manutenzione del verde; inizialmente vi lavorano 5 persone; nel 1995 vi è un primo significativo sviluppo, a seguito degli affidamenti da parte dell’amministrazione torinese di una porzione del lavoro sul verde cittadino alle cooperative sociali, grazie a cui la Agridea cresce, contando a quel momento 25 lavoratori. Contemporaneamente affianca al settore della manutenzione del verde il settore dei servizi cimiteriali e poi della raccolta differenziata nel 2003 nei mercati cittadini; grazie a questi sviluppi arriva nel 2005 a contare 50 lavoratori, cresciuti ulteriormente sino a oltre 90 unità nei 15 anni successivi. Ha, con riferimento alla modellizzazione utilizzata, una nitida vocazione da WISE Produttiva, sia a livello organizzativo che di cultura di impresa; è un esempio tipico di cooperativa di inserimento lavorativo di medie dimensioni.

All’Inizio del 2021, anche a fronte del pensionamento di uno storico dirigente responsabile degli inserimenti lavorativi, opera una fusione con Stranaidea, la cooperativa di servizi alla persona da cui era nata quasi trent’anni prima (e con la quale da diversi anni condivideva la sede, nell’ambito di uno dei “poli dell’economia sociale” presenti sul territorio torinese, contribuendo così a generare una cooperativa ad oggetto plurimo, attiva cioè sia nella gestione dei servizi alla persona che nell’inserimento lavorativo. Anche se si tratta di fusione per incorporazione e se ad oggi le attività di Agridea sono svolte nell’ambito di Stranaidea, per evitare confusione nella narrazione si continuerà convenzionalmente a denominarla Agridea. Questa fusione giunge dopo un percorso in cui Agridea ha verificato anche altre possibilità di integrazione con altre cooperative, con cui però non si è riusciti a definire percorsi condivisi. La fusione ha previsto la creazione di un Consiglio di amministrazione che integra membri provenienti da entrambe le cooperative, costituisce una sfida significativa rispetto all’integrare modelli organizzativi, regole, cultura di impresa.

Storicamente Agridea ha puntato ad una metodologia che mirava all’inserimento temporaneo dei lavoratori svantaggiati, al rafforzamento delle loro competenze tecnico professionali e relazionali con l’obiettivo, dopo percorsi di circa due anni, di collocare le persone mercato del lavoro ordinario; questo avrebbe comportato tra l’altro il mantenimento di piccole dimensioni, offrendo via via l’opportunità di inserimento a nuovi lavoratori svantaggiati sulle stesse posizioni lavorative. Va però segnalato che quantomeno a partire dalla crisi economica del 2008-2011, emerse chiaramente la difficoltà e trovare collocazioni esterne e quindi si scelse più frequentemente un modello di integrazione permanente nella cooperativa.

Rispetto alle relazioni con Enti pubblici, in anni passati il Comune di Torino aveva praticato delle significative politiche di affidamento riservato, poi diminuite nel corso degli anni e oggi inesistenti; permangono alcuni affidamenti riservati sulla gestione di alcuni cimiteri e aree verdi della provincia.

I dati economici

Il fatturato è in questi anni oscillato in modo significativo sulla base dell’andamento delle aggiudicazioni nelle gare pubbliche che costituiscono il mercato di riferimento di Agridea: era di 2,5 milioni di euro nel 2000, più che dimezzato nel 2002 a causa della perdita di un grande appalto nel settore dei servizi cimiteriali, risalito nel 2005 ai livelli vicini a quelli di cinque anni prima nel 2005 grazie al conseguimento di una commessa significativa nella raccolta differenziata presso le aree mercatali. Agridea attraversa poi un significativo periodo di crisi nel 2010 a causa della perdita di rilevanti appalti nel verde, da cui si riprende però nel 2015, crescendo ancora negli anni successivi grazie all’aggiudicazione dei servizi cimiteriali; dal 2017 infatti il fatturato cresce sostanzialmente con un picco nel 2020 in cui raggiunge i 3 milioni di euro. Accanto al dato dimensionale, tali ultime commesse presentano una maggiore redditività e assicurano in questi anni la sostenibilità dell’impresa. A seguito della fusione del 2021, Stranaidea, compreso il fatturato incorporato di Agridea, ha un fatturato complessivo di 8.6 milioni di euro.

Persone

Lavorano oggi nella parte di Stranaidea ex Agridea 98 lavoratori, 39 dei quali sono soci; nel corso degli anni la quota dei lavoratori svantaggiati è rimasta stabile tra il 40% e il 45%. Le forme di svantaggio prevalenti, anche in relazione al tipo di lavoro da svolgere, sono rappresentate dal carcere e dalle dipendenze; vi è poi una quota minore di persone con problemi di salute mentale e di persone con disabilità fisica. Tutte le persone, compresi i lavoratori svantaggiati, sono retribuite regolarmente, nel rispetto del CCNL.

