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ISSN 2282-1694
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Numero 2 / 2020

Recensioni

Costruire l’innovazione nelle imprese sociali e nel terzo settore

Simone Poledrini

Luca Fazzi (2019), Costruire l’innovazione nelle imprese sociali e nel terzo settore, Franco Angeli, Milano.

Negli ultimi anni il tema dell'innovazione sociale ha suscitato un sempre maggior interesse da parte sia degli studiosi che dei practitioner del Terzo settore (Tortia et al., 2020). Le ragioni sono molteplici e vanno dal semplice interesse accademico di affrontare una nuova tematica non ancora ben approfondita in letteratura, al bisogno di meglio definire un fenomeno che, da molti, è associato de facto all’essere impresa sociale.[1] Su quest'ultimo aspetto il volume qui presentato “Costruire l’innovazione nelle imprese sociali nel terzo settore” (Franco Angeli) del professor Luca Fazzi dell'Università degli Studi di Trento, chiarisce ogni possibile equivoco nell’introduzione, quando afferma che l'innovazione sociale nelle imprese sociali non è un fenomeno da considerarsi scontato per il solo fatto che queste appartengono all’alveo del Terzo settore. Infatti, nella visione dell’autore, l'innovazione è un fenomeno complesso che ha bisogno di essere “costruito”: «costruire l’innovazione significa in particolare chiedersi che cosa è l’innovazione per il terzo settore e le imprese sociali, in quale perimetro di significati e valori essa si può manifestare, quali leve si possono agire per promuovere la nascita di nuove idee, e al contempo, la loro traduzione nella pratica dei processi di produzione e organizzazione dei servizi» (pag. 13). Pertanto, in linea con la prevalente letteratura che si occupa in modo più generale dell'innovazione, l’innovazione sociale non è presentata come un fenomeno casuale, ma come qualcosa che va ricercato, programmato e convogliato da obiettivi condivisi all’interno delle organizzazioni.

Un altro pregio del volume è dato dal suo fare chiarezza sul significato di innovazione sociale. Questa, a pagina 12, è definita come: «una tipologia particolare di innovazione che mira a coniugare la produzione di valore economico con il raggiungimento di fini sociali». In particolare, l’autore, nel corso dell’intero volume,  sottolinea l’importanza che l’innovazione sociale, per essere veramente tale, sia fortemente e costantemente ancorata ai valori e ai principi che fondano l'impresa sociale, affinché l'innovazione stessa non finisca per snaturare la vera natura dell'impresa che l'ha generate, così come molti nuovi strumenti di finanza di impatto stanno facendo.

Il volume si legge molto bene ed è di facile comprensione, ma non per questo privo di analisi profonde e complesse. Da questo punto di vista uno degli aspetti più interessanti è lo stile letterario scelto. L’autore spesso prende le mosse dal racconto di un romanzo o di un fatto storico, riportandolo fin nei dettagli, per esprimere un insegnamento utile al messaggio da trasmettere, come ad esempio a pag. 74-75, dove è usata la narrazione della scoperta dell’America ad opera di Colombo per affermare che: «anche nei sistemi complessi, come sono le organizzazioni, gli individui hanno solo una relativa conoscenza del contesto nel quale pensano, decidono e agiscono», come il “povero” Colombo che pensava di essere approdato nelle Indie. Tale scelta stilistica, se in un primo momento può sembrare fuorviante o non pertinente in un libro sulle imprese sociali, man mano che la lettura procede emerge sempre di più con la sua efficacia espressiva. Questo fa del libro un testo adatto a tutti: manager del Terzo settore, operatori sociali, utenti di servizi sociali, studenti e policy maker. Ogni differente attori troverà nel volume sicuramente una ricchezza e un insegnamento per sé che va ben al di là della “sola” innovazione sociale. L'ultimo grande merito è l'impressionante numero di casi aziendali presentati, circa cinquanta.

Tuttavia il volume ha anche, come ogni elaborato scientifico, dei limiti che occorre provare ad evidenziare al fine di proporre degli eventuali futuri sviluppi di ricerca sul tema. Il primo di questi è l'assenza di una approfondita rappresentazione del ruolo dell'imprenditore sociale nello sviluppo dei processi innovativi. Infatti, ricordando che secondo Schumpeter (1967) il principale motore della dinamica innovativa è la capacità dell'imprenditore di trasformare le idee in prodotti o processi innovativi e di organizzare l'impresa a tale riguardo, il presente tema è trascurato o non adeguatamente approfondito. Tuttavia, è giusto ricordare che l’autore ha già scrittosu questa tematica il volume “Imprenditori sociali innovatori. Casi di studio nel terzo settore” (Franco Angeli, 2014) e a questo si rimanda per approfondimenti. Un altro aspetto che poteva essere maggiormente dettagliato è l’analisi delle cosidette fonti esterne dell'innovazione, come la partecipazione a network innovativi, reti di imprese for profit, centri di ricerca ed altro. Tale tema, a dire il vero, è affrontato nel paragrafo 3.5 “La forza delle relazioni”, ma molto probabilmente poteva essere approfondito in un capitolo dedicato.

