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ISSN 2282-1694
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Numero 2 / 2020

Saggi

Il sistema delle scuole musicali in Trentino e la produzione di valore collettivo

Silvia Sacchetti, Giada Marchesin

Ringraziamenti
Le autrici desiderano ringraziare le direttrici ed i direttori delle scuole di musica, nonché le musiciste ed i musicisti che condividendo le loro esperienze e la passione per il proprio lavoro hanno contribuito anche al nostro. La divulgazione dei risultati della ricerca non sarebbe stata possibile senza il contributo di Euricse a supporto dell’attività di una delle autrici.


Introduzione

In questo scritto presentiamo uno studio esplorativo sul sistema delle scuole di musica della provincia di Trento. Il nostro lavoro parte da una prospettiva socioeconomica e considera le caratteristiche delle scuole e del sistema istituzionale di cui esse fanno parte in relazione agli esiti che nel complesso riescono a produrre, non soltanto in termini di istruzione, ma anche di inclusione, partecipazione comunitaria, creatività ed espressività artistica. Ci interessa, insomma, capire meglio quale sia il potenziale di produzione di esternalità immateriali del sistema di istruzione musicale, motivate da una prospettiva in particolare, e cioè che – dove inclusione, relazionalità e espressione creativa trovano maggiore realizzazione – individui, gruppi, organizzazioni o comunità possono essere più vitali e dunque con possibilità di maggiore benessere (Sacchetti, 2019). Quest’articolo, nello specifico, affronta il tema della collaborazione tra scuole di musica nonprofit e amministrazione pubblica, evidenziando gli elementi a supporto e a detrimento della produzione di valore per la comunità.

Il Trentino rappresenta un contesto unico rispetto al resto del Paese per un motivo in particolare: ha sviluppato un sistema in cui l’istituzione provinciale e le organizzazioni private di Terzo settore coordinano le proprie risorse in maniera sistemica con l’obiettivo di massimizzare l’accesso alla formazione musicale nella comunità, su un territorio costituito da zone urbane e rurali, a tratti piuttosto isolate per via della morfologia territoriale. L’idea è di proporre in primo luogo un approccio concettuale generale attraverso il quale sia possibile poi interpretare il modo in cui l’istruzione musicale si è andata evolvendo in provincia di Trento e, successivamente, presentare i risultati di alcune interviste esplorative, volte a fare emergere ulteriori categorie di analisi e temi da approfondire con ricerche successive, anche in chiave comparata.

In Trentino le organizzazioni nonprofit e for profit che offrono servizi di formazione musicale sono numerose e diversificate. Nel 1987 la Provincia Autonoma di Trento ha istituito il Registro delle scuole musicali trentine, al quale possono aderire le organizzazioni che presentino determinati requisiti e che accettino di rispettare alcune direttive poste dall’attore pubblico, fra cui l’applicazione degli Orientamenti didattici provinciali. Se queste condizioni vengono soddisfatte, la Provincia si impegna a finanziare i costi sostenuti, in gran parte per la remunerazione del personale, nell’ambito dell’erogazione delle ore di formazione musicale che seguono gli orientamenti didattici.

Gli Orientamenti didattici provinciali sono stati originariamente stabiliti di comune accordo con le scuole e sono stati poi modificati nel tempo per essere adeguati ad alcune istanze avanzate comunemente dagli istituti. In generale, essi hanno l’obiettivo di uniformare la formazione su standard comuni.

Le scuole sono dotate di una propria rappresentanza, la quale tuttavia non raccoglie l’adesione di tutte e tredici le scuole comprese nel registro provinciale[1].

Tabella 1. Il finanziamento provinciale delle scuole di musica (2008-2019).

anno

finanziamento (€)

2008

4.483.293

2009

4.734.749

2010

4.657.882

2011

3.814.656

2012

n.d.

2013

n.d.

2014

n.d.

2015

4.994.919

2016

n.d.

2017

n.d.

2018

5.325.000

2019

5.625.000

Fonte: Rapporti annuali sulle attività culturali della Provincia Autonoma di Trento.

Questo assetto porta con sé punti di forza e potenziali criticità. Da un lato la regolamentazione pubblica fornisce garanzie in un settore, quello della formazione, in cui sono elevate le asimmetrie informative fra fornitori del servizio e utenza. Il rispetto di tali regole dà altresì accesso ai finanziamenti pubblici, che sono essenziali non solo per garantire maggiore accesso all’utenza, ma anche per la sostenibilità economica delle scuole, e fornisce ulteriormente incentivi a migliorare la qualità della gestione delle scuole anche dal punto di vista manageriale. Dall’altro, tuttavia, laddove la standardizzazione e la gestione occupino la maggior parte dello spazio di scelta e di azione delle scuole, il rischio è di limitare o erodere la dimensione innovativa piuttosto che quella artistico-creativa, che peraltro fornisce una spinta motivazionale essenziale, soprattutto in questi settori (Sacchetti, 2019).

Nella nostra analisi, utilizziamo le idee di “atmosfera creativa”, “coordinamento” e “produzione di valore” per esplorare le diverse modalità e gli esiti che caratterizzano l’esperienza trentina, cercando di capire se effettivamente la combinazione di a) privato nonprofit, b) sussidi pubblici ai servizi di formazione musicale e c) coordinamento provinciale, riescano a produrre efficacemente sia formazione musicale, sia valore artistico-creativo e altre ricadute immateriali più ampie per le comunità che riguardano la socialità, la relazionalità e altri aspetti che la formazione musicale in generale può attivare e che, da beneficio individuale per utenti e operatori, possono tramutarsi in beneficio collettivo (o esternalità positive per usare il linguaggio della politica economica) nella misura in cui sostengono l’atmosfera creativa o il genius loci del territorio e migliorano nel contempo la vitalità di una comunità, creando nuove iniziative, opportunità e riducendo la marginalizzazione sociale.

La risposta che abbiamo trovato si sviluppa attraverso la prospettiva degli operatori e costituisce uno step iniziale dello studio. Questo risultato non è univoco e mette in evidenza sia i benefici di un sistema risultante dal mix di organizzazioni della cooperazione, mercato e autorità pubblica, sia i suoi limiti, laddove le spinte innovative che provengono dalle scuole musicali necessiterebbero di spazi di lavoro comune con la pubblica amministrazione meno vincolati a meccanismi top-down, con l’obiettivo di migliorare la capacità del sistema di produrre valore sia per gli individui che per la comunità.

Le scuole nella formazione musicale in Italia

In Italia, non molto diversamente dagli altri Paesi, la maggior parte delle organizzazioni che forniscono servizi di formazione in campo artistico-culturale sono nonprofit, comprese quelle che operano nel campo della formazione musicale.

Una potenziale allieva o allievo che voglia avvicinarsi all’educazione musicale può scegliere se intraprendere un percorso istituzionale, e quindi frequentare un liceo musicale e poi il conservatorio, oppure formarsi nelle scuole territoriali private o in enti e associazioni locali. A livello privato, la formazione musicale in passato è stata curata da iniziative comunitarie, per passione e per interesse (si pensi alle esigenze legate alla formazione delle bande o alla musica celebrativa). Possiamo dire che la varietà ed il tipo di proposte presenti nelle singole località riflette il ruolo ed il valore che individui e comunità hanno attribuito alla musica e all’istruzione musicale. Le radici delle scelte, sia pubbliche che private, vanno spesso ricondotte alla storia del territorio e alla lunga elaborazione socioculturale che in esso è avvenuta.

Col passare degli anni, sui territori si è verificato un incremento delle nascite di scuole di musica e associazioni musicali che, oltre a riempire i vuoti che le varie riforme legislative hanno lasciato e a fornire nuove tipologie di risorse da investire nell’educazione musicale, funzionano come entità culturali di divulgazione e promulgazione della musica in tutto il Paese. Infatti, fornendo una formazione musicale organizzata in base a modalità e obiettivi diversi rispetto ai conservatori, esse ampliano la varietà di offerta e le possibilità di accesso alla musica anche a categorie di utenti che non avrebbero l’opportunità di accedere ai conservatori, contribuendo sia alla formazione che alla diffusione della cultura musicale, e svolgendo altresì un’importante funzione sociale. In quest’ottica, la scuola di musica territoriale si pone come innovativa e complementare rispetto all’offerta diretta da parte del settore pubblico. Inoltre, esse possono contribuire ad alimentare le scuole pubbliche, sottolineando ulteriormente il potenziale di collaborazione tra istituti di formazione pubblici e scuole territoriali. Queste ultime rappresentano dei vivai non solo per l’alta formazione musicale ma anche per filarmoniche e bande, favorendone il ricambio generazionale, oppure per gruppi amatoriali o di professionisti del settore musica.