Per quanto riguarda la qualificazione professionale, si evidenzia una netta distinzione tra il comparto amministrativo/organizzativo, con qualifica medio-alta ed il resto del personale, prevalentemente operai, tutti con una formazione medio bassa, sia tra i lavoratori italiani, sia tra numerosi lavoratori stranieri. I lavoratori svantaggiati sono presenti in entrambi i comparti. Rispetto alle figure di responsabilità e di riferimento per gli inserimenti lavorativi, va segnalato che alcuni di loro sono ex lavoratori svantaggiati con un positivo percorso di carriera interno alla WISE. L’organigramma di Agridea prevede la presenza di responsabili con una parte del tempo lavoro dedicato sia all’organizzazione che al tutoraggio delle persone svantaggiate, oltre alla presenza di un responsabile sociale degli inserimenti lavorativi. Agridea si caratterizza per l’aver creato un ambiente “a misura di lavoratore”, con un buon accompagnamento sociale nelle situazioni di difficoltà, anche a livello di aiuti economici. Il turnover tra i lavoratori è basso, seppur lo stipendio sia più basso rispetto ai competitor di settore. Non c’è un sistema di welfare aziendale formale e i momenti di socialità esterni al lavoro sono scarsi.

Investimenti

L’investimento maggiore è rappresentato da mezzi di trasporto attrezzati, 33 suddivisi sui diversi settori di attività, oltre che sugli strumenti di lavoro. Agridea dimostra una certa attenzione anche agli aspetti tecnologici e digitali, sia relativamente alla dotazione software, sia all’attenzione verso i lavoratori, cui sono offerti percorsi di alfabetizzazione digitale e sportelli di consulenza.

Uno sguardo al futuro

Grazie alla fusione, Stranaidea / Agridea ha mirato a ottimizzare l’organizzazione, a superare talune fatiche del gruppo dirigente e a rendere più sostenibili i costi di struttura, consentendo inoltre la partecipazione ad appalti pubblici di valore più elevato grazie ai requisiti di fatturato conseguiti; si auspica inoltre che la compresenza in un’unica unità organizzativa di una WISE e di un soggetto di welfare possa facilitare la realizzazione di percorsi di inserimento più completi e integrati. Ora la cooperativa guarda con più fiducia al futuro, mirando a svilupparsi sempre con riferimento prevalente alle gare di appalto pubbliche nel proprio territorio; al tempo stesso guarda come possibili aree di interesse a nuovi progetti, anche sul mercato privato – ad esempio sulle manutenzioni di edifici e aziende – che possano costituire una sorta di “cuscinetto” rispetto alle oscillazioni del fatturato pubblico che hanno caratterizzato la storia della cooperativo, oltre che per aumentare le occasioni di inserimento lavorativo per soggetti svantaggiati.

Rispetto ai settori di attività, Agridea guarda all’ambiente e alla sostenibilità come punti cardine dell’azione per lo sviluppo futuro dei settori operativi. Il riciclo e il riuso dei rifiuti è l’attività che potrebbe nel futuro dare lavoro a più persone svantaggiate.

Tra gli aspetti critici da affrontare, vie è Il mancato ricambio generazionale, soprattutto nel gruppo dirigente, e la difficoltà di attrazione di nuovi professionisti, come i tecnici sull’area del verde, che sta rappresentando un ostacolo significativo allo sviluppo di competenze e all’espansione delle attività.

Caso 3. La Libellula

A cura di Lucio Cimarelli

Descrizione

La Libellula (nome di fantasia) è un’organizzazione con una lunga storia alle spalle; costituita nel 1987, sta attraversando un periodo di crisi, con perdita di fatturato e addetti, ma non ha perso la speranza nel futuro. Questa WISE nasce dall’evoluzione di un’esperienza di volontariato che, ad un certo punto della propria storia, ha avvertito la necessità di una dimensione più strutturata, trasformandosi in cooperativa sociale. La genesi di questa WISE, comune a molte altre, è rappresentativa di una stagione, che potremmo definire come l’epopea della solidarietà, in cui ebbero origine molte organizzazioni costituite in forma cooperativa, prima ancora che la Legge 381/91 istituisse la figura della cooperativa sociale. La Libellula nacque sull’onda di questi fermenti, ma anche sulla spinta alla deistituzionalizzazione sviluppatasi soprattutto in seguito all’approvazione della “Legge Basaglia”, la Legge 180/78 che decretò la chiusura dei manicomi e spinse i territori a doversi confrontare con questa “nuova” forma di bisogno.

L’innesco che diede origine alla cooperativa trovò terreno fertile nell’istintivo bisogno di prossimità e solidarietà di un gruppo di giovani che iniziarono a condividere il proprio tempo libero (pomeriggi e vacanze) con alcuni coetanei con problemi di disabilità. Con il passare del tempo questa risposta apparve sempre più insufficiente ed emerse l’idea di costituire una cooperativa, per creare opportunità di lavoro e autonomia. Dichiara uno dei protagonisti: «io frequentavo quest’ambiente dal 1982; nel gruppo c’erano giovani neolaureati - medici, psichiatri, commercialisti - che evidenziavano la necessità di non accontentarsi di trascorrere un po’ di tempo con i ragazzi disabili, limitandosi a dare loro una pacca sulla spalla e proposero di costituire la cooperativa per offrire opportunità di lavoro ed emancipazione sociale. Alcuni di noi erano obiettori di coscienza al servizio militare e abbiamo utilizzato il nostro periodo di servizio civile per iniziare il percorso verso la costituzione della cooperativa sociale. Sono passati 40 anni e sono ancora qui».

