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ISSN 2282-1694
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Numero 2 / 2020

Saggi

Le strategie di finanziamento dell’economia sociale nell’era digitale. Alcuni studi di caso di campagne di crowdfunding

Andrea Bassi, Alessandro Fabbri

Andrea Bassi ha scritto i paragrafi 1 e 2; Alessandro Fabbri ha scritto i paragrafi 3, 4 e 5. Il paragrafo 6 è frutto di un lavoro comune degli autori.

DOI: 10.7425/IS.2020.02.06

1. Introduzione

L’ampia diffusione di strumenti basati sulle ICT a livello globale sta creando un nuovo ambiente istituzionale per gli Enti di Terzo Settore (ETS) e le imprese Sociali (IS) che non può essere ignorato. Un numero crescente di piattaforme web e social media è stato infatti ideato per stimolare donazioni e strumenti di finanziamento – potenzialmente per un pubblico internazionale – dedicati a sostenere progetti orientati al sociale, start-up ambientali ed un’ampia gamma di attività e programmi di ETS e IS.

Il nuovo ecosistema introduce quindi cambiamenti profondi ed apparentemente irreversibili, nei significati e negli usi del denaro per cause di solidarietà. I confini tra “relazione di dono” e “rapporto d’affari” sono sempre più labili. Che cosa significa ciò per i diversi attori coinvolti nel processo, ossia: cittadini/donatori, ETS/IS, beneficiari dei servizi, istituti di credito/finanziari tradizionali?

Il presente lavoro cerca di rispondere alla domanda di ricerca di cui sopra, focalizzandosi sul sistema italiano di crowdfunding e, nell’ambito di esso, su due case studies concernenti campagne di crowdfunding di successo, sulla base dei risultati di una ricerca empirica sul fenomeno nella Regione Emilia-Romagna.

La metodologia di ricerca è stata essenzialmente qualitativa, ed è consistita nell’analisi della letteratura scientifica esistente ed in interviste non strutturate con testimoni privilegiati appartenenti ai due ETS coinvolti. Nell’articolo, sono stati inoltre riportati dati di carattere quantitativo sulle dimensioni del fenomeno in generale e sui suddetti case studies in particolare.

2. Uso del denaro a fini di solidarietà

Per l’importanza che esso riveste quale strumento di regolazione del sistema economico, ma anche in qualità di mezzo di coordinamento dell’agire sociale, il denaro ha costituito da sempre oggetto di studio della sociologia. Sin dall’opera fondativa di Georg Simmel pubblicata nel 1893[1], le scienze sociali si sono occupate del ruolo e delle funzioni che il denaro svolge nella società contemporanea non solo come mezzo di scambio ma anche per le sue valenze simboliche.

La riflessione più approfondita e sistematica sul medium denaro, in ambito sociologico, indubbiamente è quella svolta dal sociologo nordamericano Talcott Parsons.

Parsons sviluppa la teoria dei mezzi generalizzati di interscambio (d’ora in poi MGI) in un arco di tempo piuttosto lungo (circa 12 anni) attraverso la pubblicazione di una serie di saggi in alcune riviste prestigiose degli Stati Uniti. La prima formulazione del concetto di MGI risale al 1956 quando, nell’ambito di un volume scritto in collaborazione con N. Smelser (1956), egli la applica in relazione alla moneta (denaro). L’autore non dedicherà mai un saggio specifico alla trattazione del MGI denaro, anche se esso costituisce il modello ideale a cui egli si riferirà nella costruzione e definizione degli altri media. Nel corso degli anni ‘60 vengono poi affrontate in maniera dettagliata le questioni inerenti alle caratteristiche, alle proprietà ed ai modi di funzionamento degli altri tre MGI che, a suo parere, operano nelle società moderne: potere, influenza e impegni al valore.[2]

Per quanto riguarda il denaro, secondo il nostro, si assiste ad un processo di progressiva differenziazione e sganciamento mano a mano che si passa dalle forme di scambio di beni basate sul baratto a quelle basate su un’unità di misura che ha valore in sé (metallo prezioso) alla moneta nella forma in cui noi la conosciamo oggi. Tale andamento evolutivo segue la strutturazione di un mercato, quale istituzione che regola lo scambio, e di un sistema economico separato dalle altre sfere della vita sociale.

Parsons sottolinea con forza il fatto che nei sistemi economici e finanziari moderni la moneta si è staccata del tutto dalla sua base di sicurezza, in quanto l’enorme massa di denaro oggi circolante nemmeno lontanamente potrebbe essere convertita nell’equivalente in metallo prezioso, neanche a livello nazionale. Si deve dedurre pertanto che il denaro non ha valore in sé ma solo nello scambio. La sua validità (e quindi la stabilità del suo valore) non dipende più dal riferimento a “qualcosa altro”, ma solo dal grado di accettazione di cui essa gode, cioè dal funzionamento del sistema. Si ha così un circolo virtuoso per cui più il denaro circola più esso viene accettato dagli attori, più questi hanno fiducia in esso come mezzo di scambio più lo utilizzeranno e ne favoriranno la circolazione.

Più di recente gli studi sul denaro sono stati svolti nell’ambito della sociologia francese: si menziona qui a titolo di esempio il volume di Gilles Lazuech e Pascal Moulevrier Penser l’Argent (2006), nel quale gli autori si propongono di analizzare gli usi del denaro e come questi vengono costruiti socialmente, il che consente, a loro giudizio, di metter in luce il legame tra “denaro” e “valore” e più in generale di far emergere il significato dato dall’individuo socializzato alle sue pratiche monetarie e ai suoi scambi economici.

Sempre in ambito culturale francofono si è sviluppato un filone di studi per così dire parallelo a quello del denaro sul tema delle forme di scambio nelle società moderne (e contemporanee) a partire dal lavoro pionieristico dell’antropologo e sociologo Marcel Mauss (1923-1924). Ci si riferisce alla tematica del “dono” quale principio su cui fondare un sistema di scambio alternativo a quelli basati sul denaro (mercato) e sulla redistribuzione (pubblica amministrazione).

La tematica del dono è stata poi sviluppata ed approfondita da un gruppo di economisti eterodossi riunitisi nel movimento denominato M.A.U.S.S.,[3] i cui esponenti principali sono il francese Alain Caillé e il canadese del Québec Jacques T. Godbout.[4]

Un filone particolarmente ricco di stimoli e suggestioni per la tematica qui analizzata è costituito dagli studi che si ispirano all’approccio del cosiddetto “dono organizzativo” o “organizzazionale”. Nel volume collettaneo curato da Sidonie Naulin e Philippe Steiner (2016) gli autori suggeriscono che il passaggio dal dono bilaterale (tra un donatore che effettua la donazione e un donatario che la riceve) al dono trilaterale (con l’introduzione dell’intermediazione da parte di un soggetto terzo che “riceve” la donazione per poi trasferirla – spesso in forma modificata – al ricevente, ovvero al beneficiario finale) proprio delle società a noi contemporanee, produca uno scarto, un salto di qualità, che rende la pratica del dono un fenomeno complesso (Figura 1).

L’idea alla base di questo approccio è che una nuova categoria di doni emerge quando una o più organizzazioni si interpongono tra il donatore e il donatario. Viene meno il collegamento diretto tra due persone: in questa nuova configurazione la prima persona dona risorse all’organizzazione, la quale a sua volta (ri)dona alla seconda persona (o gruppo, comunità) le risorse di cui ha bisogno. Tale nuovo sistema (modello) di scambio su base donativa viene definito “dono organizzativo/ale”.

Di questa nuova modalità di circolazione del dono esistono molte variazioni che si sviluppano attorno a due elementi: (a) la presenza di organizzazioni e persone, nei (b) circuiti di scambio che collegano donazioni e scambi di mercato. Le organizzazioni consentono di mettere in relazione persone che non potrebbero sostenersi a vicenda senza di essa. La morfologia sociale del dono cambia: con il dispiegamento della “società delle organizzazioni”, la donazione che implica una relazione diretta tra il donatore e il donatario non è più l’unica modalità possibile (né quella prevalente). Una posizione centrale/chiave viene ad acquisire il “dono organizzativo/ale”.

Figura 1. Schema del dono organizzativo/ale.