In termini di struttura generale, il volume inizia con una bella introduzione che presentata il tema assieme ad una breve sintesi dei successive otto capitoli. Il primo capitolo si sofferma sulla necessità di collegare i valori e i principi delle imprese sociali alle loro innovazioni affinché anche queste possano essere “sociali”. Diversamente tali innovazioni rischierebbero di compromettere la ragione d’essere delle organizzazioni che le hanno prodotte.

Il capitolo secondo, in continuità con il precedente, affronta il tema di come governare l’innovazione affinché questa sia congruente e compatibile con la mission sociale da Terzo settore. Il capitolo successivo presenta le problematiche inerenti agli aspetti cognitivi dei processi d’innovazione. Per esempio, l’autore sottolinea che «uno dei principali problemi dell'innovazione è dunque che molti schemi mentali e convinzioni profonde del terzo settore sono tuttora ancorate a modelli di pensiero solo parzialmente attuali, o addirittura superati» (pag. 14). Sulla base di queste considerazioni occorre che le imprese sociali modifichino i propri modelli cognitivi al fine di renderli adeguati ai nuovi contesti competitivi.

Il quarto capitolo tratta il tema dell’accelerazione dell’innovazione, mettendo in luce i fattori che facilitano lo sviluppo dei processi d’innovazione attraverso la messa in atto di azioni e processi organizzativi. Il quinto capitolo (“La traduzione dell’innovazione in pratica”) mostra le problematiche connesse al passaggio da un’idea ad una applicazione avente utilità economica, appunto un’innovazione. Questa trasformazione, come sottolinea l’autore, è tutt’altro che scontata e semplice, come evidenziano alcuni insuccessi che nel corso del tempo si sono dimostrati innovazioni fallite.

Il capitolo sei tratta il tema delle strutture e dei modelli organizzativi per l’innovazione. In particolare, l’autore mette in luce quanto sia importante per le imprese sociali adeguare i propri modelli organizzativi ai contesti di riferimento al fine di generare innovazioni. Infatti, “non tutte le strutture organizzative sono adatte per sostenere l’innovazione” (pag. 185). Leadership e potere sono gli argomenti affrontati nel successivo capitolo sette, con l’obiettivo di mettere in luce sia l’importanza della prima nel guidare i processi d’innovazione sia il rischio di comportamenti autoritari che ne potrebbero compromettere un suo sviluppo. Infatti, l’autore giustamente mette in guardia dall’eventualità di avere una gerarchia troppo esasperata con il rischio di comprimere la creatività degli attori organizzativi.

L’ultimo capitolo è dedicato alle risorse e all’importanza che queste hanno nei processi d’innovazione. In particolare, si sottolinea come le risorse per l’innovazione non siano solo quelle di tipo finanziario, ma anche quelle intangibili legate alla creatività e al know-how degli individui; vero motore dei cambiamenti di successo. Il volume si conclude con una breve postfazione in cui sono spiegate le ragioni che hanno spinto l'autore a scrivere il libro. Tra le altre cose: «la sfida dell’innovazione del terzo settore e delle imprese sociali consiste oggi nel ricordare che, come scrive Enzensberger, 'senza gli assenti, nulla ci sarebbe. Senza gli esiliati, nulla sarebbe saldo. Senza gli incommensurabili, niente sarebbe commensurabile. Senza i dimenticati, nulla sarebbe certo. Gli scomparsi sono giusti’» (p. 232). Parole profonde e che vengono da lontano, un lontano che non può non far venire voglia di leggere questo libro, se le motivazioni fino a qui presentate non fossero ancor state sufficienti.

DOI: 10.7425/IS.2020.02.02

 

Fazzi L. (2014), Imprenditori sociali innovatori. Casi di studio nel terzo settore, Franco Angeli, Milano.

Poledrini S. (2017), Le social enterprise in Italia: modelli a confronto. Risultati dal progetto di ricerca internazionale ICSEM, Franco Angeli, Milano.

Schumpeter J.A. (1967), “La reazione creativa nella storia economica”, in Pagani A. (ed.), Il nuovo imprenditore, Franco Angeli, Milano.

Tortia E., Degavre F., Poledrini S. (2020), “Why are social enterprises good candidates for social innovation? Looking for personal and institutional drivers of innovation”, Annals of Public and Cooperative Economics, 91(3). DOI:10.1111/apce.12265

Note

  1. ^ Il volume qui presentato identifica con il termine impresa sociale non una particolare forma giuridica riconosciuta dall’ordinamento giuridico italiano, quanto bensì una tipologia di organizzazione del Terzo settore che nel rispetto del vincolo della distribuzione degli utili svolge un’attività economica come sua principale modalità per il raggiungimento di un fine sociale rivolto all’intera collettività (Poledrini 2017).
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