La Libellula, lungo il suo percorso, ha fatto di tutto, dai lavori più semplici a quelli più complessi – tra questi, ad esempio, alcune lavorazioni per conto di aziende orafe. Oggi si occupa principalmente di assemblaggio e confezionamento, ma negli anni passati è stata attiva anche in molti altri settori, come la gestione di un ristorante-pizzeria, mense, pulizie, edicola per la rivendita di giornali, lavanderia. Queste attività sono terminate nel corso del tempo.

Un’altra attività è l’officina per la manutenzione e riparazione di ausili per disabili (carrozzine, protesi, ecc.); tali ausili, una volta revisionati, riverniciati e sanificati tornano ad essere disponibili per essere utilizzati da altri utenti; si recupera in questo modo circa l’80% degli ausili trattati, tutto materiale che altrimenti finirebbe in discarica. Anche questo servizio terminerà nel prossimo autunno, perché la cooperativa ha perso la gara pubblica indetta dalla locale ASL.

La Libellula è anche proprietaria di una casa di produzione cinematografica che inserisce lavoratori con disabilità nella produzione di video, documentari, spot commerciali, cortometraggi e lungometraggi con protagonisti persone con disabilità; si fa attenzione, in queste produzioni, a non scadere nel pietismo, utilizzando il mezzo audiovisivo come strumento di comunicazione ed inclusione, ma contemporaneamente senza snaturare le caratteristiche di chi sta davanti alla camera da presa. In pochi anni la cooperativa ha conseguito oltre cento riconoscimenti tra premi e selezioni in Festival internazionali di cinema (Los Angeles, San Francisco, Londra, Delhi, Toyama, Dallas…). La Libellula è in procinto di aprire un’accademia in cui insegnare ai ragazzi svantaggiati a recitare, con un percorso formativo che terminerà con la produzione di un cortometraggio. Ci sono alcuni attori affermati, come Claudia Gerini e Alessandro Gassman, che simpatizzano e sostengono l’esperienza; il “sogno nel cassetto” è fare un film vero, mentre l’obiettivo a medio termine è dare maggior consistenza economica al settore cinematografico, in modo da ridurre la sporadicità delle prestazioni che l’ha caratterizzata fino ad oggi, attraverso una maggior continuità e stabilità lavorativa nel tempo.

La cooperativa è catalogabile come WISE produttiva, per anni ha beneficiato di partenariati stabili con organizzazioni pubbliche e private del territorio. Oggi che molte di queste collaborazioni sono venute meno, La Libellula ha un bisogno urgente e vitale di ristrutturarsi. Nel corso dei decenni precedenti ha dato prova di possedere notevoli capacità di adattamento ai mutamenti dell’ambiente; l’auspicio è pertanto che - attingendo a questa capacità di reinventarsi, anche questa volta sia in grado di ricollocarsi sul mercato e di creare nuove opportunità occupazionali per i propri soci lavoratori.

Fatturato annuo e sostenibilità

Il fatturato complessivo di La Libellula negli ultimi anni si è attestato attorno a 1,5 milioni di euro. il 2020 ed il 2021 hanno chiuso con perdite significative; il previsionale 2022 indica una chiusura in pareggio. Le risorse derivano dalla vendita di beni e servizi; la cooperativa non usufruisce di sostegno pubblico e non gode di contratti pubblici riservati. Gli investimenti sono poco significativi (trapani a colonna, cappa aspirazione, sistemi di lavaggio e verniciatura, furgoni, ecc.); nel corso del tempo sono stati effettuati degli investimenti per l’acquisto dell’attrezzatura necessaria all’attività cinematografica.

Persone

La Libellula occupa attualmente 38 lavoratori, di cui 19 svantaggiati. Dei 19 lavoratori svantaggiati, 17 sono assunti a tempo indeterminato e 2 a tempo determinato; tutti percepiscono la normale retribuzione contrattuale con cui possono pagarsi l’affitto e intraprendere anche percorsi di vita indipendente. I servizi pubblici di riferimento sono principalmente i Centri per l’Impiego ed in alcuni casi Servizi Sociali. C’è una bassa rotazione del personale. La tipologia prevalente di svantaggio è la disabilità cognitiva e prevale una scolarità di livello medio-basso. È importante l’apporto dei volontari.

Clima aziendale

Si osserva una forte coesione interna del gruppo dirigente ed una forte motivazione che traggono fondamento dalle ragioni etiche ed identitarie che sono state all’origine della nascita della Libellula e che sono ancora molto presenti.

Direzioni di sviluppo

La Libellula sta attraversando un preoccupante periodo di crisi con la perdita della maggior parte dei lavori e delle attività; a partire dall’autunno 2022, oltre alla casa cinematografica, restano attivi soltanto i lavori di assemblaggio realizzati per conto delle aziende del territorio: montaggio scatole, filettatura di piastrine che servono per inserire le ottiche nei lampioni, montaggio di ottiche, montaggio di meccaniche di precisione, ecc. La Libellula non ha ancora elaborato una chiara strategia per uscire dalle difficoltà contingenti, dispone tuttavia di alcune leve da utilizzare a partire dai bassi costi di struttura ed alla già citata flessibilità e capacità di ri-adattarsi alle situazioni che cambiano.