Infine, va considerato che oltre a quello formativo, il ruolo della scuola di musica è anche di creare canali di espressione artistico-creativa attraverso i quali gli individui migliorano le proprie capacità comunicative, la propria relazionalità e autostima. Va pertanto considerata la multidimensionalità del valore creato, che va di pari passo con la varietà dei benefici generati per diverse categorie di persone, benefici che non vedrebbero la luce attraverso la sola formazione pubblica. Scrive Colazzo (1998) che «[l]a musica è una costellazione di pratiche sociali, intenzioni e atteggiamenti: è indispensabile che questa varietà non venga ignorata dalla rigidità di modelli d’insegnamento che legittimano solo alcuni di quegli approcci alla musica» (p. 10).

D’altro canto, il riconoscimento della valenza delle scuole di musica è confermato dal grande numero di istituti musicali presenti sul territorio nazionale e dei loro allievi. Esse formano un universo molto variegato di istituti privati o pubblici che tendono verso un diverso assetto rispetto al passato, sia sul piano gestionale che dell’offerta formativa, e non rilasciano agli studenti un diploma riconosciuto, a meno che non stipulino convenzioni con istituti pubblici quali i conservatori ad esempio. Possono essere sia istituti privati, sia istituti a partecipazione mista. La diversificazione di queste scuole si basa sull’entità giuridica, sulla forma dello statuto, sulla provenienza delle risorse (Jorquera Jaramillo, 1998).

I modelli organizzativi nonprofit o cooperativi di solito non vengono trattati specificatamente in relazione alla musica, pur rappresentando un valore aggiunto per un’organizzazione di formazione artistico-culturale e un vantaggio per coloro che vi partecipano. Attraverso il meccanismo della cooperazione è possibile migliorare la qualità dei servizi mediante la partecipazione attiva degli insegnanti e degli utenti soci, sfruttare alcune economie di scala e di scopo rispetto ad esempio alla possibilità di evidenziare le complementarietà tra arti di performance e diversificare l’offerta su molteplici orientamenti artisitici e disciplinari (ad es. musica, teatro e danza), nonché favorire una riduzione dell’incertezza e dei rischi, tipici del lavoro creativo, attraverso la condivisione di risorse materiali e immateriali e l’apertura a un numero maggiore di segmenti di utenza. È anche possibile condividere i costi necessari a sostenere gli investimenti iniziali, nonché combinare capacità, reti relazionali e competenze diverse ma complementari. La governance inclusiva propria di alcune forme organizzative e che si ritrova nelle associazioni o nelle cooperative sociali, permette inoltre ai soci, in base alle proprie attitudini, sensibilità e risorse, di assumere un ruolo di guida a seconda delle progettualità e delle esigenze dell’utenza (si vedano ad es. Pestoff, 2009; O'dair, 2015).

Le diverse sfere di valore collettivo

Come noto dai lavori di Elinor Ostrom, le due classiche soluzioni di coordinamento incentrate o sull’impresa che opera sul mercato con fini di profitto, o sullo Stato che opera con finalità ampie di interesse generale possono essere utilmente affiancate dalle soluzioni cooperative tipiche del terzo settore. Nel caso specifico dell’istruzione musicale, la combinazione degli strumenti di coordinamento deve essere efficace nel garantire la sostenibilità dell’utilizzo di un bene comune immateriale che chiamiamo “atmosfera creativa” (Sacchetti et al., 2009), un’idea che fa eco all’atmosfera industriale Marshalliana tipica dei primi distretti industriali. L’atmosfera creativa può svilupparsi – in un contesto territoriale piuttosto che in un’organizzazione o in un gruppo – quando le persone sono nelle condizioni di esprimere la propria intuizione in modo spontaneo, ossia “onesto”, senza avere necessariamente obiettivi di performance, individualmente o lavorando insieme ad altri (Sacchetti, 2019). L’atmosfera creativa è considerata come un patrimonio comune, intangibile, di attitudini e conoscenze che permette l’espressione di nuove o più specifiche soluzioni, e che definisce il genius loci di un determinato spazio, dove si dà valore alla relazionalità, all’espressione creativa libera e aperta, e all’apprendimento (Sacchetti, Sugden, 2009). Può essere vista come un bene sui generis che produce flussi di valore collettivo nella misura in cui migliora la vitalità e dunque, per dirla alla Sen, le capacità delle persone e delle comunità.

Proponiamo quindi una riflessione sul valore collettivo prodotto dal sistema delle scuole di musica non solo in termini di trasmissione di competenze musicali ma anche di valore artistico-creativo e relazionalità. Il criterio che utilizziamo per soppesare il coordinamento nella formazione artistico-musicale è la misura in cui esso supporta (o erode) l’atmosfera creativa, incentivando spazi di autodeterminazione per gli operatori delle scuole (soprattutto musicisti, ma anche amministrativi) e per gli utenti, nonché di innovazione negli approcci e nei metodi di insegnamento. L’approccio che presentiamo ci dice insomma che il sistema di istruzione musicale risulta completamente efficace se il valore collettivo prodotto è positivo, ossia se il sistema supporta l’atmosfera creativa cosicché i benefici sociali eccedano i costi sia nel complesso, sia per ognuna delle diverse sfere di valore che si analizzeranno a seguire. Questo può essere considerato il benchmark attraverso il quale valutare gli esiti del sistema e le azioni che possono migliorarli. Ci interessiamo agli esiti prodotti dal sistema delle scuole in diversi ambiti (Figura 1), ed in particolare nella:

  • sfera educativa
  • sfera artistico-culturale
  • sfera sociale o relazionale
  • sfera economica (come dimensione di supporto alle altre).

Sono ambiti complementari chiaramente, che interagiscono a seconda della natura degli obiettivi che le comunità di interesse (gli stakeholder) si danno e del ruolo o posizione che occupano nella struttura di governo del sistema di istruzione musicale, nonché nei processi operativi messi in atto dalle singole scuole e tra organizzazioni a livello di rete.

La relazione tra governance di sistema, valore collettivo ed esiti

La Figura 1 illustra un sistema ideale, a “loop”, in cui la valutazione degli esiti attiva un feedback sulle modalità di coordinamento. La circolarità è giustificata a fronte del fatto che il coordinamento tra attori socioeconomici rappresenta un processo di interazione complesso ed evolutivo, nel quale ciascun attore può contribuire alla valutazione degli esiti e al conseguente aggiustamento dei meccanismi di coordinamento nel tempo. La sfera economica è posta al centro non tanto perché abbia priorità sulle altre ma, piuttosto, perché è funzionale alle altre sfere, garantendone la sostenibilità nel tempo. Le sfere non sono mutualmente esclusive, bensì complementari.

Figura 1. L’approccio che mette in relazione la governance del sistema di istruzione musicale e la produzione di valore collettivo.

Il sistema trentino delle scuole musicali deriva dal riconoscimento da parte della Provincia (autorità) delle organizzazioni nate dall’iniziativa privata e spontanea dei cittadini (cooperazione). Il sostegno istituzionale ed economico della Provincia rende il sistema musicale trentino molto specifico, offrendo un contesto piuttosto unico in Italia, che ci permette di approfondire la relazione fra attore pubblico e scuole musicali, nonché gli esiti prodotti dalle scelte di coordinamento (Figura 1). In questo studio ci concentriamo in particolare su un aspetto del coordinamento del sistema delle scuole musicali, ossia sull’interazione tra Provincia e scuole e sulla relazione tra le scelte di coordinamento e gli esiti prodotti a livello collettivo.

Il contesto di ricerca

In Trentino le scuole musicali si sono sviluppate sulla fine degli anni Sessanta e hanno assistito ad un incremento notevole a partire dagli anni ’80, quando apparivano anche più solide nella struttura, più articolate nell’offerta didattica, più aperte al proprio contesto e quindi inclini a modellarsi in base alle esigenze culturali e delle innovazioni territoriali. La metà di queste iniziative si raccoglieva nelle zone intorno a Trento e Rovereto mentre nelle zone caratterizzate da una copertura più bassa di strutture si sviluppò il fenomeno del pendolarismo, che trova la sua giustificazione nell’arricchimento culturale offerto dalle scuole di musica, che spesso alleviava condizioni di povertà estrema (Carlini et al., 1986). A differenza di quanto succedeva in passato, quando il mondo musicale si fondava sulla figura del genio e del talento intrinseco (Russo, 2017), l’insegnamento della musica non è più riservato a chi dimostra una spiccata predisposizione o ai più ricchi. Il pendolarismo evidenziava infatti l’attrazione esercitata dalla musica: per socializzare attorno ad uno strumento e per acculturarsi si superavano i problemi di spazio e di tempo allora sconosciuti ai normali studenti delle scuole pubbliche (Carlini et al., 1986).