Questa nuova forma di dono attiva una serie di “trasformazioni” (vere e proprie “conversioni” di valore/valuta nelle parole degli autori) tra doni monetari e non monetari, che l’organizzazione mette in atto prima che la donazione giunga al destinatario finale. Si vedano gli esempi sotto riportati (in cui D sta per dono ed M per denaro/moneta):

D – M – D
(donazione di sangue ed organi, o i motori di ricerca solidali)

M – D – M
(i negozi di oggetti usati, banco alimentare)

(M+D) – D – D
(i biglietti di eventi – sportivi – con donazione)

Ci pare una prospettiva teorica estremamente proficua che a nostro avviso potrebbe dare vita ad un filone di studi particolarmente ricco anche nel nostro Paese. Che vede nell’analisi delle molteplici e mutevoli configurazioni della coppia dono/denaro (e non più nell’opposizione dicotomica dei due termini) il contributo maggiore in termini di conoscenza. L’elemento che viene chiamato in causa in questa catena di “conversioni” di valore/valuta è quello della fiducia[5] che può essere analizzato almeno da tre punti di vista: a) dal lato della domanda (di chi chiede i fondi); b) dal lato dell’offerta (di chi è disposto a donare/finanziare); c) dal lato dell’”intermediario” solidale (che può essere una organizzazione ma anche una piattaforma web).

Alla luce dei riferimenti teorici sin qui illustrati appare vieppiù opportuno dedicare un approfondimento alle nuove forme di finanziamento dei soggetti di Terzo settore veicolate attraverso il mezzo digitale, tra le quali il crowdfunding occupa una posizione privilegiata.

Il primo passo da compiere per comprendere l’entità e lo sviluppo del fenomeno in oggetto è definirlo nelle sue linee generali. Il crowdfunding, o finanziamento collettivo (alla lettera, “finanziamento della folla”), è un modello digitale di raccolta di fondi che si svolge “dal basso”, in quanto, tramite l’imprescindibile apporto di siti web che fungono da piattaforma, «molte persone (appunto una folla) elargiscono contribuzioni di diversa entità al fine di favorire lo sviluppo di un progetto, di una iniziativa che, per qualche ragione, ritengono opportuno sostenere, spesso prescindendo da un ritorno economico» (Piattelli 2013: 1). Le piattaforme, per la loro stessa natura, permettono ai fundraiser di sottoporre la loro proposta ad un numero pressoché illimitato di potenziali finanziatori, e viceversa a questi ultimi di scegliere quale progetto finanziare e con quale somma di denaro.

Più in dettaglio, si possono rilevare quattro tipologie di crowdfunding (Tabella 1) (Piattelli, 2013: 2, 10-19; Pais et al., 2014: 10-11):

  1. Reward based: sono le raccolte fondi che, in cambio di donazioni in denaro, prevedono una ricompensa, come il prodotto per il quale si sta effettuando il finanziamento, o un riconoscimento, come il ringraziamento pubblico sul sito della nuova impresa).
  2. Donation based: si tratta di un modello di crowdfunding utilizzato soprattutto dalle organizzazioni nonprofit per finanziare iniziative senza scopo di lucro (definite anche social crowdfunding o civic crowdfunding (ivi: 10; Esposito De Falco et al., 2015: 186)).
  3. Lending based: si tratta di microprestiti a persone o imprese. Viene anche chiamato social lending (Pais et al., 2014: 11).
  4. Equity based: si tratta di uno specifico modello di crowdfunding regolamentato dalla Consob (Piattelli, 2013: 55-105; Pavan, 2018: 32-33): in cambio del finanziamento versato è prevista la partecipazione del finanziatore al capitale sociale dell’impresa, diventandone così socio a tutti gli effetti.

A queste tipologie corrispondono logicamente altrettante tipologie di piattaforme, più una quinta: le piattaforme ibride, ossia basate su più modalità di finanziamento.[6]

Naturalmente, come rileva Ugo Piattelli, il minimo comun denominatore di tutte queste tipologie è che «il successo della raccolta è decretato dal numero di individui che ritengono opportuno sostenerla, quale che sia la ragione per cui lo fanno» (Piattelli 2013, 1).

Il luogo di origine del crowdfunding viene identificato dai più con gli USA, ove «Tra il 2008 e il 2009 sono nate, nell’ordine, la californiana Indiegogo e la newyorchese Kickstarter, entrambe leader nel panorama internazionale» (Pais et al., 2014: 36). Eppure, come hanno dimostrato Ivana Pais, Paola Peretti e Chiara Spinelli, spetta all’Italia il ruolo di sfortunato first mover: la prima piattaforma al mondo dedicata alle raccolte fondi online è stata infatti, ante litteram, Produzioni dal basso (www.produzionidalbasso.com), nata nel 2005 e tuttora esistente[7] (ivi: 58).

Tabella 1. I diversi modelli di crowdfunding.

Non Finanziario

Finanziario/Investimento

Donation (Donazione)

Donazione senza aspettative di ritorni finanziari

Lending (Debito)

Prestito di denaro a fronte del pagamento di un interesse

Reward (Ricompensa)

Contributo a supporto di un progetto in cambio di qualche forma di ricompensa

Equity (Azioni)

Acquisto di quote o azioni di una società


Secondo le studiose, il fatto che in Italia il fenomeno non abbia attecchito, nonostante questa precoce ed incoraggiante origine, è stato causato da una serie di fattori: in parte l’iniziale sottovalutazione dell’importanza della sostenibilità economica, ma in parte anche lo sfavorevole ambiente socio-economico italiano, caratterizzato da un sistema imprenditoriale limitato, da un «alto tasso di analfabetismo digitale» e da una «scarsa diffusione dei sistemi di pagamento economico» (ivi: 57). Questo esordio non riuscito però non ha impedito, più di recente, una significativa diffusione del crowdfunding nel nostro Paese; nel paragrafo 3 ci proponiamo pertanto di fornire una breve panoramica delle attuali dimensioni del fenomeno.

Non sarà sfuggito al lettore attento come ciascuna delle quattro tipologie di crowdfunding summenzionate abbia una diversa attrattività a seconda della forma organizzativa e del progetto/attività che si intende finanziare.

In primis, le due modalità di crowdfunding “non finanziarie” paiono specificatamente dirette a sostenere progetti promossi da soggetti del Terzo settore, laddove quelle di tipo “finanziario” possono essere utilizzate sia da attori del Terzo settore che da imprese for profit.

In secondo luogo, nell’ambito del Terzo settore, le tipologie non finanziarie paiono particolarmente adatte a supportare iniziative perseguite da Organizzazioni di Volontariato (ex lege 266/91 e D.lgs. 117/17) e da Associazioni di Promozione Sociale (ex lege 383/00 e D.lgs. 117/17), mentre le modalità finanziarie risultano maggiormente appropriate per sostenere le attività di cooperative sociali (ex lege 381/91) e imprese sociali (ex D.lgs. 155/06 e D.lgs. 112/17).

Infine, nell’ambito delle forme non finanziarie[8] quelle “donative” paiono più adeguate per finanziare progetti/strumentazioni di importo contenuto (attorno ai 5 mila euro), laddove quelle “a ricompensa” favoriscono la raccolta di somme di maggiore entità (sui 10/15 mila euro) seppur modeste. Tra le modalità finanziarie, le forme di “debito” (obbligazionarie) presentano una vocazione a sostenere operazioni di ampliamento di attività, o attivazione di nuovi servizi, da parte di imprese (sociali) già strutturate, laddove le forme di investimento nel capitale sociale (asset, patrimonio) si prestano maggiormente a supportare l’avvio di nuove iniziative imprenditoriali, di start-up innovative, di progetti sperimentali. Attraverso l’entrata nel capitale sociale dell’impresa (anche sociale) infatti i finanziatori dichiarano implicitamente di voler sostenere l’idea imprenditoriale a loro avviso particolarmente “meritoria” e di condividerne le finalità (etico-valoriali: eco-sostenibilità, risoluzione di problemi sociali, ecc.).

Nel paragrafo 5 saranno presentati due casi di crowdfunding di tipo “non finanziario” messi in atto da due Organizzazioni di Volontariato operanti nel territorio emiliano-romagnolo, una di tipo reward ed una di tipo donation.