Il settore cinematografico potrebbe diventare un’importante occasione di sviluppo sia crescendo in sé, ma anche sviluppando servizi di supporto da vendere all’industria cinematografica durante le fasi di ripresa (logistica, trucco, costumi, ecc.).

La Libellula è anche socia di un consorzio di cooperative sociali strutturato che potrebbe rappresentare un valido supporto nell’acquisizione di nuove commesse, così come possono risultare importanti i contatti stretti con l’Associazione Industriali che già esternalizzano commesse a vantaggio di La Libellula, anche per l’assolvimento degli obblighi in materia di collocamento obbligatorio di lavoratori disabili. Oltre ad implementare le commesse per le aziende del territorio c’è anche l’ipotesi di riaprire la pizzeria.

Caso 4. Undicesimaora, Senigallia

A cura di Lucio Cimarelli

Descrizione

Undicesimaora è un’organizzazione costituita nel 2011; a differenza di altre esperienze, non nasce da una logica bottom-up per il coagularsi di un gruppo di persone sensibili ai temi sociali e desiderose di dare continuità ad un ideale di solidarietà e di condivisione. Nasce piuttosto come “strumento operativo” della Fondazione Caritas Diocesana. L’obiettivo della WISE è migliorare la qualità della vita delle persone che vivono una situazione di disagio e povertà, tramite la creazione di luoghi di lavoro temporanei, formazione, accompagnamento e reinserimento sociale.

La costituzione della cooperativa deriva dalla volontà, da parte della Caritas, di superare il tradizionale schema assistenzialista di elargizione di contributi che rimanda a forme di beneficenza di tipo tradizionale. Il rapporto che si crea tra beneficiante e beneficiato è strutturalmente asimmetrico e tra loro viene tracciata una netta linea di demarcazione. L’atto del donare rimarca uno status e consolida il proprio prestigio sociale (si pensi ai vari Club – Lions, Rotary, Kiwanis – in cui i ricchi e benestanti si ritrovano tra loro e raccolgono fondi per sostenere situazioni di necessità) attraverso elargizioni provenienti da una “aristocrazia” paternalisticamente generosa con i poveri che si china benevolmente su di loro, ma tenendosene prudentemente alla larga. Il benefattore segue una visione conservatrice, non s’interroga sulle cause che generano diseguaglianza e tantomeno cerca di rimuoverle. Parimenti, anche l’Ente di beneficenza segue una logica top down: elargisce risorse, soccorre un territorio, considerato un contenitore di bisogni da soddisfare, più che come giacimento di energie da attivare.

Con la costituzione della cooperativa si tenta di abbattere e superare questa logica elargitiva e verticistica. Appare, peraltro, interessante sottolineare che la cooperativa nasce anche “su richiesta” degli stessi utenti: la crisi del 2008 ha messo in difficoltà molte famiglie e conseguentemente si modifica il profilo di chi si trova costretto a dover richiedere sostegno alla Caritas; sempre più numerose si presentano persone estranee al circuito della povertà cronica che vivono come un'umiliazione il fatto di dover richiedere sostegno alla Caritas. Famiglie che hanno perso le fonti di reddito a causa della chiusura delle attività produttive e si trovano in difficoltà economiche anche molto gravi. Queste persone non chiedono soldi, ma lavoro, dignità, reciprocità. La risposta che la Caritas riesce ad imbastire in poco tempo per rispondere a questo tipo di esigenza è proprio la costituzione della cooperativa a cui viene affidata la gestione di un terreno di proprietà della diocesi sul quale, in poco tempo, viene allestita un’attività di orticultura. L’elemento principale che distingue gli inserimenti lavorativi di Undicesimaora dalle altre WISE è la temporaneità del lavoro. Fin dal primo momento, alle persone a cui viene proposto di lavorare nell’orto, viene spiegato che si tratta di una risposta di tipo emergenziale e che non debbono considerarlo come il “loro” lavoro, ma debbono continuare a guardarsi intorno ed a cercare altre strade. In questa fase l’attività non ha alcuna sostenibilità economica, ma si regge grazie alle risorse dell’8‰ della Chiesa Cattolica. Nel 2021 la cooperativa ha gestito terreni per complessivi 11 ettari utilizzati ad orto, frutteto, piante aromatiche, ulivi e cereali. Dal 2015 tutta la produzione è certificata biologica. Nel volgere di qualche anno le esperienze lavorative si ampliano e così i settori di intervento:

  • settore agricolo di cui si è già detto sopra;
  • settore turistico con la gestione di un campeggio che rappresenta, anche dal punto di vista economico, il motore della cooperativa, da cui derivano le risorse necessarie al sostentamento anche degli altri settori cronicamente in perdita;
  • settore commerciale con la gestione di una libreria;
  • settore artigianale, che include una falegnameria, la gestione di un centro per il recupero, riuso e restauro di mobili e oggetti usati e una sartoria per il recupero ed il riuso di abiti usati;
  • settore servizi con pulizie di tutte le strutture residenziali gestite dalla Caritas per dare ospitalità a persone in stato di disagio abitativo.