I programmi seguiti spesso si rifacevano a quelli adottati nei conservatori, che venivano però diluiti nel corso di più anni. Da ciò derivava un possibile scollamento fra la domanda generica avanzata dalla popolazione e la risposta che le scuole di musica offrivano. Spesso, infatti, i percorsi didattici organizzati dalle scuole andavano nella direzione di formare figure professionali specifiche a cui non necessariamente gli studenti e le loro famiglie aspiravano. Al 1986, comunque, si realizzavano già alcune buone iniziative di tipo sperimentale, cui sottostava un ripensamento degli obiettivi reali perseguibili dalle scuole e una conseguente ricombinazione dei programmi (Carlini et al., 1986).

Con il passare degli anni le scuole hanno saputo conquistare un elevato grado di credibilità e riconoscimento nella più ampia società trentina e si è venuta a creare una comunione di motivazioni fra gli istituti che ha prodotto un’immagine unitaria del comparto delle scuole musicali. Nel 1987 la Provincia Autonoma di Trento istituiva il Registro delle scuole musicali, e cioè ‹‹(…) una forma e una norma di riconoscimento pubblico – dietro l’osservanza di parametri minimi specifici – verso istituzioni da tempo operanti sul territorio provinciale›› (Zeni, 1997). Effetto dell’istituzione del Registro è anche il riconoscimento del contributo che le scuole apportavano allo sviluppo sociale, culturale ed economico locale. In quegli anni la Provincia prevedeva di realizzare una Riforma delle scuole musicali speculare a quella del più ampio sistema scolastico, e aveva come obiettivo la razionalizzazione e il coordinamento della rete delle scuole musicali. Si voleva creare una realtà integrata fra pubblico e privato al fine di dotare il sistema esistente del solido assetto che l’attore pubblico poteva offrire (Zeni, 1997).

Oggi nel sistema trentino gli attori organizzativi principali sono la pubblica amministrazione e le scuole di musica private, all’interno delle quali operano comunità di interesse (stakeholder) identificate da musicisti, allievi (e famiglie), amministratori. Oltre a questi, le relazioni che le scuole sviluppano con fornitori esterni (ad esempio per strumenti e attrezzature, manutenzione, supporto tecnico), liberi professionisti (ad esempio revisori contabili, avvocati, specialisti del suono), organizzazioni che operano nei settori della cultura, della ristorazione o del turismo, creano un indotto complesso ed esteso. Ad oggi sono tredici le scuole iscritte al registro provinciale trentino (Tabella 2).

Tabella 2. Le scuole iscritte al registro provinciale trentino e loro localizzazione.

 

scuola

localizzazione

1

CDM

Rovereto

2

Diapason

Trento

3

Eccher

Cles, Val di Sole e Val di Non

4

Minipolifonici

Trento

5

Moser

Pergine

6

Novak

Rovereto

7

Opera Prima

Ala, Mori e Brentonico

8

Pentagramma

Tesero

9

Scuola Musicale di Primiero

Primiero

10

SIM

Borgo Valsugana

11

SMAG

Riva del Garda

12

SMG

Tione di Trento

13

Zandonai

Rovereto

Fonte: elaborazione delle autrici su dati Ufficio Stampa della Provincia Autonoma di Trento. L’ordine di presentazione è alfabetico.

Queste sono distribuite in modo capillare su gran parte del territorio (Figura 2), anche dove le infrastrutture culturali sono più carenti. Ciascuna di esse ha il compito di rispondere alle esigenze delle comunità in cui agiscono, organizzando percorsi di studio sia professionali che amatoriali, per tutte le fasce d’età. La pratica musicale viene quindi impartita rispondendo a necessità differenti, dalla formazione (a vari livelli), al divertimento, dalla socializzazione all’intrattenimento[2].

Figura 2. Localizzazione delle tredici scuole di musica iscritte al registro provinciale

Fonte: Documentazione d’archivio fornita dalle scuole.

Nove delle scuole musicali iscritte al registro provinciale hanno assunto la forma giuridica di cooperativa di produzione-lavoro, tre di associazione culturale e una è una scuola comunale[3]. La rilevanza economica delle scuole sia dal punto di vista del bilancio, sia dal punto di vista occupazionale è approssimata dai dati estratti dalla banca dati Aida, che riportiamo in Tabella 3 per le nove scuole cha assumono forma di impresa cooperativa. L’elenco sottostima i valori complessivi in quanto non comprende scuole che non hanno natura di impresa, ossia le scuole con natura associativa.

Tabella 3. Ricavi e lavoratori dipendenti delle scuole di musica con forma cooperativa, Provincia Autonoma di Trento.

 

ragione sociale

chiusura bilancio (ultimo anno disponibile)

ricavi delle vendite

migliaia di euro

(ultimo anno disponibile)

dipendenti

(ultimo anno disponibile)

1

SMAG SOC. COOP.

31/12/2018

740

43

2

SERVIZI CULTURALI VAL DI NON E DI SOLE C. ECCHER SOC. COOP.

31/12/2018

681

28

3

SCUOLA MUSICALE IL DIAPASON SOC. COOP.

31/12/2018

662

22

4

SCUOLA MUSICALE GIUDICARIE SOC. COOP.

31/08/2019

543

19

5

SCUOLA MUSICALE JAN NOVAK SOC. COOP.

31/12/2018

540

23

6

SCUOLA MUSICALE IL PENTAGRAMMA SOC. COOP.

31/12/2018

431

15

7

SUONO IMMAGINE MOVIMENTO S.I.M. SOC. COOP.

31/12/2018

318

16

8

SCUOLA MUSICALE DEI QUATTRO VICARIATI SOC. COOP.

31/12/2018

276

13

9

COOPERATIVA MUSICALE CAMILLO MOSER SOC. COOP.

31/12/2018

222

15

Fonte: Elaborazione delle autrici su banca dati Aida.

Le scuole musicali rivolgono i propri servizi educativi non solo agli allievi che vi si iscrivono direttamente, ma anche agli allievi dei corsi bandistici, che si formano proprio all’interno delle sedi (1.800 bandisti circa nel 2018). A questi si aggiungono i bambini delle scuole dell’infanzia e delle scuole pubbliche che fanno specifica richiesta di partecipare a progetti in collaborazione con le scuole musicali (10.000 bambini e ragazzi), nonché gli utenti di alcune istituzioni sociali e sanitarie del territorio. Nel 2018, i servizi erogati direttamente coinvolgono circa 5.500 allievi (Tabella 4)[4].

Tabella 4. Numero di allievi delle Scuole Musicali per tipologia di formazione. Anni 2006-2018.

anno scolastico

orient. provinciali

formazione bandistica

formazione altra

totale allievi

2006-07

4.963

9

366

5.400

2007-08

4.973

52

82

5.087

2008-09

5.072

1.831

66

6.858

2009-10

5.423

1.921

105

7.316

2010-11

5.216

2.213

96

7.463

2011-12

5.636

2.100

92

7.657

2012-13

5.542

1.995

136

7.489

2013-14

5.493

1.839

168

7.336

2014-15

5.443

1.843

157

7.244

2015-16

5.396

1.891

77

7.248

2016-17

5.407

1.864

186

7.297

2017-18

5.502

1.782

138

7.233

Fonte: TSM su dati Servizio Attività Culturali PAT. Provincia Autonoma di Trento (2019), Rapporto Annuale sulle Attività Culturali 2015-2017.

Considerando tutte le iniziative invece, comprese quindi le collaborazioni con la scuola pubblica, il totale degli allievi raggiunti supera le 18.000 persone. Il sistema impegna quasi 400 addetti, per lo più musicisti docenti e amministrativi. Gli insegnanti sono assunti sulla base del Contratto Collettivo provinciale di Lavoro e devono essere in possesso di diploma/laurea del Conservatorio, come previsto negli orientamenti didattici. Il bilancio complessivo delle tredici scuole nel 2019 è di circa 11 milioni di euro e il finanziamento provinciale (5,6 milioni di euro) costituisce mediamente il 50% del bilancio di ciascuna scuola[5].