3. Dimensioni attuali del crowdfunding in Italia

La nostra riflessione sui dati attualmente disponibili in merito al crowdfunding in Italia deve iniziare da una premessa: finora un censimento completo delle piattaforme italiane non è stato ancora realizzato dall’Istituto Italiano di Statistica (ISTAT) o da qualsiasi altra istituzione pubblica. L’unica e parziale eccezione è rappresentata dalla tipologia equity based: la già menzionata Consob ha infatti il compito di catalogare queste piattaforme in un apposito registro, suddiviso in due sezioni, “ordinaria” e “speciale”.[9] Pertanto i dati Consob sono pubblici, aggiornati ed affidabili. Per tutti gli altri tipi di piattaforme, gli autori italiani, accademici e non, si trovano a dover ricorrere a fonti private, ovvero dati aggregati o disaggregati disponibili su siti web privati.

Di norma, lo scopo di questi siti è produrre e condividere conoscenze generiche sul web (e, all’interno del web, sul crowdfunding), o in particolare sul crowdfunding. Quest’ultimo è lo scopo di Italian Crowdfunding (http://italiancrowdfunding.it), che dichiara, nella sua pagina “Chi siamo”, «Scriviamo e facciamo informazione sul crowdfunding con l’obiettivo di creare uno spazio di promozione e diffusione di informazioni che ruotano attorno al fenomeno del crowdfunding».[10]

Nella prima tipologia rientra invece l’obiettivo di EconomyUp (https://www.economyup.it), ovvero «una testata edita da Digital360, gruppo leader in Italia nell’offerta B2B di contenuti editoriali [...] nell’ambito della Trasformazione Digitale e dell’Innovazione Imprenditoriale. EconomyUp dal 2013 racconta l’Italia che vuole crescere e che sta lavorando per cogliere le opportunità di sviluppo, nazionale e internazionale, offerte dall’innovazione e dalle tecnologie digitali»[11]

Altri siti, come Crowdsourcing (reports.crowdsourcing.org), hanno una natura e uno scopo for profit più accentuati ed espliciti: «La ricerca, promossa su Crowdsourcing.org e distribuita su questo sito, è prodotta da Massolution™. Massolution è una società di ricerca e consulenza unica che sta aprendo la strada all’uso di soluzioni crowd nel governo, nelle istituzioni e nelle imprese».[12]

Un esempio particolare di questo tipo di fonte è Starteed (starteed.com), che è a sua volta una piattaforma di crowdfunding di tipo reward based o, più precisamente, «una crowd-company che sviluppa soluzioni nel mercato del crowdfunding con l’obbiettivo di fornire infrastrutture tecnologiche personalizzate e servizi specializzati per chi vuole creare modelli finanziari più efficaci e trasparenti».[13] Tuttavia, dal 2015 Starteed collabora anche all’incremento della conoscenza del proprio campo di attività, ossia il crowdfunding in Italia, redigendo relazioni annuali che vengono pubblicate e rese disponibili su un apposito sito (crowdfundingreport.it).

Tabella 2. Dati quantitativi sulle piattaforme italiane di crowdfunding.

Tipologie di piattaforme

Dati di EconomyUp al 20 febbraio 2020[14]

Dati di Italian Crowdfunding (senza data)[15]

Dati di Starteed

nel 2019[16]

Reward based

20

31

51

Donation based

11

11

Lending based

11

5

12

Equity based

39

26

38

Ibride

12

15

/

Totali

93

88

101

Fonte: EconomyUp, Italiancrowdfunding e Starteed

Queste sono dunque le fonti utilizzate dagli autori italiani delle più recenti pubblicazioni sul fenomeno del crowdfunding nel nostro Paese. A volte sono citate in maniera non molto precisa (Pais et al., 2014: 36, 83; Vassallo, 2014: 67, 79), mentre in altri casi i riferimenti sono accurati (Pavan2018: 4, 2). Da parte nostra, abbiamo controllato direttamente i siti riferiti al crowdfunding italiano e raccolto ed elaborato i dati attualmente disponibili: la Tabella 2 li riporta in base alla fonte.

Considerando questi dati, è possibile concludere che il fenomeno del crowdfunding in Italia, nonostante il suo difficile inizio nel 2005, si è sviluppato in maniera robusta ed è attualmente in una fase di piena crescita, soprattutto se si rileva che nel 2014 in tutto il mondo risultavano attive 1.250 piattaforme, secondo le stime del rapporto di Massolution (2015: 82), la fonte più recente sulle dimensioni del fenomeno a livello globale.

D’altro canto, si riconosce che questi dati non sono completamente affidabili: le diverse fonti analizzate non forniscono informazioni dettagliate circa il metodo utilizzato e questa circostanza è probabilmente alla base della forte discordanza fra i dati. La mancanza di una metodologia comune e chiara è un problema che potrebbe essere risolto se un istituto pubblico, come appunto l’ISTAT, effettuasse un censimento generale del fenomeno.

Nelle pagine che seguono verrà preso in considerazione il ruolo di una delle suddette piattaforme, operante nel territorio emiliano-romagnolo in favore di campagne sia profit sia nonprofit (Pais et al., 2014: 74-77; Esposito De Falco et al., 2015: 186). EconomyUp e Italiancrowdfunding la classificano fra le piattaforme reward based, mentre Starteed riconosce appunto che sostiene anche campagne donation based, ossia precisamente il tipo di campagne oggetto del presente lavoro. Questa classificazione è quindi basata su un dato di fatto, mentre viceversa EconomyUp e Italian crowdfunding non menzionano i criteri in base ai quali annoverano tale piattaforma fra le reward based: di conseguenza, si ritiene più appropriato classificarla fra le ibride.

Più precisamente verrà analizzato il contributo che tale piattaforma ha svolto in due case studies, concernenti le già accennate iniziative di crowdfunding promosse da altrettanti rinomati Enti di Terzo Settore (ETS) – operanti a livello nazionale e con importanti ramificazioni internazionali – attivi nel contesto romagnolo e in esso ben radicati.

4. Il contesto romagnolo

Il contesto romagnolo è particolarmente indicato per la ricerca di casi di studio attinenti al fenomeno sociale che costituisce il tema del presente lavoro, poiché comprende tutti gli stakeholder in esso coinvolti: non soltanto, come è ovvio, i cittadini in quanto donatori e/o beneficiari dei servizi, nonché gli istituti di credito e finanziari tradizionali, ma anche e soprattutto gli ETS e le IS e, come anticipato, una speciale piattaforma per il crowdfunding.

La Romagna, ossia la porzione orientale della Regione Emilia-Romagna, può infatti vantare altissimi tassi di civicness o senso civico, come ha più volte rilevato il politologo Roberto Cartocci (Cartocci, Vanelli, 2008, 2015; Cartocci, 2012). Una delle modalità attraverso le quali si esprime questo senso civico è costituita dall’impegno volontario nel Terzo settore, che in Emilia-Romagna è molto sviluppato: secondo il censimento permanente ISTAT delle istituzioni nonprofit, nel 2016 la Regione ospitava ben 27.162 dei 343.432 ETS esistenti in Italia, collocandosi al quarto posto dopo Lombardia, Veneto e Piemonte.[17]

In quanto parte della Regione, la Romagna è quindi senz’altro ricca di ETS, non di rado dall’esistenza secolare, ed in ogni caso stimati e riconosciuti nei loro contesti locali di riferimento. Tuttavia la loro numerosità, se nel complesso è un punto di forza del territorio, dal punto di vista della singola organizzazione può tradursi in un fattore di debolezza, in quanto comporta una competizione per risorse scarse che può certo stimolare la ricerca del miglioramento, ma che può mettere a rischio la sopravvivenza degli ETS, soprattutto in un periodo come quello l’attuale, dal momento che determina meno disponibilità economiche da parte degli enti pubblici, minori elargizioni da parte degli enti for profit e minori introiti dal 5x1000 versato dai cittadini, nonché una maggiore competizione per ottenere tali risorse.

Diventa quindi essenziale trovare nuovi canali di finanziamento, e di conseguenza anche imparare a padroneggiare le nuove tecniche, come appunto il crowdfunding. Tuttavia, spesso gli ETS di questi contesti territoriali soffrono di altri due punti deboli, distinti ma collegati: la mancanza di un know-how specifico e l’esiguità di volontari giovani, relativamente più capaci di acquisire rapidamente tale know-how.