Con la costituzione di Undicesimaora la Caritas sperimenta un cambiamento rispetto al modello elargitivo, utilizzando un approccio fondato principalmente su due linee direttrici:

  • l’attivazione di processi d’inclusione sociale non più basati sull’asimmetria relazionale, con una netta separazione tra chi sta in alto e chi sta in basso; ma piuttosto fondato sulla reciprocità, più paritaria, ed in ultima analisi, più democratica, fondata sullo scambio: sostegno economico in cambio di lavoro che non umilia, ma restituisce dignità alla persona beneficiata, arricchisce il suo bagaglio di competenze, spendibili nella ricerca di un nuovo lavoro ed indipendenza economica;
  • l’attivazione di risposte dal basso, canalizzando energie inutilizzate, valorizzando competenze e disponibilità di volontari che altrimenti andrebbero sprecate, come ad esempio la professionalità di artigiani falegnami in pensione che si sono resi disponibili a collaborare per dar vita alla falegnameria.

Fatturato annuo e sostenibilità

Undicesimaora ha un valore della produzione pari a € 1.163.929,00, di cui il 66,6% è costituito dalla vendita di prodotti e servizi ed il 33,4% da altri ricavi e proventi:

€ 243.192,00

20,89%

Campeggio

€ 82.851,00

7,12%

Libreria

€ 161.198,00

13,85%

Agricoltura

€ 73.442,00

6,31%

Rikrea

€ 17.022,00

1,46%

Falegnameria

€ 197.868,00

17,00%

Servizi a Fondazione Caritas e Diocesi (pulizie, ecc.

€ 194.880,00

16,74%

Contributo Fondazione Caritas per inserimenti lavorativi

€ 193.476,00

16,62%

progetti europei, fondazioni bancarie, ecc.

€ 1.163.929,00

100,00%

Totale

Per quanto attiene la sostenibilità economica va evidenziato come soltanto il 66% delle risorse provenga dalla vendita di prodotti, mentre il restante 34% di risorse necessarie per coprire i costi derivano da fonti esterne all’attività produttiva, ovvero da progetti, donazioni, risorse derivanti dall’8‰, ecc.

La natura delle attività svolte non consentono la creazione di valore aggiunto significativo, anche il frequente alternarsi di beneficiari non consente loro di acquisire competenze spiccate. Undicesimaora alterna bilanci in perdita con bilanci in pareggio; negli anni di perdita significativa è stato necessario l'intervento del socio sovventore (Fondazione Caritas) per sanare il bilancio. Questa WISE non usufruisce di risorse pubbliche destinate a remunerare gli operatori di supporto.

Persone

Nel 2021 Undicesimaora ha offerto opportunità occupazionali a circa 102 persone, di cui 51 Tirocini di Inclusione Sociale; di questi 31 sostenuti da Enti Pubblici e 20 dalla Fondazione Caritas. I lavoratori assunti da Undicesimaora sono invece 51. La cooperativa conta anche 20 lavoratori volontari.

 

Indeterminato

Determinato

TOT.

Svantaggiati L. 381/91

2

11

13

Non Svantaggiati

10

28

38

TOT.

12

39

51

In passato la principale categoria di persone che Undicesimaora impiegava nei Tirocini di Inserimento Lavorativo era costituita da persone che avevano perso il lavoro, soprattutto in seguito alla crisi del 2008. Oggi nel territorio si riscontra la dinamica opposta, ovvero una richiesta di lavoro da parte delle imprese, non soddisfatta da un’offerta sufficiente da parte dei lavoratori. Anche tra i TIS la tipologia di svantaggio prevalente è costituita da persone fragili con problemi di instabilità psichica, persone messe alla prova con trascorsi carcerari, persone in uscita da percorsi di dipendenza. Una nuova frontiera che sta emergendo sono i cosiddetti hikikomori, cioè persone – per lo più giovani maschi tra i 14 e 30 anni – che scelgono in maniera volontaria estraniarsi dalla vita sociale, per sfuggire alle pressioni di performance sociali che non si sentono in grado di soddisfare, sviluppando – conseguentemente – un senso di inadeguatezza che li spinge all’isolamento.

Clima aziendale

Il clima aziendale è molto buono e c’è anche una dose elevata di coesione interna. A differenza di WISE studiate negli altri casi studio, dove questi elementi traggono fondamento principalmente dalla presenza dei fondatori che hanno mantenuto vivo lo spirito delle origini, qui assistiamo invece al costante inserimento di energie giovani e motivate che porta una ventata di novità, freschezza, voglia di cambiamento, ecc.

Direzioni di sviluppo

La cooperativa Undicesimaora mostra ottime prospettive di sviluppo e crescita che trovano fondamento anzitutto dall’avere la Caritas alle spalle che rappresenta anzitutto un garante reputazionale nei confronti degli stakeholders, ma anche un concreto sostegno economico per le attività in perdita. Su questo aspetto si innestano tuttavia delle innegabili capacità relazionali e gestionali avendo creato un’ottima relazione sia con le Pubbliche Amministrazioni del territorio (Comuni, Azienda Sanitaria, Prefettura, ecc.) sia con il tessuto imprenditoriale. Nell’ultimo periodo sta sviluppando anche la capacità di fare rete con il mondo della cooperazione sociale, aspetto che in passato era rimasto un po’ in ombra.