Metodologia

Le dimensioni relative alla produzione di valore sono state esplorate attraverso interviste rivolte ai direttori e/o ai presidenti degli istituti del sistema delle scuole musicali trentine iscritte al registro provinciale. I dati raccolti sono principalmente di tipo qualitativo e sono stati integrati dall’analisi di diversi materiali di carattere secondario forniti dalle scuole stesse o estratti dai rapporti annuali sulle attività culturali, curati dall’Assessorato all’istruzione, università e cultura della Provincia. Le interviste sono state riportate in forma anonima nel rispetto dell’etica della ricerca accademica. In questa fase esplorativa della ricerca si è scelto di rivolgersi ai direttori o ai presidenti delle scuole in quanto interlocutori in grado di rispondere a domande inerenti ai seguenti temi:

  • la storia della scuola (fondazione ed evoluzione);
  • l’organizzazione della scuola di musica (forma giuridica assunta, governance, stakeholders che a vario titolo partecipano alle attività);
  • le tipologie di risorse impiegate per il sostentamento delle attività;
  • il ruolo degli insegnanti-musicisti e soluzione contrattuale adottata;
  • gli allievi e le famiglie;
  • i rapporti con le altre scuole, con la Provincia, con la comunità e altri attori esterni.

L’utilizzo di una traccia semi-strutturata per l’intervista e l’ampiezza degli argomenti hanno lasciato margine agli intervistati che hanno attribuito una personale priorità ai temi trattati, orientandosi spontaneamente sulle questioni di maggiore rilevanza per la scuola e in particolare sul ruolo della Provincia e sugli esiti prodotti dell’attività delle scuole di musica.

Tutte le scuole di musica con natura cooperativa o associativa (12) iscritte al registro provinciale sono state contattate tramite mail per verificare la disponibilità a partecipare alla ricerca. I direttori che hanno accettato l’invito ad essere intervistati sono 7 e guidano scuole che assumono la forma di cooperative (in 4 casi sulle 9 scuole cooperative totali) o di associazioni culturali (in 3 casi su 3 in totale) e che, essendo parte del Registro provinciale, ricevono sovvenzioni dalla pubblica amministrazione e rispondono a requisiti specifici definiti dalla Provincia. La scuola civica Zandonai offre un modello organizzativo diverso, essendo gestita dal Comune di Rovereto, e pur rappresentando un caso interessante da approfondire, non è stata inclusa nella ricerca che si concentra piuttosto sulle scuole private di Terzo settore. Le interviste sono state svolte presso: CDM, Diapason, SMG, Minipolifonici, Scuola Musicale di Primiero, Eccher, Pentagramma. Negli ultimi due casi, per motivi logistici, le interviste si sono svolte telefonicamente. Le interviste sono state registrate e trascritte. Sono state poi analizzate isolando, all’interno delle trascrizioni, gli elementi riconducibili alle specifiche categorie di analisi identificate dalle sfere di produzione di valore ed esiti, come indicato in Figura 1. Su queste categorie si concentra anche la presentazione dei dati.

La Figura 3, a seguire, evidenzia nel dettaglio le qualità del sistema che appartengono all’area di produzione di valore e le qualità associabili invece al rischio di erosione di valore. La dimensione degli esiti, all’estremo destro della figura, illustra le qualità del sistema a supporto e a detrimento dell’atmosfera creativa, che viene commentato nella discussione dei risultati.

Figura 3 - Governance di sistema e produzione di valore nel sistema delle scuole di musica trentine

Aspetti dell’interazione Provincia-Scuole che creano valore

Sul finire degli anni ‘80 la Provincia ha cominciato ad interessarsi alle scuole di musica e ad organizzare un vero e proprio sistema basato su alcuni standard formativi relativi alla qualità della formazione e degli apprendimenti, sintetizzati negli orientamenti didattici provinciali, aggiustati nel corso degli anni. Nella loro definizione e nelle successive modifiche, la Provincia ha ricercato il dialogo con la rappresentanza unitaria delle scuole, al fine di rispondere alle necessità avanzate e di modificare di conseguenza il sistema.

‹‹La Provincia ha creduto molto in questo sistema. I contributi negli anni sono cresciuti, a parte questi ultimi anni perché è stato difficile (…) In generale la PAT [Provincia Autonoma di Trento] ha sempre seguito molto il sistema, [ne] sono contenti (…). Se ci sommiamo tutti insieme siamo il più grosso sistema culturale in trentino.›› (Gamma)

Le scuole che presentano alcuni prerequisiti organizzativi e didattici minimi definiti dalla Provincia e che accettano di iscriversi al registro provinciale possono avere così accesso ai finanziamenti, che vanno a coprire le ore di attività che rispettano i contenuti degli orientamenti, dando origine ad una certa omogeneità su tutto il territorio.

La sfera economica

Le risorse vengono allocate dalla Provincia per finanziare quelle attività che sono conformi agli orientamenti didattici provinciali, per un monte di circa 3.000 ore complessive; viene poi calcolata la ripartizione fra le scuole delle ore finanziate e delle conseguenti risorse a disposizione per ciascuna.

Alle risorse messe a disposizione dalla Provincia si uniscono quelle della Federazione dei Corpi Bandistici del Trentino per la formazione dei propri studenti all’interno del sistema delle scuole musicali (1,7 milioni di euro) e le risorse fornite dalle altre istituzioni locali (come Comuni e Comunità di Valle) che sono libere e diversificate e possono variare dalla messa a disposizione di una sede, al pagamento delle relative spese di gestione, all’erogazione di un contributo monetario più o meno consistente. In alcuni casi l’apporto dei comuni risulta dalla combinazione di tutti questi elementi, in altri casi solo di alcuni di essi, in altri ancora si riduce alla concessione di alcune migliaia di euro annue.

‹‹… noi riusciamo ad avere anche questo contributo ed è molto importante: altrimenti dovremmo ridurre il numero degli insegnanti oppure aumentare le quote o ancora arrivare fino al limite delle ore finanziate dalla Provincia e fermarsi lì, senza fare altre attività.›› (Delta)

Infine, ciascun allievo che partecipa ai corsi delle scuole è tenuto a versare una retta (a pagare per un servizio) il cui ammontare varia a seconda della scuola e del numero delle attività alle quali aderisce.

Dalla combinazione di queste principali tipologie di risorse le scuole musicali riescono a raggiungere una sostenibilità economico-finanziaria tale da svolgere le proprie attività e, in alcuni casi, svilupparle in modi diversi e innovativi.

‹‹La PAT finanzia le scuole per l’attività didattica conforme agli ordinamenti didattici. Poi la scuola può fare “N” cose, è libera di muoversi nell’ambito culturale. Non viene finanziata per queste attività, non dalla Provincia almeno, ma può trovare risorse altre: sul mercato, da enti e finanziatori terzi, dai comuni, (…) semplicemente dall’utenza. Le attività raggiungono così un loro punto di equilibrio›› (Beta).

L’attivazione di altre risorse

Per quanto riguarda le risorse diverse da quelle provinciali che le scuole utilizzano, sono emerse alcune criticità.

‹‹Tutto il sistema delle scuole musicali si basa ufficialmente su un dischiuso [accordo informale] della Giunta provinciale del 1987 che diceva sostanzialmente che esiste il sistema e che è basato su tre gambe: Provincia, comuni e famiglie/utenti. Ma i comuni non hanno mai sottoscritto questa cosa: ne è derivato che il rapporto con i comuni è stato costruito nel tempo. (…) Con esiti diversi da zona a zona. (…) Quindi si creano una serie di disparità.›› (Zeta)

‹‹I comuni intervengono nell’economia delle scuole da zero, in alcuni casi, a centinaia di migliaia di euro. (…) E quindi anche questo crea una complessità di gestione… sta alla capacità della scuola poi trovare strumenti di compensazione.›› (Beta)

Il contributo dei Comuni non è vincolato e questo origina condizioni anche molto diverse per le scuole: alcune possono godere di generosi sussidi mentre altre devono garantire un analogo servizio di educazione musicale seppur con limitati o nulli contributi da parte delle istituzioni locali. Va inoltre considerato che mentre alcune scuole operano in un solo comune, altre rivolgono i loro servizi ad un bacino di utenza geograficamente più ampio, per cui ricevono i contributi di più enti pubblici, proporzionalmente al numero di allievi frequentanti.

‹‹C’è un comune (…) che ci dà un contributo abbastanza importante da anni, però altri comuni [lo fanno] in maniera abbastanza irrisoria anche perché coi regolamenti comunali sono legati al fatto di coprire i disavanzi, per cui se noi non abbiamo disavanzo non possiamo avere il contributo… però è un cane che si morde la coda perché le cooperative non possono fare deficit per più di un anno. (…) Senza contributi non possiamo neanche svilupparci, sarebbe comodo avere due tre euro in più per poter comprare strumenti piuttosto che attivare nuove cattedre.›› (Iota)

Orientamenti didattici condivisi e la creazione di uno standard

La percezione dell’azione di coordinamento pubblica è ritenuta da alcuni molto positiva, in forza del fatto che il coinvolgimento nella definizione delle regole è incentrato su un principio partecipativo da parte delle scuole. Tuttavia, questo coinvolgimento fa riferimento ad un accordo risalente ad oltre vent’anni fa, mentre le modalità e gli effetti di feedback successivi all’accordo iniziale non vengono chiariti dagli intervistati.