Una forma di soluzione a tali problemi, sia pure su piccola scala, è stata sviluppata mediante un’inedita sinergia tutta interna al Terzo settore, fra una realtà più consolidata ed una più innovativa, ossia fra la Banca di Credito Cooperativo ravennate, forlivese e imolese e Idea GINGER.

La Banca di Credito Cooperativo ravennate, forlivese e imolese (BCC) per la sua natura giuridica può essere considerata come appartenente a due delle categorie di stakeholder individuate. Essa è infatti un istituto di credito di una tipologia tradizionalmente diffusa in Romagna da molti decenni, e ben radicata nel tessuto economico e produttivo del territorio.[18] Tuttavia, al tempo stesso, è anche un ente senza scopo di lucro, fondamentalmente ascrivibile al Terzo settore. Come è noto, infatti, anche in ottemperanza a stringenti obblighi legislativi,[19] le banche di credito cooperativo devono adempiere precisi doveri sociali, e la stessa BCC menziona tali doveri sul proprio sito:

«Il Credito Cooperativo è una componente originale dell’industria bancaria italiana. […] Capillarmente diffuse nel nostro Paese, da oltre 135 anni svolgono un ruolo essenziale di sostegno all’economia reale in quanto banche del territorio, promuovendo la crescita e lo sviluppo sociale ed economico delle realtà locali, così come espressamente indicato nell’art. 2 del loro Statuti.»[20]

La particolarità della BCC consiste nel fatto che tale istituto, da due anni, ha avviato una modalità innovativa di adempimento di questo mandato statutario: il progetto “Crowdfunding: l’energia del territorio”, sviluppato con il supporto tecnico di Idea GINGER.

Idea GINGER (“Gestione Idee Nuove Geniali Emilia-Romagna”) è un sito di crowdfunding e crowdsourcing per l’Emilia-Romagna, o, più precisamente, è una piattaforma creata e gestita dall’Associazione GINGER, un’Associazione di Promozione Sociale (APS) fondata nel 2013 ed impegnata, con uno snello staff di 6 persone, «a promuovere la cultura e le buone pratiche del crowdfunding»[21] (Pais et al., 2014: 74-77). Operando su internet, naturalmente la piattaforma è accessibile da visitatori e potenziali donatori di tutto il mondo, ma l’associazione che la gestisce ha compiuto fin dall’inizio una scelta di “politica aziendale” molto chiara:

«GINGER è un sito crowd che ha la sua forza nella territorialità. Ogni progetto per noi è importante, come è importante il legame che ha con il territorio. Per questo abbiamo deciso di focalizzarci sull’Emilia-Romagna, seguire le idee da vicino e farle crescere grazie all’attivazione di reti territoriali. Inoltre, siamo convinte che legare i progetti al territorio, alle persone, alle attività offline di promozione e diffusione siano il modo per trasformare il crowdfunding in leva per lo sviluppo economico e sociale».[22]

In base a questa impostazione, in un certo senso glocal, GINGER offre quindi il suo know-how «a privati, associazioni, imprese e pubbliche amministrazioni», che possono «pubblicare il proprio progetto sulla piattaforma e […] portare avanti una campagna di crowdfunding finalizzata al finanziamento dell’idea geniale».[23] Più precisamente, esistono due pacchetti (GINGER fizz e GINGER&Fred) con prezzi e servizi offerti differenti: in entrambi i casi, tuttavia, GINGER non trattiene percentuali sulle donazioni raccolte. Inoltre vige la regola all or nothing, ossia «si stabilisce un traguardo e solo se viene raggiunto o superato il denaro viene versato al progettista; nel caso in cui il traguardo non sia raggiunto le donazioni saranno restituite»; tuttavia, «In situazioni eccezionali», GINGER si riserva la possibilità di adottare la modalità opposta, ossia “Prende ciò che raccoglie!”, mediante la quale la somma raccolta viene accreditata anche se inferiore al traguardo fissato.[24]

La BCC ha giudicato GINGER un partner affidabile, ed insieme ad essa sostiene da due anni il già menzionato progetto “Crowdfunding: l’energia del territorio”. Il ruolo dell’istituto in questo progetto è semplice ed al tempo stesso molto concreto, ed è riassumibile nella formula “80-20”. In pratica, GINGER lancia una campagna di crowdfunding insieme a un ETS che vuole conseguire un determinato obiettivo e, se si raggiunge l’80% della somma stabilita, la BCC contribuisce versando il restante 20%.[25] Si tratta di una sinergia che, in tre edizioni annuali (di cui una appena iniziata), ha già dato frutti tangibili, come rileva la stessa BCC:

«In termini numerici la collaborazione tra la BCC e Ginger ha significato finora: due corsi di formazione al crowdfunding aperti alle realtà del territorio; 17 campagne di raccolta fondi pubblicate con il supporto della banca su Ideaginger.it; la piattaforma di crowdfunding di Ginger dedicata all’Emilia Romagna; oltre 188.000 euro raccolti e più di 4.380 sostenitori coinvolti. Numeri straordinari, indicativi delle potenzialità del crowdfunding applicato al terzo settore, che hanno spinto la BCC e Ginger a rilanciare con ancora più forza l’edizione 2019 di Crowdfunding: l’energia del territorio».[26]

Come si può osservare, l’ammontare complessivo delle somme raccolte nelle 17 campagne promosse è obiettivamente esiguo e tuttavia è confacente ai bisogni espressi, volta per volta, dagli ETS che ne sono stati i beneficiari finali: piccole somme per piccoli progetti, che tuttavia rispondono a bisogni reali, concreti. Ciò permette agli ETS di indirizzare le proprie risorse ordinarie verso altre necessità, ed alla BCC di adempiere il proprio mandato statutario venendo incontro a tanti bisogni contemporaneamente, ma senza che questo frazionamento delle proprie risorse si traduca in uno svantaggio per il buon esito delle iniziative.

Gli studi di caso di seguito illustrati rappresentano due esempi di tale sinergia fra BCC e GINGER: come si potrà osservare, tuttavia, non sempre queste favorevoli condizioni di partenza hanno sortito risultati ottimali.

5. Gli studi di caso

Gli studi di caso esposti nel presente paragrafo mostrano quali siano stati gli esiti concreti dell’applicazione della moderna tecnica del crowdfunding a due ETS: entrambi possono vantare un’esistenza pluridecennale, entrambi hanno un rilievo nazionale ed internazionale, entrambi collaborano con le istituzioni pubbliche in settori cruciali della vita sociale ed entrambi sono ben radicati nel contesto romagnolo. Entrambi, infine, hanno posto come obiettivo delle rispettive campagne di crowdfunding il raggiungimento di una somma obiettivamente esigua, per quanto funzionale all’iniziativa promossa. Sarebbe stato quindi lecito aspettarsi un facile successo per ciascuna. Eppure, come si vedrà, gli esiti non sono stati analoghi nei due casi.

Nota metodologica

Come anticipato nel paragrafo introduttivo, la metodologia impiegata in questa ricerca è stata essenzialmente qualitativa, eccezion fatta per i dati quantitativi esposti nel paragrafo 3. Questi ultimi sono il risultato di una ricognizione delle fonti attualmente disponibili per attingere informazioni sulla consistenza numerica delle piattaforme di crowdfunding in Italia, nell’assenza di un censimento generale promosso da istituzioni pubbliche.

Per quanto riguarda invece la parte più squisitamente empirica della ricerca, esposta nel presente paragrafo, la metodologia seguita è stata la seguente:

  1. in primo luogo, sono stati individuati sulla piattaforma IdeaGINGER due ETS che corrispondessero a criteri ben precisi: appartenenza a istituzioni nonprofit di rilievo nazionale con ramificazioni internazionali, prestigiose e dalla lunga storia; collocazione territoriale in Romagna, in modo da rientrare nel “raggio d’azione” sia della stessa GINGER, sia della BCC; lancio di una campagna di crowdfunding beneficiata dalla formula “80-20”;
  2. in secondo luogo, una volta individuati i due ETS ritenuti meglio rispondenti ai criteri summenzionati, sono state raccolte le necessarie informazioni su di essi e sulle rispettive campagne;
  3. in terzo luogo, sulla base delle ricerche svolte, sono stati presi contatti con i due ETS e, per ciascuno, è stato individuato un testimone privilegiato (Corbetta, 2015: 81-82), ossia un dirigente che aveva avuto un ruolo di rilievo nella rispettiva campagna. I due testimoni sono stati quindi intervistati utilizzando la tecnica dell’intervista non strutturata, ossia proponendo una serie di temi relativi alle due campagne, sui quali essi hanno sviluppato liberamente le loro riflessioni e le loro analisi retrospettive (ivi: 77-79).
  4. infine, è stato chiesto ai testimoni privilegiati di fornire, quando possibile, anche dati quantitativi relativi all’andamento delle rispettive campagne.