Caso 5. Centro Papa Giovanni XXIII, Ancona

A cura di Lucio Cimarelli

Descrizione

Il Centro Papa Giovanni XXIII opera nel Centro Italia, nasce nel corso degli anni ‘90 del ‘900, su iniziativa di un parroco che intende rispondere ai bisogni di famiglie con figli disabili. Nella fase iniziale tutta l’attività si regge sul volontariato, ma in breve tempo l’attività cresce e si trasforma, fino a che, nel 1997 viene costituita una società, assumendo la forma giuridica di cooperativa sociale di “Tipo A”, impegnata quindi nella gestione di servizi sociosanitari e educativi. Sempre nel 1997 prende vita il primo Centro Diurno per persone con disabilità che hanno terminato il percorso scolastico. Successivamente viene aperto un secondo Centro Diurno e due Centri Residenziali.

Con i Centri Diurni la cooperativa mirava ad evitare che il tempo libero delle persone con disabilità si trasformasse in “tempo di emarginazione obbligata”. Successivamente sono nati i Centri Residenziali per supportare e supplire le famiglie che non erano più in condizione di accudire i figli disabili. Infine, a completamento di questa azione integrata sulla persona, si è individuato il tema del lavoro, avvertendo quindi la necessità di offrire un’opportunità di integrazione lavorativa a persone altrimenti escluse dal normale circuito occupazionale. L’attenzione all’aspetto lavorativo nasce quindi come esito e completamento del percorso di integrazione sociale.

Il Centro Papa Giovanni XXIII è catalogabile come una WISE Sociale; ha assunto la natura giuridica di “cooperativa sociale a scopo plurimo” e quindi può svolgere sia servizi sociosanitari educativi, sia attività agricole, industriali, commerciali e di servizi, finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Il Centro Papa Giovanni XXIII è anche Ente accreditato per la formazione.

L’attività lavorativa ha avuto una lunga gestazione ed è nata dall’incontro tra un bisogno ed una disponibilità:

  • il bisogno, come si è visto di creare sbocchi occupazionali per completare e rafforzare il percorso di integrazione delle persone seguite nei Centri Diurni e Residenziali;
  • la disponibilità offerta da un cuoco appassionato, assunto nel 2012 per gestire la mensa interna e con una lunga esperienza nel settore ristorazione, maturata in precedenza.

Trasportata dall’iniziativa del cuoco, Il Centro Papa Giovanni XXIII è inizialmente partito con dei laboratori di cucina che si sono progressivamente organizzati e strutturati, fino ad arrivare nel 2021 ad avviare ufficialmente l’attività di ristorazione, catering e asporto. Gli eventi possono svolgersi presso gli spazi della cooperativa, oppure nelle location indicate dai clienti. Spesso si organizzano eventi culinari a tema: la serata dello stoccafisso, quella del pesce azzurro, della porchetta, ecc.

Nel settore ristorazione sono regolarmente assunte come aiuto-camerieri tre persone con disabilità. La squadra è composta da un coordinatore della ristorazione, un cuoco, alcune aiuto cuoche, dei camerieri professionisti e degli aiuto-camerieri svantaggiati. Il personale impiegato nel settore ristorazione lavora anche nella mensa interna a servizio delle strutture residenziali e diurne.

Fatturato annuo e sostenibilità

Il fatturato complessivo del Centro Papa Giovanni XXIII si attesta attorno a 1,5 milioni di euro, ripartiti per circa 1.400.000 euro nel settore A e 100.000 euro nel settore B. I bilanci chiudono, di norma, in situazione pareggio o leggero utile. Il Centro Papa Giovanni XXIII si presenta nel suo complesso come un’organizzazione abbastanza solida anche in ragione del fatto che, non dipendendo dal settore delle gare pubbliche, non è esposta ai rischi di grossi ridimensionamenti a seguito dell’eventuale perdita di gare d’appalto.

Il settore B della cooperativa gode dei benefici organizzativi derivanti dal settore A (personale condiviso tra i due settori), mentre dal punto di vista economico, i ricavi ottenuti dalla ristorazione contribuiscono a loro volta a finanziare i servizi del settore A. Il claim del Centro Papa Giovanni XXIII recita, infatti, La ristorazione tre volte buona: 1° perché i piatti sono gustosi e genuini, realizzati dalle mani esperte dello chef e dalla sua allegra brigata; 2° perché genera inclusione lavorativa; 3° perché il ricavato contribuisce a realizzare progetti sociali.

Nella ristorazione vengono realizzati i seguenti servizi:

  • asporto su ordinazione per pranzi di famiglia, cene tra amici, menù per occasioni speciali;
  • catering in occasione di matrimoni, compleanni, feste di laurea, cerimonie religiose, pensionamenti;
  • pranzi e cene in sala utilizzando un locale della WISE;
  • eventi aziendali con rinfreschi e buffet da asporto, cene di gala, servizio di catering in azienda, catering per inaugurazioni e conferenze, cene aziendali in sala riservata, banqueting.

Persone

Il Centro Papa Giovanni XXIII (A+B) conta circa 80 lavoratori; buona parte sono anche soci. Nel settore “B” sono impegnate circa 8 persone, mentre nel settore “A” circa 72. I lavoratori svantaggiati attivi nella ristorazione sono il 60% rispetto ai non svantaggiati. Ad oggi i lavoratori svantaggiati sono tutti adulti portatori di handicap psichico con insufficienza mentale. I servizi pubblici di riferimento sono esclusivamente i Servizi Sociali.