‹‹Io non posso sentirmi limitato [dagli orientamenti didattici provinciali], perché insieme al team nel 1997 li abbiamo scritti. È un po’ difficile sentirsi limitati, si tratta di orientamenti, e le maglie di questi orientamenti sono molto molto larghe.›› (Beta)

‹‹Gli orientamenti didattici sono attualissimi, modernissimi: (…) Non ci danno i contenuti, ma ci danno gli obiettivi. Lasciano spazio quindi all’innovazione e alla creatività, quello dipende da noi e dalle nostre capacità.›› (Epsilon)

‹‹Gli orientamenti didattici li abbiamo fatti noi come scuole musicali. Sono stati rivisti due anni fa e devo dire che è stata proprio la Provincia a sollecitarci a partecipare e dare idee… e poi quando ha dovuto mettere in legge questo, ha preso atto di quello che noi abbiamo proposto›› (Delta).

“[Le regole poste dalla Provincia] qualificano l’attività: imporre su tutti programmi unici, tempi unici… dà l’idea che esiste un sistema.” (Alfa)

Il valore creato dalla presenza di regole comuni definite sul finire degli anni Novanta può essere subordinato alla qualità del dibattito che porta al loro adattamento nel tempo. Emerge infatti che le scuole evidenziano delle diversità sia per i servizi offerti sia per la collocazione sul territorio e non si confrontano con l’ordinamento allo stesso modo. Inoltre, il confine tra i benefici ed i limiti della standardizzazione sembra essere sottile. Un punto di criticità che approfondiamo più avanti riguarda infatti il modo in cui vengono interpretate e percepite le regole del sistema provinciale: ossia come norme abilitanti, in quanto scelte tramite un dibattito sufficientemente inclusivo, partecipato, articolato, e capace di produrre una sintesi soddisfacente, ed aggiornate in base all’evoluzione del settore; oppure percepite come fattori in parte limitanti in quanto poco flessibili e responsabili di un certo grado di inerzia.

Aspetti dell’interazione Provincia-Scuole che possono erodere valore

Il contributo provinciale è ormai consolidato e contribuisce crucialmente alla sostenibilità economica del sistema. A fronte del finanziamento, l’inquadramento provinciale può essere considerato come garanzia di uno standard di servizio all’utenza incentrato sul valore della formazione musicale come bene di merito. Per alcuni il quadro normativo non pregiudica l’opportunità di sviluppare contenuti propri e, quindi, di caratterizzarsi rispetto alle altre scuole. Dall’altro canto, per altri nelle disposizioni provinciali sono presenti anche elementi limitanti. Si tratta di incentivi, come emerge dalle interviste, che spingendo le scuole a svolgere in primo luogo una funzione di alfabetizzazione musicale, rischiano di penalizzare l’accesso degli utenti meno giovani e dunque di ridurre le opportunità di creazione di valore per le fasce di utenza adulta, ma anche di erodere la sfera artistico-creativa degli insegnanti. Sembrano esservi in sostanza alcune disposizioni discutibili che, lontane dal mettere in luce la non auspicabilità che una regolamentazione provinciale esista, aprono margini di miglioramento attraverso una rivisitazione e una discussione partecipata tra scuole e Provincia.

Inerzia o spinta innovativa?

All’interno del sistema musicale, il passato conta. Le scuole hanno organizzato le proprie attività formative adattandosi agli standard e al sistema dei finanziamenti provinciali e, nel contempo, i rapporti tra Provincia e scuole si sono consolidati. Dal 1997 non sembrano esservi state variazioni in termini di ingresso di nuove scuole all’interno del sistema di finanziamento provinciale. Per contro, sono nate nuove scuole di musica che operano al suo esterno, ossia scuole che non si rifanno all’ordinamento provinciale e dunque che non accedono ai finanziamenti.

‹‹La consistenza del contributo ormai è definita spesso sia dal funzionamento che dalle scuole [da cui deriva] un contributo storico, per cui queste ore [finanziate] sono ormai cristallizzate nel tempo da molti, molti anni.›› (Beta)

Anche in riferimento alla libertà di organizzare e innovare le proprie proposte e i propri corsi, si sono raccolte opinioni in contrasto con la percezione di versatilità delle direttive provinciali espressa durante l’intervista in altri contesti.

‹‹Diventa sempre più complicato cercare di essere innovativi. Una cosa è cercare di svicolare fra le maglie del sistema, un’altra è cercare di essere fino in fondo trasparenti, ma per questo incagliarsi…perché ormai è complicato avere e dare creatività. Perché la creatività spesa da alcuni in realtà è sempre all’interno dello stesso alveo… ma bisogna ipotizzare di uscire dagli argini.›› (Zeta)

Qualcuno, poi, vive con insofferenza l’idea di “dovere” essere creativi, come reazione ad un mantra contemporaneo, in contrasto con un’idea più “pacata” di innovazione, fatta di piccoli adattamenti al contesto.

‹‹Odio essere innovativo. Non ti alzi alla mattina né pensando di essere innovativo né di essere creativo. Camminiamo. Camminiamo in avanti, cercando di mantenere un buon passo. Certo sì, di anno in anno rinnovi i tuoi gesti e le tue attenzioni. (…) L’innovazione è qualcosa che scopri una volta che hai fatto. Io penso che una scuola debba semplicemente scorrere nel flusso del proprio tempo. Questo sì.›› (Beta)

Un sistema che incentiva strategie adattive, tuttavia, rischia di creare inerzia e di rinforzare fenomeni di path-dependence (David, 1985), ossia una sorta di dipendenza disabilitante dal percorso che àncora organizzazioni, tecnologie e professioni a soluzioni che si erano rivelate adatte quando adottate originariamente, ma che continuano ad essere applicate anche quando il contesto e le condizioni richiederebbero modalità diversificate.

Il rischio di inerzia può essere nascosto anche nei criteri di reclutamento dei nuovi insegnanti che, per ordinamento, devono essere diplomati in conservatorio. La regola, per alcuni, può divenire problematica se l’innovazione delle scuole riguarda corsi centrati su generi musicali o strumenti che non rientrano fra quelli proposti nei conservatori. Le ore di questi corsi, infatti, non possono essere incluse fra quelle finanziate dalla Provincia. Qualcuno riconosce inoltre che alcuni musicisti possono essere dotati di ottime capacità anche se non diplomati in conservatorio oppure che possono avere abilità educativo-pedagogiche che un neo-diplomato può dover ancora sviluppare.

‹‹Adesso è sempre più richiesto, anche dagli adolescenti, avere corsi di musica moderna - chitarra elettrica, basso, batteria, canto moderno - e in questo ambito qui non ci sono competenze formate accademicamente. Allora bisogna attingere a quelle persone che hanno esperienze attive, che hanno praticato nei gruppi, ma che non hanno titoli…e questo può essere un problema, soprattutto per le scuole che hanno tante attività di questo tipo.›› (Iota)

Inoltre, se si volessero trasmettere agli studenti contenuti da aree disciplinari che fuoriescono da quelle tradizionalmente previste dagli orientamenti provinciali, per la scuola si aprirebbe la necessità di introdurre professionisti o esperti con competenze che non rientrano necessariamente tra quelle offerte dai conservatori.

‹‹Oggi i ragazzi hanno bisogno di imparare il music business e la music industry ossia il mercato dell’industria musicale in cui loro si immergeranno, se diventeranno dei professionisti. Quindi, non ho bisogno di un diplomato al conservatorio per permettere loro di acquisire queste cose. Ho bisogno di uno che queste cose le sappia fare, quindi con un titolo diverso da una laurea in musica›› (Zeta).