Nei successivi sotto-paragrafi verranno quindi analizzate le risultanze della ricerca condotta in base a questi criteri metodologici.

CRI Ravenna: un caso di successo?

La Croce Rossa Italiana (CRI) è senz’altro un’istituzione di primaria importanza nel nostro Paese, una presenza costante nella vita quotidiana delle persone. Eppure, sono presumibilmente in pochi a sapere che la CRI solo da poco tempo fa parte del Terzo settore: è infatti divenuta un’Organizzazione di Volontariato (ODV) recentemente, attraverso una complessa riforma avviata nel 2012 e conclusasi nel 2017, in coincidenza con la riforma del Terzo settore, mentre in precedenza è stata un ente pubblico, o parastatale (Fabbri 2019). Naturalmente, nonostante questo cambio di status giuridico, ed ulteriori mutamenti di carattere organizzativo ed operativo, la CRI continua a collaborare strettamente con lo Stato nell’assistenza sanitaria, nell’assistenza sociale e nelle emergenze umanitarie: in questo campo, sia a livello nazionale sia sul territorio, è posta sotto l’autorità ed il coordinamento del Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri (ibidem).

Il Comitato di Ravenna è parte di questa istituzione e ne condivide ampiamente la lunga storia.[27] Si trattava di un Comitato Provinciale, dicitura poi abolita con la riforma: quest’ultima ha garantito ai Comitati un’inedita autonomia giuridica e patrimoniale, anche se naturalmente viene preservato il ruolo di guida e di coordinamento del Comitato Nazionale di Roma e, sotto di esso, dei Comitati Regionali. I nuovi margini di libertà dal controllo pubblico sono inoltre bilanciati, a tutti i livelli, da una diretta responsabilità nell’acquisizione e nella gestione delle risorse finanziarie: è divenuto quindi necessario praticare vie originali per ottenere fondi in favore delle attività umanitarie. Naturalmente, ciò è più difficile per i Comitati meno conosciuti, meno presenti sul territorio e meno ricchi di risorse umane. Questo era in parte il caso dello stesso Comitato di Ravenna, che nel 2017 e nel 2018 aveva all’incirca 250 volontari, su un totale di 15.087 dei vari Comitati della Regione registrati nel 2017,[28] con una media di 200 ore di attività di volontariato svolte da ciascuno di essi nel 2017 (50.000 totali) e di 300 svolte nel 2018 (75.000 totali).[29]

In queste circostanze, nel 2018 il Comitato ha lanciato la sua prima campagna di crowdfunding, il progetto “Protezione e Sicurezza al Tuo Fianco”, nato dall’idea di realizzare una Sala Operativa di Protezione Civile e Sociale per meglio rispondere alle esigenze della comunità residente, e portato avanti dai volontari del Comitato con il supporto di IdeaGINGER e della BCC.

Più in dettaglio, il percorso progettuale aveva avuto inizio già nei mesi precedenti, quando cioè il Comitato, nella sua nuova veste giuridica, aveva maturato la decisione di potenziare i propri servizi in favore della popolazione a seguito di un’analisi dei bisogni del territorio, effettuata mediante il rinnovato dialogo con le istituzioni pubbliche (Protezione Civile e Servizi Sociali) ed il vaglio delle richieste avanzate da queste ultime nei momenti di confronto ufficiale (tavoli di lavoro e stesura di convenzioni). Ulteriori suggestioni in tal senso erano pervenute a seguito dello scambio costante di idee e di considerazioni con la realtà del Centro Servizi per il Volontariato (CSV), nonché a seguito dell’esperienza portata avanti dagli stessi volontari del Comitato come membri della comunità, grazie anche alla rete esistente con le altre Associazioni del territorio.

Il Comitato aveva dunque stabilito di attivare una struttura in grado di accogliere 24 ore al giorno le istanze di aiuto della popolazione nel settore sociosanitario e logistico, laddove non fossero attivabili i tradizionali canali di emergenza e laddove non fosse possibile ricorrere a servizi a pagamento: era stato quindi elaborato un primo progetto di creazione di una Sala Operativa di Protezione Civile e Sociale, concepita come un canale di comunicazione con la popolazione sempre disponibile a rispondere alle richieste di quest’ultima, ed in grado di mobilitare sinergicamente le risorse del Comitato stesso e quelle delle altre Associazioni presenti sul territorio o delle istituzioni pubbliche.

Destinataria del servizio avrebbe dovuto essere la popolazione in condizione di vulnerabilità, e precisamente quella parte di popolazione bisognosa confinata nella fascia grigia della non urgenza, dovuta prevalentemente alla de-standardizzazione dei percorsi biografici individuali: una vulnerabilità dovuta non solo a un deficit di risorse, ma anche all’esposizione a processi di disarticolazione sociale. In tal senso, sono casi specifici, emblematici del territorio di riferimento, le situazioni di bisogno sociosanitario non riferibili al sistema Emergenza Urgenza 118 o non accoglibili dai Servizi Sociali per mancanza di strumenti di accesso al sistema: ad esempio, durante il weekend e i giorni festivi, erano irreperibili gli Assistenti Sociali, e le stesse Forze dell’Ordine rimandavano alla CRI i casi più gravi, sperando in una rapida soluzione. In seguito, sono state vagliate le modalità più opportune per raggiungere l’obiettivo stabilito sulla base della prima versione del progetto. Chiedere fondi ad un istituto bancario o ad un grande donatore non è sembrata ai volontari del Comitato la scelta vincente, in quanto non avrebbe garantito un vero coinvolgimento della comunità residente e non avrebbe affermato l’aprirsi di una solida rete tra persone, fattore fondamentale per il funzionamento reale della Sala Operativa. Si è deciso pertanto di coinvolgere la comunità in ogni fase della creazione, dalla raccolta dei fondi fino all’allestimento dei locali.

Una volta scelta una modalità partecipativa per il raggiungimento dell’obiettivo, il Comitato è passato alla sua concreta implementazione. In tal senso un’occasione preziosa si è manifestata nei primi mesi del 2018, quando si è avuta notizia di uno dei già menzionati corsi di formazione che GINGER stava organizzando in partnership con la BCC. Il Comitato ha quindi richiesto ed ottenuto di partecipare con una sua rappresentanza, avviando così un’interazione con il personale dell’Associazione GINGER allo scopo di iniziare a padroneggiare le nuove tecniche, e di proporre poi il progetto della Sala Operativa come oggetto di una specifica campagna di crowdfunding. Aderendo alle raccomandazioni dei rappresentanti di GINGER, è stato necessario predisporre la pubblicizzazione dell’iniziativa sui social network, revisionare il progetto stesso ed anche predisporre un piano amministrativo che accogliesse gli aspetti contabili e di rendicontazione. Inoltre, fin dall’inizio sono stati coinvolti in prima persona i volontari del Comitato, affinché fossero promotori della raccolta fondi verso l’esterno e potessero divenire essi stessi donatori.

La fase di raccolta mediante crowdfunding ha quindi avuto luogo dal 7 maggio al 7 agosto 2018 con l’apertura della pagina del progetto “Protezione e Sicurezza al Tuo Fianco” sul sito Idea GINGER.[30] Fin da subito sono emerse, come punti di forza della campagna, una grande motivazione dei volontari, coordinati dal volontario progettista che aveva ricevuto la formazione da GINGER ed una buona analisi dei canali di informazione da utilizzare per coinvolgere possibili donatori. Viceversa, l’utilizzo di una tecnica di raccolta fondi mai sperimentata prima dall’Associazione, con difficoltà nella relazione umana e nell’interazione con i potenziali donatori, ed il poco tempo a disposizione per convincere questi ultimi si sono rivelati due punti di debolezza. In proposito, la regola di GINGER all or nothing costituiva un importante stimolo, ma anche una fonte di ansia. Si è inoltre manifestata una certa diffidenza da parte della stessa comunità per l’inedita modalità digitale scelta: questa è stata un’obiettiva minaccia al successo della campagna, mentre la possibilità di ottenere il sostegno della BCC con la formula “80-20” ha costituito un’importante opportunità, che si è riusciti a cogliere. Più in dettaglio, la Tabella 3 mostra la progressione delle donazioni nell’arco temporale della campagna.