Scenari

La cooperativa è catalogabile come WISE sociale, con una netta distinzione tra i settori in relazione alle qualificazioni professionali che risultano essere medio-alte tra i lavoratori del settore A (diploma o laurea) e medio basse tra i lavoratori B. In entrambi i settori appare molto ben radicato il senso di appartenenza alla cooperativa. Un punto di forza per lo sviluppo del settore B è legato all’interconnessione tra il servizio mensa, dedicato alla preparazione dei pasti per gli ospiti dei vari centri ed il settore ristorazione. Questo legame consente di ammortizzare in maniera ottimale i costi fissi (personale, attrezzature, ecc.) che sono caricati su entrambi i settori, consentendo al nascente servizio ristorazione di disporre di attrezzature adeguate e competenze professionali elevate senza doversi caricare di onerosi investimenti.

Clima aziendale

Il Centro Papa Giovanni XXIII appare una squadra coesa e motivata; il senso di appartenenza è molto forte e così anche la motivazione a far bene il proprio lavoro, anche oltre i meri obblighi professionali. Lo spirito di volontariato che ha caratterizzato la genesi dell’esperienza risulta ancora vivo e presente nell’organizzazione. Nessuno dei lavoratori intervistati ha fatto cenno a prospettive di carriera esterne alla cooperativa.

Direzioni di sviluppo

Il Centro Papa Giovanni XXIII è fortemente orientata a far crescere il settore ristorazione e intravede tantissime potenziali aree di sviluppo; questa percezione è rafforzata dal fatto che nel passato anche recente, Il Centro Papa Giovanni XXIII ha dovuto rifiutare – non essendo al momento adeguato – molte opportunità che in futuro non vorrebbe lasciarsi sfuggire. Con le poche cooperative sociali che fanno ristorazione c’è un buon livello di collaborazione; i veri competitor sono i ristoratori non WISE del territorio, di lunga esperienza, molto visibili, tra cui anche alcuni locali pluristellati. D’altro canto, però risulta assodato che le persone che scelgono il Centro Papa Giovanni XXIII lo fanno anche per adesione al progetto complessivo che il Centro Papa Giovanni XXIII propone, oltre che per la buona qualità dei cibi. I clienti risultano soddisfatti per aver mangiato bene (punteggio recensioni Trip Advisor pari a 5), ma anche perché sviluppano la percezione di aver contribuito ad una causa giusta. Questo dato emerge chiaramente dall’analisi delle recensioni su Trip Advisor. Avere un obiettivo di tipo solidaristico diventa un elemento distintivo importante anche sul piano del marketing: ai clienti viene comunicato che “il ricavato non va in un Rolex, ma in servizi per la disabilità”.

Caso 6. Lavoriamo insieme, Ancona

A cura di Lucio Cimarelli

Descrizione

Lavoriamo Insieme è una cooperativa tutta al femminile, il cui consiglio di amministrazione è composto di sei donne. La cooperativa nasce nel 2010 su iniziativa di alcune insegnanti di sostegno di un Istituto di Istruzione Superiore Professionale Alberghiero.

Essendo la scuola frequentata da molti alunni con difficoltà, sentiva la necessità di trovare percorsi occupazionali per gli studenti. Da questa esigenza è nata l’idea della cooperativa che avrebbe potuto permettere di seguire i ragazzi, anche una volta terminato il percorso scolastico. L’Istituto è sempre stato molto attento agli alunni fragili e con disabilità, in considerazione del fatto che la scuola superiore, per molti ragazzi disabili, è l’ultimo momento di formazione e risulta pertanto di fondamentale importanza promuovere percorsi per la loro inclusione lavorativa.

Gli insegnanti sono partiti dall’idea che la scuola, invece di costituire uno strumento di mobilità sociale, molto spesso riproduce e amplifica le diseguaglianze: gli studenti si auto selezionano nelle diverse tipologie di istruzione secondaria (o nell’abbandono scolastico) sulla base dei risultati precedentemente conseguiti e della professione e del titolo di studio dei propri genitori. Tale meccanismo determina una segmentazione della popolazione di studenti (ad esempio tra licei e scuole professionali) fortemente correlata con le classi sociali di provenienza. In questa stratificazione nei canali di istruzione, gli istituti professionali rappresentano una seconda scelta – per chi non è destinato al liceo e nemmeno agli istituti tecnici – destinata ai figli delle classi sociali con maggiori difficoltà, compresi i ragazzi di origine straniera e gli studenti con deficit cognitivi, disturbi dell’apprendimento, ecc. In questo scenario, nel 2010 gli insegnanti hanno ritenuto che avere a disposizione uno strumento come la cooperativa, potesse offrire delle opportunità in più ai numerosi studenti fragili frequentanti l’Istituto.

Dal 2010 al 2014 Lavoriamo Insieme ha fatto alcuni primi tentativi di sviluppo imprenditoriale, nessuno andato a buon fine. Nel 2014 si è invece creata l’opportunità di prendere in gestione un locale chiuso da tempo ed è stato il primo impegno importante grazie al quale gli studenti svantaggiati hanno potuto sperimentarsi in tutti i settori: cucina, sala, camere, reception, pulizie, ecc. Durante l’orario scolastico alcuni ragazzi si spostavano da scuola alla cooperativa, preparando quanto serviva alla gestione della cooperativa anche con diversi laboratori, come quello di pizza o della pasta fatta a mano. Nel corso del tempo sono stati avviati diversi percorsi per includere i ragazzi che – usciti dalla scuola – non trovavano una strada verso il lavoro. La gestione della struttura si è conclusa a causa delle necessità di interventi strutturali sui quali il proprietario non è stato disposto ad investire.