Il bias sui giovanissimi

La distribuzione delle risorse da parte della Provincia attribuisce maggiore valore alla formazione delle categorie più giovani di allievi:

‹‹Quella dei piccolissimi ha una certa quota oraria, quella dei medi un’altra, quella dei grandi e degli adulti un’altra ancora, a scalare: più sale l’età, minore è il contributo, con lo spirito di potenziare di più la prima fascia che non la seconda e la terza.›› (Beta)

‹‹Intorno al 2000 c’è stata una richiesta da parte della Provincia di investire molto sulla prima infanzia. Dove certe scuole, tipo la nostra, avevano una forte predisposizione però non riusciva ancora ad essere incisiva. Quindi ci siamo attivati›› (Epsilon)

L’incentivo monetario stimola la formazione dei bambini, dando forza all’idea che le scuole siano posizionate alla base del sistema, in quanto luoghi di alfabetizzazione. Se per un verso l’incentivo alla formazione della prima infanzia ha generato proposte spesso innovative per le comunità, dall’altro ha precluso l’accesso e l’opportunità di crescita in altre fasce di età degli allievi:

‹‹Noi che abbiamo un tasso di fidelizzazione alto siamo penalizzati perché un giovane dopo i 14 anni ha una [bassa] copertura finanziaria da parte della Provincia. (…) C’è una differenza importante sul costo orario e questo ci mette in difficoltà perché non c’è la stessa copertura finanziaria. Quindi varrebbe la pena rivalutare il discorso della fascia “C”. (…) I ragazzi dai 14 ai 24 anni prevalentemente sono studenti a carico delle famiglie. (…) Noi ci siamo trovati quest’anno a dover chiudere le iscrizioni a chi è arrivato in ritardo, nostri allievi non sono stati neanche presi. (…) La fidelizzazione, dov’è?›› (Epsilon)

Gli effetti di questi incentivi sono documentati anche dai dati raccolti dal Servizio Attività Culturali della Provincia che evidenziano un incremento molto marcato tra il 2007 e il 2018 degli allievi di età compresa tra i 12 e i 14 anni (frequentanti quindi la scuola secondaria di primo grado) (Tabella 5).

Tabella 5. Composizione percentuale degli allievi per classi di età. Anni 2006-2018.

età

<= 6

7-11

12-14

15-19

20-35

35-55

> 55

TOT. %

2006-07

6,7

33,3

20,7

18,1

10,2

8,3

2,8

100

2007-08

6,8

33,9

21,2

18,8

8,2

7,9

3,1

100

2008-09

5,6

32,6

24,2

20,7

7,4

6,6

2,8

100

2009-10

6,5

32,5

24,9

20,2

6,4

6,6

2,9

100

2010-11

5,8

32,8

25,0

20,6

6,6

6,3

2,9

100

2011-12

6,7

31,4

25,1

21,1

6,5

6,1

3,0

100

2012-13

6,9

30,9

24,7

21,4

6,8

5,7

3,6

100

2013-14

6,7

31,5

24,5

21,0

6,9

5,8

3,6

100

2014-15

7,2

31,2

23,9

20,7

6,9

6,1

3,8

100

2015-16

6,5

30,7

24,2

20,6

7,3

6,6

4,1

100

2016-17

7,0

30,6

24,9

20,0

6,6

6,6

4,3

100

2017-18

7,5

30,8

24,8

19,1

6,6

6,4

4,9

100

Fonte: TSM su dati Servizio Attività Culturali PAT, Provincia Autonoma di Trento (2019), Rapporto Annuale sulle Attività Culturali 2015-2017.

Il bias sulla produzione di valore educativo

L’azione capillare delle scuole è dovuta al contributo di circa 400 lavoratori, fra insegnanti di musica e personale amministrativo. Dalle interviste è emerso che alcuni insegnanti svolgono anche un’attività professionale come musicisti. Questa può riguardare ad esempio la perfomance live, la produzione o l’arrangiamento. Per alcune scuole le capacità professionali sono state uno dei criteri principali di selezione degli insegnanti prima che il requisito del diploma divenisse condizionante. Non tutti gli insegnanti, tuttavia, hanno contatti con l’industria della musica e, di fatto, negli ordinamenti provinciali la professione non è centrale. La reputazione dei singoli musicisti tuttavia – soprattutto per gli utenti adulti – può contribuire ad aumentare l’interesse per la musica, la numerosità e la qualità dell’utenza delle scuole, nonché a rinnovare la motivazione e la soddisfazione degli insegnanti.

‹‹Quando viene chiesto un permesso artistico motivato con impegni di livello, ovviamente noi siamo orgogliosi di avere nel nostro corpo docente persone che fanno queste così. È un ritorno di immagine per la scuola stessa.›› (Epsilon)

Per gli insegnanti, bilanciare attività didattica e attività professionale può rappresentare una sfida. Il regolamento provinciale riconosce contributi sulla base dell’attività formativa e non della produzione artistica che dunque viene considerata come appartenente alla sfera privata professionale del musicista e regolata dal mercato. È infatti l’attività didattica piuttosto che la produzione artistica che, nel sistema di istruzione musicale, crea un reddito per l’insegnante (generealmente ancorata al numero di allievi e alle ore di insegnamento). D’altro canto, un’attività di insegnamento onerosa in termini di tempo può rendere difficile l’impegno sul piano artistico.

Su questo punto non è possibile trarre delle conclusioni poiché sarebbe necessario analizzare le motivazioni e le attitudini individuali dei musicisti, nonché gli incentivi esterni che passano dai contratti di insegnamento e da un mercato della musica sempre meno remunerativo per chi produce musica. Ciò che possiamo dire, per ora, è che il sistema attuale è incentrato sull’attività di formazione, e che l’interazione fra formazione e attività artistica non viene formalmente riconosciuta.

Il “lusso” dell’esperienza

Infine, è stato evidenziato che nella definizione degli stanziamenti delle risorse la Provincia non considera l’evoluzione del costo del lavoro. Infatti, i contributi vengono uniformati sulla base delle ore di insegnamento e ciò non premia le scuole dove gli insegnanti presentano un elevato grado di esperienza o una comprovata attività artistica. Gli incentivi monetari provinciali potrebbero favorire le scuole con un corpo insegnante molto giovane e con competenze ancora “acerbe” rispetto a scuole con insegnanti con un elevato livello di esperienza.

‹‹Vi sono delle curve di implementazione dei costi a cui non corrispondono curve di implementazione del servizio: si vedono aumentare i costi ma il servizio rimane uguale se non addirittura in calo e questo in virtù dello sviluppo dei costi del personale, perché il personale ha costi fissi, (anzianità di carriera…) e quindi il costo del personale non è fermo ma cresce: raggiunge un apice e poi c’è una caduta verticale quando ti ritrovi a misurarti con un turnover.›› (Beta)

Il contributo del sistema alle singole sfere di valore

Riportiamo di seguito una sintesi dei principali elementi di valore prodotto evidenziati dai presidenti, che suddividiamo per sfere.

Le scuole di musica compensano il sistema scolastico - Sfere educativa e artistico-culturale

Nella scuola dell’obbligo è previsto l’insegnamento della musica solo nelle scuole primaria e secondaria di primo grado. In quest’ultima, poi, la musica si deve dividere un monte di cinque ore settimanali con l’educazione motoria e artistica, per sparire dai programmi scolastici di quasi tutte le scuole secondarie di secondo grado.

“Esiste un buco enorme nel sistema dell’educazione e formazione statale: la musica e le arti sono trattate come materie di serie B, pur avendo l’Italia una tradizione artistica straordinaria. Eppure, l’educazione musicale non viene trattata in molte scuole superiori e alle medie viene trattata in maniera completamente inadeguata. Per assurdo, uno può laurearsi pur essendo ignorante completamente di storia della musica.” (Alfa)

Anche a fronte dell’esiguità dell’istruzione musicale all’interno del sistema scolastico, l’esistenza di un sistema capillare di scuole rende possibile l’espressione di una domanda di competenze e sensibilità musicali che altrimenti rimarrebbe irrisolta.

‹‹Il fatto che ci sono 13 scuole che coprono in modo completo e capillare il territorio con le proprie svariate sedi, (...) ha creato una pervasione della musica sul territorio molto importante. La musica è un’arte che si fa o riceve in maniera forse più semplice che in altri casi: è più immediata, ha un linguaggio, la musica arricchisce moltissimo e cura anche. (…) Quindi avere un territorio con tutta questa formazione e offerta musicale è un plus che è unico in Italia.›› (Zeta)

Inoltre, molte scuole musicali svolgono progetti e attività di insegnamento in qualità di esperti all’interno delle scuole pubbliche e dell’infanzia. In questo modo le scuole musicali contribuiscono ad integrare la funzione formativa e didattica della scuola pubblica. Non da ultimo, le attività formative delle scuole possono generare “indotto” anche per gli istituti pubblici e per il settore della musica. A tal proposito, diversi direttori hanno evidenziato come, nel corso degli anni, alcuni allievi abbiano deciso di continuare gli studi nei conservatori o seguire una carriera professionale nel mondo della musica.