Tabella 3. Progressione delle donazioni nell’arco temporale della campagna (7 maggio – 7 agosto 2018)

Periodo

Importo

7 maggio – 11 maggio

90,00 €

12 maggio – 18 maggio

657,00 €

19 maggio – 25 maggio

299,00 €

26 maggio – 1 giugno

378,00 €

2 giugno – 8 giugno

180,00 €

9 giugno – 15 giugno

20,00 €

16 giugno – 22 giugno

150,00 €

23 giugno 29 giugno

555,00 €

30 giugno – 6 luglio

780,00 €

7 luglio – 13 luglio

57,00 €

14 luglio – 20 luglio

0,00 €

21 luglio – 27 luglio

0,00 €

28 luglio – 3 agosto

0,00 €

4 agosto – 7 agosto

366,00 €

Totale

3.532,00 €

Fonte: Comitato CRI di Ravenna

Come si può osservare, il risultato della campagna è stato positivo: la somma necessaria (2.800 €) è stata raggiunta ben prima del termine del 7 agosto 2018, e quindi si è proseguito fino a tale data con la raccolta complessiva di 3.532 €. Tuttavia, la già menzionata diffidenza verso lo strumento digitale ha comportato la scelta di alcuni donatori in favore di una modalità di versamento tradizionale, dopo essersi di volta in volta recati presso il Comitato per avere conferma della genuinità dell’iniziativa: ben 1.622 € sono stati raccolti in questa maniera, e solo successivamente tale somma è stata comunicata a GINGER per aggiornamento del “contatore”. Naturalmente, la donazione più sostanziosa è stata il contributo di BCC, pari a 560 €.

In seguito, ha avuto inizio la fase successiva del progetto, ossia i lavori di realizzazione della Sala Operativa: si può quindi affermare che la campagna del crowdfunding lanciata dal Comitato CRI di Ravenna sia stata complessivamente un caso di successo. Essa ha inoltre permesso ai volontari di comprendere le potenzialità e la serietà di una campagna di raccolta fondi condotta online, iniziando ad assimilarne le tecniche, anche promozionali e comunicative: ciò ha portato alla scelta del Comitato di aderire sempre più a tale modalità, promuovendo prevalentemente online le successive campagne.

AVIS Forlì: non è tutto oro quello che luccica?

L’Associazione Volontari Italiani Sangue (AVIS) non è l’unico ETS che promuove la donazione del sangue: accanto ad essa operano la FIDAS, la Fratres (nata dalle Confraternite delle Misericordie) e la stessa CRI. Tuttavia l’AVIS è la più grande e ramificata, ed è pressoché l’unica che effettui anche la raccolta, sebbene tale scelta vari da Provincia a Provincia, in quanto le singole AVIS godono di un’ampia autonomia giuridica (sono tutte ODV) e patrimoniale. In ogni caso l’associazione opera in strettissimo contatto con le strutture del Servizio Sanitario Nazionale fin dalla sua fondazione, e segue con grande rigore la normativa nazionale per garantire alti livelli qualitativi e scongiurare rischi di trasfusione di sangue infetto (Boccacin, Tamanza, 1997).

Nella Provincia di Forlì-Cesena il quadro è particolarmente variegato, perché l’AVIS Provinciale di fatto esercita solo un ruolo di coordinamento fra le due AVIS Comunali di Forlì e Cesena, che sono a capo dei rispettivi comprensori. La differenza non è solo gerarchico-istituzionale ma anche sostanziale: infatti nel comprensorio di Cesena, fino ad oggi, l’AVIS si limita a promuovere la donazione del sangue, che viene materialmente raccolto da strutture sanitarie pubbliche, mentre nel Forlivese essa gestisce la raccolta direttamente in tre sedi (“articolazioni organizzative”), con proprio personale e proprie attrezzature, anche se i locali sono di proprietà del Comune o di ospedali pubblici, ceduti in comodato d’uso gratuito. Questo è il caso della stessa Forlì, dove il punto di prelievo AVIS si trova all’interno dell’ospedale “Morgagni-Pierantoni”: ciò dimostra ulteriormente lo strettissimo legame fra AVIS ed il settore pubblico.

Nel complesso la presenza di AVIS nel tessuto sociale della Provincia si può definire di medio livello: al 31 dicembre 2018, l’associazione contava infatti 13.072 soci su 395.449 abitanti, con una proporzione di 3,31%, ossia al quinto posto fra gli estremi di Parma (prima con il 4,45%) e Bologna (nona con il 2,44%); la posizione è analoga anche considerando i soli soci donatori, che sono 12.845 (il 3,25% della popolazione).[31] L’assiduità di questi donatori è invece molto più degna di nota: nel 2018 infatti essi hanno effettuato 24.278 donazioni, ossia in media 1,89 a donatore, la proporzione più alta della Regione.[32] Nel Comune di Forlì propriamente detto, invece, su 118.217 residenti censiti nel 2018[33] l’AVIS Comunale contava 3.723 soci totali, dei quali 3.686 erano donatori, con un indice di donazione pari a 1,88.[34]

Rispetto al case study precedente, l’avvio della campagna “2 Poltrone per AVIS!” non ha origine da una particolare volontà dell’ETS, ma da una forte azione di stimolo esercitata dalla BCC. Il primo passo infatti è stato l’iscrizione di due soci del “Gruppo Giovani” dell’AVIS di Forlì ad un corso di crowdfunding organizzato dalla BCC, che aveva invitato l’AVIS in qualità di cliente. In seguito, è stata nuovamente la BCC a promuovere un progetto di autofinanziamento per le organizzazioni operanti nel sociale: a questo punto, i due soci che avevano partecipato al corso hanno proposto di concorrere al progetto. Naturalmente, anche in questo caso la formula “80-20” ha costituito un’importante opportunità, nonché un forte incentivo.

La dirigenza dell’AVIS di Forlì ha quindi identificato il bisogno per il quale richiedere il finanziamento online: la scelta è caduta sull’acquisto di 2 poltrone speciali per la raccolta del plasma (plasmaferesi) nel già menzionato punto di prelievo di Forlì. Infatti, in base al Decreto del Ministero della Salute del 2 novembre 2015,[35] ogni raccolta di plasma deve avere un volume minimo di 600ml, e ciò ha comportato un prolungamento dei tempi di donazione (circa 40 minuti) ed un maggior disagio per i donatori, che si sono ripercossi anche in lamentele ed abbandoni. È quindi necessario diminuire al massimo tale disagio, nonché il rischio di malori, con poltrone dallo schienale particolare.

Una volta fissato l’obiettivo, il “Gruppo Giovani” ha elaborato il progetto, che la BCC ha approvato garantendo il suo sostegno finanziario in caso di successo della campagna di crowdfunding. Anche GINGER, dal canto suo, ha accettato di sostenere il progetto tramite la sua piattaforma: la campagna è iniziata il 28 ottobre 2018 ed è terminata il 9 gennaio 2019.[36]

In questo periodo naturalmente l’AVIS di Forlì ha a sua volta sostenuto attivamente la raccolta attraverso il suo sito, la stampa, i social network e i contatti personali. Inoltre, i membri del “Gruppo Giovani” che avevano proposto l’iniziativa ed elaborato il progetto hanno anche avuto l’idea di regalare ai donatori gadget differenziati in cambio delle somme offerte. Questa tuttavia è rimasta solo una proposta sulla carta, in quanto diverse difficoltà, in particolare legate al contattare i donatori, hanno impedito di realizzarla.