A fronte di questo nuovo stop, però, più o meno negli stessi mesi si è presentata una nuova interessante opportunità, in seguito alla ristrutturazione di un prestigioso edificio storico da parte dell’Amministrazione Comunale; la scelta dell’amministrazione è stata di intraprendere una riqualificazione sia dal punto di vista architettonico-strutturale, sia sotto il profilo sociale: la bellezza del contesto deve essere trasmessa al visitatore, tanto dalla bellezza architettonica dell’edificio svelata dalla ristrutturazione, quanto dagli eventi culturali per i quali la struttura viene utilizzata (concerti, convegni, mostre d’arte, spettacoli, ecc.) ed, infine, anche attraverso la connotazione sociale degli spazi. Lavoriamo Insieme gestisce ora gli eventi culturali, dibattiti, concerti, spettacoli, convegni che si svolgono nella struttura e organizza anche il servizio catering sia interno, sia presso location esterne suggerite dai clienti. Vengono studiati menù alla portata dei ragazzi, per facilitare la loro autonomia in cucina, ambiente nel quale stanno raggiungendo un soddisfacente livello di autonomia.

Gli insegnanti di sostegno dell’Istituto scolastico che hanno fondato Lavoriamo Insieme rappresentano un esempio virtuoso ed eloquente di ciò che si può inventare quando senso di responsabilità e spirito di iniziativa portano a concepire il proprio ruolo andando al di là del mero adempimento dei propri compiti. In una società in cui constatiamo un progressivo crollo del “Noi”, un’eclisse dei doveri sociali, un’affermazione individualista che travalica la positiva affermazione della soggettività, fino a giungere a forme esasperate di prosciugamento dei legami sociali e ad una conseguente crescita della solitudine, appare molto significativo constatare che esistono insegnanti che non si limitano ad interpretare la propria professione in senso minimalista.

La cooperativa è senz'altro catalogabile come WISE formativa, nata grazie al senso di responsabilità di un gruppo di insegnanti di sostegno come completamento del percorso formativo e, nonostante svolga attività indipendenti rispetto alla scuola, mantiene con questa un legame molto forte, vivo e vitale.

Fatturato annuo e sostenibilità

Il fatturato complessivo delle WISE è di poco superiore a 100.000 euro. I bilanci chiudono in leggero utile.

Ad eccezione di qualche risorsa derivante da progetti solitamente utilizzati per effettuare investimenti, le risorse economiche della WISE derivano completamente dall’attività produttiva. È di fondamentale importanza l’apporto degli insegnanti volontari che supportano i ragazzi

Persone

Lavoriamo Insieme occupa attualmente 8 lavoratori, di cui 3 svantaggiati con un rapporto di svantaggiati pari al 60% dei normodotati. Degli 8 lavoratori, 5 sono a tempo indeterminato e 3 a tempo determinato. I lavoratori svantaggiati hanno tutti un contratto a tempo indeterminato e sono tutti ex studenti dell’Istituto Alberghiero, con problemi di insufficienza mentale. I servizi pubblici di riferimento sono esclusivamente i Servizi Sociali.

Clima aziendale

La coesione e unità del gruppo dirigente costituito da sei donne, il clima aziendale, l’elevata motivazione degli insegnanti, rappresentano le fondamenta su cui si basa l’organizzazione. Questo aspetto rappresenta contemporaneamente sia il punto di forza sia quello di debolezza: la presenza costante di insegnanti volontari dotati di elevate competenze nel settore costituisce, nel presente, un indiscutibile vantaggio e al tempo stesso una condizione necessaria perché la WISE possa continuare ad esistere.

Direzioni di sviluppo

Avere un Istituto di Istruzione Superiore alle spalle rappresenta un elemento di garanzia e serietà nei confronti degli interlocutori. L’entusiasmo ed i risultati positivi per la qualità della vita degli studenti svantaggiati, rappresentano una motivazione forte: «ci sono ragazzi a cui abbiamo cambiato la vita e questa consapevolezza ci dà molta carica», sostengono gli insegnanti. Appare tuttavia indispensabile mettere a fuoco se e fino a quando tale condizione (la disponibilità di insegnanti volontari) sarà replicabile in futuro, chiedendosi se Lavoriamo Insieme riuscirà a trasformare questo aspetto congiunturale favorevole in un elemento strutturale. Il sovraccarico di lavoro a cui si sottopongono gli insegnanti che - nella sostanza - svolgono un doppio lavoro (ed il secondo è non retribuito), sarà sostenibile nel lungo periodo? Sarà possibile anche in futuro, tra dieci o venti anni, disporre di queste risorse alle stesse condizioni? Come spesso accade nelle organizzazioni, soprattutto se di piccole dimensioni come nel caso di Lavoriamo Insieme, quasi tutto si gioca sulle persone, sulla loro motivazione, capacità e competenze.

DOI: 10.7425/IS.2023.01.03

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