‹‹(…) la presenza delle scuole ha aiutato molto ad innalzare il livello di musica generale in Trentino, anche nelle band e nei gruppi che si costituiscono spontaneamente e per diletto.›› (Zeta)

Le scuole di musica migliorano l’accesso all’istruzione musicale - Sfere sociale e educativa

Se non esistesse un solido sistema di scuole di musica, l’offerta didattico-musicale dei conservatori e l’attività degli insegnanti privati non basterebbe a soddisfare la domanda avanzata dalle comunità, qualunque sia il grado di preparazione che l’utenza intende raggiungere.

‹‹C’è chi viene qui per suonare e per divertirsi, per cui arrivare ad un certo livello, e altri ragazzi che decidono di andare un po’ più avanti magari entrare in conservatorio.›› (Delta)

Senza le scuole diffuse sul territorio, la musica sarebbe riservata soprattutto a chi vive in prossimità dei centri urbani trentini, o a coloro che, particolarmente motivati, aspirano fare della musica una professione e dispongono di risorse sufficienti. Se unite, tutte queste dimensioni convergono verso un’idea di musica per pochi, escludente, o associata ad un carattere di “eccezionalità” di alcuni individui. Le scuole di musica, invece, possono rivolgere le loro attività a tutti coloro che attraverso l’esperienza musicale vogliono esprimersi, o soddisfare esigenze diverse, a partire da motivazioni anche molto differenti.

‹‹L’approccio seguito dalla gente è “voglio crescere musicalmente a prescindere da quello che farò da grande”. [In passato,] uno si iscriveva per arrivare al diploma, fare un percorso completo. Oggi certamente si è capito che questo è ancora valido, c’è. Ma in prevalenza c’è che la gente suona per diletto, per crescere.›› (Zeta)

Un elemento di criticità sorto da diverse interviste riguarda le difficoltà vissute dalle scuole di piccole dimensioni localizzate in aree poco popolate. Queste, infatti, si inseriscono in territori con caratteristiche peculiari e problemi logistici che possono rendere difficile l’accesso agli allievi:

‹‹Le realtà sono davvero diverse: nella città si lavora in un certo modo, noi che siamo una scuola piccola e territoriale abbiamo altre esigenze. (…) Nell’organizzazione si cerca di venire incontro all’utenza con gli orari, per avere più iscrizioni e partecipazione. [In altre scuole] la scelta sotto questo punto di vista è più ampia. (…) Quindi l’organizzazione nostra è un po’più complessa: anche se siamo più piccoli, non è il piccolo che vuol dire più facile, ma vuol dire più difficile.›› (Delta)

Le scuole di musica contribuiscono allo sviluppo sociale e culturale delle comunità - Sfere sociale, artistico-culturale ed economica

Sono numerosi i momenti di aggregazione sociale organizzati dalle scuole di musica nei rispettivi territori. Queste occasioni vengono considerate da diversi direttori quali fondamentali momenti di restituzione alla comunità. Le testimonianze raccolte hanno evidenziato una domanda da parte dell’attore pubblico, cui si sommano le attività che le scuole organizzano autonomamente: si genera così un consistente impatto della cultura musicale sull’utenza, le loro famiglie e quindi sulla cittadinanza.

‹‹Questo è uno standard. Qui la scuola, di principio, quando agisce nelle comunità di riferimento (…) agisce a titolo di restituzione. Per cui siamo spesso coinvolti dai municipi per iniziative varie (…) Di base queste sono le cose che noi dobbiamo assolutamente fare: se i nostri comuni o la nostra Provincia che sono parte della scuola chiedono una presenza, è il minimo esserci. (…)›› (Beta)

L'associazionismo culturale funge da fondamentale mezzo di promozione e valorizzazione della cultura e di salvaguardia delle tradizioni locali e, proprio attraverso gli eventi rivolti al pubblico, vengono create alcune possibilità di partecipazione, aggregazione e crescita per le comunità, anche quelle geograficamente più isolate e lontane dai principali centri culturali del Trentino.

‹‹Una scuola di musica, in ogni caso, è anche un centro di produzione culturale.›› (Beta)

Contemporaneamente, i momenti di incontro con la cittadinanza sono strategici per le scuole stesse che possono promuovere la loro missione e le loro attività, avvicinando potenziali utenti e alimentando così un circolo virtuoso sia socioculturale che economico. Alcuni direttori hanno riconosciuto l’importanza che le iniziative sviluppate possono avere per l’avvicinamento critico e per la sensibilizzazione del pubblico alla musica.

‹‹È fondamentale avere un rapporto con il tessuto sociale del luogo. Sia per l’immagine della scuola, ma anche perché le competenze che acquisiscono i ragazzi a scuola ricadano poi a beneficio della comunità.›› (Iota)

La sostenibilità economica inoltre dipende anche dall’approccio imprenditoriale che le scuole riescono a dare alla propria attività, essendo per loro natura organizzazioni che perseguono un obiettivo pubblico stando però sul mercato, pur non essendo orientate al profitto. Dimostrare la propria efficacia formativa e artistica attraverso la proposta di performance all’interno della comunità rende attrattiva l’offerta di formazione musicale. Gli introiti derivanti dalle quote pagate dagli utenti sono pertanto fondamentali per il funzionamento e lo sviluppo della scuola.

‹‹(…) questo ci dà anche molta visibilità: nonostante abbiamo quasi [xx] anni (…) ci sono molte persone e famiglie che non conoscono la realtà della scuola di musica per cui noi dobbiamo lavorare proprio per far capire alle famiglie quello che è la scuola di musica e cosa offre (…).›› (Delta)

Le scuole di musica aumentano il grado di integrazione delle fasce sociali più deboli - Sfera sociale

Diversi direttori hanno evidenziato che attraverso specifiche iniziative le scuole di musica sviluppano attività dirette alle fasce più deboli della società:

‹‹[La nostra scuola è] un soggetto formatore scritto all’Iprase [Istituto provinciale per la ricerca e la sperimentazione educativa], per insegnare ai BES. La direttrice è responsabile per l’Italia del sistema “figure notes”, elaborato in Finlandia, per permettere alle persone con disabilità intellettiva di apprendere a suonare uno strumento. Il motto è “suona quel che vedi”: è un sistema di notazione concreta con colori e forme che dà tutte le informazioni di un sistema di note convenzionale, da un livello base fino all’università del “figure notes”, così che gli allievi possono realizzare un percorso di apprendimento.›› (Alfa)

‹‹… collaboriamo molto con l’esterno, con strutture di tipo sociale, sanitario ecc. Questo per noi è un modo per restituire alla comunità questi benefici che riceviamo, noi come struttura, perché il contributo è cospicuo insomma.›› (Gamma)

Al di là delle riconosciute ricadute benefiche che la musica può avere all’interno di una terapia medica, si evidenzia la volontà delle scuole di sfruttare la forza inclusiva della musica che, con il suo linguaggio universale, si rivolge a tutti indistintamente, alleviando condizioni di dolore e portando serenità a chi la ascolta o pratica.

Il sistema delle scuole musicali permette alle famiglie di impegnare i figli in un’attività strutturata - Sfera educativa ed economica

Grazie all’affermazione delle scuole di musica sul territorio le famiglie possono impegnare i figli in un’attività a cui attribuiscono valore.

‹‹Noi siamo nell’ambito del tempo libero, ambito quindi in cui la gente ci sceglie.›› (Zeta)

I genitori sanno di poter inserire il figlio in un ambiente protetto, in cui il rapporto fra insegnante e il numero di allievi è basso; quindi, gli allievi possono godere di uno spazio e di un modello educativo integrativo rispetto a quello offerto dal sistema scolastico e dall’ambiente famigliare.

‹‹A mio modo di vedere, la prima cosa che trova una famiglia in una scuola di musica è un ambiente protetto, orientato alla disciplina, dove per ottener qualcosa ti devi impegnare, dove semini oggi per raccogliere dopo tre, quattro, cinque, sei, sette anni. Quindi questa visione, se vogliamo dire anche monastica nel fare, che non appartiene assolutamente al nostro tempo, io credo che questo sia il principale valore aggiunto (…). Qui dentro c’è un tempo che è tempo protetto, pensato, rallentato, è il tempo dello studio, è il tempo del fare, del costruire; è il tempo della regola, del metodo. Io penso che questo sia il principale contributo che possiamo dare, non tanto quello di individuare il talento (…). [bambini e ragazzi] hanno agende da paura (…), questo è un tempo di respiro.›› (Beta)

Secondo alcuni, quindi, il fatto di impegnare i figli in un’attività strutturata e nel contempo liberante, capace di attivare la crescita personale degli allievi o più in generale di prevenire l’isolamento e la marginalizzazione, può portare le famiglie a scegliere le scuole di musica quale struttura pomeridiana in cui inserire i figli. Questo valore viene riconosciuto anche da famiglie di origine straniera che percepiscono il potenziale di integrazione sociale che le scuole offrono ai giovani.