Peraltro, nel corso della campagna si è manifestata una debolezza intrinseca al progetto: l’obiettivo fissato non ha infatti suscitato quella spinta emotiva nei cittadini che è necessaria a qualsiasi tipo di raccolta fondi, per cui le donazioni spontanee sulla piattaforma sono andate molto a rilento. D’altro canto, un punto di forza è stato la capacità di sensibilizzare alcuni importanti finanziatori, ossia enti for profit del Forlivese legati da un rapporto pluriennale di sostegno all’AVIS Comunale. Tali imprese hanno quindi seguito l’esempio virtuoso dato dalla BCC: quest’ultima peraltro ha voluto dare un’ulteriore spinta propulsiva al progetto con una donazione importante, che si è di fatto aggiunta al 20% promesso. Le donazioni sul sito tuttavia sono state formalmente effettuate dalla stessa AVIS, in quanto il crowdfunding non permetteva ai suddetti finanziatori di certificare la donazione compiuta per ottenere i legittimi benefici fiscali che vengono invece garantiti con le modalità tradizionali. Questo è stato quindi un secondo elemento di debolezza, ovviato mediante la donazione ad AVIS in modalità tradizionale ed il successivo versamento da parte di quest’ultima in modalità digitale (tranne che per le donazioni della stessa BCC). Le cifre esatte sono indicate nella Tabella 4.

Tabella 4. Donazioni di persone giuridiche nella campagna di crowdfunding “2 Poltrone per AVIS!”

Ragione Sociale

Importo

Renato NISI SRL

2.500,00 €

AUREL S.p.A.

500,00 €

Società Agricola Vivai

50,00 €

Casa della Pasta

1.000,00 €

BCC

2.000,00 €

BCC

1.600,00 €

Bologna Wrestling Team

300,00 €

Totale

7.950,00 €

Fonte: AVIS Comunale di Forlì

Questa cospicua somma, unita ad altri 841 € raccolti offline, e ai 760 € raccolti online,[37] ha permesso di raggiungere e superare la cifra fissata come obiettivo, cioè 8.000 €. Formalmente la raccolta ha quindi avuto successo e l’AVIS di Forlì ha espresso una moderata soddisfazione per l’iniziativa. Ad essa viene infatti riconosciuto un pregio collegato al risultato ultimo: avere risposto ad un’esigenza importante dell’attività dell’associazione senza gravare sui suoi bilanci, e quindi, indirettamente, sui bilanci pubblici. D’altro canto, l’andamento sfavorevole del crowdfunding vero e proprio costituisce un monito ed una minaccia per la riproposizione futura di questo tipo di iniziative: i rappresentanti dell’AVIS di Forlì ne hanno infatti ricavato la consapevolezza del fatto che la sensibilità dei cittadini è legata a fattori emotivi provocati da eventi eclatanti, come le emergenze, per cui iniziative che, al contrario, non sono legate a tali contesti, per quanto ragionevoli, fondate e lungimiranti (ed anzi anche per questo), incorrono nella grave difficoltà di non riuscire a raggiungere le “corde” dell’opinione pubblica.

Per riassumere: una SWOT delle due campagne

Come anticipato, e come si è potuto verificare, formalmente le due campagne sono state entrambe coronate dal successo, ma di fatto tale successo è stato raggiunto con modalità differenti. È quindi opportuno riassumere in chiave comparativa i punti di forza, i punti di debolezza, le minacce e le opportunità che si sono manifestati in entrambe. In altre parole, è utile tracciare uno schema SWOT.[38] Si veda la seguente Tabella 5.

Tabella 5. SWOT comparativa delle due campagne di crowdfunding.

SWOT

Comitato CRI di Ravenna

AVIS Comunale di Forlì

Punti di forza (S)

> Una grande motivazione dei volontari

> Una buona analisi dei canali di informazione da utilizzare per coinvolgere possibili donatori

> La capacità di sensibilizzare alcuni importanti finanziatori, enti for profit del Forlivese, che hanno sostenuto la campagna in maniera decisiva

Punti di debolezza (W)

> L’utilizzo di una tecnica di raccolta fondi mai sperimentata prima dall’Associazione, con difficoltà nella relazione umana e nell’interazione con i potenziali donatori

> Il poco tempo a disposizione per convincere questi ultimi

> La regola all or nothing, in quanto fonte di ansia

> L’obiettivo fissato non ha suscitato nei cittadini una spinta emotiva sufficiente a spingerli a donare a livello soddisfacente

Opportunità (O)

> La formula “80-20” garantita dalla BCC

> La formula “80-20” garantita dalla BCC

Minacce (T)

> Una certa diffidenza da parte della comunità per l’inedita modalità digitale scelta

> L’andamento sfavorevole del crowdfunding vero e proprio: un monito per il suo ulteriore impiego in futuro

6. Considerazioni finali

I due case studies illustrati in questa sede permettono di riprendere e di rispondere, sia pure in maniera provvisoria e con riferimento ad un contesto locale, alla domanda di ricerca formulata nell’Introduzione, ossia cosa significhi il crowdfunding per i diversi attori coinvolti in esso: cittadini/donatori, ETS/IS, beneficiari dei servizi ed istituti di credito/finanziari tradizionali.

Un primo elemento che, a nostro avviso, emerge chiaramente dai casi summenzionati è il fatto che, tramite il crowdfunding, il web può diventare, e in effetti sta già diventando, un “intermediario” solidale e può giocare un ruolo importante nel fornire agli ETS ed alle IS nuove risorse con cui alimentare le loro attività, apportando un beneficio concreto ed immediato ai fruitori dei servizi sociali e sanitari. Specularmente, per i donatori il crowdfunding rappresenta una modalità di facile utilizzo per donare velocemente ed in modo sicuro in favore di cause umanitarie (in senso lato) che “sentono” come proprie, a prescindere dalla loro vicinanza o lontananza geografica.

D’altro canto, nel contesto romagnolo sembra permanere ancora una certa diffidenza verso l’uso di questo mezzo, come è stato verificato in entrambi i casi: è ragionevole presumere che il tempo ed una maggiore consuetudine comporteranno il superamento di tale atteggiamento.

Nei due casi studiati, tale problema è stato comunque complessivamente superato dalla CRI, ma non da AVIS, e ciò sembra indicare che, a prescindere dal medium digitale, (a) l’appeal dell’organizzazione, (b) il suo brand e (c) il tipo di iniziativa per cui si richiede il finanziamento, costituiscano fattori cruciali nel determinare il successo di una campagna, facendo leva sul coinvolgimento emotivo dei potenziali donatori.

D’altro canto, in entrambi i casi il contributo delle “persone giuridiche” non è mancato, ed anzi è stato essenziale per AVIS. Ciò dimostra che la menzionata diffidenza esistente nel contesto sociale romagnolo viene controbilanciata da un’alta sensibilità sociale, diffusa anche nel mondo del for profit, pronto ad impegnarsi in maniera concreta. In questo senso, potrebbe incentivare ulteriori elargizioni un miglioramento dello strumento del crowdfunding, che permetta a queste imprese di vedersi riconosciuto in sede fiscale il contributo economico meritoriamente versato.

Infine, dal punto di vista degli istituti di credito, è evidente che la presenza di una realtà dinamica come la BCC sia stata un fattore essenziale, non solo per la riuscita economica di entrambe le iniziative, ma anche per lo stimolo all’acquisizione delle competenze e per l’assunzione di un’attitudine più intraprendente da parte degli ETS, soprattutto AVIS. Sembra quindi necessario al successo di questi progetti il supporto di una finanza cooperativa, statutariamente impegnata in ambito sociale, che sappia però coniugare la tradizione solidale con l’apertura al nuovo.

Ringraziamenti

Desideriamo ringraziare la CRI di Ravenna, l’AVIS Comunale di Forlì e tutto lo staff di GINGER per la preziosa collaborazione e le importanti informazioni gentilmente fornite.