‹‹[La relazione sociale] è un punto di forza che spinge l’allievo anche a proseguire. (…) poter partecipare ai laboratori, al coro, e poter relazionarsi… questo lo spinge spesso a continuare perché poi si crea il gruppo, e nel gruppo si sostengono l’uno con l’altro. Il gruppo è tutto, è quello che sostiene la motivazione (…) e che fidelizza gli allievi.›› (Iota)

Gli allievi possono intraprendere un percorso di crescita personale affinando competenze e sensibilità non solo specificatamente musicali - Sfere educativa e sociale

Il contributo della musica allo sviluppo della persona viene reiterato da più spunti emersi durante le interviste:

‹‹Principalmente è l’aspettativa che le persone hanno di coltivare sé stessi›› (Zeta)

Lo studio della musica offre un approccio operativo alla complessità assai diverso e complementare rispetto ad altre discipline e ha effetti profondi sulla struttura della personalità, rappresentando una risorsa importante nel patrimonio culturale ed esperienziale degli individui[6]. Una ricerca condotta dall’Istituto per gli Affari Sociali nel 2008 (Ghezzo, Rellini, 2012) ha evidenziato anche un sensibile aumento del livello di autostima degli allievi. La musica agisce quindi fortemente a livello emotivo e personale, aiutando le persone ad esprimersi e acquisire maggiore coscienza di sé e fiducia.

Anche le occasioni di apertura alla cittadinanza organizzate dalle scuole sono fondamentali per mettere alla prova le acquisizioni che i propri allievi hanno sviluppato, di tipo tecnico e teorico ma anche sul piano della crescita personale e di gestione delle situazioni di tensione e ansia da performance.

‹‹Soprattutto gli adulti scoprono qualcosa di importante di loro stessi: provano delle emozioni importanti: la contentezza di fare qualcosa che ti piace, la paura di esporti e di esibirti… Poi subentra il sentimento legato ad interpretare dei brani›› (Zeta)

Tutte queste abilità e competenza costituiscono il più ampio insieme di soft skills che possono essere utili agli allievi anche in altri settori extra-musicali. La partecipazione alle attività delle scuole può altresì contribuire allo sviluppo di competenze di cittadinanza attiva: si impara cioè a partecipare in attività di gruppo, ad ascoltare, confrontarsi e sostenere i compagni. Il fatto che gli allievi sviluppino queste abilità può andare anche a beneficio delle comunità in cui si inseriscono migliorandone la vitalità.

‹‹Sicuramente questo è un tempo che chiede anche l’ascolto come pratica, perché non fai musica senza ascoltare (…), soprattutto quando poi sei insieme agli altri (…): impari cosa vuol dire essere in un gruppo, raggiungendo un obiettivo comune. Quindi se non hai la capacità di ascoltare, di ascoltarti, di mediare la tua ambizione con l’ambizione dell’altro non porti a casa niente. Io penso che questo sia il maggiore contributo.›› (Beta)

Discussione dei risultati

Le specificità del sistema delle scuole musicali in Trentino distinguono l’esperienza della produzione di istruzione musicale da quella di altre regioni italiane ed esprimono una modalità di collaborazione tra pubblico e privato che riconosce esplicitamente le arti di performance, quali la musica, come un bene meritorio per le comunità, e dunque un bene al quale il pubblico può facilitare l’accesso attraverso misure specifiche di politica economica. La rilevanza di scuole private afferenti al Terzo settore nel campo della formazione artistica musicale conferma l’importanza del settore privato nonprofit in un quadro istituzionale regolamentato dalla pubblica amministrazione provinciale in un quadro in cui lo scambio di mercato non interpreta pienamente il rapporto tra utenza e scuola, che mette in luce invece gli aspetti relazionali, comunitari e di partecipazione alle attività musicali. La ricerca ha messo in luce tuttavia una scarsa attenzione agli elementi riguardanti il carattere partecipativo che da statuto le scuole dovrebbero assumere. Sembra piuttosto che nel complesso esistano delle difficoltà ad implementarne alcune sue caratteristiche. Nel contempo, l’ordinamento provinciale opera a livello trasversale creando, da un lato, opportunità di accesso attraverso il co-finanziamento delle scuole, nonché inserendo elementi base a garanzia della qualità del servizio educativo. Per contro, abbiamo evidenziato degli elementi di criticità legati alla sfera artistico-creativa e al feedback tra scuole e Provincia che rischiano, se non affrontati e approfonditi, di non sostenere appieno la vitalità del sistema che si esprime attraverso l’atmosfera creativa condivisa dai partecipanti.

Il sistema di incentivi provinciale, nello specifico, rappresenta uno strumento molto utile di sovvenzione giustificato dal valore attribuito dalla collettività ai benefici economici e immateriali, individuali e collettivi, generati dalla formazione musicale. D’altro canto, sembra che ci sia un collo di bottiglia nell’interazione tra scuole e Provincia che rischia di pregiudicare la condivisione di alcuni aspetti dell’ordinamento e l’ingresso di nuove scuole nel sistema di incentivi. Questo rischia di generare inerzia rispetto alle potenzialità di sviluppo e innovative del sistema. L’inerzia, se accentuata, implica uno squilibrio nella sfera di valore artistico-creativa e, di rimando, nelle capacità formative delle scuole. Inerzia significa anche rischio, a lungo andare, di cadere in uno stallo creativo, in una perdita di vitalità assecondata dalla rigidità degli standard definiti (Sacchetti, 2019).

Il sistema delle scuole di musica, nel complesso, dimostra di essere un’eccellenza in grado di produrre valore, in particolare dal punto di vista formativo e relazionale. La sfera artistica, quella in cui la dimensione creativa è maggiormente coinvolta, può rischiare tuttavia di rimanere ancillare in un modello di incentivi e linee guida che, per alcuni aspetti, riflette una realtà più statica rispetto a quella sperimentata dalle scuole. L’approccio proposto mette in luce invece un modo di intendere il sistema di istruzione musicale che ne riconosca la valenza formativa ma anche quella artistica e di welfare, nel momento in cui esso sviluppa risposte al bisogno relazionale e artistico-creativo degli utenti e dei musicisti, nonché rispetto alla vitalità del territorio anche dal punto di vista delle iniziative culturali ospitate. La ricerca futura pertanto va, per quanto ci riguarda, sviluppata anche in prospettiva comparata in territori dove l’ambito di intervento pubblico sia diverso, nella direzione di nuove strategie collaborative tra organizzazioni del settore nonché su territorio provinciale. Queste strategie possono essere applicate a riconoscimento della complessità degli ambiti in cui si sviluppa il sistema di istruzione musicale e dunque dell'opportunità di fare rete, condividere risorse e, dal punto di vista di policy, valorizzare il sistema come asset trasversale ad una serie di bisogni socioeconomici. Inoltre, il feedback delle scuole verso la pubblica amministrazione potrebbe divenire più efficace. Quest’ultimo aspetto richiede, ulteriori approfondimenti rispetto alle modalità di cooperazione tra scuole e con i loro principali stakeholder, e alla capacità di fare rete.

DOI: 10.7425/IS.2020.02.08

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Note

  1. ^ Queste problematiche sono state discusse e pubblicizzate anche sulla stampa locale, a indicazione di come la presenza delle scuole e le questioni che le riguardano siano radicate nella comunità locale. Si veda Il Trentino dell’8 dicembre 2019: https://www.giornaletrentino.it/cronaca/trento/scuole-musicali-bisesti-vuole-il-controllo-1.2204817
  2. ^ Provincia Autonoma di Trento (2011), Rapporto annuale sulle attività culturali 2010, Assessorato alla cultura, rapporti europei e cooperazione, Quaderni Trentino Cultura, Trento.
  3. ^ Quest’ultima, essendo gestita dal Comune nella quale è localizzata, non è stata inclusa nella ricerca, che si concentra sulle scuole private del Terzo settore.
  4. ^ Fonte: Assessorato alla Cultura, Provincia Autonoma di Trento.
  5. ^ I dati citati in questo paragrafo provengono da documentazione dell’Ufficio Stampa Provinciale e documentazione d’archivio fornita dalle scuole.
  6. ^ Provincia Autonoma di Trento (2019), Rapporto annuale sulle attività culturali 2015-17, Assessorato alla cultura, rapporti europei e cooperazione, Quaderni Trentino Cultura, Trento.
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