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Note

  1. ^ Si tratta ovviamente della monografia Philosophie des Geldes (1984).
  2. ^ A ciascuno dei quali Parsons dedicherà una monografia: On the Concept of Political Power (1963a); On the Concept of Influence (1963b); On the Concept of Value-Commitments (1968). I saggi summenzionati saranno poi raccolti in un unico volume, Politics and Social Structure (1963c), a cui viene aggiunto un capitolo (Postscript) dedicato a completare e parzialmente correggere le precedenti elaborazioni del medium dell’influenza.
  3. ^ Acronimo che significa Mouvement Anti-Utilitariste dans le Sciences Sociales e al contempo richiama il cognome dello studioso al cui lavoro seminale si ispirano e la cui opera intendono proseguire.
  4. ^ I quali pubblicano nel 1992 l’opera L’espirt du don, che diviene presto un punto di riferimento imprescindibile per gli studi sul dono nei contesti sociali a sviluppo maturo.
  5. ^ Per un’analisi approfondita di “dono” e “fiducia” quali mezzi generalizzati di interscambio del terzo settore, mi sia consentito rinviare a: Bassi (2000), in particolare il Capitolo 7 “I mezzi di comunicazione del terzo settore: dono e fiducia” (167-187).
  6. ^ Cfr. https://www.economyup.it/startup/crowdfunding-tutte-le-piattaforme-attive-in-italia-e-come-usarle/ (ultimo accesso: 14.05.2019).
  7. ^ Cfr. https://www.produzionidalbasso.com/ (ultimo accesso: 14.05.2019).
  8. ^ In realtà la differenza tra “donazione pura” e “donazione con ricompensa” è piuttosto sottile e di non facile determinazione. Da un lato, infatti, spesso chi dona trae una ricompensa (soddisfazione) diretta ed immediata nell’atto stesso di donare. D’altro lato, le ricompense previste dalla seconda tipologia consistono sovente in oggetti (beni tangibili) dal valore puramente simbolico (un gadget: spilletta, braccialetto, adesivo, ecc.) che hanno in prevalenza lo scopo di “rafforzare” la fidelizzazione del donatore nei confronti dell’organizzazione che promuove l’iniziativa o della causa (progetto o bene finanziato). Oppure in ricompense di tipo intangibile, quali la menzione del nome del donatore sul sito web, o un ringraziamento formale e pubblico da parte del Presidente dell’organizzazione ai donatori più generosi, ecc.
  9. ^ Cfr. http://www.consob.it/web/area-pubblica/registro-crowdfunding-sezione-ordinaria e http://www.consob.it/web/area-pubblica/registro-crowdfunding-sezione-speciale (ultimo accesso: 02.06.2019).
  10. ^ http://italiancrowdfunding.it/chi-siamo/ (ultimo accesso: 02.06.2019).
  11. ^ https://www.economyup.it/about/ (ultimo accesso: 02.06.2019).
  12. ^ http://reports.crowdsourcing.org/ (ultimo accesso: 02.06.2019) (Il testo originale in inglese è tradotto in italiano dagli autori).
  13. ^ https://starteed.com/about-us.html (ultimo accesso: 02.06.2019).
  14. ^ Cfr. https://www.economyup.it/startup/crowdfunding-tutte-le-piattaforme-attive-in-italia-e-come-usarle/ (ultimo accesso: 06.03.2020).
  15. ^ Cfr. http://italiancrowdfunding.it/piattaforme-crowdfunding-italia/ (ultimo accesso: 06.03.2020). In questo sito non vi sono cifre precise, ma solo liste: una che accorpa le piattaforme reward based, donation based, donation & reward based, royalty based e donation & lending based; una che accorpa le piattaforme donation based e donation & reward based; una per le lending based; una per le equity based. Abbiamo dunque elaborato le cifre presentate in tabella conteggiandole dalle liste, ed effettuando controlli incrociati quando necessario. Abbiamo incorporato le tre piattaforme royalty based nella tipologia equity based per via del loro funzionamento molto simile, come descritto dallo stesso sito. Cfr. http://italiancrowdfunding.it/royalty-crowdfunding-prime-esperienze/ (ultimo accesso: 06.03.2020). Inoltre, abbiamo inserito le 14 piattaforme donation & reward based e l’unica donation and lending based nella tipologia Ibride.
  16. ^ Cfr https://www.crowdfundingreport.it/assets/reports/Il-Crowdfunding-in-Italia-Report-2019.pdf (ultimo accesso: 06.03.2020) In questo rapporto, in formato PDF, le piattaforme reward based e donation based, sono aggregate (p. 11), senza particolari spiegazioni, quindi abbiamo riportato tale numero nella tabella. La cifra peraltro è comprensiva delle piattaforme Do It by Yourself (p. 17), che sarebbero state invece assimilabili alle Ibride.
  17. ^ Cfr. https://www.istat.it/it/files//2018/10/non-profit.pdf (ultimo accesso: 22.03.2020).
  18. ^ Per la precisione, come si legge sul suo sito, è una società cooperativa che «ha raccolto il testimone di quattordici cooperative di credito avviate a partire da oltre cento anni fa»: le prime fra di esse sono state infatti fondate nel lontano 1898. Le fusioni fra questi istituti hanno interessato dapprima unicamente il Ravennate, e solo in tempi relativamente recenti sono stati varcati i confini di tale Provincia: le incorporazioni di nuovi istituti nell’Imolese si sono verificate nel 2002, e nel Forlivese nel 2017. Si può dunque affermare che la BCC operi in tutta la Romagna propriamente detta. La radice culturale e politica di questo istituto è cattolica-progressista. Cfr. https://www.labcc.it/template/default.asp?i_menuID=55478 (ultimo accesso: 11.05.2019).
  19. ^ Si fa qui riferimento a quanto sancito dall’articolo 37 (“Utili”) del Testo Unico Bancario, nella sua versione più aggiornata: «1. Le banche di credito cooperativo devono destinare almeno il settanta per cento degli utili netti annuali a riserva legale. 2. Una quota degli utili netti annuali deve essere corrisposta ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione nella misura e con le modalità previste dalla legge. 3. La quota di utili che non è assegnata ai sensi dei commi precedenti e che non è utilizzata per la rivalutazione delle azioni o assegnata ad altre riserve o distribuita ai soci deve essere destinata a fini di beneficenza o mutualità» (Banca d’Italia 2019: 68).
  20. ^ https://www.labcc.it/template/default.asp?i_menuID=35340 (ultimo accesso: 11.05.2019).
  21. ^ https://www.ideaginger.it/ginger_chi-siamo.html (ultimo accesso: 11.05.2019).
  22. ^ https://www.ideaginger.it/ginger_come-funziona.html (ultimo accesso: 11.05.2019).
  23. ^ Ibidem.
  24. ^ Cfr. ibidem.
  25. ^ http://www.gingercrowdfunding.it/blog/la-bcc-racconta-crowdfunding-l-energia-del-territorio.html (ultimo accesso: 11.05.2019).
  26. ^ https://www.labcc.it/catalogo/ricerca.asp?fld7316=17821&hCmd=RIC&fld7314=17818&i_menuID=55463 (ultimo accesso: 11.05.2019).
  27. ^ La CRI è stata fondata il 15 giugno 1864 a Milano (Fabbri 2019: 162), mentre il Comitato di Ravenna è stato fondato nel 1888 (Baccarini 2013: 195).
  28. ^ Cfr. https://www.cri.it/soci (ultimo accesso: 25.04.2020).
  29. ^ Fonte: Comitato CRI Ravenna (comunicazione personale).
  30. ^ https://www.ideaginger.it/progetti/protezione-e-sicurezza-al-tuo-fianco.html (ultimo accesso: 12.05.2019).
  31. ^ Cfr. https://avisemiliaromagna.it/documenti/statistiche/ (ultimo accesso: 28.03.2020).
  32. ^ Dati tratti dall’opuscolo “Statistiche”, distribuito dall’AVIS Regionale dell’Emilia-Romagna in occasione della 48a Assemblea Regionale degli Associati, Bologna, 04.05.2019.
  33. ^ Cfr. https://opendata.romagnaforlivese.it/forli/dataset/residenti/resource/c03e3b97-18f7-497d-9b3c-65a128dbd1bd (ultimo accesso: 28.03.2020).
  34. ^ Dati tratti dal Bilancio sociale dell’AVIS Comunale di Forlì per l’anno 2018 (in corso di pubblicazione).
  35. ^ https://www.avis.it/userfiles/file/GU%20SG%20n_300%20del%2028-12-2015_SO_069%20(1).pdf (ultimo accesso: 12.05.2019).
  36. ^ https://www.ideaginger.it/progetti/2-poltrone-per-avis.html (ultimo accesso: 12.05.2019).
  37. ^ Nonostante reiterate richieste all’ETS e alla piattaforma, non è stato possibile ottenere dati relativi alla progressione delle donazioni nell’arco temporale di questa seconda campagna.
  38. ^ L’acronimo SWOT si riferisce alle parole Strenghts (punti di forza), Weaknesses (punti di debolezza), Opportunities (opportunità) e Threats (minacce): viene tipicamente utilizzato nelle scienze sociali e negli ambienti aziendali.
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